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E’ possibile mangiare con buone materie prime senza spendere follie? Risponde lo chef Giorgio Perin

Ho conosciuto Giorgio Perin durante una serata dedicata al Nebbiolo che si è svolta pochi giorni fa al MO.OM Hotel di Olgiate Olona, in provincia di Varese. E’ ormai mia abitudine, se valuto interessanti le argomentazioni del mio interlocutore, approfondire la sua conoscenza con due chiacchiere che mi permettono di capire e soprattutto continuare ad imparare.

Chef Giorgio Perin -

Chef Giorgio Perin

La scelta di Giorgio di fare il cuoco è stata quasi una tappa obbligata. In quegli anni gli indirizzi scolastici privilegiati erano infatti rivolti alle scuole professionali che permettevano un ingresso immediato nel mondo del lavoro. Nato a Verbania, optò per la scuola Alberghiera di Stresa inizialmente senza alcuna ambizione di carriera.

Stagione dopo stagione, lontano dagli affetti e dalle amicizie, il percorso ha incominciato ad entusiasmarlo. La fortuna di poter lavorare accanto a grandi Chef del Novarese, gli ha permesso di formarsi imparando i fondamenti della cucina classica che poi ha mantenuto negli anni come pilastri del suo metodo lavorativo. Come si suol dire, da cosa nasce cosa.

Detto ciò vi presento l’Executive Chef dell’Hotel MO.OM Giorgio Perin.  A lui la parola.

  • Giorgio, Secondo te è possibile mangiare con buone materie prime senza spendere follie?

Non solo è possibile, ma è necessario se si vuole produrre un buon risultato che accontenti sia la clientela che la casa per cui si opera. Non è forse quello che normalmente si fa in ogni famiglia? Si cerca di contenere i costi e di soddisfare tutte le esigenze. Un risultato che si può ottenere attraverso un’accurata selezione dei prodotti, un’adeguata calibratura delle merci, e un metodo di cottura che eviti gli sprechi riducendoli al minimo o addirittura annullandoli.

  • Meglio la ristorazione di ‘ieri o quella di oggi’?

Credo che non ci sia il meglio dell’una senza il meglio dell’altra. Mi spiego. Oggi si tende a ricercare sempre nuovi gusti, nuovi abbinamenti, e nuovi metodi di cottura per accontentare sia i palati che le necessità di restringere il tempo di attesa e di consumazione dei piatti. Non dobbiamo però dimenticare che nella cucina ‘di ieri’ ci sono gusti, profumi e genuinità che nessuna novità di oggi potrebbe mai far scordare. Molte ricette di oggi sono rivisitazioni dei piatti di ieri, i più genuini e naturali.

  • Consiglieresti a tuo figlio/a di percorrere la tua strada?

Ogni lavoro, se fatto bene, è passione impegno e fatica, così come ogni persona è artefice del suo destino. NO, non ho consigliato ai miei figli il mio lavoro, ne loro hanno mai espresso la volontà di farlo. Personalmente sono felice che si sentano realizzati nelle loro scelte.

Chef Giorgio Perin

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  • Secondo te perché le donne fanno più fatica ad affermarsi nell’alta ristorazione?

A mio parere è difficile ma non impossibile. Questo lavoro se fatto con passione richiede grande dedizione, sacrificio e tempo. Non ne farei dunque una questione di capacità o di possibilità, ma di abnegazione di se stessi. Arrivare all’alta ristorazione può voler dire rinunciare alla famiglia, al divertimento e al tempo per se stessi. Le cose però anche in questa direzione stanno cambiando.

  • La cucina è una questione di sensi. È scientificamente provato che le donne hanno una sensibilità maggiore. Proprio per questo motivo accetteresti di lavorare a fianco a una donna?

Qualche anno fa avrei avuto delle grosse riserve se mi avessero proposto una collaborazione uomo-donna in cucina, forse per il mio carattere dominante, forse per partito preso, o forse semplicemente perché ho sempre visto il mio lavoro “Uomo”. Oggi sarei più aperto a questa possibilità, ma non lo farei per una questione di sensibilità, perché per cucinare bene, per abbinare gusti, per creare effetti cromatici, questa dote è indispensabile a prescindere dal sesso.

