1

“Lo Zighinì… e i Prigionieri del Sinai”

La ricetta : “Lo Zighinì”

Oggi ho voluto che una cara amica raccontasse un piatto tipico Eritreo per riportare all’attenzione  la situazione  di un popolo che ormai da anni vive  in una situazione drammatica. Cornelia Isabelle Toelgyes con costanza,  impegno e dedizione attraverso un gruppo chiamato  “Per la liberazione dei Prigionieri nel Sinai” cerca di attirare l’attenzione pubblica su questa tragedia umana. Ce ne sono molte, vicine e lontane… ognuno a modo suo può tendere una mano.

…le persone e i loro racconti di cucina popolare

Lo Zighinì… di Cornelia Isabelle Toelgyes

Lo zighinì piatto tradizionale Eritreo, è uno spezzatino di carne piccante cotta con cipolla ed una miscela di spezie chiamata berberè. Un’amica mi ha dato la ricetta di sua madre che fino alla fine degli anni settanta era quella che veniva utilizzata al mercato di Asmara. Il padre usava berberè a colazione, a pranzo e cena, e chiedeva che questo fosse preparato al massimo una volta ogni quindici giorni. In casa l’odore di berberè era talmente forte che impregnava tutto con relativa disperazione dei ragazzi che non riuscivano a toglierselo di dosso. Lo zighinì si mangia tradizionalmente sulla injera, la focaccia tipica eritrea, in modo che questa si imbeva di sugo.

  • Zighinì  (spezzatino piccante)

Fare appassire in una padella antiaderente coperta 1 grossa cipolla e 2 spicchi d’aglio tritati. Dopo 5 minuti aggiungere 1 cucchiaio di burro chiarificato (realizzato facendo sciogliere del burro fresco in una pentola a bagnomaria su fiamma media e costante), 3 cucchiai di berberé (miscela di piccante),  1 bicchiere d’acqua e sale.

Fare restringere lentamente, poi aggiungere 500 g di pelati e, se c’è bisogno, un altro bicchiere d’acqua. Continuare a sobbollire per 15 minuti. Aggiungere 500 g di manzo e finire di cuocere per 1 ora finché la carne è cotta e il fondo ristretto.

  • Berberè (miscela piccante)

20 peperoncini abissini (ce ne sono di almeno 5 tipi, ma senza grosse differenze, purché siano belli rossi)
1 cucchiaino di semi di coriandolo
10 chiodi di garofano
60 semini di cardamomo (quelli neri per intenderci)
½ cucchiaino di semi di sedano di montagna (ajowan, dal sapore di timo intenso e piccante)
15 bacche di pimento

  • Injera  (focaccia eritrea)

Preparata mescolando in una ciotola:

500 g di farina di frumento
500 g di farina di mais
250 g di semola di grano duro
25 g di lievito (o 100 g di lievito madre)
500 g d’acqua

Coprire e far riposare a temperatura ambiente 2 o 3 giorni, quindi  lavorare l’impasto fermentato con acqua q.b. fino a farlo diventare fluido e omogeneo. Scaldare una padella antiaderente e versate il composto in modo da avere uno strato di 3-4 millimetri, come per una crepe. Quando inizia a rapprendere devono comparire le bollicine che danno la caratteristica consistenza spugnosa al pane. Coprire e lasciare cuocere per circa 3 minuti evitando che prenda colore. Lasciar raffreddare su un canovaccio evitando di sovrapporre le focaccette finché non sono fredde. Servire coperte da qualche cucchiaiata di zighinì.

“I prigionieri del Sinai… la situazione ad oggi”

Nel novembre del 2010 Don M. Zerai è venuto a conoscenza che nel deserto del Sinai si trovavano oltre 250 persone (eritrei, etiopi, somali, sudanesi, nigeriani) in totale stato di schiavitù, in mano a dei trafficanti di esseri umani.

Allora il riscatto che veniva chiesto alle famiglie si aggirava intorno agli 8000 dollari. Per estorcere il denaro, venivano torturati con corrente elettrica ed altro. Mentre erano sotto tortura si chiamavano i congiunti tramite un cellulare per far sentire le urla dei loro cari.

Se non erano in grado di pagare, venivano uccisi direttamente, oppure, nel peggiore dei casi, gli venivano espiantato gli organi che poi venivano immessi nel mercato clandestino internazionale. Le donne venivano violentate e spesso rimanevano incinte dei loro aguzzini.

Oggi la situazione non è cambiata. Anzi, peggiorata. Sappiamo che ora nelle mani dei trafficanti si trovano ancora ca. 2000 persone. Il turn over non cessa per via della grave situazione politica dei paesi del corno d’Africa. Oggi il riscatto arriva fino a 60.000 dollari a persona e sappiamo che ci sono anche alcuni bambini nelle loro mani, non esenti da torture…anzi.

La tragedia non finisce qui. Una volta liberati, spesso vengono arrestati nuovamente dalla polizia egiziana per immigrazione clandestina e deportati nei paesi d’origine, dove li attende il carcere duro. Generalmente non possono sopravvivere più di un anno.

Se per caso riescono raggiungere Israele, pensando di trovare la salvezza, la loro sorte cambia poco. Generalmente i richiedenti asilo politico vengono arrestati. Se così non è, sono lasciati comunque al loro destino e con l’aria razzista che tira in questo periodo in Israele, vi lascio immaginare in che condizioni devono vivere. Vi ricordo che siamo nel 2012. Le Istituzioni Internazionali, i Governi Europei e gli USA sono al corrente di questa tragedia, ma si fa finta di nulla. Forse è così che si vive meglio. Ma non noi…




Due chiacchiere con… Enzo Primerano

Enzo Primerano,  medico anestesista, rianimatore e terapista del dolore, ma soprattutto un amico ed un enogastronauta per diletto.  Grande appassionato del peperoncino e del rapporto tra cibo e salute, ovvero, come i cibi presenti nei nostri piatti possano svolgere un ruolo benefico.

