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Crotone, “il Granaio di Calabria”

In testata il Castello Normanno di Santa Severina a Crotone

Crotone, uno tra i più importanti siti della Magna Grecia chiamato così per la coltivazione tipica di grano con cui è prodotto il pane di Cutro, prodotto De.Co.

Ho conosciuto queste terre sotto un cielo “murfuruso” che in dialetto calabrese significa coperto; lo è stato solo per poco, perché il sole ha brillato splendido nel cielo per quasi tutto il tempo che ho trascorso li. Questo termine dialettale è stato usato dalla scrittrice e consulente di critica d’arte, Anna Russano Cotrone, una donna appassionata che, nel tempo passato insieme, mi ha narrato la storia e le tradizioni di questo paese, perché per parlare dei territori che si visitano, è necessario viverli con la sua gente.

Autrice del libro “Alto Crotenese Calabria – I monumenti, gli oggetti d’arte, la storia, la gente” edito da Gangemi editore, mi ha fatto l’onore di accompagnarmi e farmi da specialissima guida durante un pomeriggio nei giorni di visita in Calabria. 

Con Anna Russo Cutrone, autrice del libro “Alto Crotenese Calabria

Con Anna Russo Cutrone, autrice del libro “Alto Crotenese Calabria

1′ Giorno

La prima tappa del mio tour in terra Crotonese è stata la visita al Castello Normanno di Santa Severina nella valle del Neto. Un borgo medievale che, grazie alla sua altitudine permette di godere di splendide viste. Una struttura militare dalle origini bizantine cinta da mura merlate, oggi sede di un museo contenente reperti archeologici. 

Santa Severina - Crotone

Santa Severina – Crotone

Castello Normanno di Santa Severina - esterni

Castello Normanno di Santa Severina – esterni

La mia visita è continuata al Castello di Caccuri, un tempo vasto territorio feudale. Siamo giunti li dopo aver percorso strette viuzze caratteristiche dei borghi antichi. Una volta giunta a destinazione sono salita sino all’ultimo gradino per godere appieno del panorama dalla torre.

Castello di Caccuri - Crotone

Castello di Caccuri – Crotone

Un paesaggio lunare reso tale dalla pietra levigata nel corso dei secoli dal vento, che ha trasformato le sue pareti, creando delle grotte eoliche.

Grotta dei Sileni - Serra Grande

Grotta dei Sileni – Serra Grande

Era ora di pranzo. Navigatore puntato verso la Grotta dei Sileni, nella Serra Grande. I Sileni erano antiche divinità goderecce che si divertivano ad inseguire le ninfe nelle grotte. Un luogo di pace e di silenzi, un luogo per meditare e riposarsi. In una di queste abbiamo pranzato con tipicità del luogo; una grotta singolare nei particolari, come per gli spazi ricavati nelle pareti per conservare al fresco le bottiglie di vino.

Grotta dei Sileni, nella Serra Grande

Grotta dei Sileni, nella Serra Grande

Interni della Grotta dei Sileni - Serra Grande

Interni della Grotta dei Sileni – Serra Grande

Scendendo dalla Serra Grande in un’osteria di Cuccari ho incontrato un simpatico gruppo di giocatori di scopa. Ricordo quando mio nonno Giuseppe passava così gli interi pomeriggi. Conservo ancora gelosamente le sue carte da gioco napoletane che ai tempi mi aveva regalato.

Momenti di vita a Santa Severina

Momenti di vita a Santa Severina

2′ Giorno

La prima tappa del secondo giorno del mio tour nell’entroterra Crotonese è stata nel Parco e Museo archeologico di Capo Colonna. Qui sorgeva l’antico tempio di Hera Lacinia, uno tra i più grandi dell’antichità. Quella che vedete qui di seguito è l’ultima delle 48 colonne che in origine lo componevano. Ho passeggiato a lungo in questa riserva naturale, godendo delle splendide viste sul mare.

Riserva del Parco e Museo archeologico di Capo Colonna

Riserva del Parco e Museo archeologico di Capo Colonna

Museo archeologico di Capo Colonna - resti

Museo archeologico di Capo Colonna – resti

Museo archeologico di Capo Colonna

Museo archeologico di Capo Colonna

A seguire ci siamo messi in direzione di Le Castella, la nota località balneare in cui è stato girato nel 1965 il film “L’armata Brancaleone“. La vera bellezza del luogo però, è il suo Castello di origine aragonese recentemente ristrutturato. E’ collegato alla terra ferma da una stretta striscia di terra, ed attualmente è sede di eventi e rappresentazioni teatrali. 

Le Castella

Le Castella, nota località balneare

Le Castella - Rocca

Le Castella – Rocca

In questi pochi giorni ho incominciato a conoscere la Calabria, terra di grande storia, terra da scoprire e da rivalutare. Un ringraziamento speciale al caro Martin, la mia guida di Gal Kroton, e a Piero Romano della Fattoria San Sebastiano.




A proposito di verdure di stagione, la conoscete la Spingitora?

La Spingitora è un’antica tradizione in uso in Puglia. In pratica durante il pasto, senza doverlo chiedere, viene portato a tavola un piatto misto di verdure di stagione. Verdure fresche non condite che, come dice la parola, ‘spingono’ a mangiare ancora.

La storia sembra far risalire questa consuetudine agli Spagnoli, che, a loro volta, l’hanno ereditata dai paesi Arabi. A parte le origini, amando molto le verdure, io trovo che questa tradizione vada diffusa e condivisa.

La cosa importante, nella scelta delle materie prime, è la stagionalità e la provenienza.  E’ consigliabile quindi fare attenzione negli acquisti, per salvaguardare la nostra salute e per aiutare l’agricoltura italiana.

Ma perché si raccomanda di mangiare più verdure?

Facciamo un breve ripasso.

  • Sono un’ottima fonte di vitamine, sali minerali e antiossidanti.
  • Nei mesi caldi, con la perdita di liquidi, ci aiutano a idratarci.
  • Sono una buona fonte di carotenoidi: pigmenti vegetali con proprietà antiossidanti. Quest’ultimi, neutralizzando i radicali liberi prodotti in eccesso dall’organismo, evitano che queste molecole danneggino le membrane delle cellule sane e il loro DNA.
  • Numerosi studi hanno confermato che un’alimentazione ricca di verdure è indice di buona salute. Nelle popolazioni che ne fanno abbondante consumo l’incidenza di malattie tumorali è nettamente inferiore.
  • Meglio crude o cotte? E’ una questione di gusto. Comunque sia, mangiandole crude si evita di perdere delle vitamine.

Concludo con un ultimo consiglio. Le verdure crude vanno a braccetto volentieri con il Pinzimonio: una miscela ottenuta amalgamando buon olio extravergine di oliva, sale, pepe, buon aceto o eventualmente del limone.