Cinzia, concludo queste nostre due chiacchiere rivelandoti che ho trascorso quasi un’intera vita appassionandomi ad un lavoro che mi ha richiesto grandi rinunce ma che mi ha dato enormi soddisfazioni. Grazie a questa lunga esperienza ho potuto conoscere grandi menti, altri paesi e culture. Sono tutt’ora operativo e soddisfatto dei miei risultati. Ringrazio la mia famiglia per il paziente, entusiasta, oggettivo supporto senza il quale sarebbe stato tutto molto più difficile. In Fede, Giorgio Perin.

Come non condividere le parole di Giorgio. La famiglia, per chi ha la fortuna di averla, è il supporto più importante nella vita. E’ il nido che ci scalda nei momenti freddi e ci sostiene nelle difficoltà. Mai darla per scontata…

La cucina dello Chef Giorgio Perin.




Serata Nebbiolo. Ecosostenibilità, vino e buona cucina.

Nella foto in testata uno scatto degli  interni del MO.OM Hotel.

Ecosostenibilità, vino e buona cucina. Sono queste le parole che mi hanno convinta ad accettare l’invito alla serata dedicata al Nebbiolo delle colline Novaresi che si è svolta il 15 Maggio al ‘MO.OM Hotel di Olgiate Olona, in provincia di Varese.

Protagonisti il Nebbiolo dell’Azienda Vinicola Lorenzo Zanetta e la buona cucina dello Chef Giorgio Perin. Il tutto in un eco-hotel, una struttura che si ispira al green travelling e al vivere ecosostenibile.

EcoSiamo prossimi a Expo 2015, un evento di importanza strategica che porterà il nostro paese al centro del mondo. Il rispetto dell’ambiente per  uno sviluppo sostenibile è uno degli argomenti cardine dell’Esposizione Universale che si svolgerà a Milano dal 1’ Maggio al 31 Ottobre 2015.

Il MO.OM è stato concepito seguendo questa linea di pensiero. Grazie ai materiale di cui è costituito e all’impianto di tri-generazione (caldo, freddo ed elettricità), l’impatto sull’ambiente è stato ridotto al minimo. Non solo hotel, ma anche galleria d’arte grazie alle duecentocinquanta opere realizzate dagli studenti del Liceo Artistico “Candiani” di Busto Arsizio.

Il Nebbiolo

Il Vino protagonista della serata è stato il Nebbiolo delle Colline Novaresi dell’Azienda Vinicola Lorenzo Zanetta. Un vitigno autoctono da cui si produce il Barolo e il Barbaresco, grandi vini che richiamano due cittadine delle Langhe in provincia di Cuneo. Il suo nome sembra avere origine dalle vendemmie tardive in cui le nebbie autunnali fanno da cornice. Un grappolo dalla forma piramidale composto da acini tondi con una buccia molto pruinosa (pruina, sostanza cerosa che protegge l’acino dagli agenti esterni).

Un’azienda vinicola, fondata dal capostipite Lorenzo Zanetta, che vanta settant’anni di storia e di esperienza nella grande tradizione piemontese. Durante la serata ho avuto il piacere di chiacchierare con Sergio Zanetta, un produttore che, citando le sue stesse parole, crede ancora nel vino.  Ascoltandolo non ho potuto fare a meno di leggergli un passaggio di Luigi Pulci, un poeta del 1400 : Ma sopra tutto nel buon vino ho fede, e credo che sia salvo chi lo crede.”

Chef Giorgio Perin

Giorgio Perin, Executive Chef dell’Hotel MO.OM conosce bene il territorio in cui lavora essendo nato  a Verbania. Un cuoco, dalla lunga e provata esperienza, che si esprime nelle sue preparazioni.

