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Le ‘Grotte di Sileno’ della chora tarantina, una terra di confine piena di magia e misteri non ancora violati.

Le Grotte di Sileno, un sito archeologico in cui viene prodotto olio, vino e frutta antica. Qui troverete l’orto di ‘Columella’, la capanna preistorica, ma soprattutto l’accoglienza della Magna Grecia (ξενία).

Sileno, un essere mitologico dell’Antica Grecia educatore di Dioniso (Bacco). Raffigurato come un vecchio ubriaco a cavallo di un asina, è protettore delle vigne e del vino.

L’ho conosciuto nelle sue grotte, o meglio, nella zona limitrofa di un’azienda agricola di Castellaneta in provincia di Taranto in cui, durante gli scavi archeologici, sono stati ritrovati impianti di vigneti preromani e le raffigurazioni di Sileno. Testimonianze che attesterebbero la vocazione di questo territorio alla produzione di vino.

Da qui l’origine del nome dell’azienda agricola di cui Raffaele Rochira è socio: Le Grotte di Sileno.

Con Paolo Barberio Az. Agr. Campanello  Raffaele Rochira Le Grotte di Sileno

Paolo Barberio Az. Agricola Campanello – Raffaele Rochira Az. Agricola Le Grotte di Sileno

Una tenuta che ha acquistato dopo aver superato un momento difficile della sua vita. Nonostante non sia nato agricoltore, le sue origini lo hanno richiamato alla terra. Determinanti gli studi in Toscana. La passione per il territorio e la caparbietà della sua gente nel promuoverlo, gli è stato negli anni avvenire di grande insegnamento.

Nonostante l’Italia sia da sempre un paese vocato alla terra e all’agricoltura, le complicanze burocratiche ostacolano chi si vuole, con grandi sforzi, dedicare ad essa. Un tasto ahimè dolente, che purtroppo sento ribattere ogni qualvolta io visiti una realtà agricola.

4 - Una vite di cento anni. Monumenti della natura.

Una vite di cento anni. Monumenti della natura.

  • Raffaele, partiamo da qui. Come vivi il tuo territorio?

E’ difficile operare in un contesto caratterizzato da assenza di amore e carenza di opportunità economiche; in particolare nella visione, da parte di alcuni cittadini, condizionati da  rappresentanti delle Istituzioni, che, per diversi motivi, non credono o non vogliono credere nel settore primario.

L’importanza di comunicare il territorio attraverso il recupero delle nostre radici storiche è la vera presa di coscienza per non perdere la nostra identità per una nuova vision culturale ed economica.

Le grotte di Sileno

Le Grotte di Sileno – Porta antica

  • Vino, olio e frutti antichi. Queste le tue principali produzioni.

Esatto. Quello che cerco di fare è raccontare con i nostri prodotti, la natura e la cultura di questa fantastica terra amata sin dalla notte dei tempi, da filosofi, scienziati, imperatori e principi. Racconto la mia Terra, la Puglia, la chora (terra) tarantina, dove  gli ulivi migrano in senso metaforico e non.

Una terra di confine piena di magia, ricca di misteri non ancora violati. Quello che cerco di fare è  suscitare emozioni a chi decide di “viverla”.

L'ulivo maritato con la pietra

L’ulivo maritato con la pietra

  • Mi hai parlato del tuo orto antico: l’orto di Columella.

L’idea nasce dal fatto che, quando ho acquistato l’azienda ho trovato intatto l’orto di Columella (Generale e Agrimensore Romano che assegnava ai veterani delle legioni romane, di ritorno dalle missioni, delle terre). Novanta are (novemila metri quadri) delimitati da muri a secco che nel lato Nord sono alti fino a quattro metri per proteggere dai venti freddi settentrionali l’orto e gli alberi da  frutto.

Visto che in maniera fortuita si era conservata questa antica struttura, perché non reinserire le antiche piante e gli antichi semi ricostruendo integralmente l’orto e realizzando così un esempio di archeologia viva del territorio? Così ho fatto.

Capperi

Capperi

  • Mi hai fatto visitare la ricostruzione della capanna preistorica dell’età del Bronzo Medio, rinvenuta a Sud dell’azienda. E’ legata ad un progetto?

Si, è una ricostruzione fedele, posta in essere con l’aiuto di architetti ed archeologi: un progetto di Archeologia sperimentale finalizzato alla promozione del territorio. Ne abbiamo in cantiere diversi, tra cui uno per la promozione di tecniche di costruzione biodinamica  la cui realizzazione passa attraverso un azione sinergica tra università, professionisti e altre imprese.

Casa di Paglia

Casa di Paglia

  • Nella tua tenuta organizzi attività archeologiche con i bambini. Un’iniziativa che ha avuto un buon esito, e che insegna loro ad amare la storia. Me ne parli?

Grazie  alla collaborazione con l’Associazione Culturale Aulon Res, composta da guide specializzate coadiuvate da  archeologi ed architetti, si organizzano visite con le scuole, e non solo. Sia i bambini che gli adulti hanno così la possibilità di vivere l’emozione di uno scavo archeologico con la scoperta di costruzioni, tombe e reperti.

Suscitare emozioni è la mission delle Grotte di Sileno, in questo caso, con il fascino della scoperta dell’antico, anche il mistero.

Pozzo antico

Pozzo antico

  • Ora parliamo di turismo. Posso dire di aver visto le basi per un buon esito di accoglienza rurale e non solo. Ho visto avviato il tuo agriturismo. A che punto sono i lavori di messa in opera?

Cinzia, siamo già operativi, nel senso che pratichiamo i principi di ospitalità e accoglienza della Magna Grecia (ξενία). L’agriturismo, come accoglienza in camera, sarà operativo per l’apertura dell’Expo 2015.