Un piatto fresco e leggero perfetto in ogni stagione, che consiglio ai miei amici ristoratori di portare sempre a tavola!

Calendario delle Verdure

Fonte: ‘Cibi che fanno bene, cibi che fanno male’  – Tom Sanders docente di nutrizione e dietetica King’s College University of London




Un guscio d’uovo e un limone per… “farsi le ossa”

Quando si parla di terapie naturali tendo sempre l’orecchio. Un argomento che attira subito la mia attenzione vista la mia scarsa passione per i prodotti farmaceutici. Li uso solo se strettamente necessari.

Ebbene, qualche giorno fa chiacchierando con amici con lo stesso interesse, è saltato fuori ‘un guscio d’uovo e un limone’ uniti per rinforzare le ossa. A proposito, ricordo che anche il formaggio non è la scelta migliore nel caso di patologie livello osseo. Leggete QUI.

Ma torniamo all’argomento chiave. Aspettate, mi è venuto un flash! Mi vedo bambina mentre guardo mia nonna dare alle galline dei gusci d’uovo sminuzzati insieme al mangime. Stupita gli chiedo: “Nonna, ma che fai?!” Ora, a distanza di anni, l’ho finalmente capito.

Il guscio d’uovo è composto per oltre il 90% di carbonato di calcio, un vero concentrato, utile in caso di osteopatia. Già vi sento dire: “E con questo? Che facciamo, ci mangiamo il guscio d’uovo in caso di carenza di calcio?” Direi proprio di no, o meglio, c’è il trucco, diciamo che potreste berlo! 😉

In pratica si tratta di un vecchio ‘rimedio della nonna’ utile in caso di osteoporosi, per chi vuole assumere calcio e meno medicine rinforzando le ossa.

Vi spiego come prepararlo.

  • Prendere un uovo non timbrato, quindi possibilmente non del supermercato.
  • Cuocerlo fino a farlo diventare ben sodo, e sgusciarlo.
  • Mettere il guscio in un bicchiere, e coprirlo con del succo di limone fresco.
  • Lasciare riposare per un giorno intero. Grazie all’acido citrico del limone si otterrà un concentrato liquido di calcio terapeutico, che si potrà bere.
  • Una cura da eseguirsi tre volte alla settimana, per un minimo e un massimo di tre mesi.

 

Fonte: Medicina Naturale di Raymond Dextreit.

 




“La disperazione degli uomini del sud fa fare miracoli”. Vi presento Peppino Montanaro.

Da qualche anno il destino mi porta spesso a Taranto, una città che conoscevo come molti, soprattutto per le note vicende legate all’inquinamento. Perché mai interessarmi e scrivere di una terra che alcuni hanno definito non mia? La risposta è semplice: perché sono italiana, e come tale ci credo. Ho la fortuna di vivere in uno dei paesi tra i più belli al mondo. Una nazione con un ricco patrimonio culturale, enogastronomico, e con un territorio che vanta la maggiore biodiversità tra i paesi del vecchio continente.

Un’estensione costiera di oltre 7.000 km. Una superficie forestale di oltre 10 milioni di ettari con 12 milioni di alberi, un terzo della superficie territoriale. Grazie alla varietà degli habitat e dell’aree climatiche abbiamo oltre 55.600 specie animali. Siamo una nazione con 17 milioni di ettari dedicati all’agricoltura, un settore che genera prodotti di qualità a garanzia del Made in Italy. (Fonte Corpo Forestale dello Stato – dati 2014). Investire sulla pesca, sull’agricoltura e sul turismo, è l’unica strada possibile.

La mia chiacchierata con Peppino MontanaroSono queste le riflessioni che ho fatto con Giuseppe Montanaro durante il nostro incontro. Lui, dopo avermi ascoltata, da persona attenta qual è, mi ha risposto: “Sai Cinzia, la disperazione degli uomini del sud fa fare miracoli“.

Forse abbiamo bisogno di miracoli, o forse, soprattutto, abbiamo bisogno di persone che credono nel territorio e in cui poter tornare a credere. L’Italia, che lo si voglia o no, è fatta dagli italiani, i giocatori siamo noi, la partita è aperta. La cosa importante è che le istituzioni ci mettano in condizione di gareggiare, e di tornare ad essere vincenti.

Giuseppe Montanaro, Peppino, è nato a Massafra l’11 novembre del 1940. Un lavoratore e un imprenditore dalla creatività spiccata. Un uomo attento all’ambiente che ha deciso di investire con la sua società Kikau Turismo e Cultura S.p.A. (Kikau, la prima parola detta dal figlio Filippo) nell’agricoltura e nel turismo. Un impegno concreto visibile nel recupero di complessi architettonici rurali del luogo, quali la Masseria Accetta Grande, il Villino Canonico Maglio,  la Masseria L’Amastuola, e il Villino Santa Croce.

Con i centosessanta ettari di terra di Amastuola ha trasformato a Crispiano, nel Parco regionale ‘Terra delle Gravine’ in provincia di Taranto, un terreno agricolo non più produttivo in un vigneto-giardino. Onde di filari di viti parallele intervallate in ventiquattro isole da ben millecinquecento ulivi secolari.

Un progetto firmato dall’artista e paesaggista Fernando Caruncho, in un’area di ricerca e di interesse storico archeologico posta sotto il controllo della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Puglia, supportata dal Centro di archeologia della VU-Università di Amsterdam. Queste ricerche hanno portato alla pubblicazione del libro a cura di Gert Jan Paul Crielaard ‘Greci e indigeni a L’Amastuola’. La Regione Puglia, nel 2010, ha premiato la realizzazione di questo progetto definendolo “Buona Pratica di Tutela e Valorizzazione del paesaggio agrario, anche a fini turistici”.

Vi chiederete come sono arrivata a lui. La risposta è semplice, chi mi ha accompagnato conosce me e il tipo di persone che amo incontrare, e con le quali confrontarmi. Peppino Montanaro, con il suo vissuto e la sua esperienza, conferma il mio credo per la buona riuscita dei progetti.

La famiglia prima di tutto. La moglie Rosaria e i figli Ilaria, Donato e Filippo, con i rispettivi coniugi Giuseppe, Anna e Raffaella sono stati e sono la vera spinta che gli ha permesso di andare avanti. E’ da li che nasce la forza per superare i momenti difficili. La famiglia, per chi ha la fortuna di averla, da senso al proprio lavoro permettendo di costruire e offrendo un ‘nido’ nei momenti bui.