Una delle sue citazioni preferite è:  “Non cercare di diventare un uomo di successo,  ma piuttosto un uomo di valore”.  Io lo conosco bene, lui lo è.

  • Medico anestesista e appassionato enogastronauta, passioni diverse.  Vuoi raccontarci come sono nate?

La medicina è umanità condita di conoscenze scientifiche e tecnologia, è per questo che ho sempre cercato senza trascurare queste ultime di privilegiare l’umanità. Da qui la passione per il benessere, lo sport e la buona e sana alimentazione  che ti permettono di ascoltare meglio il tuo corpo, e chi ha bisogno di te.
Spesso ciò che ci contraddistingue non è di essere i primi a vedere qualcosa di nuovo, ma di vedere ciò che è vecchio e conosciuto da sempre e per questo trascurato da tutti. Lo diceva Nietzsche ed aveva ragione,  perché ancora oggi siamo spesso schiavi di luoghi comuni, inesattezze e false verità  che spesso arricchiscono chi fa business con la salute e ci chiudono gli occhi sulle cose semplici e poco costose.

  • Ti occupi di terapia del dolore cronico, pensi che l’alimentazione possa contribuire in tal senso?

Certamente,  l’alimentazione ricopre un ruolo fondamentale nella prevenzione dei dolori soprattutto quelli cronici. Basti pensare  a tutti quei cibi che provocano le cefalee o alcune forme di allergie alimentari. Ma, ancora più in generale alle sane abitudini alimentari: un equilibrio dietetico favorisce e consolida un equilibrio globale del corpo che ci protegge dai dolori.

  • Sei un cultore del peperoncino. Questa passione è dettata esclusivamente dalle tue origini o  è maturata col tempo?

No ignoravo il peperoncino rosso.  Lo mangiavo quando capitava ma senza eccedere o esaltarne le proprietà. Ricordo che le mie origini calabresi mi imponevano comunque di conoscere ed apprezzare molti piatti tipici a base di peperoncino. Dodici anni fa, dopo aver smesso di fumare, ho corretto le mie abitudini alimentari eliminando il sale dalla dieta e ricorrendo a insaporitori naturali come limone, erbe e peperoncino. In questo contesto scoprii che esisteva una vera e propria “Accademia del Peperoncino” che studiava, divulgava, e promuoveva tutto ciò che era inerente a questa antica pianta. Subito mi iscrissi, e da allora cerco di promuovere anch’io il peperoncino soprattutto per ciò che riguarda le sue proprietà terapeutiche.

  • Sono convinta che investire nelle proprie passioni sia una vera terapia di salute.  Da medico,  cosa ne pensi ?

Il benessere è la base dell’armonia e della salute. E’ molto complesso costruire il benessere, ma in generale possiamo dire che lo si realizza con cose semplici: un corretto stile di vita, muoversi, mangiare cose sane, rifuggire lo stress,  e riunirsi piacevolmente con gente che la pensa  come te. Tutto facile da enunciare,  ma talvolta arduo da realizzare.

  • Parlando di terapie naturali, pensi che i farmaci possono essere sostituiti validamente (ovviamente non nelle patologie invalidanti)?

Certamente!!  Una corretta  alimentazione ed il corretto uso di erbe stanno  alla base della antica e moderna farmacologia e facilitano la prevenzione delle malattie.  Le antiche scritture ci dicono che furono direttamente  gli Dei ad insegnarci come coltivarle ed usarle affinché l’uomo si mantenesse in salute.

  • Mi racconti un piatto che ti ricorda la tua infanzia?  Che vino abbineresti?

Mi piace ricordare la “parmigiana di melenzane”  con melenzane rigorosamente fritte e intrecciate a listarelle, anzi  il termine parmigiana deriva da questo tipo di lavorazione (la sovrapposizione delle listarelle delle persiane in falegnameria).  Piatto tipico della cultura della Magna Grecia (basti pensare alla moussaka).

Per il vino da abbinare secondo me l’ideale sarebbe un bianco aromatico fresco,  quindi diciamo un Muller thurgau o un Gewurztraminer  oppure un Pinot grigio. Tra i rossi  servirebbe  un vino di poca struttura, leggermente fruttato e delicato…  un Valpolicella, un Sangiovese giovane oppure al limite un Barbera d’Asti.




Ricordi d’estate nel bianco, blu, verde e… “Rosso Conero”!

Ci sono emozioni così intense che ricordarle è come riviverle. Ed è per questo che mi piace fermare i momenti felici della mia vita scrivendoli. Ricordi d’estate, di mare, di amici… ricordi diVini! Ed ora vi riporto con me nel Conero… nell’Agosto del 2011.

Il Conero… adoro questo tratto dell’Adriatico con i suoi piccoli borghi, le grandi pareti rocciose a strapiombo sul mare, i bei sentieri del Monte Conero… un vero paradiso. I colori predominanti qui sono il bianco delle rocce, il blu del mare, il verde lussureggiante della natura… e il rosso! Il  rosso direte… il rosso di che?  Ma  il  “Rosso Conero”,  lo splendido vino caratteristico di questa zona! Devo confessare che amo molto questo colore perché il rosso, è il colore della passione… il motore della vita! Bene, detto questo… pronti via!

Dovete sapere che  in quella vacanza Guido e Annalisa i miei amici anconetani, conoscendomi si prestarono ad accompagnarmi per cantine… e che cantine !  

Ma voglio raccontarvi meglio…

Fissati i consueti appuntamenti in breve il programma era fatto. Ci aspettava una giornata  intensa su e giù per i colli di Ancona. Passai la serata a curiosare nei siti delle aziende agricole assaporando intensamente l’attesa delle emozioni che avrei vissuto. Ma  forza che diamo inizio al racconto del  mio tour… di-vino!