Se mi chiedete cosa mi è piaciuto di più della cucina di quella sera, senza esitare vi dico il risotto mantecato al Nebbiolo Rosé con dadi di Taleggio. Provare per credere! 😉

Ma ora basta, parlano i piatti…

Sfogliatine calde alle verdure e crema. Timballo di riso nero con trancetto di salmone marinato. Gelatina di Nebbiolo con melograno

Sfogliatine calde alle verdure e crema. Timballo di riso nero con trancetto di salmone marinato. Gelatina di Nebbiolo con melograno

Fagottino di verza con fonduta alle noci e crema di zuccha

Fagottino di verza con fonduta alle noci e crema di zucca

Risotto mantecato al Nebbiolo Rosé e dadi di Taleggio

Risotto mantecato al Nebbiolo Rosé con dadi di Taleggio

Timballo di controfiletto tiepido aromatizzato si crostone di patata alla pancetta croccante

Timballo di controfiletto tiepido aromatizzato si crostone di patata alla pancetta croccante

Mousse di cioccolato fondente con cristalli di zucchero integrali e salsa al mou

Mousse di cioccolato fondente con cristalli di zucchero integrali e salsa al mou

 




Lo sapete come si mangia la frutta a tavola? Si…? E allora perché non la ordinate?!

Oggi parto da questa provocazione visto che, più di un amico cuoco, mi ha rivelato che gli italiani tendono a non ordinare la frutta al ristorante per evitare i possibili  imbarazzi nel mangiarla. Li per li questa affermazione mi ha lasciata un po’ perplessa, poi, pensandoci bene, la cosa mi ha portato a riflettere. Che sia possibile che uno dei motivi possa essere questo? Mah, non ci credo, anche perché personalmente non vedo il problema. Galateo o non galateo trovo bellissimo toccare il cibo con le mani. E’ un modo più completo di gustarlo.

La frutta… bella, colorata, buona, piena di vitamine! Un’importantissima risorsa che ci offre la nostra agricoltura. La vorrei vedere sempre nell’offerta delle prime colazioni, dovunque, in città e in campagna, nei ristoranti e nei bar. Ultimamente ho incominciato a chiederla a fine pasto nei ristoranti. Ebbene, un dramma, e non scherzo! Alcuni ne sono addirittura sprovvisti. Sarebbe proprio ora di cambiare le cose! Un cestino a fine pasto senza doverlo chiedere, è più che doveroso!

Già sento i fischi… E’ inutile che fate quelle facce, lo so bene che è consigliabile mangiarla fuori pasto! Dovete ammettere però che comunque è una valida alternativa a dolci spesso ultra calorici che ci appesantiscono e affaticano la digestione. Alcuni diranno – ma come, un’affermazione come questa da una donna golosa come te? – Certo, non l’ho mai nascosto, ma per non rinunciare ai dolci so limitarmi nei pasti principali. La frutta però è la frutta, io l’adoro, e non ne posso fare a meno! 😉

Detto questo, per i fanatici del bon ton e per evitare di fare gaffe, facciamo un ripassino sui modi corretti di mangiarla a tavola.

Il Galateo e la FruttaInnanzitutto va servita pulita e accompagnata da un piattino, un coltello e una forchetta (tranne per alcune eccezioni).

  • Agrumi: Dopo aver tagliato le due sezioni ai poli, si incide la scorza con il coltello, e con lo stesso si sbuccia. Gli spicchi si mangiano con le mani trattenendo i semi nella stessa posta ad imbuto vicino alla bocca.
  • Anguria: Dopo aver tolto i semi con il coltello, si mangia tagliata a fettine con la forchetta.
  • Banana: Il Galateo dice che per mangiarla non si dovrebbe usare il coltello. Comunque sia è consigliabile fare un taglio longitudinale aiutandosi poi con la forchetta per ridurla a pezzetti.
  • Cachi: Si tagliano a metà e si mangiano con il cucchiaio.
  • Ciliegie: Si mangiano tenendole per il picciolo. Il nocciolo va trattenuto nella mano posta ad imbuto vicino alla bocca.
  • Fichi: Una volta tagliati in quattro parti, si mangiano con la forchetta.
  • Fragole: Si mangiano portandole con le mani alla bocca.
  • Kiwi: Si taglia a spicchi con il coltello e si mangia con la forchetta.
  • Mela/Pera: Prima di sbucciarla si taglia a spicchi, quindi si mangia con la forchetta.
  • Melone: Si taglia a fette e si mangia con la forchetta.
  • Pesca: Se la si mangia sbucciata si procede come per la mela.
  • Uva: Si mangia tenendo il grappolo in mano e staccando gli acini con le dita. I semi si trattengono con la mano posta ad imbuto vicino alla bocca.