Come sempre, ma in particolar modo questa estate, organizzeremo visite guidate in azienda e nei territori circostanti disponibili ad accoglier gli ospiti delle altre strutture ricettive con percorsi tra natura e storia…

Gelso

Gelso

Fiore di Melograno

Fiore di Melograno

Le Grotte di Sileno

Le Grotte di Sileno

 Raffele Rochira  www.legrottedisileno.it

raffaelerochira@alice.it




La Maison Charles Heidsieck, 160 anni di storia di Champagne

Lo scrittore britannico Charles Caleb Colton paragonava lo champagne ad una critica: “Non c’è niente di più ributtante quando è cattiva… niente di più delizioso quando è buona.”

Nonostante io sia una donna amante di vini rossi (quelli buoni), quando ne ho l’occasione colgo sempre con piacere l’assaggio di un calice di champagne prodotto da una  Maison rinomata per la qualità e la storia.

Charles Heidsieck è un vino francese che nasce nei vigneti della regione Champagne – Ardenne nella Francia settentrionale. Un vino che richiama al lusso, all’eleganza e alla seduzione, molto amato dalle donne.

Champagne Charles Heidsieck

Champagne Charles Heidsieck

Ebbene, qualche sera fa ho colto l’invito di Philarmonica, realtà distributiva di produzioni selezionate, partecipando ad una cena dedicata a questo champagne prodotto da una Maison storica nata nel 1851.

Nel centro di Milano, accolta nel delizioso Ristorante ‘Cavoli a Merenda‘, ricavato da un appartamento patrizio della fine del 1700, si è svolto l’evento con degustazione condotto dalla guida esperta di Marco Chiesa.

Una serata d'estate a Milano con #charliesway @philarmonicaspa

Una serata d’estate a Milano con #charliesway @philarmonicaspa

Non conoscendo Marco, quando gli ho chiesto di cosa si occupasse, la sua risposta pronta è stata: “Cinzia, racconto storie di vino e di uomini”. Quale migliore occasione per ascoltarlo…

In una sera d’estate, in un ambiente unico elegantemente arredato, con dieci blogger ho fatto un percorso di assaggi, abbinati ad una cena dai sapori tipicamente mediterranei.

Si beve Champagne Charles Heidsieck Millésime 2000 Vintage Brut e... si mangia piatti mediterranei

Si beve Champagne Charles Heidsieck Millésime 2000 Vintage Brut e… si mangia piatti mediterranei

Una Maison con cinque etichette: Charles Heidsieck Brut Réserve, Rosé Réserve, Brut Millésime 2000, Rosé Millésime 1999 e Blanc des Millénaires 1995.

A ognuno il suo champagne. Il mio, per lo meno quello che si è avvicinato più ai miei gusti per la piacevolezza al naso e in bocca, è stato il Blanc Des Millenaires Millésime 1995 Vintage.

Blanc Des Millenaires Millésime 1995 Vintage - Charles Heidsieck

Blanc Des Millenaires Millésime 1995 Vintage – Charles Heidsieck

Ad accompagnarci, oltre a Billie Holiday con ‘Crazy He Calls Me‘, l’ascolto dei racconti di Marco sulle vicissitudini di una famiglia che ha portato nelle serate mondane delle corti europee fino ai giorni nostri, i suoi prodotti.

‘Champagne Charlie’, il nome con cui è conosciuto in America, è un vino di una Maison francese che si distingue per la capacità riconosciuta di fare squadra. Un’attitudine oltre che un’inclinazione, che nel tempo favorisce le economie e il territorio.

Ristorante 'Cavoli a Merenda'

Ristorante ‘Cavoli a Merenda’

 




Social Veg, la Cucina di Antonio Marchello in chiave Social


Social Veg, un progetto di Antonio Marchello per far conoscere, interagire e preparare un piatto vegano o vegetariano attraverso il web. Antonio, il Robin Food del web, è chiamato così dai suoi allievi per la determinazione con cui si impegna, nel portare nelle case degli italiani, le tecniche della cucina. I vantaggi sono presto detti.

Innanzitutto i costi contenuti rispetto ai corsi tradizionali, poi la possibilità di interagire in chat con la community e lo staff in diretta streaming, e infine, per chi non ha modo di spostarsi fisicamente, l’opportunità di poter accedere da casa propria, ad una vera lezione di cucina.

E’ sufficiente registrarsi su www.socialveg.it. Dopo aver ricevuto una mail con gli ingredienti e il materiale necessario, seguire l’appuntamento su www.socialveg.it/diretta-video. Guidati dalle mani esperte di Antonio in meno di un’ora insieme, verrà realizzato il piatto del giorno.

Quando mi è stata segnalata questa iniziativa, ho voluto conoscere come mi è consueto fare, la persona protagonista del progetto: Vi presento Antonio Marchello. 🙂

Antonio Marchello - Fotografia di Monica Placanica

Antonio Marchello

Antonio ha vissuto sin da piccolo la cucina grazie alla passione che gli ha trasmesso sua madre. Un’ottima cuoca che lo ha educato alla cucina come luogo ideale per riunire tutta la famiglia. Un ambiente che da allora, in un certo senso, non lo ha mai abbandonato.

Già dai tempi scolastici, durante le vacanze estive, ha cominciato a formarsi lavorando in diversi ristoranti fino a quando, a ventiquattro anni, la decisione di aprirne uno tutto suo. Le successive esperienze all’estero sono state poi determinanti nelle scelte e nei cambiamenti di rotta.