  Iniziammo dalla Cantina di Alessandro Moroder

E qui mi soffermo un attimo sui ricordi della memoria di questo cognome. Eh sì, perché Alessandro è il cugino di Giorgio Moroder che nel 1983 realizzò la colonna sonora del film Scarface di Brian  De Palma.  Wow!!

Famiglia di  grandi  persone originarie della Valgardena,  Alessandro e sua moglie Serenella trasferitisi da Roma nel 1984  hanno assunto la responsabilità dell’azienda di famiglia ad Ancona acquisita dagli antenati  alla fine del ‘700. 

Di questa epoca sono  felice testimonianza le grotte presenti  sotto la cantina, che ho potuto ammirare accompagnata da Alessandro squisita  guida. L’introduzione negli anni ’80 di  nuovi metodi nella coltivazione della vite,  l’ammodernamento della cantina e il coinvolgimento dei figli Marco e Mattia hanno portato alla produzione di ottimi vini, come il Dorico Conero Riserva DOCG 2005,  che ho potuto apprezzare  mentre chiacchieravamo insieme…

Continuammo il nostro tour visitando  la  Fattoria  Le Terrazze

E  qui inizio col porvi una domanda: “Vi piacciono le canzoni di Bob Dylan ?”  Bè a me si, e anche ad Antonio Terni  titolare della Fattoria Le Terrazze di Numana.      Lui grande fans e appassionato da sempre,  durante un concerto volle regalargli del vino di sua produzione. Bob apprezzò talmente che propose ad Antonio di produrlo insieme. Nacque  così  nel 2004  un vino denominato “Planet  Waves” Onda Planetaria,  il titolo di un suo album del 1974.  Un vino con la robustezza del Montepulciano per il 75%,  e la morbidezza del Merlot per il 25%.

Cinzia Tosini con Antonio Terni

Antonio Terni

Antonio argentino di nascita,  ma di origini italiane dopo essersi laureato in ingegneria nucleare ritornò nella sua terra d’origine investendo nella promozione del suo bel territorio.

Degustando un calice di Chaos, un altro vino di sua produzione, mi venne spontaneo chiedergli se i suoi studi avevano influito sulle scelte in azienda.  Mi rispose facendomi notare le etichette dei suoi vini… vere esplosioni nucleari. (fotografia in testata)

Fattoria Le Terrazze

Fattoria Le Terrazze                                                                   

Una giornata indimenticabile, ricca di racconti di vita…  Ad un tratto un languore allo stomaco ci ricordò che era ora di pranzo. Ci fermammo in un posticino dalla vista mozzafiato, dove al mio solito feci un po’ di “folclore” per le mie richieste insolite sui piatti da ordinare. Che cosa devo fare son cosi, però sembra che in mia compagnia gli amici non si annoiano.  Un caffè, un limoncello di quelli buoni… e pronti via per ricominciare!

Era il turno dell’ Azienda Agricola Malacari

Arrivammo ad Offagna, uno dei borghi più belli d’Italia e davanti ad un vecchio portone nell’attesa di Alessandro  il titolare, curiosammo qua e la.  Ai  nostri occhi si presentava una vecchia dimora storica.  Amo queste atmosfere,  mi ci immergo con tutta me stessa, è quasi un  dejà vu ogni volta…

Dovete sapere  che questa cantina è una delle più antiche delle Marche.

Fatta costruire da Andrea Malacari nel 1668,  è a tutt’oggi ancora operativa. Esattamente sotto le stesse antiche volte in mattone a vista, si producono gli ottimi vini tra cui il Grigiano 100% Montepulciano.

Alessandro Malacari Starrabba nel raccontarmi la sua scelta di vita, da giornalista a vignaiolo,  mi condusse orgoglioso in visita alla sua bella cantina. I suoi avi, i Conti Malacari Misturi di Grigiano, gli avevano lasciato in eredità questa dimora protetta per il suo valore storico e architettonico, dal Ministero  per  i Beni culturali. Se vi doveste fermare da quelle parti  vi consiglio di approfittare di una visita alla villa  oltreché  alla cantina. Si perché  i saloni, l’antica biblioteca con gli splendidi libri antichi, nonché  i vari cimeli, e le spade di cui sono appassionata completarono la mia splendida visita.

La  giornata stava giungendo al termine, ma non prima di far visita all’ultima Azienda vinicola in programma… i Montecappone

,Arrivammo in breve a Jesi. All’ingresso della loro rivendita, nostro punto d’incontro, trovammo un’atmosfera familiare che ci avvolse da subito. Si respirava un’aria gioviale tra l’allegro vociare del nipotino di Alessandro Mirizzi, mia specialissima guida in quella giornata e i suoi simpatici genitori.

Con Alessandro si fece una bellissima visita in auto tra i vigneti. In auto direte.. ma perché mai?  Perché  dovete sapere che dal 1997 la famiglia Bomprezzi – Mirizzi  conduce ben più di 60 ettari di vigneto. E a piedi con i miei tacchi sarebbe stata dura!

Vigneti Montecappone

Vigneti Montecappone

Nel condurci Alessandro ci spiegava che la tenuta era destinata a vitigni a bacca bianca rivolti al Verdicchio ed al Sauvignon Blanc, mentre per le uve rosse al  Montepulciano ed al Sangiovese. Dopo la visita alle moderne cantine, in cui i vini d’annata sono imbottigliati dopo l’estate mentre le riserve vengono affinate parte in barriques e parte in cemento, ci spostammo nelle sale per degustare un loro vino dal nome particolare, “Utopia, Verdicchio dei castelli di Jesi DOC Classico Riserva”.  Ci congedammo così tra saluti, scambi di mano e sorrisi sinceri.

Una giornata intensa, ricca di emozioni, di conoscenze e di grandi degustazioni. A tutti loro avevo chiesto come promuovessero il territorio. La risposta fu: “yes, We Conero”!  Si perché  “yes, We Conero”  è l’associazione che riunisce 13 piccoli produttori di Rosso Conero che si contraddistinguono per la tipicità dei vini prodotti.  Ma non solo,  insieme hanno prodotto 2000 bottiglie solidali il cui ricavato è stato destinato all’Ospedale Pediatrico G.Salesi.