Che dire… liberi tutti. Per quanto mi riguarda sappiate che se venite a cena con me, dovete essere pronti alle mie gaffe spontanee e innocenti! A tavola, e non solo, ne faccio parecchie! 😉




Io la notte mi vesto con due gocce di… “Olio EVO e Bergamotto”

Marilyn Monroe, simbolo di bellezza e femminilità era solita dire: “La notte mi vesto con due gocce di Chanel numero 5”. Ebbene, siamo entrambe bionde e femminili, ma io la notte amo di gran lunga vestirmi con olio EVO e Bergamotto. Detto questo, lungi da me paragonarmi a questa intramontabile icona del cinema. Ho voluto solo riallacciarmi a questo suo modo di dire per raccontarvi il modo in cui saluto il giorno  e  mi accompagno alla notte.

Sono anni che ormai utilizzo l’olio extra vergine di oliva per mantenere la pelle morbida ed elastica. Ho imparato a farlo grazie ad un medico che me l’ha consigliato durante la mia gravidanza. Ero molto giovane e inesperta. Quando gli chiesi cosa potessi usare per evitare la formazione di ragadi lui deciso mi disse: “Cinzia, niente creme, usa solo un buon olio di oliva spalmandolo quotidianamente sulla pelle.” Io non ho ragadi, forse non ero predisposta, o forse più semplicemente le molte proprietà benefiche dell’olio di oliva e la costanza nell’usarlo le hanno prevenute.

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Ultimamente ne ho scoperto uno veramente speciale, l’Olio EVO con il  Bergamotto che la cara amica Alessandra Paolini produce nella sua Azienda Agricola a Doria, in provincia di Cosenza. Un olio dai profumi molto particolari.

Lo sapevate che la Calabria vanta un’antica coltivazione di Bergamotto risalente alla metà del 1700? Proprio così, ma non solo visto che a livello mondiale è anche la maggiore produttrice di questo agrume DOP dal 2001, i cui oli essenziali vengono impiegati nella produzione dei profumi.

Un mix perfetto per la salute della pelle utilizzato fin dall’antichità. L’olio d’oliva infatti, grazie ai suoi contenuti di vitamina E, vitamina A, beta-carotene e altre sostanze benefiche, contrasta i radicali liberi rallentando l’invecchiamento dei tessuti. In più è un prodotto naturale della nostra agricoltura che fa grande l’Italia nel mondo, meglio di così! 😉

La Natura cura!

Frangivento Cipressino nella terra di Doria

Frangivento Cipressino nella terra di Doria – Fotografia di Alessandra Paolini




Carlo Ravasio, un muratore che a Bergamo fa Olio e Vino

Quando ho chiesto a Carlo Ravasio il suo mestiere, lui senza esitare mi ha risposto: – Cinzia, faccio il muratore! – Sbigottita l’ho guardato un po’ perplessa. La realtà, quella vera, è che molte persone che incontro hanno due vite (io compresa).

Si cresce e si cambia, gli stessi eventi che a volte ci travolgono fanno scoprire in noi potenzialità nascoste che risvegliano le nostre passioni e trasformano la nostra vita. Il quesito è – qual è la vita vera? – Credo, anzi sono convinta, che sia quella che ci fa battere il cuore, che ci tiene vivi, e che ci fa svegliare la mattina con la voglia di fare.

Carlo Ravasio è un imprenditore dell’edilizia cresciuto nelle terre di un antico borgo rurale, un tempo adibito all’allevamento di capre: Cavril (caprile in bergamasco). La sua attività lo ha portato ad investire nel villaggio abbandonato della sua infanzia a Sotto il Monte Giovanni XXIII, ben determinato a riportarlo in vita.

Questo recupero ha fatto nascere una farmhouse, un agriturismo con una terrazza da cui ho goduto, seduta su una panchina, la bellissima vista su Bergamo. Ma non solo, ha fatto rinascere anche la vecchia cantina in cui riposano le bottiglie dei vini prodotti dall’azienda agricola annessa Sant’Egidio.  Una storia familiare di origine contadina iniziata nel dopoguerra con l’acquisto della prima vigna: ‘Ronco di Sera’.