Creatività, inventiva e tenacia. Prima di incontrarlo, ho ascoltato a lungo suo genero Giuseppe mentre mi parlava di un uomo del sud che, Con Giuseppe Sportelli, genero di Peppino e parta attiva della Societàiniziando la propria attività nel 1984 con la Kikau serramenti in alluminio, a distanza di undici anni ha trasformato l’azienda in una Società per Azioni con investimenti in settori mirati sul territorio. Alcuni progetti si sono realizzati, come per la Cantina Amastuola, e alcuni sono in corso dopo l’acquisizione di Masserie in fase di recupero. In programma accoglienza turistica, promozione del territorio, produzioni editoriali, sviluppo di attività rivolte alla vendita di prodotti artigianali e agroalimentari.

Le aziende sono fatte dalle persone. Elemento fondamentale per la crescita di un’azienda è costituito dalla qualità dei rapporti instaurati con i propri collaboratori. Con Peppino si è parlato anche di questo. Molto più che dipendenti, persone con cui lavorare insieme facendo squadra per il buon conseguimento dei risultati. Da soli non si va da nessuna parte, insieme si costruisce.

Innovazione e rispetto per l’ambiente. Adottare pratiche sostenibili a tutela di sé stessi e del territorio è prioritario. La tecnologia e la ricerca sono fondamentali per la qualità, a patto che vengano rispettate le caratteristiche naturali dei prodotti. Questa è la politica di Amastuola. Ne è esempio l’uso della camera a pressione di Scholander che, a vantaggio dell’uva, interviene con l’irrigazione solo al bisogno e nel contempo evita gli sprechi. Seguendo sempre questa linea di pensiero, viene usata una bottiglia leggera in vetro riciclato, e un tappo a vite realizzato in alluminio, materiale riciclabile al 100%, con una speciale membrana all’interno che garantisce la corretta micro-ossigenazione del vino accertata dal Dipartimento di Scienze degli Alimenti di Udine.

Il senso di appartenenza. Credere nel territorio e riconoscersi parte di esso è fondamentale per trasmetterlo a chi lo visita. Se io credo sinceramente in qualcosa riesco a trasmettere la mia passione condividendo l’entusiasmo. Io quel giorno l’ho sentito.

A conclusione della nostra chiacchierata, prima di salutarci, ho fatto una richiesta a Peppino: gli ho chiesto di esporre la bandiera italiana nell’azienda in bella vista. Questo per me, che credo nelle persone che lavorano insieme per un vero cambiamento, sarebbe un importante segno di appartenenza. All’estero è una consuetudine, in Italia lo è solo in occasione di eventi sportivi. So bene che molti non si sentono rappresentati perché in essa vedono lo stato istituzionale. Questione di punti di vista. Per me il tricolore rappresenta la terra e la gente italiana che lavora. Non so se Peppino mi accontenterà, per certo mi ha promesso che ci penserà seriamente.

Ho scritto di questo mio incontro, come faccio abitualmente, per come l’ho vissuto conoscendo il territorio e le persone. Con Peppino mi sono sentita particolarmente vicina per la condivisione dei pensieri e dello stile di vita. Oggi mi sento più vicina a lui e alla sua famiglia. Da pochi giorni, dopo una lunga malattia, la moglie Rosaria li ha lasciati. Lei fa parte dei suoi progetti, e per questo continuerà a vivere in quelle terre.

www.amastuola.it –  www.turismoecultura.it

Video a cura di Sabrina Merolla, produttrice e conduttrice di BUON VENTO




“Mi faci nu piattu di favi?” Il purè di fave di Franca e Ninì

Nei miei giorni passati a Carovigno ho conosciuto una famiglia titolare di una piccola trattoria sul mare. Anche se qualcuno stenta a crederlo, riesco a non dire una parola se non mi trovo bene in un posto, mentre a differenza, se mi trovo a mio agio, sono un fiume in piena. Ebbene, la prima volta in cui sono andata in questo ristorantino familiare ho conosciuto Ninì, sua moglie Franca, ed Elena, la loro figlia.

Era tardi, nel locale c’era poca gente. Io mangiavo seduta a un tavolo, e Ninì a un altro, a poco distanza. L’ho visto silenzioso e con gli occhi tristi. Forse è per questo che gli ho chiesto che cosa avesse nel piatto. Con lo sguardo perplesso mi ha risposto che purtroppo non poteva più concedersi ciò che voleva a causa di una malattia. Non so bene perché, forse per trasmettergli un po’ del mio entusiasmo per quel momento passato li, ma mi sono spostata e mi sono seduta a mangiare a fianco a lui per chiacchierare. Mi ha raccontato del suo incontro con Domenico Modugno…

Ninì ci ha lasciati Mercoledì 23 Luglio scorso dopo una lunga malattia. Ho promesso a Franca di scrivere di lui e del nostro incontro. In verità lo avevo già fatto, prima ancora di avere la notizia. Questo è il mio modo per ricordarlo.

“Mi faci nu piattu di favi?” E’ così che si chiede a Specchiolla, frazione di Carovigno in provincia di Brindisi, uno dei piatti tipici pugliesi. Come l’ho scoperto? Andando Da Ninì, una piccola trattoria sul mare che ha attirato la mia attenzione per i fiori e le piante poste a bella cornice intorno al locale. Chi ama la natura di per se è già una persona speciale, per me, che amo il verde, la migliore presentazione.

In realtà il nome esatto di questo punto di ristoro è T.A.V. (tiro a volo), essendo oltre che ristorante la sede dell’Associazione tiro al piattello di Specchiolla. Ci sono entrata un giorno dopo che, andando in bicicletta sul lungomare, l’appetito si è fatto sentire. All’interno un ambiente semplice tipico delle trattorie familiari, e sul retro, all’esterno, un portico da cui ho ammirato la bella vista sul mare.

Oltre a familiarizzare con l’ambiente mi piace farlo anche con le persone, è così che ho conosciuto Ninì e sua moglie Franca, i titolari del ristorante. Lei regina della cucina, e lui, insieme alla figlia, addetto alla sala. La prima volta in cui mi sono recata li mi ha raccontato dei suoi trascorsi a Milano, quando lavorava al Piccolo Teatro. Si occupava del trasporto delle scenografie e di quant’altro serviva per l’allestimento delle commedie teatrali.

Un giorno, dovendo consegnare gli abiti di scena alla prima di uno spettacolo nel camerino di Domenico Modugno, decise di inserirgli nella camicia un biglietto con un semplice augurio di buona fortuna. Domenico, nativo di Polignano a  Mare, lo andò a cercare prima di entrare in scena per ringraziarlo, compiaciuto di avere nello staff un collaboratore della sua terra.

E’ così che lo conobbe, ma non solo, la commedia ebbe un tale successo da indurre Domenico Modugno alla consuetudine di fare un saluto a Ninì prima dell’inizio di ogni spettacolo. Belle atmosfere di un tempo passato che ho ascoltato in un caldo pomeriggio d’estate, davanti allo splendido mare di Carovigno e a un piatto di purè di fave.

Fave

  • Mettere a bagno nell’acqua un pugno di fave per persona per un’intera notte.
  • Quindi scolarle e trasferirle in una pentola coprendole d’acqua. In aggiunta unire del sale e una patata a testa tagliata a cubetti.
  • Una volta giunto a bollore, far cuocere per un’oretta a fiamma bassa togliendo la schiuma che man mano si forma.
  • Mescolare di tanto in tanto muovendo la pentola energicamente, senza l’ausilio di cucchiai.
  • Una volta assorbita l’acqua passare il composto nel passatutto unendo in contemporanea dell’olio extra vergine di oliva.

Il purè di fave così ottenuto può essere accompagnato dalla cicoria di campagna, dai peperoncini piccanti, oppure dall’uva bianca. Inoltre è ottimo riscaldato il giorno dopo con della cipolla soffritta.

Un legume tra i più antichi che si può utilizzare fresco o secco. E’ una buona fonte di fosforo, ferro, zinco, magnesio e vitamina E.

Da Ninì

Ristorante da Ninì T.A.V. – Viale delle Tamerici, Specchiolla – Carovigno (BR)




Il richiamo del mio spirito meridionale

Amo ascoltare la natura, forse è per questo che il mio spirito meridionale si fa sentire più al sud, dove percepisco intensamente i suoi richiami. Avevo diciannove anni quando me ne sono resa conto, quando ho conosciuto la Puglia, un amore a prima vista.

Una regione con uno sviluppo costiero di 800 km, il più lungo e variegato d’Italia. Lunghe spiagge alternate da falesie rocciose, calette, pinete e boschi di ginepro. Sono presenti due Parchi Nazionali: quello del Gargano e quello dell’Alta Murgia. Tre Aree Marine Protette: Torre Guaceto, le Isole Tremiti e Porto Cesareo. Sedici Riserve Naturali dello Stato e diciotto aree protette regionali. Una biodiversità da conservare e tutelare.

Torre Santa Sabina

Torre Santa Sabina

E’ in questa terra che ho passato le mie ultime vacanze, tra Taranto Bari e Brindisi.

La mia è una vita intensa, passata tra natura conoscenza e scoperta.  La verità è che quando amiamo ciò che facciamo, non si distingue più il tempo passato tra vacanza e lavoro, perché una cosa non esclude l’altra.

Torre Santa Sabina

Torre Santa Sabina

In questi giorni ho rivisto vecchi amici, e ne ho incontrato di nuovi. Molte le emozioni, come il giorno in cui, nel mare di Taranto, durante un giro in barca un’improvvisa burrasca mi ha fatto capire quanto possa essere forte e impetuoso il mare.

In quegli attimi ho visto la paura, ma anche il coraggio di una donna, Aurora, che mi ha fatto conoscere oltre al suo lato sensibile e delicato, quello deciso e determinato di una donna che sa reagire alle difficoltà.

Molo Sant'Eligio (Marina Taranto)

Mare in burrasca – Molo Sant’Eligio (Marina Taranto)

Passata la burrasca non mi sono fatta mancare delle friselle all’acqua di mare preparate come una volta facevano i pescatori salentini.

Friselle all'acqua di mare

Friselle all’acqua di mare

Insieme a Caterina, una donna che ho conosciuto casualmente passeggiando lungo la spiaggia di Torre Santa Sabina, ho visitato  località che da tempo desideravo vedere. Dopo aver parlato a lungo, incoraggiandomi a scendere tra gli scogli per fare un bagno, un’unica raccomandazione: “Cinzia, vivi questo luogo con lo spirito meridionale.

Il nostro tour è iniziato a Polignano a Mare, un paese suggestivo che sorge su uno sperone roccioso a strapiombo sul mare. Molti lo ricordano per aver dato i natali a Domenico Modugno, io lo ricorderò soprattutto per la poesia dei suoi paesaggi.

Polignano a Mare

Polignano a Mare

Uno scorcio di Polignano a Mare

Uno scorcio di Polignano a Mare

La Scogliera di Polignano a Mare

La Scogliera di Polignano a Mare

Mentre viaggio mi piace condividere in rete foto e pensieri. E’ così che le persone che mi seguono nei miei itinerari, oltre a trasmettermi il calore e la nostalgia dei paesi che per necessità hanno dovuto lasciare, mi consigliano e mi indirizzano. Un modo più intenso di vivere il viaggio.

Grazie alle indicazioni di Emanuela a commento di una foto, a Polignano ho assaggiato per la prima volta la granita con panna e caffè del ‘Supermago del Gelo’, una gelateria storica fondata da Giuseppe Campanella nel 1935.

Granita panna e caffè dal Supermago del Gelo

Granita panna e caffè dal Supermago del Gelo

La tappa successiva è stata a San Michele Salentino, in provincia di Brindisi. Un paese dove i ragazzi sfogano la loro voglia di poesia con veri ‘attacchi poetici’ scritti sui muri.

Attacchi poetici a San Michele Salentino

Attacco poetico a San Michele Salentino

Attacco poetico

Attacco poetico a San Michele Salentino

Attacco poetico

Attacco poetico a San Michele Salentino

Dopo la poesia la storia. A Brindisi, come in tutte le cittadine della Puglia, ce n’è molta. Qui ho visitato il Duomo e le Colonne, alte ben 19,20 metri, simbolo della città e fine della via Appia.

Il Duomo e le Colonne di Brindisi

Il Duomo di Brindisi e le Colonne simbolo della città

Questa è la Terra delle Gravine. L’amica Rosana Tinella mi ha fatto conoscere quella di Mottola. Una gravina composta da una serie di grotte scavate nella roccia, che ospita ben tre chiese rupestri ricche di graffiti di epoca alto medievale.

Gravina di Mottola

Gravina di Mottola

Tra una visita e l’altra non mi sono fatta mancare un piatto di strascinati e orecchiette maritate al sugo di pomodoro fresco con cacio ricotta, accompagnate dalle tradizionali fette di cocomero. Caterina mi ha spiegato che questo mix di pasta di formato diverso è preparato insieme di proposito per un miglior esito del piatto.

Strascinati e orecchiette maritate con sugo di pomodoro fresco e cocomero

Strascinati e orecchiette maritate con sugo di pomodoro fresco e cocomero

Non poteva mancare una serata dedicata alla Pizzica. Una danza tipica salentina molto antica che si rifà ai movimenti che davano sollievo alle donne pizzicate dalla taranta, termine salentino per indicare la tarantola.

La Pizzica

La Pizzica

Ci sono spettacoli che la natura ci offre e che non si può perdere…

Il sorgere del sole a Torre Santa Sabina

L’alba a Torre Santa Sabina

Tramonto a Specchiolla

Il tramonto a Specchiolla

Nubi

Le nuvole tinte di rosa a Torre Guaceto

La luna a Carovigno

La luna dai riflessi d’argento a Carovigno

Se chiudo gli occhi la mente e il pensiero va a quella terra. Mi mancano i suoi trulli e le sue case bianche, il suo mare, gli scogli e le coste selvagge. Mi mancano le distese di ulivi, la terra rossa, il frinire dei grilli e delle cicale. Mi manca il profumo dei fichi arsi dal sole, i fiori dai colori brillanti, i muretti a secco e il rumore del vento…

Trullo a San Michele Salentino

Trullo a San Michele Salentino

Specchiolla

Specchiolla, Carovigno

Uliveto a Carovigno

Uliveto a Carovigno

Fiori di Brindisi

Fiori di Brindisi

Fiore di cappero

Fiore di cappero

Corallo presso il Molo Sant'Eligio a Taranto.

Corallo presso il Molo Sant’Eligio a Taranto. Effetti del cambio delle temperature che fanno riflettere…

Fiori di Brindisi

Fiori di Brindisi

Fiori di Brindisi

Fiori di Brindisi

La pianta delle farfalle

La pianta delle farfalle

Muretti a secco

Muretti a secco




‘Vorrei la pelle nera’ diceva una canzone… Io mentre l’ascolto dico: Beta-Carotene e Olio di Mallo di noce!

Vorrei la pelle nera diceva una canzone… Ve la ricordate? La cantava Nino Ferrer nel 1967. Un inno alla musica blues che, nonostante il passare degli anni, molti ancora ricordano.

Ebbene, poco fa ascoltandola alla radio pensavo che anch’io vorrei la pelle nera, o meglio, una pelle lucente e dorata per effetto del sole. Quasi un miraggio per una donna come me dalla carnagione chiara che, se troppo esposta, rischia di trasformarsi in un gambero rosso! 😉

In realtà, per vivere meglio il sole e per avere una carnagione dorata, basta seguire la giusta alimentazione e saggi consigli.

Innanzitutto ci sono delle regole basilari da seguire. Sembrano scontate ma non lo sono affatto visto il numero elevato dei casi di colpi di sole, per esposizione diretta e prolungata, e di colpi di calore, dovuti a livelli di umidità estiva che superano il 60-70%.

Sole

Detto questo, direi di fare un breve ripasso. Attenzione a…

  • Non esporsi al sole nelle ore centrali.
  • Proteggere gli occhi con occhiali scuri e la testa con dei cappelli.
  • Vestirsi con tessuti chiari di fibre naturali (lino e cotone), evitando le fibre sintetiche che non permettono la giusta traspirazione.
  • Coprirsi quando si passa da un ambiente con aria condizionata ad uno caldo.
  • Tenere aperte le finestre al mattino e chiuderle, oscurando gli ambienti, nelle ore più calde.
  • Sforzarsi di bere almeno due litri di acqua fresca, ma non fredda, onde evitare antipatiche congestioni. Attenzione alle bevande dolci; oltre ad essere caloriche sono poco dissetanti.
  • Moderare gli alcolici, perché aumentano la sudorazione e la sensazione di calore.
  • Moderare il consumo di piatti elaborati, fritti e grassi, preferendo pasta e riso con condimenti leggeri.
  • Abbondate con frutta e verdura. Essendo alimenti ricchi di acqua, sono ideali per idratare il nostro corpo. Inoltre, come ben sappiamo, sono una ricarica di vitamine e sali minerali che durante la stagione estiva perdiamo con la sudorazione.
  • Dimenticavo… una coppa di gelato è un’ottima e fresca alternativa ad uno dei pasti principali della giornata.

Ma quindi… per la mia abbronzatura?

Qui la parola chiave è Beta-Carotene, un pigmento arancione capace di stimolare la produzione di melanina naturalmente presente nella pelle. Sono molti gli alimenti che lo contengono, in particolare quelli il cui colore varia dall’arancione al rosso: carote, albicocche, pomodori, pesche, peperoni, ciliegie, meloni… Ma non solo, sulla pelle, oltre ad usare creme al alta protezione, mi spalmo dell’Olio di Mallo di noce che, grazie alle sostanze di cui è composto, reagendo con la cheratina naturalmente presente nell’epidermide, aiuta la mia abbronzatura.

A proposito, indovinate cosa mangio oggi? 😉




Laterza, la terra delle Gravine, del Pane e degli Ulivi

La Gravina di Laterza, un canyon di straordinaria bellezza che poco tempo fa, durante la visita dell’Azienda Agricola Campanello dell’amico Paolo Barberio, ho avuto il piacere di visitare.  Una profonda incisione erosiva in provincia di Taranto che si sviluppa su una lunghezza di 12 km, con una profondità di circa 200 metri, e una larghezza media di 400.

Un luogo che mi ha lasciato senza fiato, e che ho vissuto seduta a terra ascoltando il vento con lo sguardo rivolto all’immenso delle sue pareti calcaree. Circondata da una lussureggiante vegetazione mediterranea, ho vissuto quei momenti in profonda meditazione.  Forse perché da qualche anno sto facendo un viaggio accelerato con me stessa. Credo che sia la ricerca di quel silenzio che da pace all’anima, e che si trova solo vivendo a contatto con la natura.

Riporto le parole di Thich Nhat Hanh, monaco e poeta buddhista vietnamita.

Mi piace camminare da solo per i viottoli di campagna, fra piante di riso ed erbe selvatiche, poggiando un piede dopo l’altro con attenzione, consapevole di camminare su questa meravigliosa terra. In quei momenti, l’esistenza è qualcosa di prodigioso e misterioso. Di solito si pensa che sia un miracolo camminare sull’acqua o nell’aria. Io credo invece che il vero miracolo sia poter camminare sulla terra.” 

La Gravina di Laterza

La Gravina di Laterza

Una zona a protezione speciale sito di importanza comunitaria denominata “Area delle Gravine“. L’unico posto in Europa in cui nidifica il Capovaccaio, il più piccolo avvoltoio europeo il cui nome deriva dalla sua propensione a cibarsi dei resti dei bovini. Un rapace presente da Marzo a Settembre dall’apertura alare di circa 170 cm.

Durante il susseguirsi delle stagioni sono molte le specie animali e vegetali che popolano questo territorio selvaggio. Un susseguirsi di colori e profumi che, se ne avete l’occasione, vi consiglio di visitare seguendo i diversi percorsi accessibili ai più.

E’ in questa zona che nasce l’olio extra vergine di oliva di Paolo. Una produzione da agricoltura biologica nel cuore della terra delle Gravine che continua da generazioni.

Un albero di ginepro di cinquecento anni - Azienda Agricola Campanello

Un albero di ginepro di cinquecento anni – Azienda Agricola Campanello

Laterza non è solo conosciuta per le Gravine e per gli ulivi. Il suo pane, prodotto dai panificatori laertini, è rinomato per la qualità che viene garantita e tutelata dal Consorzio omonimo.

Seguendo un antico rituale, viene cotto in forni scaldati con della legna aromatica che gli conferisce caratteristiche singolari.

Una ricetta tramandata di generazione in generazione che ha permesso al comune di Laterza di entrare a far parte dell’associazione Città del Pane.

Pane di Laterza

Pane di Laterza

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L’Oltrepò Pavese e San Gimignano a Milano. Mani esperte, buona accoglienza e… le mie gaffes!

Nella foto Stefano Forzoni [sTen]*, Giorgio Trovato ed Enrico Fiorentini fotografati durante una divertente gaffe di cui mi sono resa colpevole.

Giovedì 26 Giugno ho partecipato ad una serata di degustazione dedicata all’Oltrepò Pavese Cruasé e alla Vernaccia di San Gimignano. Assaggi di vini, di cibi e cuochi in scena. Protagonisti dello show cooking: Enrico Fiorentini, Executive Chef del Ristorante Il Canneto Sheraton Milan Malpensa, e Giorgio Trovato, Executive Chef dell’Hotel Villa Curina Resort di Castelnuovo Berardenga a Siena.

Fatte le doverose presentazioni, be’, c’ero anch’io, come sempre piacevolmente accolta allo Sheraton Milan Malpensa. Qui mi fermo un attimo per una doverosa premessa, che a voce ripeto spesso, ma che non ho mai scritto.

Ricordo la prima volta in cui sono stata in questo hotel. La mia prima impressione dall’esterno, vista la sua posizione davanti all’aeroporto, fu di un’ambiente adatto ad una sosta di passaggio, dove la gente, frettolosamente, entra ed esce. Ebbene, non è così.

L’atmosfera che si vive, e che ho sempre vissuto ogni qualvolta io mi sia fermata li, è di cortesia, di buone maniere, ma soprattutto di tranquillità. L’ambiente elegante, accessibile e dai grandi spazi, non fa avvertire per nulla il ritmo frenetico che ci si aspetterebbe da un hotel in questa posizione. Sono requisiti, per me, tra i più importanti. Significano buona accoglienza e un sicuro ‘passaparola’, il metodo più amato dagli italiani.

Non dimentichiamo che le aziende sono fatte dalle persone, e le persone come sempre fanno la differenza in qualsiasi realtà. Avere un rapporto sano e corretto con il proprio personale, influisce positivamente sul lavoro e conseguentemente sulla soddisfazione finale dell’utenza. Un vero investimento sulla qualità dell’accoglienza, che incide in modo rilevante sui risultati.

Scuserete la mia lunga premessa, ma oltre a raccontare di eventi, amo dare un senso a ciò che scrivo. Tornando alla serata coordinata da Carlo Vischi  del ciclo “Il vino è il viaggio… il bicchiere è il suo mezzo”, alla quale ho partecipato accettando con piacere l’invito dell’amica Micaela Scapin, bè, che dire… che ho assaggiato vini e ho assaporato cibi interpretati da mani esperte che ora vi presento.

  • Enrico Fiorentini

Dal 2010 Executive Chef del Ristorante Il Canneto Sheraton Milan Malpensa. La sua, una formazione multiculturale grazie alle esperienze fatte in Italia e in svariati paesi all’estero.

Con Enrico ci si conosce da tempo. Come sempre bravo, simpatico e un po’ pazzo. Ci sta anche quello… Diffido di chi non si lascia andare di tanto in tanto. Se volete conoscere l’uomo oltreché il professionista, vi consiglio la lettura di una nostra ‘chiacchierata’ di qualche tempo fa nata dalla fotografia di un suo piatto. Ne riporto un passaggio.

“Enrico Fiorentini, lo chef, ma soprattutto l’uomo”

“Cinzia, posso iniziare col dirti che mi piaceva stare in cucina visto che i miei, per motivi di lavoro, erano spesso assenti.  Il sabato era giorno di mercato, si faceva la spesa, e poi, tornati a casa, si pulivano le verdure. Mi piaceva la manualità e la trasformazione dei prodotti in pietanze, era affascinante, e lo è ancora. Ricordo un vecchio libro di cucina trovato in un cassetto, “Il Carnacina”. Inizialmente mi risultava quasi incomprensibile, poi, in occasione delle festicciole a fine scuola ai tempi delle medie, l’ho utilizzato cimentandomi in qualche ciambella marmorea non propriamente lievitata. Al pensiero sorrido ancora… Quando giunse il momento di scegliere l’indirizzo della scuola superiore mi è venuto spontaneo orientarmi verso l’alberghiero. Non ero conscio della vita di sacrifici alla quale andavo incontro…”

(Per continuare a leggere clicca qui)

  • Giorgio Trovato

Executive Chef dell’Hotel Villa Curina Resort di Castelnuovo Berardenga a Siena. E’ fondatore della ‘Trovato Food Project’, società di consulenza nella ristorazione. Inoltre è presidente e docente della Federazione Italiana Professional Personal Chef (Fippc) che, attraverso corsi di aggiornamento, si pone come obiettivo la formazione e l’aggiornamento dei cuochi.

Il mio incontro con Giorgio è avvenuto in modo divertente. Diciamo che, per un’incomprensione iniziale, mi era sembrato un tipo un po’ altezzoso. Proprio per questo mi ero ripromessa, appena mi si presentava l’occasione, di dargli una ‘sistemata scherzosa delle mie’. Peccato che, facendo una clamorosa gaffe, ho sistemato la persona sbagliata!  😉

Mi spiego… Non essendo molto fisionomista ho scambiato Giorgio con il povero Stefano Forzoni, più conosciuto come [sTen]* (stenblog.com). Il poverino, perplesso, ascoltava senza riuscire a capire… e nemmeno a parlare! Volete sapere com’è finita? Be’, mi è toccato ripetere la manfrina al vero colpevole, che poi colpevole non lo era affatto! Una volta chiarito l’equivoco, dopo un’inevitabile sonora risata, ho rapito lo chef per conoscerlo meglio, raccontandoci come piace a me, con uno scambio alla pari di esperienze di vita.

Calabrese di nascita, ma senese di adozione, nonostante aver conseguito la laurea in giurisprudenza, ha trasformato l’amore per la cucina che gli ha trasmesso la nonna, nella sua professione. La sua, una cucina intesa soprattutto come seduzione, convinto che, l’attesa primaria di chi si esprime attraverso la preparazione dei piatti, si realizzi appagando i sensi e dando piacere e ricordo nel tempo.