Come dice Yoko Ono: “Un sogno fatto da soli è solo un sogno, un sogno fatto insieme, è una realtà.”




L’Acetaia di Josko Sirk

Non ho mai conosciuto mio nonno Emilio, ma di lui mi furono dette grandi cose…

Uomo friulano di passione, grande spirito imprenditoriale legato alle tradizioni, ma con uno sguardo rivolto all’innovazione. Una malattia lo portò via precocemente. Di lui mi rimane oltre alla stima guadagnata con i racconti della sue vicissitudini, il mio secondo nome, Emilia. Nacque a Cormons in provincia di Gorizia.  Quando poco tempo fa mi si è presentata l’opportunità di una breve vacanza li mi son detta: “ma quale migliore occasione per un ritorno alle origini…” Credo che faccia bene a tutti ogni tanto soffermarsi a pensare, a riflettere. Si può essere cittadini del mondo, ma sono convinta che il proprio legame con la terra d’origine è indissolubile.  Chi crede di poterne fare a meno è un illuso.

Ma torniamo a Cormons… Pensai tra me e me, “dista 400 km, e viaggiare mi piace…”   E infatti in men che non si SAM_1952dica ero giunta a destinazione. Al mio arrivo ebbi il benvenuto dalla piacevole cornice delle colline del Collio che ingentilendo il paesaggio davano a tutto il contesto un’aria romantica d’altri tempi.  Mi diressi verso il luogo in cui ero ospite “La Subida”,  e non fui per nulla disattesa.

Il posto era immerso in un verde lussureggiante, tra piante di rosmarino e mazzi di lavanda legata ad arte e disposti ovunque. Incominciai la mia consueta esplorazione, soffermando il mio sguardo verso un esteso recinto in cui trotterellavano un gruppo di cavalli.  Adoro questi animali dallo sguardo nobile e fiero, e volli dedicare loro un po’ del mio tempo. Persa nei miei pensieri richiamai me stessa ai miei doveri di ospite, e ritornai alla base.

SAM_1947Ebbi subito il piacere di conoscere i padroni di casa, Josko, uomo dallo sguardo schietto e deciso e la dolcissima moglie Loredana. Ma non erano da meno i figli. In particolare Tanja mi ricordava una donzella della Provenza, con i suoi ampi vestiti e dallo sguardo tenero, sempre sorridente e disponibile a due chiacchiere. Conobbi  poi Michele, grande collaboratore la cui cordialità e simpatia lo contraddistinse da subito. E come solitamente accade, chiacchiere e risate tra un discorso serio e l’altro non mancarono. Ma ad un tratto venne menzionata un’acetaia… e la mia curiosità si innescò.

Un’acetaia direte, “oddio si è data pure all’aceto”,  bè è un prodotto molto interessante e poco rispettato. E io, a dispetto dei miei amici romani che mi contestano, amo metterlo a  gocce sulle ostriche. Provare per credere! Pensate che l’Italia è il primo produttore al mondo d’aceto, e questo ci fa capire quanto dovrebbe essere maggiormente valorizzato. Far conoscere quanti usi  e  destinazioni gli si possono attribuire gli conferirebbe il giusto merito.

Ma lo sapete che è ottimo nebulizzato sulle minestre di legumi, sulle frittate, sui pesci grassi, sulleL'acetaia di Josko Sirk fragole… ma non solo, appena un po’ diluito è un ottimo rimedio per i gargarismi contro il mal di gola. E non solo, pensate che una zolletta intrisa di aceto masticata lentamente ferma il singhiozzo e attenua il mal di mare. Efficace per calmare una scottatura superficiale o per neutralizzare una puntura d’insettoe molto di più. (fonti di Josko Sirk).

Ma torniamo alla mia  visita… Ebbi il piacere di avere come guida Josko Sirk, l’oste come lui  amava definirsi,  nonché l’artefice di questo sogno e progetto in continua evoluzione. Iniziammo la nostra passeggiata tra il mio fiume abituale di domande… quasi a voler scoprire chissà quale recondito segreto della vita. Mi chiedo se la mia curiosità si sazierà mai. Ci incamminammo verso una mulattiera che ci avrebbe condotto alla nostra protagonista, l’Acetaia. Nel durante della nostra passeggiata, Josko dietro mia esplicita richiesta, mi raccontò della sua famiglia giunta dalla Slovenia in tempi difficili. Dopo essersi dedicato alla coltivazione della terra e successivamente all’attività presso l’osteria, la venuta a mancare del padre lo costrinse a scelte di responsabilità.

Josko SirkNel corso degli anni avvenire insieme alla moglie Loredana, riuscì a concretizzare il sogno della sua vita: creare un cuore verde di oasi abitative di pace e relax, “La Subida”. E conoscendomi vi pare non chiedessi il significato del nome… Ebbene, prendeva spunto da una chiesetta cinquecentesca del paese, la chiesa del Cristo della Subida che a sua volta deve la sua origine ad un prodigio verificatosi nel 1597.

Ma la sua vita era in  continua evoluzione e un altro progetto si stava da anni sempre più delineando: La foresteria dell’Acetaia” per la nobile produzione dell’aceto della migliore uva del Collio, prodotto di nicchia per chi può capirlo, purtroppo maltrattato dalla poca informazione attribuitagli. Completamente realizzata in legno, l’Acetaia era in perfetta armonia con l’ambiente circostante. Protagonista era l’uva bianca da vitigno autoctono, proveniente dalla vigna adiacente. Al mio ingresso mi si presentò uno scenario magico per chi ama questo ambiente. Gradoni di botti e botticelle disposte metodicamente, tese a favorire le varie fasi di lavorazione. Nessuna presenza di macchine, tutto seguiva un ciclo naturale. Mi fece provare il sentore delle sue creature, raccomandandomi di non ingoiare. Mi inebriai nei profumi intensi e da testa dura quale sono volli provare il sapore bagnandomi leggermente le labbra… devo dire piacevolmente soddisfatta.