Farmhouse trovata! E con che vista! #Cavril #Agriturismo #SottoilMonte #Bergamo

Ronco di Sera

Tre ettari di vigneti e uno di oliveto da cui produce olio extra vergine di oliva da cultivar Frantoio, Casaliva, Leccino e Pendolino, e il vino che porta sulle tavole del suo agriristoro biologico. Ronco di Sera, prodotto con un taglio di vino Merlot variabile tra il 60-70% e Cabernet Sauvignon per la rimanente parte, Tessére ottenuto da uve Merlot, Turano da uve Cabernet Sauvignon, e infine Marinele, da uve Moscato giallo.

Durante la cena in cui l’ho incontrato, Carlo mi ha espresso la volontà di far conoscere come merita il suo territorio e le sue produzioni avvalendosi di materie prime di piccole medie aziende agricole della zona di accertata qualità.

Da un’idea spesso nascono progetti, che se condivisi, uniscono e permettono di fare bene. Questa determinazione ha fatto nascere l’associazione delle  ‘Sette Terre’, un gruppo di viticoltori uniti dalla volontà di valorizzare e promuovere la produzione vitivinicola bergamasca da molti non ancora considerata tale.

Impegno, passione, qualità, valore, crescita, studio e programmi: questi i sette punti cardine che uniscono i produttori che si vogliono associare. Sette, simbolo della perfezione legato al compiersi del ciclo lunare, per gli Egizi simbolo di vita.

La sera che l’ho incontrato, ho avuto il piacere di assaggiare un piatto contadino tipico della tradizione: il Pancotto alle verdure con uovo poché (uovo in camicia). Un piatto da alcuni considerato povero, per me un piatto ricco, perché tramandandolo di generazione in generazione ci permette di tenere viva la memoria storica della nostra bell’Italia.

Un albero senza radici non ha linfa vitale, esattamente come un paese che non mantiene viva la sua memoria…

 

 




L’Italia, paese di terra e di mare… di contadini e di pescatori. In ricordo di Francesco Arrigoni.

Ci sono giornate così intense su cui, una volta concluse, è necessario riflettere per trarre i giusti insegnamenti. Domenica 4 Maggio è stata una di queste. Nel Monastero San Pietro in Lamosa, a Provaglio D’Iseo in provincia di Brescia, è stato consegnato a Vincenzo Billeci, assessore-pescatore di Lampedusa in rappresentanza dei lavoratori del mare, un premio in memoria di Francesco Arrigoni, giornalista e allievo di Luigi Veronelli.

Non ho conosciuto Francesco, ma in questi giorni ho letto di lui. Un uomo che amava la montagna, che viveva le sue passioni in intimità, poco avvezzo alle mode e alle onde del momento. Un uomo di carattere che non si nascondeva dietro uno status quo di comodo che purtroppo, dopo un mio risveglio dovuto ad un torpore di anni, sto riscontrando in questa società. Sono convinta che saremmo andati molto d’accordo.

La motivazione del premio a lui dedicato è la solidarietà dimostrata dai pescatori di Lampedusa, negli ultimi decenni, verso le migliaia di migranti che la legge del mare con i suoi insegnamenti, impone di portare in salvo. Un soccorso dettato dalle coscienze, che purtroppo è in contrasto con la legge degli uomini che vieta ai pescatori di intervenire in aiuto dei clandestini, in caso di emergenza.

Vincenzo Billeci intervistato dal giornalista Gianni Mura

Vincenzo Billeci intervistato dal giornalista Gianni Mura

“La chiamano emergenza. Ma come è possibile che un’emergenza duri da ben venticinque anni? Un’emergenza che tra l’altro ricordiamo ci costa 300.000 euro al giorno.” Vincenzo Billeci denuncia con queste parole una situazione che perdura ormai da anni.

Mi sento molto vicina ai pescatori. La scorsa estate ho parlato con loro a Fiumicino, a Pozzuoli, a Crotone. Volevo capire per quello che è possibile, perché in un paese come l’Italia con 7450 km di coste la pesca sta morendo. Sicuramente il caro gasolio, la burocrazia, l’abusivismo e le istituzioni non facilitano questo settore. Ma non finisce qui… Vincenzo ha raccontato che a Lampedusa pescherecci tunisini pescano a sole tre miglia dall’isola, per quasi centocinquanta giorni l’anno. La Guardia Costiera interviene ma senza grandi risultati. Continuo a non capire, ma forse non c’è nulla da capire, perché è già tutto fin troppo chiaro.