Cosa mi è piaciuto più di Giorgio? La semplicità e la simpatia con cui ha reagito alle mie piccole provocazioni, ma soprattutto mi è piaciuta la sua attenzione all’agricoltura, alle tradizioni e ai prodotti autentici della terra. Dico spesso che i ristoratori, con le loro scelte verso le produzioni, possono molto sia per i territori che per le loro economie. Cucinare è molto più che preparare un piatto.

Alessia Bianchi e Stefano Forzoni, alias Sten

Con Alessia Bianchi e Stefano Forzoni [sTen]*

 

 




Un po’ di chiarezza nella produzione del riso, ma non solo… Oggi risponde alle mie domande Dino Massignani.

In questo articolo parleremo di fanghi di depurazione usati in agricoltura, di regole comuni nella produzione del riso, del suo essicamento e di antiche varietà. Ma anche di miele e di un prodotto a cui tengo molto: il Farinaccio. Chi vuole essere consumatore consapevole e informato ha gli strumenti per farlo. 

Conosco da tempo Dino Massignani, il Direttore dell’Azienda Agricola Faunistica Riserva San Massimo. Nonostante ciò, la molla che mi ha spinto a visitare questa realtà produttiva di riso è scattata quando ho visto alcune immagini della Riserva, ma soprattutto dopo una recente chiacchierata con Dino a proposito di ‘fanghi’. Esattamente così, fanghi di depurazione utilizzati in agricoltura. Una questione melmosa, o meglio, una questione di riciclo a mio parere poco chiara. A dirla tutta, dopo averlo ascoltato, ho capito che di chiarezza ce né ben poca in molte cose, anche nella produzione del riso.

L’unica cosa certa che vi posso dire è quello che hanno visto i miei occhi: un ambiente naturalmente bello e incontaminato. Un perfetto ecosistema con una vasta superfice boschiva naturale, tra fauna, rogge, paludi, campi agricoli, risaie e alberi da frutta. Un’area del Parco Lombardo della Valle del Ticino che nel 2004 è stata riconosciuta Sito di Interesse Comunitario. Una Riserva di protezione speciale per la salvaguardia di diverse specie animali e vegetali protette dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura delle specie minacciate.

Dino Massignani

Azienda Agricola Faunistica Riserva San Massimo

E’ questo l’ambiente in cui nasce il riso della Riserva San Massimo. Ben 800 ettari di proprietà (e quasi altrettanto in affitto) in cui vengono utilizzate antiche procedure nel rispetto della struttura del terreno e dell’habitat naturale. Per tutto ciò è fondamentale che la mano dell’uomo intervenga in modo saggio e sapiente. L’esperienza è fondamentale, soprattutto in un momento come questo in cui le condizioni climatiche sono particolarmente mutevoli.

Una vita dedicata all’agricoltura che richiede dedizione, amore e rispetto per la natura. Nonostante io prenda un po’ in giro Dino Massignani (lo chiamano il Cracco del riso), ho potuto constatare quanto prenda seriamente il suo lavoro. Nato da una famiglia di agricoltori, non poteva avere altro destino. Come dico spesso… la terra chiama chi ama la terra.

Questa felce è l'Osmunda Regalis. Una specie protetta e anti inquinamento. È infatti capace di assorbire sostanze nocive inquinanti. Osmunda ha origine da Osmùnder

Questa felce presente nella riserva è l’Osmunda Regalis. Una specie protetta e anti inquinamento. È infatti capace di assorbire sostanze nocive inquinanti.

Ma ora a lui la parola…

  • Ciao Dino, iniziamo ad approfondire la questione dei fanghi di depurazione. Io stessa non ne ero a conoscenza prima che tu me ne parlassi. Mi spieghi meglio l’origine di questa massa riciclata in agricoltura, ma soprattutto, viene analizzata prima di essere distribuita sui terreni?

Fanghi di depurazione… bel problema. In Italia il nostro parlamento ha legiferato che la massa solida creata dalla lavorazione delle acque degli impianti di depurazione, sia civile che industriale, si possa  distribuire (previa lavorazione e miscela) nei campi agricoli.

Il problema è che chi ne ha fatto uso (stupidamente), si è trovato solo un inquinamento del terreno, soprattutto di metalli pesanti.  La legge prevede che il controllore di questo spandimento sia la medesima azienda che paga l’agricoltore per poter distribuire queste sostanze sui suoi terreni. L’unico obbligo è quello di consegnare le analisi di ogni campo fatte prima e post spandimento.

Puoi capire facilmente che fare il controllore di se stesso è da mondo delle favole. Ti pare che le società se trovano indici di inquinamento nel terreno si autodenuncino? Ti dico solo che in alcuni anni i cereali seminati non sono neanche cresciuti, oppure durante il ciclo vegetativo le piante si ammalavano a tal punto che l’agricoltore doveva intervenire triplicando i trattamenti (chimici) per salvare parte del raccolto.

Ecosistema della Riserva San Massimo

La Riserva San Massimo, un ecosistema perfetto

  • Come ho già scritto, dopo averti ascoltato, ho capito che di chiarezza anche nella produzione del riso ce né ben poca.  Questo spiegherebbe facilmente le differenze nei costi finali del riso che purtroppo il consumatore non riesce a percepire. Sbaglio?

Esatto, il mondo del riso è molto nebuloso, e molti ne beneficiano, anche i più impensabili. Basti pensare che non c’è obbligo di tracciabilità del prodotto. Pensa che da qualsiasi parte del mondo arrivi l’azienda intestataria del confezionamento, non è obbligata a menzionare la provenienza.

Non ci sono controlli sui valori dei fitosanitari (questo avviene anche sui cereali usati per la pasta), ed è ancora concessa l’essicazione a gasolio nonostante rilasci una quantità di metalli pesanti sul chicco. Chiaramente viene privilegiata dalle aziende per gli sgravi fiscali che ne derivano rispetto al prezzo intero che pagano per la fornitura del gas.

La beffa più grande per il consumatore poi, è relativa alla denominazione di vendita siglata sulla scatola. Va chiarito che non è riferita alla varietà confezionata. Mi spiego meglio: ogni denominazione di vendita siglata sulla scatola non garantisce la varietà al suo interno, perché un decreto legge permette di inscatolare altre varietà e spacciarle come tali. Un decreto legge che avvantaggia solo i furbi che vogliono tenere all’oscuro il consumatore.