Josko mi disse: “Un mio cruccio è fare l’aceto come una volta , con le migliori uve del Collio”.   Per una persona come me che ama la tradizione ascoltare queste parole è stata vera poesia. Con cinque produttori uniti nell’amicizia e nella passione lui finalmente ha concretizzato un Progetto per far conoscere l’aceto con i suoi usi e la sua storia: gli Amici Acidi.

Se è vero, com’ è vero, che un gran vino si fa’ da una grande uva, da questa grande uva io faccio il mio grande aceto. Mi ci vuole qualche anno, e in questo tempo devo accudirlo e coccolarlo come un bambino in fasce.

  Joško Sirk

 




“Due chiacchiere con… Giorgio Ferrari”

Giorgio Ferrari, Professore di Storia Contemporanea, autore e conduttore di programmi culturali per la Rai. Un onore averlo come amico, un piacere farvelo conoscere.

  • Chi è Giorgio Ferrari?  

E’ la somma dei suoi ricordi più il patrimonio genetico ereditato. Senza ricordi non siamo nulla. Così è per i popoli. Gli italiani sono la somma delle esperienze fatte nella Storia. Se si perdono, si ritorna ad essere il volgo confuso che voce non ha. Così è per il vino e per l’enogastronomia. La cucina povera che diviene ricchezza, il vino dei contadini che diventa DOC. Anche questo è Storia. Le nostre radici hanno fatto nascere il popolo Italiano, con le sue tradizioni, con la sua creatività, con le sue eccellenze conosciute nel mondo… E il territorio italiano pulsa di Storia ad ogni passo. “Perché certi piatti si fanno così in un determinato posto e non in un altro? Perché la creatività, la fantasia e le esigenze della gente di quel posto hanno creato quella cucina”.

  • Giorgio, com’è nata la tua passione per la storia?

Fin da bambino. Alle elementari la parte storica del sussidiario la leggevo tutta di un fiato. Naturalmente allora mi affascinavano le battaglie e i grandi eroi. Poi col passare degli anni ho capito che la Storia siamo noi. Ognuno ha il suo ruolo piccolo o grande.

  • Che personaggio storico avresti voluto incontrare, e perché?

Ne vorrei incontrare molti. Forse quello che mi intriga di più è Voltaire. Non ha combattuto battaglie, non è stato uno statista, ma con i suoi saggi, soprattutto col Trattato sulla tolleranza, ha cambiato il Mondo, ha innescato un moto per cui oggi godiamo di libertà (anche se spesso non la sappiamo usare) e uguaglianza dei diritti.

  • E’ ormai diffusa la tendenza nel recuperare vecchie tradizioni del passato sia in vigna che in cantina. Credi che sia solo una moda, o che ci sia una vera voglia di ritorno alla vita dei bei tempi?

Credo che sia una tendenza inarrestabile. E dovrebbe far scuola. Senza le nostre tradizioni siamo automi in balia di ogni imbonitore.

  • Per chi ti conosce bene è nota la tua passione per la vodka. Questo amore è dettato solo da una questione di gusto, o da altri fattori?

La vodka è un po’ come un panino, si consuma in fretta, entra subito in circolo e tra amici crea un immediato circuito di allegria. Per la verità il liquore che amo di più è il whiskey torbato. Ideale nelle lunghe serate invernali, magari mentre leggo un bel libro.

  • Credi che sia possibile per i giovani un futuro da investire nella terra?

Il futuro è nella terra. Ho conosciuto molti giovani professionisti che a vario titolo ci lavorano e l’amano. Se avessi un figlio lo indirizzerei li. Oggi il “mondo contadino” non è più quello che Marx definiva nella formula: “Idiotismo della vita rurale”. E’ un campo in cui ci vuole grande professionalità, oltre che passione.

  • Giorgio ormai hai un appuntamento serale fisso sulla tua bacheca facebook. Quasi un servizio sociale per coloro che in alcuni momenti di solitudine della propria vita, sanno di poter trovare sempre un amico disponibile con cui discorrere dei temi più svariati. Com’è nato tutto questo?

Nacque per puro caso. Una sera scrissi che mi stavo versando una vodka e un gruppo di amici commentarono: “A noi non la offri?” La sera dopo scrissi non mi ricordo più cosa e gli stessi amici commentarono: “Ehi, questa sera non si beve?” Così è nato il mio bar virtuale. Ogni sera è aperto, cambiano gli avventori, a volte è affollatissimo, a volte è quasi deserto, ma la porta è sempre aperta per gli amici.

 



L’Antica Focacceria San Francesco… un angolo di Sicilia coraggiosa a Milano

Qualche tempo fa davanti ad un calice di vino, si parlava con il mio amico Enzo di belle storie da raccontare, quelle che piacciono a me. Ad un tratto mi disse: Conosci l’Antica Focacceria San Francesco?

Mio malgrado dovetti ammettere di no…  Lui prontamente mi rispose che era una storia per me. Con Enzo ci si racconta spesso, lui sa bene quanto io mi appassioni alle persone che combattono per i propri ideali, per la propria libertà, per le proprie passioni! Ebbene, neanche a farlo apposta, qualche sera dopo mi capitò l’occasione per rimediare, e come dico io… pronti via!

La sala al mio ingresso era gremita di persone. Dopo i saluti preliminari mi guardai un po’ attorno fermando il mio sguardo sulle prelibatezze tipiche esposte. Notò il mio interesse Giovanni, gentile direttore di sala che si offrì di accompagnarmi nella visita del locale.  Inconsapevole a cosa andava incontro fu sottoposto alle mie consuete mille domande. Devo dire che riuscì a soddisfare quasi completamente la mia curiosità. Dico quasi, perché alcune le rivolsi direttamente al titolare, Vincenzo Conticello.