A fine premiazione mi sono soffermata a parlare a lungo con lui. Negli anni 80/90 i pescatori a Lampedusa erano seicento, ora ne sono rimasti poco più di duecento. E’ molto diverso ascoltare i problemi vissuti in prima persona da chi vive il mare e la terra. Sono i nostri politici che dovrebbero farlo, perché è da li, dalla terra e dal mare che dobbiamo ripartire. Mi chiedo spesso se saremo in grado di rimediare ai danni che gli abbiamo arrecato.

Vincenzo Billeci non è solo un pescatore, lui scrive poesie. Ne riporto una che ha scritto nell’Ottobre del 2013. Ieri, quando ci siamo salutati, me ne ha dato una copia autografata. La conserverò con cura tra le cose care.

Il mare e la terra

 




L’Osteria della Villetta, un salto indietro nella storia

 

Amo le Osterie Storiche, quelle in cui, quando entri, respiri storia tradizione e nei piatti senti il territorio. Ebbene, quando nei miei giri ne incontro una, statene certi che non me la faccio scappare, o meglio, entro e mi immergo nelle sue atmosfere.

Osteria della Villetta - Palazzolo sull'OglioLe scelgo con cura chiedendo consiglio alle persone che incontro, dopo averle conosciute e fatto capire loro che cosa cerco. Niente scintille, io cerco oasi per chi ama, oltre che mangiare, vivere i posti, i prodotti e le persone. Ebbene, a conclusione della mia visita all’azienda agricola Corte Fusia a Coccaglio, mi è stata consigliata l’Osteria Storica della Villetta a Palazzolo sull’Oglio, Brescia. Un ottimo consiglio… che ora vi racconto.

Durante i miei percorsi il mio compagno di viaggio è spesso il navigatore. Lo imposto, lui mi guida, e io mi perdo nei proxymiei silenzi e nei tanti scenari che la nostra bell’Italia ci offre (sono una donna silenziosa, anche se qualcuno stenterà a crederlo).

Da Coccaglio ho raggiunto in breve Palazzolo sull’Oglio, un paesino del Bresciano dai ritmi lenti… quelli che amo seguire appena il tempo me lo permette. Dopo aver parcheggiato in prossimità della stazione, prima di entrare, mi sono soffermata a guardare la facciata esterna: una palazzina dall’aspetto tipico delle locande di un tempo.

Dovete sapere che quando entro in un luogo che mi piace e mi incuriosisce, i miei occhi continuano ad orbitare, ma non solo… non mi si riesce proprio a tener ferma! Di solito, scusandomi per il vagare nelle sale, spiego che è semplicemente il mio modo di ambientarmi, per capire e conoscere meglio le persone che vivono nei posti che visito. Una volta soddisfatta, poi, c’è la fase successiva dedicata alle domande, per approfondire ciò che mi ha colpito. Badate bene, se sto zitta, è un cattivo segno. 😉

Devo ammettere che in questa Osteria di domande ne ho fatte tante. Accolta da Maurizio Rossi, l’oste, ho visitato angoli di storia ascoltando i suoi racconti. Dal 1989 insieme alla moglie Maria Grazia Omodei, conduce questa realtà nata da una tradizione familiare centenaria, ma non solo, perché qui, esattamente in una delle camere dell’albergo annesso all’Osteria, è nato anche lui.

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Maurizio Rossi, l’oste

Inizialmente in gioventù, entrambi hanno seguito percorsi diversi dalla ristorazione. Lui perito meccanico, lei insegnante con un’esperienza nella politica locale dal 1995 al 1999, come Presidente del Consiglio Provinciale di Brescia. Poi, come spesso accade, le origini hanno chiamato. Questo locale dallo stile Liberty da anni presente nella guida delle ‘Osterie d’Italia della Slow Food’, ha trovato con loro la giusta continuità seguendo un percorso di ristorazione che porta avanti, con i buoni prodotti della terra, le tradizioni enogastronomiche bresciane.