Riso Baldo Riserva San Massimo, ideale per le minestre

Riso Baldo Superfino Riserva San Massimo, ideale per minestre

  • Mi piace andare all’origine di ogni cosa, mi serve per capire. La stessa cosa vale per le produzioni. Tutto nasce dal seme. Mi hai detto che il vostro è certificato. Che cosa garantisce questa certificazione?

Per poter vendere una varietà di riso ogni azienda, ad inizio stagione, deve dichiarare all’ENTE RISI le superfici seminate con la specifica della varietà. Questo serve solo per far sapere alle riserie, che venderanno il riso, quanta disponibilità c’è nell’arco dell’anno di quella determinata varietà.

Ma soprattutto serve per la volontà, che si prefiggono da anni, di uniformare il cereale riso (hanno molta voce in capitolo all’interno dell’ ENTE RISI).

Noi, proprio per tutelarci, ci autoriproduciamo il seme del Carnaroli Autentico che anni fa acquistammo da un anziano agricoltore e che ci viene certificato dall’E.N.S.E. (Ente Naz. Le Sementi Elette) che ne garantisce l’autenticità.

Risaia

Risaie

  • Ora parliamo di essicazione del riso. Molti non sanno che può avvenire con l’ausilio di impianti a gas metano (il sistema usato da voi) o a gasolio. Certo, comporta una differenza sui costi finali, ma anche sul chicco e sulla nostra salute. Dico bene?

Certo, in agricoltura ci sono delle agevolazioni sull’acquisto del gasolio per l’uso dei mezzi agricoli, e in azienda quando è utilizzato per l’essicazione dei cereali. Purtroppo il gasolio rilascia paraffine e PM 10 (Materia Particolata, cioè in piccole particelle) quindi non è per nulla salutare usarlo per essiccare il riso.

Mi spiego. L’aria riscaldata dal bruciatore va a contatto con i chicchi penetrandoli. Il processo di essicazione avviene per ridurre la percentuale di umidità degli stessi, che per legge deve essere del 11-12 % con sbalzo termico. E’ per offrire una qualità del prodotto di gran lunga superiore che abbiamo deciso di utilizzare esclusivamente l’essicamento con il gas, nonostante il suo costo sia a prezzo pieno senza agevolazioni.

Azienda Agricola Riserva San Massimo

Silos arieggiati con riciclo d’aria in cui il cereale non appoggia a terra

  • Gli italiani conoscono per lo più il riso Carnaroli, la varietà ideale per i risotti. In realtà ce ne sono molte altre. Ad esempio la varietà antica di riso ‘Rosa Marchetti’ di tua produzione, ideale per le minestre. Come mai ci sono pochi coltivatori che ci si dedicano?

 Il ‘Rosa Marchetti’ è una varietà antica abbandonata dagli agricoltori in quanto raggiunta la maturazione, si alletta (intreccia) facilmente. Quest’anno stiamo sperimentando una concimazione con la decomposizione organica delle erbe, escludendo totalmente l’uso di prodotti chimici. Sicuramente produrremo 1/5 di quello che producono le altre aziende, ma sarà un Rosa Marchetti unico per sanita e bontà.

  • Passeggiando ho visto tantissime instancabili lavoratrici operose: le api. Parliamo di miele, intendo il tuo…

 La Riserva San Massimo è una realtà ambientale unica per la sua biodiversità che noi garantiamo giornalmente attivandoci per tutelarla. Questo ha fatto si che negli ultimi anni sia diventata meta, oltre che di visitatori e professori di Università, di apicultori che vivono problemi di sopravvivenza delle api locate in altri luoghi. Per questo motivo abbiamo deciso di cercare persone serie che abbiano la nostra stessa filosofia sul rispetto per le forme viventi, per produrre del miele.

La scelta è ricaduta sulle dottoresse Marianna Paulis e Tui Anna Neri, le quali da subito hanno spostato tutte le loro arnie a San Massimo, intraprendendo un lavoro scrupoloso e di qualità, ed escludendo ogni trattamento chimico sulle api (questo non è scontato, anzi…)

Alimentando le api a miele, e non con panetti con prodotti chimici o con acqua e zucchero, ha portato nel tempo oltre che ad avere un prodotto naturale al 100 %, una risposta positiva della forza lavorativa delle api che ha sorpreso anche loro. Qualsiasi essere vivente che viva e si alimenta in un luogo sano, può solo stare bene.

La produzione del miele di acacia, vista la pioggia, si è un po’ ridotta, ma comunque rimane di altissima qualità. Sicuramente non sarà sufficiente per la richiesta. La certezza è che accettiamo questi rischi perché vendiamo solo il nostro prodotto (non ne compriamo sicuramente da altri, per rivenderli come nostri).

Le api. le lavoratrici instancabili della Riserva

Le api. le lavoratrici instancabili della Riserva

  • Un’ultima domanda Dino. C’è un sottoprodotto (così lo chiamano i più anche se per me non lo è affatto), che mi piace molto perché ricco di sostanze nutritive. Amando molto  la medicina naturale e pochissimo i farmaci (ove non necessario) è presto spiegato il motivo. Un ottimo integratore naturale dal sapore di nocciola. C’è chi lo chiama farinaccio e chi gemma di riso. Tu come lo chiami, e soprattutto, lo utilizzi?

Si Cinzia, in gergo tecnico da riseria prende il nome di farinaccio. C’è chi lo spaccia per gemma di riso, anche se solo parzialmente può vantare questa definizione. Infatti una parte è composta dal 1° e 2° pericarpo, cioè la pellicola che ricopre il riso bianco, da non confondere con la lolla, che è la buccia esterna del riso.

Il farinaccio è molto nutriente e sano (ovviamente dipende sempre da chi produce il riso, se non trattato chimicamente, e come viene essiccato). Attenzione alla parola ‘sano’ ormai sulla bocca di tutti. Questa definizione va garantita da analisi. Per rispondere alla tua domanda sull’uso che ne facciamo, ti dico solo che negli ultimi tempi lo abbiamo inviato ad alcuni chef indirizzandoli sulle modalità di utilizzo. Abbiamo altre idee a proposito, che però è ancora presto per rivelare…

Queste sono le risposte di un produttore che ho conosciuto prima ad eventi e poi, come piace a me, di persona sul campo, nella realtà che vive. Con Dino è rimasta in sospeso una promessa. Appena possibile voglio fare un ‘safari nella riserva’. Esattamente così, ho visto una natura incontaminata di tale bellezza che ho bisogno di viverla nuovamente, ma a modo mio: nel silenzio, usando i miei sensi… armata solo della mia macchina fotografica.

Farinaccio Riserva San Massimo: 1/2 pericarpo più gemma di riso

Farinaccio Riserva San Massimo: 1/2 pericarpo più gemma di riso

Omelette di Farinaccio di Riso e Miele

Omelette di Farinaccio di Riso e Miele

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