Gli chiesi il significato dell’emblema posto al centro dell’ingresso nella sede di Palermo. Mi spiegò che rappresentava un polmone, l’ingrediente cardine utilizzato per guarnire il pan focaccia, che diversamente da come lo intendiamo noi, trattassi di pane farcito che prende il nome di  “focaccia schietta o maritata”.  Fu inventata nel 1851 dall’antica focacceria “maritando” la focaccia schietta (ricotta, caciocavallo e strutto), con milza e polmone di vitello affettati.

Dovete sapere che l’Antica Focacceria San Francesco è nata nel quartiere “Calza” di Palermo, sede strategica degli affari mafiosi. Parliamo del secondo locale più antico d’Italia nato nel 1834.  Questa collocazione diede adito a minacce che negli anni furono disattese grazie alla determinata volontà della famiglia Conticello. La situazione cambiò quando le richieste del pizzo si concretizzarono formalmente nel 2005 attraverso un tentativo di estorsione. La fermezza nel non cedere al ricatto portò ad una denuncia e alla messa in esecuzione di un’operazione che si concluse con lo smantellamento dell’organizzazione malavitosa, e ad un processo per direttissima.

Normale conseguenza fu una vita controllata sotto scorta. Me ne resi conto quando scendendo nella mia visita al piano di sotto, mi sentii vigilata in modo a me inconsueto. Capii più tardi chiacchierando con Vincenzo, che per lui e per  la sua famiglia la vita era ormai cambiata. Mi venne spontaneo chiedergli se era mai stato tentato di arrendersi alle circostanze. Tirando fuori dalla tasca un proiettile mi rispose che non avrebbe mai tradito chi prima di lui ha combattuto per la libertà. L’Antica Focacceria San Francesco si è prefissata grandi sfide…  Per il 2015 prevede di aprire ben venticinque sedi in Europa e nel resto del mondo.

Io sostengo convinta che tradire i propri ideali è come tradire se stessi. Non è sempre facile percorrere il cammino più tortuoso,  ma una volta aperto il varco gli orizzonti cambiano, e le strade da percorrere si moltiplicano…

                  “Pagare una volta significa diventare schiavi per sempre”        

Cosi’ Vincenzo Conticello ha detto no al pizzo…




“Due chiacchiere con… Michelangelo Tagliente”

Blog: La stanza del vino

Freelance International Press, Wine blogger su  ‘La stanza del vino’, sommelier AIS. Inciampando nel mondo del vino c’è cascato dentro… e alla grande! Un vero piacere conoscerlo, perché devo dire che su questo Mondo diVino, la penso proprio come lui!

  • Domanda di rito,  com’è nata questa tua passione per il mondo del vino?

Mi sono avvicinato al mondo del vino gradualmente; fino ai 30 anni (oggi ne ho 44) non avevo né passione né grande interesse! Poi succede come quando ti innamori, è sempre difficile spiegare il perché, è qualcosa di magico che succede e ti rapisce per sempre! Verso la fine degli anni novanta ho iniziato a leggere il Gambero Rosso e ho capito che il vino non era solo una bevanda ma poteva essere “Malattia dell’anima” tanto per citare Mario Mariani! Da li in poi sono diventato onnivoro, leggevo riviste di enogastronomia a pacchi e cominciavo a bere in maniera più consapevole. Poi sul finire del 2006 ho iniziato i corsi AIS, buona base di partenza per avere un minimo di cognizione tecnica. Nel 2008 ho fatto l’esame e ho partecipato per un periodo in maniera attiva alla vita dell’associazione scoprendo che non faceva per me! In realtà come spesso capita in questi casi le passioni vengono da più lontano e magari per lungo tempo rimangono sopite per poi risvegliarsi all’improvviso; dico questo perché mio nonno da buon contadino pugliese si faceva il vino in casa e ho ricordi precisi di quando vinificava, e poi fin da piccolo ho sempre avuto una passione smisurata per i ristoranti, qualcosa vorrà dire no?

  • Come hai iniziato a scrivere storie di vino e di persone? 

Scrivere mi è sempre piaciuto; con l’avvento di Facebook ho iniziato a mettere qualche commento alle foto che facevo ai vini e da li mi è venuta l’idea, sicuramente innovativa, visto che ero il milionesimo a pensarci, di farne un blog e così a luglio del 2010 sono partito! Pensavo che la cosa sarebbe durata al massimo un paio di mesi; invece è stato un crescendo spaventoso e se ci penso mi vengono i brividi! Voglio precisare però che pur essendo il milionesimo blogger ho sempre cercato di evitare tecnicismi, punteggi, polemiche gratuite, ecc. ma ho preferito raccontare storie, di vino e di persone per l’appunto! 

  • Qual è la storia che hai scritto, e che ti ha più colpito? Perché?

In realtà sono tante, più o meno tutte, altrimenti non ne scriverei! Diciamo che magari sono legatissimo a quella di Marko Fon, perché i vini di Marko mi hanno segnato profondamente!

  • C’è un protagonista dell’enogastronomia che  vorresti conoscere?

Vorrei conoscerli tutti, perché più conosci e più impari e ti arricchisci! Naturalmente  il mondo dell’enogastronomia, come tutti i mondi, è popolato di bellissime persone e di pessimi soggetti, anche se devo dire che fino ad oggi, almeno per la mia esperienza, hanno prevalso i primi e con alcuni di loro ho stretto veri rapporti di amicizia!

  • Incontrando tanti produttori, quali sono le difficoltà comuni che più ti manifestano?

Sembrerà strano ma incontrando i produttori difficilmente parliamo di difficoltà, o meglio è un argomento che non si tocca quasi mai, perché parliamo sempre dei lati positivi del mondo del vino! Poi è ovvio che le difficoltà esistono! Invece mi trovo spesso a parlare della noiosa diatriba tra convenzionali, biologici e biodinamici!