Sono convinta che mai come ora, sia questa la strada giusta. Tradizione, semplicità e buoni prodotti agricoli del territorio. Un mix vincente mai fuori moda per chi sedendosi a tavola cerca buon cibo, e intorno a se, convivialità e gente genuina. Quando sono andata a trovarli ho accettato di buon grado la proposta di Maria Grazia di pranzare con un minestrone fatto con i prodotti del suo orto. Lo adoro, tiepido d’estate e caldo d’inverno, ricco di verdure, espressione della ricchezza della nostra agricoltura. Accompagnato da un buon olio extra vergine di oliva e da alcuni assaggi di Franciacorta DOCG, ha reso la sosta di una viandante… speciale e indimenticabile!

Concludo con una citazione che ho letto solo in seguito: “La prestigiosa rivista inglese Monocle e Repubblica citano l’Osteria della Villetta come uno dei dieci migliori luoghi di Charme del mondo.” Che dire? Forse che la semplicità è la chiave del successo, inteso come ricerca della genuinità nelle persone e nell’enogastronomia tutta.

Osteria della Villetta – Osti dal 1878 Via Marconi, 104 – Palazzolo Sull’Oglio (BS)




Le frittelle d’Acacia di nonna Vanda

Avete mai fatto le frittelle con i fiori d’Acacia? Questo è il periodo giusto.

Qualche giorno fa li ho raccolti in campagna a Treviso, lontano dallo smog e dal traffico. Mi sono immersa tra il bianco dei grappoli e ne ho aspirato i profumi.

La ricetta di queste frittelle che vi ho scritto qui di seguito, è di una dolce signora di nome Vanda che non dimenticherò mai per il sorriso che mi ha rivolto ogni qual volta che le facevo visita. Da qualche anno ormai ci ha lasciato… ma non nei ricordi.

Fiori d'Acacia

Le frittelle d’Acacia di nonna Vanda

Raccogliete dei grappoli di fiori d’Acacia semi-chiusi in un ambiente non inquinato.

Quindi preparate la pastella con i seguenti ingredienti:

  • 2 uova
  • 5 cucchiai di zucchero
  • 2 bicchieri di acqua frizzante ben ghiacciata
  • 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva
  • un pizzico di sale
  • mezza bustina di lievito per dolci
  • mezzo chilo di farina

Amalgamate bene il tutto con una frusta.

Pastella per le frittelle d'Acacia

Una volta ottenuto un composto omogeneo immergete il grappolo d’Acacia (senza lavarlo), e friggete in olio caldo o in strutto di buona qualità.

Frittura d'Acacia

Quindi, dopo aver fatto ben asciugare le frittelle su carta assorbente, spolveratele con zucchero a velo e fiori d’Acacia.

Lo sapevate che questi fiori sono simbolo di speranza d’amore? 😉

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Corte Fusia, una storia di amicizia e di solidarietà in Franciacorta

Oggi vi racconterò di alcuni giovani uomini che producono vino a Coccaglio, in Franciacorta. Vi racconterò soprattutto di solidarietà e di amicizia, di quanto possano insieme realizzare i sogni e i successi. E’ passato un po’ di tempo dalla mia visita. Devo metabolizzare ciò che vivo, matura dentro di me e spesso si congiunge a ricordi e sensazioni dando un senso al mio percorso.

Riporto le parole dello scrittore Graziano Amigoni : “Nulla avviene per caso. La storia dell’umanità è un intreccio di eventi che interagendo nello spazio e nel tempo determinano circostanze e coincidenze spesso inspiegabili per la ragione del singolo. Il loro senso si chiarisce però progressivamente nella realizzazione di un progetto.  Ovviamente è una ricerca per chi vuole essere, e non solo apparire.”

Ho conosciuto Daniele Gentile e Gigi Nembrini ad una manifestazione sul lago di Garda circa un anno fa. Mi erano stati segnalati perché chi mi conosce sa quanto io creda nei giovani, quelli che con vera passione investono tra mille difficoltà, soprattutto burocratiche, nell’agricoltura.

La loro avventura è iniziata nel 2010 quando Daniele, tornando dall’Australia, ha incontrato in un bar un amico dei tempi scolastici, Gigi. Il primo enologo, il secondo agronomo. Recuperando una vecchia corte di famiglia con l’aiuto di tutti, amici, parenti e vicini, i lavori in cantina e in vigna hanno fatto nascere un’azienda agricola: Corte Fusia.

Daniele, Gigi e Alessandro dell'Azienda Agricola Corte Fusia

Daniele, Gigi e Alessandro dell’Azienda Agricola Corte Fusia

In cinque ettari di vigneto, su un terreno argilloso e ciottoloso, coltivano i vitigni chardonnay, pinot nero e pinot bianco, ai due estremi del Monte Orfano. Il vino prodotto uno Spumante Franciacorta DOCG che sta crescendo insieme a loro. Solo acciaio, niente legno. Insieme stanno recuperando una vecchia vigna; tutto ciò che è storia mi affascina, recuperarla e mantenerla viva nella memoria è un dovere di tutti, per non perdere le nostre radici.

Quando sono andata a trovarli, mi è piaciuto molto ascoltare i loro ricordi sulla solidarietà e la compartecipazione di tanti nei lavori in cantina e nel vigneto durante le prime fasi della realizzazione dell’azienda. Esattamente come si faceva una volta, quando ci si aiutava collaborando sia con le attrezzature condivise, sia con il lavoro manuale.

Ho vissuto queste esperienze partecipando, durante la mia infanzia, ai lavori in campagna a Treviso durante le vendemmie. Giorni di lavoro e di festa in armonia. Unendo le forze molti traguardi sarebbero più facili da raggiungere, parlo di traguardi che coinvolgono un territorio di cui tutti dovremmo sentire più l’appartenenza.

Daniele e Gigi sono soci dell’Associazione FAN Franciacorta AppassioNati che riunisce i giovani di queste terre con un obiettivo condiviso: lavorare per i vini della Franciacorta.

A proposito, a conclusione di questo mio incontro ho chiesto loro un consiglio su dove andare a mangiare. Dopo aver capito cosa cercavo, mi hanno indicato un’Osteria Storica di cui presto vi racconterò. 😉

 




Sapori in Poesia. Le frittelle di Glicine

 

Adoro il glicine e il suo colore. Da ragazzina ho passato molti anni in un luogo dove c’era una siepe infinita di questi fiori. Ricordo che passeggiavo e passeggiavo e… mangiavo i pistilli. Ebbene, qualche sera fa tornando a casa ho visto una nuvola rosa di grappoli di glicine. Di colpo ho bloccato la macchina, come ormai spesso accade quando qualcosa attira la mia attenzione. Non mi voglio perdere nulla, non più. E’ così che ho immerso il naso e ho incominciato ad aspirare. Un profumo delicato ma intenso, che rimane nella memoria, come è successo a me.

Non ho potuto fare a meno di fotografarli e di scrivere li sul posto le mie sensazioni. E’ irrefrenabile ormai questa voglia di fermare i ricordi e le emozioni. Le immagini, se condivise, suscitano a loro volta nelle persone pensieri ed emozioni. Lo sapete che cosa è nata da questa mia condivisione? Una poesia dell’amica Alessandra Paolini, una donna  che produce olio extra vergine di oliva in Calabria, e delle frittelle che mi ha preparato il mio amico cuoco Simone Toninato. Si, perché oltre ad annusare e ad ammirare i grappoli di glicine, ho fatto un piccolo furto fiorito. 😉

In realtà i fiori oltre alla vista ci appagano il palato attraverso molte preparazioni. Laura Rangoni, scrittrice enogastronomica e cuoca in primis, suggerisce l’uso dei petali della magnolia e dell’acacia. Marina Betto, scrittrice, sommelier e appassionata di piante e fiori (ha scritto un libro sul giardinaggio in terrazza), aggiunge che i fiori commestibili sono tantissimi ma devono essere coltivati senza anticrittogamici (prodotti chimici usati contro i parassiti).  La marmellata di rose, le violette candite, il gelato di gelsomino, i nasturzi in insalata… sapori molto particolari a cui non siamo abituati, ma da provare!

Avete mai assaggiato la felicità?

si arrampica,Glicine ricetta
vorace, lungo i tralicci
e riempie di glicine
l’occaso

è fragrante,
croccante,
ed elegante

è copiosa
lungo le nudità
dei tronchi nodosi
che hanno attraversato
tempeste e sterilità

se stringe troppo
il cuore lo incatena
e ricopre
di petali lillà:

è una frittella di glicine
la felicità!

di Alessandra Paolini

    

E se coltivassimo campi di fiori…?

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