Tornato in Italia, dopo un periodo lavorativo passato a New York, la decisione di lasciare il ristorante per diventare un personal chef  ha dato una nuova svolta alla sua vita. L’idea di essere a casa delle persone per poter cucinare su misura, entrando in qualche modo più direttamente nelle loro vite, lo attirava molto. La verità è che le persone creative hanno bisogno di continui stimoli. Una necessità che capisco molto bene, e di cui io stessa non riesco a fare a meno.

Da poco, oltre alla nuova avventura di social kitchen e social veg, ha soddisfatto un’altra sua grande passione: il teatro. Insieme a MaxPisu, per la produzione Bananas-Zelig, sta portando in tour lo spettacolo teatrale “Max ter Chef” che lo vede protagonista sul palco in uno showcooking in salsa comica.

Per Antonio la chiave giusta è tutta qui: divertirsi lavorando. Ora che lo conoscete un po’ meglio direi che è proprio il caso di passare a lui la parola.

  • Antonio, vogliamo parlare di Social Veg?

Certo Cinzia! Come per social kitchen, anche Social Veg offre ad ognuno la possibilità di cucinare in diretta con noi, da casa propria, senza trucco e senza inganno. Stessi ingredienti, stessa attrezzatura, stessi tempi e stessa voglia di passare insieme un po’ di tempo in cucina. Alla fine avremo preparato tutti un buon piatto da portare a tavola e da degustare da soli o in compagnia.

Social Veg

  • Social Veg è nato dopo Social Kitchen. Com’è andata la tua prima esperienza con la cucina social sul web?

Gli inizi non sono stati semplici. Quando raccontavo la mia idea spesso mi sentivo dire che non avrebbe funzionato e che nessuno si sarebbe messo ai fornelli insieme a me seguendomi sul web. Ma io non  ho desistito, finché un giorno ho incontrato un altro “folle” come me che ha creduto in questo progetto. Da allora Alessandro Lucianò, con la sua Excogitanet, è l’anima tecnologica di Social kitchen e di Social Veg. Credo di aver trovato finalmente un compagno di giochi con cui divertirmi nel creare e progettare sempre qualcosa di nuovo. Le persone a casa lo percepiscono e gli ascolti delle trasmissioni ne sono conferma.

  • Cucinare solo per se stessi porta spesso a non incentivare la voglia di mettersi ai fornelli. Hai suggerimenti per superare questo freno?

Anche in questo caso suggerisco di utilizzare un po’ di fantasia, un ingrediente essenziale per me. Dimenticate di essere soli. Piuttosto mandatevi un bell’invito, sia sms, via mail, con un bigliettino, un post it, come preferite. Ma fatelo davvero. Invitatevi a cena! Poi preparatevi qualcosa di buono, apparecchiate per bene e presentatevi al vostro appuntamento ben vestiti e magari con una buona bottiglia di vino. Sono certo che tra tutti gli ospiti che avete potuto ricevere in vita vostra, passare un po’ di tempo con voi stessi vi riserverà delle piacevoli sorprese!

  • Dalle tue parole credo di aver capito che la possibilità di offrire a tutti coloro che si vogliono cimentare in cucina, con un confronto e una condivisione, sia stata la molla che ti ha spinto a sperimentare i canali social di cui tra l’altro io stessa sono un’accanita sostenitrice. E’ così?

Io credo molto nella tecnologia e nel progresso, specie se vengono associati a quell’imprescindibile aspetto umano. La cucina di per sé , è sempre stata in qualche modo condivisione, esattamente come per i social. E’ da questo concetto che è nata l’idea di creare, anche solo virtualmente, la cucina più grande e la tavola più lunga d’Italia, ma non solo, visto che abbiamo un seguito anche dall’estero. Una  vera e propria grande famiglia che mi piace molto!

  • Secondo te c’è speranza per chi come me in cucina è come dire… un pochino una frana?

Certo che c’è speranza, e non solo!  Come diciamo noi a social kitchen e a social veg “la cucina deve essere alla portata di tutti”. Cucinare per credere… Anzi, sei ufficialmente invitata a cucinare con me in diretta!

Caspita, sono stata sfidata! A questo punto non mi rimane che accettare! State pronti, ma soprattutto, state collegati su Social Veg! 😉

Fotografie di Monica Placanica

 




Greatest Chef China Italy edition: Liu Peng Vs Eugenio Boer. Una sfida tra chef.

Domenica 8 Giugno, insieme all’amica Doriana Tucci, ho partecipato ad una serata particolare: una sfida tra i migliori chef cinesi a confronto con chef di fama internazionale.

Lo show si è svolto al Boscolo Hotel di Milano con la registrazione di una puntata del Greatest Chef China Italy edition.  Protagonisti della serata: Liu Peng e Eugenio Boer.

 

Più che una sfida, una vera comparazione tra tecniche, tradizioni e prodotti. Questo programma televisivo di Alta Cucina viene messo in onda su CCTV, la televisione di stato cinese, e nel contempo viene promosso online.

Pensate che nell’edizione del 2013 la media di spettatori a serata è stata di venti milioni con punte di ascolto che ha toccato i trentacinque. Caspita! Senza ombra di dubbio è il momento della cucina e dei suoi protagonisti, non solo in Italia, ma in tutto il mondo!

Anche se ultimamente forse si eccede con la condivisione di immagini di cibo, resta il fatto che la gente ama la creatività con la quale i cuochi, ormai quasi vere superstar, lo trasformano.

Durante la serata, seduta a fianco alla deliziosa Patricia Contreras, giovane artista e fotografa messicana, tra una chiacchiera e l’altra ho assaggiato e votato i piatti di questa competizione di gusto.

Volete sapere chi ha vinto la sfida? Naturalmente l’Italia! A rappresentarla lo chef Eugenio Jacques Christiaan Boer.  Vediamo di conoscerlo meglio…

Eugenio Boer

Chef Eugenio Jacques Christiaan Boer

Di padre Olandese e di madre ligure, Eugenio è cresciuto in un mix di culture culinarie molto diverse fra loro.  Già a tre anni cucinava in Olanda con la nonna Rosa, la mamma di sua madre. L’amore per la cucina è nato così, con la pasta fresca che insieme preparavano tutti i giovedì per la gioia di suo padre. A dodici anni la decisione di lavorare in un ristorante nonostante il parere contrario della famiglia. Alla fine, vista la testardaggine del figlio accettarono, ma solo a patto che in contemporanea finisse gli studi da Ragioniere.

Lavoravo e andavo a scuola, ma ero felice. Quello che facevo mi piaceva, e mi piace tutt’ora. Sono stato veramente fortunato negli anni della gavetta. Ho avuto la fortuna di incontrare grandi Maestri di vita, oltre che inequivocabili professionisti. Mi hanno aiutato a crescere insegnandomi a cogliere il ‘vero’… evitando il ‘superfluo’.  Ora questi insegnamenti, anche quelli più duri e umilianti, so che mi sono serviti.

– Eugenio, ti riporto un commento che ha fatto una persona di mia conoscenza riferendosi alla tua folta barba: “Uno chef è come un medico e un soldato, deve sapersi presentare. Rasato o al limite con la barba corta.”

Leggendo questo commento non posso che sorridere. Ho scelto nella mia vita una formazione di severa disciplina. Solo chi è ‘costretto’ nelle idee e nelle esecuzioni, può dare veramente un nuovo risvolto al suo operato.  E’ per questo che io non giudico l’attività di un professionista dal suo aspetto estetico, sia pur comunque curato.

– Cosa pensi della cucina cinese?

Amo l’Oriente e l’Asia in generale, un mondo che mi ha sempre affascinato e che mia moglie Emma mi ha fatto conoscere aiutandomi a superare una mia fobia per il volo.  Ma questa è un’altra storia…

 

 




Una gazzosa grazie… ma al caffè! La conoscete la Brasilena?

Esattamente così, una gazzosa al caffè che ho avuto modo di apprezzare durante una mia vacanza in Calabria.

La Brasilena è una bevanda analcolica frizzante tipica calabrese ottenuta per infusione del caffè (infusione della polvere di caffè in acqua bollente).

Per prepararla si utilizza l’acqua sorgiva del Monte Covello, situato nel territorio di Girifalco in provincia di Catanzaro. Questo monte è noto per la ricchezza di boschi, per la sua fauna, e per la qualità delle sue acque oligominerali.

Un soft drink, se vi piace chiamarla così, con una bassa percentuale di caffè (circa il 12%) prodotta dal 1982 dalla Società Acqua Calabria.

E’ perfetta per ogni ora, dissetante, e dal gusto davvero gradevole. Un prodotto tutto italiano. Non capisco perché non proporre questa anziché note bevande che arrivano dall’estero dal contenuto discutibile!

Devo ammettere che prima di andare in Calabria non la conoscevo neanch’io. Quindi è presto detto. La causa è imputabile soprattutto alla scarsa promozione del prodotto stesso da parte dei produttori.

In tutti i casi vi consiglio di provarla se ne avete occasione. L’offerta dipende sempre dalla domanda…

Madonna di Monte Covello

Madonna di Monte Covello – Fotografia di Tele Pepè Girifalco

 




E’ tempo di bilanci. Oggetto: Business Plan? Soggetto: Tosini Cinzia

 

Qualche giorno fa ho fatto un po’ di ordine nei miei archivi.

Chi si occupa di ‘comunicazione’, che sia un blogger, un pubblicista o un giornalista, vive tra dati, appunti, libri, studi, schedari, contatti… per me è così. Prendo molto seriamente quello che faccio. C’è dietro molto lavoro, viaggi, ricerca, costi, conoscenza, delusioni, emozioni…

Ebbene, mi è capitata in mano un’analisi che, a mia insaputa, senza quasi rendermene conto, mi è stata fatta circa un anno fa. In seguito, poi, mi è stata consegnata con uno scritto su tre fogli. Si, sono stata analizzata, non l’ho chiesto, e non so ancora bene il perché. Sono stata sottoposta a questa indagine come per capire se fossi una persona su cui investire, o forse meglio, da utilizzare.

Mi spiego. Una donna, tempo fa, mi si è avvicinata dimostrando amicizia ed interesse per ciò che facevo. Non ho segreti… vivo alla luce del sole, quindi, vista la sua gentilezza, non ho avuto problemi ad aprirle le porte di casa. In realtà ero sotto analisi. Il risultato con mia sorpresa mi è stato consegnato tempo dopo con uno scritto definito ‘riservato’. Non farò nomi, ma ciò che viene scritto di me, se è riservato o meno, lo decido io.

In sintesi, i miei punti di forza emersi sono (trascrivo testualmente):

  • “Capacità di relazione molto marcata. Riesci a entrare in confidenza con le persone e a farti aprire la porta per entrare. E’ un punto di forza straordinario.” La risposta è semplice, sono sincera e soprattutto me stessa. Non è sempre facile aprirsi. Ma so che la mia esperienza può servire ad altri, e quindi, perché no. Le persone, oggi più che mai, hanno bisogno di onestà, semplicità e soprattutto di fidarsi in qualcuno.
  • “Cultura e buone maniere. Trasmetti entrambe in modo forte, e questa è un’ottima carta.” Mi ripeto, non ci si improvvisa comunicatori, per nulla. Per farlo è necessario vivere il territorio ascoltando i protagonisti che vivono le realtà e le produzioni. Poi ci si completa con la ricerca e lo studio.
  • “Passione determinata, e non solo perché lo dici tu stessa che sei passion-driven, ma perché si percepisce davvero.” Nulla da aggiungere.
  • “Competenza e abilità per un’efficace comunicazione sul web (ricerca SEM e SEO: se ci si affida a te, sei in grado di far trovare subito, con i vari motori di ricerca, il luogo e la persona che segui).” Amo la comunicazione digitale per la possibilità che offre per la promozione dei territori, e per la visibilità che, attraverso di essa, posso dare a chi reputo opportuno far conoscere. Non nascondo che ho incontrato anche persone sbagliate di cui mi sono fidata, fa parte della vita… il tempo è grande rivelatore e provvede a far superare le amarezze.
  • “Scrivi bene, con un tuo stile molto personale, semplice e gradevole.” Ho iniziato a scrivere per caso… ora è una necessità. Scrivo in primis per me, imparando e continuando a farlo.
  • “Fotografia. Sei brava, le foto sono gradevoli, che si tratti persone o di oggetti. Sai cogliere l’essenza.” Più vado avanti e più mi piace. Fotografo tutto, quasi nel timore di perdere ciò che vedo. Condivido per comunicare bellezza.

Tutte cose belle direte. L’unica nota dolente, scritta alla fine delle tre pagine che mi sono state consegnate a sorpresa in una busta, si riassume con un’interpretazione della mia attività con “mancanza di focus, o meglio, con mancanza di chiarezza di obiettivo”.

Forse, dopo quasi quattro anni che svolgo questa attività, è tempo di bilanci e riflessioni. Aveva ragione questa persona? Non so che dirvi. Io so per certo che conosco molto bene quale è il mio obiettivo: comunicare il territorio e soprattutto le persone che ne sono protagoniste. Il mio sogno per il futuro: farne parte attiva.

Questo mio blog è un contenitore di ciò che ho vissuto e imparato in questi ultimi anni. Altro non so, o meglio, forse la nota dolente, non certo per me, che di gran lunga chi ‘snobba le regole di questa società’ (solo quando non le trova giuste), abbia un percorso più lungo e difficile.

Io vivo quello che faccio personalizzandolo con quello che sono e con quello in cui credo. Scrivo quello che vivo se mi passa qualcosa, o se ritengo che debba essere fatto passare un messaggio. La cosa certa è che non riuscirò mai a farlo ‘sotto dettatura’.




Il segnale dell’Acino Verde. L’uva Longanesi e il vino Bursôn.

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La natura, con la sua perfezione, mi continua a sorprendere. Un unico acino verde che, una volta giunto a maturazione, segnala il momento giusto per la raccolta dell’uva. Una particolarità, sia pur non singolare, ma molto rara.

Siamo a Ravenna. L’acino a cui mi riferisco è quello del grappolo dell’uva Longanesi, un antico vitigno autoctono. Da quest’uva, iscritta al Registro delle Varietà dal 2000, si produce il vino Bursôn.

Venerdì 6 Giugno al Ristorante Daniel di Milano, si è svolta una serata promossa dal Consorzio Il Bagnacavallo per diffondere la conoscenza di questo vino tipico dell’Emilia Romagna.

Presente Sergio Ragazzini, responsabile tecnico del consorzio, e alcuni produttori che ne fanno parte. Durante la cena, curata dallo Chef Daniel Canzian, ho ascoltato dai protagonisti la storia che ha riportato a rivivere questo vitigno.

Sergio Ragazzini #Spinetta #Randi #consorziobagnacavallo

Sergio Ragazzini #Spinetta #Randi #ConsorzioIlBagnacavallo

Tutto ebbe inizio quando, nel 1920, Antonio Longanesi soprannominato per l’appunto Bursôn, si incuriosì notando una vite selvatica aggrappata ad una quercia. Vista la resistenza della pianta decise, a partire dalla metà degli anni cinquanta, di coltivarla producendo un vino che, con sua iniziale meraviglia, raggiungeva una gradazione alcolica di 14 gradi.

Da quel momento, con la nascita del consorzio e con la sinergia dei diciassette produttori associati, si è continuato nella promozione per la diffusione e la conoscenza di questo vino dalle origini antiche.

Durante la degustazione, nonostante la costante dello stesso vitigno, territorio ed enologo, ho avuto il piacere di assaggiare un vino con caratteristiche peculiari diverse. Ad influenzarlo, oltre alla mano del produttore, l’origine di una terra attraversata da tre fiumi diversi.

Bursôn

I vini degustati: Bursôn annate dal 2005 al 2009 – Rambèla – Malbo Gentile nella versione passito – Bursôn Passito – Spumante di Rambèla di Bursôn

Prodotto in due tipologie: Bursôn Etichetta Blu da uve non appassite, e Bursôn Etichetta Nera proveniente da uve appassite e affinate in legno per oltre due anni.

Parlando con i produttori e ascoltando le loro scelte, non ho potuto fare a meno di sottolineare che quando si parla di svolte in agricoltura, più che di cambi di vita, io credo che si parli di ritorni. L’Italia è un paese legato alla terra. Contadini eravamo e Contadini torneremo ad essere. Uso di proposito la lettere maiuscola, perché le persone che oggi si orientano verso l’agricoltura, sono formate e preparate come è giusto che sia. Recuperando le tradizioni e usando le moderne tecnologie, garantiscono la qualità dei prodotti mantenendo la loro tipicità.

L’unico auspicio è l’aiuto degli apparati amministrativi di competenza, nell’alleggerire chi la terra la vuole realmente lavorare e far produrre. Una sola parola è determinante per il futuro dello sviluppo dell’agricoltura: #sburocratizzare!

Serata Bursôn

Serata Bursôn

Con Renato Cappetta e Elena di Ospiti a Tavola

Con Renato Cappetta e Elena di Ospiti a Tavola

Risotto limone e liquirizia con sugo d'arrosto

Risotto limone e liquirizia con sugo d’arrosto – Chef Daniel Canzian

 




Lo storico frantoio “L’Acropoli di Puglia” di Martina Franca

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Martina Franca in provincia di Taranto, una cittadina elegante e ricca di storia nel cuore della Valle d’Itria. L’ho conosciuta passeggiando lungo le sue strade e ammirando lo stile barocco delle sue case e dei suoi palazzi. Una città che mi ha particolarmente colpito per la cura e l’ordine con cui è tenuta. “Qui mangi pane e barocco  intitolava nel giugno del ’97 la rivista “Bell’Italia” a proposito del suo centro storico.

Fino a ieri ero da quelli parti per un breve periodo di vacanza. Unisco sempre l’utile al dilettevole visitando le realtà agricole delle terre che visito. Me ne è stata consigliata una che però purtroppo, a causa della mia partenza, non sono riuscita a vedere: lo storico frantoio L’Acropoli di Puglia”.

Lo ha fatto per me Vito Piepoli. Condivido con voi il suo racconto.

Lo storico frantoio “L’Acropoli di Puglia”

 di Vito Piepoli

Il mese di maggio si dice la messa nello spazio esterno antistante l’ingresso del frantoio “L’Acropoli di Puglia” di Martina Franca (Taranto), in attività dal 1889, della famiglia Lucarella, dove svetta una bella statuina della Madonna di Odegitria . Con questa visione benedicente comincia la visita all’antico frantoio oleario di ben centoventidue anni in compagnia di Beatrice Lucarella.

“Lui era Domenico il nonno di mio padre, poi Vincenzo, il papà di mio padre” ci dice Beatrice indicandoci delle foto in alto, poste subito all’interno del frantoio di famiglia. Entrando è cambiata la temperatura, si sta abbastanza freschi. Essendo collinare Martina, da un lato si scende e dall’altro si sale… quindi come frantoio è interrato. Non è molto grande, è rimasto com’era, nel centro della cittadina. E’ un frantoio semi – ipogeo, come conformazione e struttura. E’ “semi” proprio perché non è posto in cavità sotterranee ma leggermente al di sotto del livello stradale. La produzione è a freddo con macine in pietra e torchi idraulici.

L’azienda è mèta di visite turistiche e di gruppi di scolaresche per la riscoperta degli antichi mestieri e per far conoscere le diverse fasi di produzione quale la frangitura, la gramolatura, la spremitura, la conservazione e l’imbottigliamento. Continuiamo ad osservare all’interno del frantoio e ci lasciamo attrarre da segni e particolari a latere dell’attività principale. Vi sono dei ganci sul soffitto.

La maggior parte di questi ganci potevano avere più funzioni o appendere i caciocavalli e salumi in genere da stagionare. I ganci ad anello invece servivano per attaccare gli animali alle catene. Per la staffa di cavallo c’è  un duplice significato, il primo è quello di portafortuna. Il secondo riguarda l’uso del cavallo quale animale da ‘giro’, ovvero il quadrupede utilizzato dal frantoiano per far girare le molazze.

Anticamente, il luogo di trasformazione delle olive in olio era denominato “trappeto”, dal latino trappetum, ossia frantoi scavati nella roccia che testimoniano un’economia fiorente di un lontano passato, o anche dal greco trapeo  = pigiare o trepo = torcere o anche trapetes che significa appunto frantoio dal numero delle macine che anticamente erano tre, più piccole di diametro delle attuali, posizionate in basso e trainate da cavalli murgesi, asini, tipici della zona, o da buoi.

foto 2

L’Acropoli di Puglia

La produzione viene fatta proprio come tradizione comanda, prima la frangitura delle olive sotto la macina e poi la pasta ottenuta viene posizionata sui fiscoli, a forma di ciambelle, originariamente impagliati, che vanno l’uno sull’altro a comporre la “torre” , pronta per la spremuta sotto il “torchio”. Quattro presse presenti nel frantoio e, a dire della nostra guida, durante il periodo di produzione sono necessarie almeno  quattro – cinque persone per portare avanti la lavorazione.

Per fare una macina e comporre almeno una “torre” ci vogliono almeno tre quintali di olive e, secondo Beatrice, quest’anno l’annata dovrebbe essere abbastanza buona per la raccolta nelle tenute di famiglia che sono ubicate in agro di Martina Franca e Crispiano. Ciò che in realtà incide molto a livello di costi è il mantenimento della campagna. Soprattutto difficili da recuperare poiché si cerca di mantenere un prezzo medio di vendita al pubblico anche se è indispensabile per il consumatore capire che se si vuole mangiare bene e genuino il prodotto di qualità ha un costo.

Beatrice ci ricorda che, passando ad un altro prodotto della terra, dall’uva si ricavano eccellenti vini bianchi (bianco Martina) e rossi (Primitivo del Salento) tipici del territorio della Valle d’Itria. Anche il mercato del vino a livello globale è diventato difficile. Mi è capitato di avere un incontro con degli importatori russi, dice Beatrice, che chiedevano di pagare il vino sfuso a cinquanta centesimi al litro (un’assurdità!).

Tornando all’olio, la guida ci rassicura sul fatto che le olive raccolte e macinate presso il frantoio di famiglia non si raccolgono da terra anzi lei stessa ci dice che non si devono raccogliere da terra, perché “l’oliva è una spugna che al contatto con la terra non fa altro che assorbire l’humus, l’umidità e la muffa. I nostri terreni non sono trattati con diserbanti nocivi arando il terreno con l’uso di trattori per  eliminare le erbacce e impastare il terreno. La raccolta avviene per lo più per sfilamento dall’albero delle olive, ma se utilizziamo il braccio meccanico le olive vengono immediatamente raccolte dalle reti. E’ una faticaccia. Il nostro principale cultivar è caratterizzato da olive “coratina” ma anche da “leccina-nociara” innestate nella stessa pianta, il tutto frutto di alberi secolari. La raccolta viene effettuata nei mesi di novembre-dicembre, anche se molto dipende dal tipo di clima che si è avuto e dalla presenza di abbondanti o scarse piogge; la potatura avviene poco dopo la raccolta, con il sistema della potatura corta “.

Il prodotto viene apprezzato ed esportato negli Stati Uniti, in Europa nei paesi dell’Est, ed in molti paesi europei soprattutto in Inghilterra e Francia. In Italia viene adottata la vendita attraverso il sistema del door to door ovvero spedito direttamente presso le famiglie. Nel frattempo la visita continua e osserviamo alcune cisterne interrate piene di “oro giallo”, dove l’odore dell’olio fresco appena franto viene avvertito ancor prima della vista, cogliendone un profumo che inebria piacevolmente i polmoni, prima ancora che la coppa calata nell’olio ci venga avvicinata al naso.

Dopo un anno di conservazione, ci viene riferito, il prodotto rimane sicuramente di qualità, però non è più quel verde intenso, non ha quel sapore che pizzica, ma maturando perde un po’ qualcosa, com’è natura. Conosciamo Vincenzo, il secondo dei tre figli, anche lui attivamente impegnato nell’azienda di famiglia occupandosi principalmente del settore marketing e commerciale. Il filtraggio dell’olio grezzo viene effettuato con metodo “a bambagia”, proprio come si faceva una volta, con l’ovatta. Più che un filtraggio è una vera e propria sgrossatura.

La famiglia Lucarella oltre al frantoio ha una azienda agricola che produce anche altri prodotti alimentari di pregio, in vendita in una location ubicata in piazza Umberto oltre ad una linea di prodotti cosmetici naturali a base di olio extra vergine di oliva. “Produciamo anche un condimento balsamico, che ha quindici o ventuno anni di invecchiamento” – ha concluso Beatrice – che all’assaggio ci sembra più che un aceto, un vino da dessert e il mosto cotto di uva bianca, il “vin cotto” dalla particolare consistenza, prodotto col vecchio disciplinare. E a noi non ci resta che salutare e augurare al frantoio “L’Acropoli” lunga vita, per il gusto del nostro palato e la bellezza della nostra pelle.

 

 




Francesco e Salvatore Salvo & Enrico e Roberto Cerea: otto mani per una pizza con le stelle

In testata Francesco e Salvatore Salvo con due loro collaboratori.

Dov’ero rimasta con Francesco e Salvatore Salvo… ? Ah si, ero rimasta nella loro pizzeria a San Giorgio a Cremano in provincia di Napoli. Era il Settembre del 2013. La storia è iniziata li, o meglio, prima sul web attraverso uno scambio di mail, poi di persona, come piace a me stringendosi le mani mentre parlando ci si guarda negli occhi.

Titolari della pizzeria ‘Salvo Unica Sede’, Salvatore e Francesco sono un punto di riferimento per chi ama la pizza di qualità fatta con buone materie prime.

Pizzeria 'Salvo Unica Sede' - San Giorgion a Cremano (NA)

20 Settembre 2013 – Pizzeria ‘Salvo Unica Sede’ – San Giorgio a Cremano (NA)

Sono una passionale, e come tale quando vedo passione e voglia di fare bene, il mio interesse prende il sopravvento. Approfondire queste conoscenze mi porta, appena possibile, nei luoghi dove le storie hanno origine.

Lo scorso 26 Maggio presso la Residenza Cantalupa di Brusaporto, in provincia di Bergamo, si è svolta una cena a otto mani che ha visto protagonista la pizza napoletana di Francesco e Salvatore Salvo.  Otto mani perché insieme a loro la pizza è stata interpretata dai padroni di casa Enrico e Roberto Cerea.

Queste interpretazioni hanno dato vita alle ‘pizze stellate’ grazie ad una serie di collaborazioni tra i due fratelli Salvo e alcuni chef di varie regioni d’Italia. Un segno tangibile di chi si distingue per la voglia di ‘fare bene’ ma soprattutto di ‘fare insieme’.

Dico spesso che – da cosa nasce cosa – e così è stato. È nata così la mia amicizia con Francesco e Salvatore. Ritrovarsi in questa serata è stata l’ennesima riprova del fatto che, quando un rapporto è basato sulla stima, non ci si perde.

Un incontro speciale in una location da sogno: la Residenza Cantalupa dei fratelli Cerea, un’oasi di ristoro e di benessere nella verdeggiante Brusaporto in provincia di Bergamo.

Residenza Cantalupa - F.lli Cerea

26 Maggio 2014 – Residenza Cantalupa F.lli Cerea – Brusaporto (BG)

Non conoscevo Enrico e Roberto Cerea. Quella sera però ho avuto modo di apprezzarli per la semplicità e la cortesia che mi è stata dimostrata. Il loro ristorante – Da Vittorio – porta il nome del padre scomparso qualche anno fa. Un uomo dalla lunga esperienza nella ristorazione che ha creato, insieme alla moglie Bruna e ai figli Francesco, Enrico, Roberto, Barbara e Rossella, il primo Relais Chateau della Bergamasca.

Cerea - Salvo

26 Maggio 2014 – Residenza Cantalupa – Cerea & Salvo

Queste sono le otto mani, tra San Giorgio a Cremano e Brusaporto, che hanno dato vita ad una serata dedicata alla pizza a cui ho avuto l’onore e il piacere di partecipare, ma attenzione… anche di gustare! Non ci credete? Bè, io ho le prove!

Si aprano le danze… che abbia inizio la sfilata delle pizze!

Salvo & Cerea

26 Maggio 2014 – Al lavoro!

Margherita del Vesuvio

Margherita del Vesuvio : Pomodori del Piennolo del Vesuvio dop delle cantine Olivella, Mozzarella di Bufala Campana dop, Olio Extra Vergine del Vesuvio delle cantine Villa Dora e basilico

Cosacca : Pomodorino di Corbara, Pecorino di Bagnoli Irpino, Olio Extra Vergine Biologico delle Colline Salernitane dop della cantina San Salvatore e basilico.

Cosacca : Pomodorino di Corbara, Pecorino di Bagnoli Irpino, Olio Extra Vergine Biologico delle Colline Salernitane dop della cantina San Salvatore e basilico

Marinara

Marinara: Antico pomodoro di Napoli “Miracolo di San Gennaro”, origano selvatico di montagna, aglio di Sulmona, Olio Extra Vergine di Oliva monocultivar Ortice di Capolino Pellingieri e basilico

Cipollotto ed alici

Cipollotto ed alici : Cipollotto nocerino, Alici fresche, Mozzarella di Bufala Campana dop, scaglie di Caciocavallo Podolico Irpino stagionato un anno, Olio Extra Vergine d’oliva biologico Valli Trapanesi dop dell’azienda agricola Titone e basilico

La pizza stellata dei Fratelli Cerea

La pizza stellata dei Fratelli Cerea : Provola affumicata di bufala campana, pomodorino del Piennolo, baccalà cotto a bassa temperatura, crema di patate e pesto genovese

Pizza fritta ripiena

Pizza fritta : ripiena di Ricotta di Bufala Campana, Mozzarella di Bufala Campana affumicata, Cicoli di maiale di Kuoko Mercante Mario Avallone e pepe nero di Rimbas – Malesia

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Vinissage 2014, il salone dei vini Biologici, Biodinamici e Naturali. Una terminologia ai più non ancora chiara.

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Dal 24 al 26 Maggio, al Palazzo Enofila di Asti, si è svolta Vinissage, tre giorni di degustazioni e conoscenza per la promozione del vino come espressione dell’uomo che lo produce e del territorio in cui nasce.

Una manifestazione organizzata dall’Assessorato al Turismo e Promozione del Territorio del comune di Asti, in collaborazione con Officina Enoica, un’associazione no-profit con sede a Milano che sostiene i vignaioli rispettosi dell’ambiente e della biodiversità.

Ben trecento vini in assaggio raccontati dai vignaioli per far conoscere il vino, il territorio e le sue problematiche. Un’anteprima degli eventi che ci condurranno alla fatidica data del 1’ Maggio 2015, inizio dell’Esposizione Universale ospitata da Milano.

Venti milioni i turisti stimati che visiteranno il nostro paese e che avranno occasione di conoscere il nostro territorio e le nostre produzioni. Un’occasione imperdibile per instaurare rapporti di scambio utili per risollevarci dalla crisi che ci attanaglia, e che blocca la nostra economia.

Chiacchierando tra gli stand, oltre a salutare amici ritrovati, ascoltando le persone intervenute alla manifestazione mi sono resa conto di quanta poca chiarezza ci sia ancora con la terminologia legata al vino (e non solo). Mi riferisco alle definizioni di  Biologico, Biodinamico e Naturale da alcuni considerati una moda, mentre da altri reputati un vero e proprio stile di vita.

Forse troppe suddivisioni creano solo confusione al consumatore che, non essendo educato alle terminologie, è confuso nella scelta finale. Chi ama il vino vorrebbe solo che fosse prodotto da persone legate al territorio e per questo rispettose dell’ambiente e dei cicli della natura. Un vino schietto e pulito.

Detto questo, qui di seguito faccio un breve ripasso.

  • Con il termine di vino biologico si intende un prodotto senza sostanze chimiche e con solfiti ridotti al minimo. La certificazione a livello comunitario del Regolamento Europeo 203 entrato in vigore il 1’ Agosto del 2012, permette di venderlo come biologico e non solo di definirlo ‘prodotto da uve biologiche’.
  • Quando invece si parla di vino biodinamico ci si rifà agli insegnamenti dell’austriaco Rudolph Steiner. I suoi rudimenti si basano su un’agricoltura che punta a mantenere la fertilità della terra, che non prevede l’uso della chimica, che segue l’influenza delle fasi lunari, e che riferita ai vini, limita l’uso di anidride solforosa e prevede l’utilizzo di  lieviti indigeni presenti sulle uve. Un’agricoltura severa e attenta all’ambiente e alla biodiversità.
  • Infine, parlando di vini naturali, ci si riferisce ad una filosofia di vita sostenibile ma non regolamentata da disciplinari e normative come le due categorie precedenti. Sicuramente meno estrema di quella biodinamica, ma parallela nei pilastri da seguire per una viticoltura attenta alla natura e al territorio.

Alcuni momenti di Vinissage.

Fonte: Elisabetta Rossi – Tesi di Laurea magistrale in Economia e Direzione delle Imprese

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