  • Cosa pensi delle suddivisioni dei vini in naturali, biologici, biodinamici e organici? Credi che possano aiutare o confondere le scelte del  consumatore ?

Riprendo quanto detto sopra. Trovo che questa distinzione che alcuni fanno in buoni (biodinamici) e cattivi (convenzionali) sia davvero stucchevole e noiosa. Molto banalmente ti dico che ho assaggiato vini biodinamici che erano delle vere e proprie schifezze e vini biodinamici stupendi;  idem per i convenzionali, quindi come la mettiamo? I produttori seri ed attenti stanno riducendo la chimica in vigna già da tempo senza appuntarsi nessun distintivo!

  • La comunicazione enogastronomica  sul web è ormai molto affollata da blogger e giornalisti più o meno esperti. Cosa ne pensi?

Essendo il milionesimo blogger non ho molta voce in capitolo o meglio non posso permettermi di dare giudizi; dico solo che tutti hanno il diritto di dire la loro, una sorta di “Primo emendamento”; naturalmente rispettando i diritti degli altri! È come per la musica rock: se penso che ci sono stati i Rolling Stones o i Beatles è ovvio che non ha senso mettere su una band perché loro sono inarrivabili, ma credo che tutti abbiano il diritto di provarci perché nella vita non si sa mai! Poi il resto lo deciderà il tempo, chi merita resterà per gli altri sarà l’oblio! Su una cosa però non transigo, preferisco avere quattro persone che mi leggono piuttosto che offendere o screditare il lavoro dei produttori dando vita a polemiche gratuite per avere più contatti!




Il mio incontro tra le anfore con Josko Gravner

Avete presente quei pomeriggi estivi, quando il caldo ci induce all’ozio facendoci perdere nella leggerezza delle chiacchiere…?  Ebbene, capitò  proprio così  che mio cugino Ilario mi disse: “Conosci Josko Gravner il vignaiolo che mette il vino nelle anfore ?”.  Beh, mi alzai di scatto e risposi: “Nelle anfore…?!”.  Non mi seppe dare molte spiegazioni, e quindi, stuzzicata dalla curiosità, iniziai subito con le mie ricerche. Cominciai a leggere di lui affascinata, e decisi che dovevo conoscerlo…

Guardai alcuni video in cui Josko raccontava la sua filosofia della terra…  poesia per le mie orecchie! Definitemi pure romantica, ma le sensazioni che avevo ascoltandolo erano di equilibrio e saggezza.

E’ nella terra che si radica la risposta a questa mia ricerca, questa è la mia terapia, questa sarà la mia rinascita,  perché è nell’amore per essa che trovo i significati più profondi.

Mandai una mail a Josko Gravner per fissare un incontro. Dalla sua risposta capii che il momento non era propizio. Era tempo di vendemmia, e le esigenze della vigna lo assorbivano. Un pochino delusa mi rassegnai a posticipare l’incontro, ma da persona caparbia quale sono non demorsi. Ben presto quel momento arrivò!

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

La mattina della partenza caricati i bagagli,  puntai il navigatore in direzione Oslavia.  Ero particolarmente emozionata;  mentre guidavo percorrendo la strada pensavo a come si sarebbe svolto l’incontro. Poi, fra me e me pensai che l’unico modo per instaurare rapporti sinceri con le persone è essere se stessi, e così feci.

Giunta finalmente a destinazione fui  piacevolmente sorpresa dalla semplicità dell’abitazione di Josko.

Fu il suo sorriso ad accogliermi, e quell’atmosfera gradevolmente familiare che mi mise subito a mio agio. Chi mi conosce bene ha sperimentato anche la mia timidezza che mi sforzo di nascondere chiacchierando.

Josko Gravner 1

Quel pomeriggio con noi c’era la dolce Maria moglie di Josko, e Sabrina e Debora, due loro amiche di Viareggio. Iniziammo il nostro percorso di visita tra una degustazione e l’altra e le narrazioni riguardanti la sua vita.  Ci raccontò di come ebbe inizio la sua avventura di viticoltore, facendo frequenti riferimenti alla perdita del padre quando lui aveva appena venticinque anni. Capii bene ciò che mi diceva, avendo avuto alla medesima età la stessa esperienza. Gli insegnamenti dei padri tuttavia ci accompagnano per tutta la vita, come un eco che continua a diffondersi nella testa.

Josko ci narrò del suo viaggio in Georgia, della sua ricerca di un vino senza chimica che segua il ciclo della natura: un vino semplice e pulito come nei tempi passati.  Dalla Georgia portò le sue anfore e abbandonò definitivamente l’utilizzo dell’acciaio. Raccontava:  “Il vino nelle anfore vive, mentre nell’acciaio non respira… L’anfora è come un utero in cui il vino nasce per poi maturare nelle grandi botti, che a differenza delle piccole non lo influenzano troppo…”

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Ci raccontò di suo figlio Miha scomparso prematuramente, e della volontà di quest’ultimo di orientarsi verso la Ribolla Gialla, volontà che Josko fedelmente rispetta. Ci parlò di Aljosa, suo fidato collaboratore e ormai parte integrante della famiglia. Di quanta passione e amore questi mettesse nel condurre i lavori in vigna e in cantina. Il tempo passò molto velocemente con le mie domande che spesso lo sorprendevano per quell’ingenuità a cui probabilmente non era abituato. Perché io voglio capire… perché questa è la mia ricerca.

Nel nostro divagare, Bruno il cane di Josko, ci faceva compagnia seguendoci da un locale all’altro. Improvvisamente fu attirato da qualcosa, e con scatto repentino urtò Sabrina che, avendo tra le mani un calice di Ribolla me lo versò completamente addosso. Erano tutti visibilmente imbarazzati alla vista della mia camicia e del mio giacchino di pelle bagnati.  Erano momenti così emozionanti che volli subito sdrammatizzare dicendo: “Ma ci pensate, avrò l’onore di avere la giacca alla Gravner!”.  Credetemi… dopo pochissimo tempo le macchie si asciugarono alla perfezione senza lasciare nessun alone… quel vino, era proprio pulito!

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Nel nostro giro di assaggi degustai tutte le annate. Ero un po’ titubante visto che sono abituata a bere pochissimo a causa di un’emicrania legata all’eccesso dell’uso di solforosa nel vino. Quel giorno nulla accadde,  la mia testa era perfettamente lucida. Esterrefatta dissi: “A questo punto mi viene spontaneo chiedermi… ma che vini siamo abituati a bere?! Ma quanta chimica viene introdotta?!”.

Trascorsero tre ore senza che me ne rendessi conto; era arrivato il momento di congedarmi, senonché Maria insistette perché rimanessi a cena. Seduta a fianco a Josko  chiacchierai tutta la serata passando da un argomento all’altro. Non dimenticherò mai le emozioni di quella giornata. Le ho volute raccontare per poterle rivivere ogni volta che le rileggerò.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Recentemente ho letto definire Josko “un eremita”.  Non ho potuto far altro che sorridere, perché Josko, è semplicemente un vignaiolo in terra d’Oslavia, simpatico e gioviale, che mi ha accolto come se fossi una persona di famiglia. Viticoltore Italiano conosciuto nel mondo per le sue ricerche e per  la sua semplicità,  un grande uomo che ho potuto conoscere ed apprezzare, che mi ha consigliato, e che mai dimenticherò!

“In molti mi deridono per questo mio essere, ma cosa volete sono vecchio per cambiare e alla fine sono felice di essere cosi.  Non avrò denari da lasciare ma una Terra sana dove il sudore di mio padre Jozef e mio zio Franc non è stato versato invano. E’ a questi due uomini che ho pensato in questi anni di forti cambiamenti, e va a loro il mio primo e ultimo pensiero della mia giornata. E finalmente me l’immagino orgogliosi e sorridenti.”  Josko Gravner

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

 

 




“I Marubini in brodo della domenica…”

La ricetta : “I Marubini in Brodo”

di Paola Frigeri

…le persone e i loro racconti di cucina popolare

Ricordo la domenica quando lentamente mi svegliavo… sentivo  le campane suonare l’ultimo tocco  per ricordare a tutti che era giunta l’ora di andare a messa.

Mi preparavo trascinandomi in cucina con i capelli ancora arruffati, pronta per fare colazione.  Un po’ di latte con il caffè,  e quel pane biscottato bagnato nella mia scodella bianca che mi riportava alla mente le vie principali di Cremona con le sue pasticcerie… Solo li vendevano quel tipo di “pan biscuttat”. Sotto le mie narici passava quel profumino familiare che mi riconduceva alle origini cremonesi dei miei genitori. La città di Cremona… un affresco di tanti ricordi. I Marubini, memoria di sapori che regnavano sulla mia tavola la domenica.

Ricordo che al sabato la mamma rosolava il magatello insaporito con la salvia e con quella fetta di burro comprata nelle campagne cremonesi.  Prosciutto crudo, salame nostrano senza aglio (a me non piaceva), bologna, e un pezzetto di lesso. Quindi il tutto, unito e macinato, era pronto per il ripieno.

Ogni domenica l’asse di legno era posta sul tavolo…  la pasta tirata ad arte e tagliata a quadretti,  il ripieno perfettamente nel mezzo, e la vista della cosa più bella… il Marubino. Uno perfettamente uguale all’altro, la mamma li voleva così,  tutti  perfetti… come pronti per una festa. Il brodo intanto andava da solo, non aspettava altro che i suoi ospiti cadessero dentro uno alla volta.

E infine un ricordo di lei, mi sembra quasi di vederla… Due bigodini in testa messi quasi per dovere,  e lo sguardo teso con occhi ammirati verso quella tavola piena di Marubini tutti in fila, come piccoli ma grandi soldatini… grandi come la mia mamma.




“Frittata cugli sparni” (Frittata di asparagi selvatici)

La ricetta : “La Frittata di Asparagi Selvatici”

di Romano Pomponi

…le persone e i loro racconti di cucina popolare

Semplice e genuina, con uova di galline allevate a terra nelle aie, cipolla bianca di campagna, asparagi selvatici e pancetta affumicata in casa. Naturalmente olio extra vergine delle colline ciociare

Bene, cominciamo dagli asparagi selvatici…  Essendo la Ciociaria una terra collinare e montuosa, non è difficile trovarli; crescono sia nelle radure, che nei boschi assolati sino a circa 1000 m. L’olio è prodotto quasi esclusivamente sulle colline rocciose, alcalino, con bassa acidità, e quel leggero pizzicorino che scompare con il tempo.

Quasi una frittata di moda…  Io sono nato nel 1958, e pur vivendo in una cittadina turistica come Fiuggi, quasi tutti avevano il maiale allevato in campagna, le galline,  e piccoli orticelli in cui si piantavano ortaggi  di vario genere, adesso si direbbe biologico, ma noi avevamo tutto così già allora, eravamo biologici, e non lo sapevamo!

La frittata era un piatto che si preparava spesso, gustoso ma povero, compariva sulla tavola di tutti, non dico tutti i giorni ma quasi. Dimenticavo, gli asparagi vanno spezzati con le mani finché si sente la parte tenera, la parte legnosa non va utilizzata.  Io faccio soffriggere gli asparagi con la cipolla e il guanciale.  Appena il tutto comincia a rosolare aggiungo le uova, e metto un pizzico di sale per ciascuna.  Andrebbe servita con del pane casareccio cotto nel forno a legna.  Un piatto umile ma sostanzioso…  come la mia amata Ciociaria

Seguici

Vuoi avere tutti i post via mail?.

Aggiungi la tua mail: