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Bresaola… A Chiavenna la chiamano Brisaola.

Un tour per la Valchiavenna: La Brisaola di Stefano MasantiPalazzo Vertemate Franchi – Mamete Prevostini

L’importanza della Tracciabilità degli Alimenti.

Partiamo da qui, da questo prodotto tipico che, se fatto artigianalmente, utilizza carne di bovino e non di zebù, come solitamente avviene nell’industria. Carne stagionata con sale, aromi e spezie, la cui lavorazione è fondamentale quanto l’ambiente. In Valchiavenna la presenza dei crotti, grotte naturali utilizzate dalle comunità locali per conservare salumi e formaggi, è determinante per la giusta stagionatura di questi prodotti. La particolarità di queste cavità naturali formate da massi di rocce è il ‘sorel’ (dalla forma dialettale “sorà”, ventilare). Una corrente d’aria che fuoriesce dagli spiragli e che permette di mantenere una temperatura ideale senza grosse variazioni, fresca e umida in base alla stagione.

Prodotti tradizionali che gli artigiani seguono con cura e che per questo vanno difesi. Questo per sottolineare l’importanza di un controllo cheQR garantisca il percorso di un prodotto, dal produttore fino al consumatore: la Tracciabilità degli Alimenti. A questo proposito Stefano Masanti, cuoco, artigiano e patron del Ristorante “Il Cantinonea Madesimo, con la sua “Ma! Officina Gastronomica” (Ma come Masanti, Madesimo e Maglio, suo collaboratore), ha avviato un progetto in tal senso attraverso un’etichettatura che utilizza il codice QR. Un codice a barre che attraverso l’apposita applicazione, permette di risalire con la lettura dal cellulare ad informazioni utili per conoscere l’origine dei prodotti. La sua, una Brisaola senza nitriti aggiunti, prodotta artigianalmente a quota 1.550 metri,  dove l’aria di montagna è più asciutta.

Una giornata passata insieme ad un gruppo di persone legate al mondo della comunicazione enogastronomica, che mi ha permesso di assaggiare le sue creazioni e di degustare eccellenti vini valtellinesi raccontati dai vignaioli presenti con noi durante il pranzo. Stefano Masanti, cuoco e artigiano, una vita molto intensa ed impegnata, che spesso non da spazio ad altro. Si è parlato anche di questo. A breve, con sua moglie, partirà per la California per qualche mese, per lavoro, ma con ritmi diversi. Prendersi il proprio tempo è essenziale per continuare a fare bene.

Ristorante Il Cantinone – Via De Giacomi, 39 Madesimo (SO) www.ristorantecantinone.com

Palazzo Vertemate Franchi

Nel pomeriggio, con un piccolo gruppo, ci siamo spostati a Prosto di Piuro per visitare Palazzo Vertemate Franchi. Una bellissima dimora lombarda cinquecentesca, capolavoro rinascimentale, dalla facciata sobria ma dagli interni ricchi di affreschi e di arredi dell’epoca. Una tenuta in cui è ben visibile l’attività agricola che in passato sosteneva la famiglia Vertemate Franchi. Un vigneto, un frutteto, una cantina e una ghiacciata. Non manca nemmeno un fantasma, ben conosciuto dalle signore per i ‘noti’ scherzi notturni…

Palazzo Vertemate Franchi, aperto da Marzo a Novembre. www.palazzovertemate.it Piazza Caduti della Libertà –  Chiavenna (SO)

Mamete Prevostini

Non si può finire una giornata in Valchiavenna senza aver mangiato dei buoni pizzoccheri con verze e patate. A dirla tutta stavolta ho fatto il bis, o meglio, ho assaggiato anche dei gnocchetti bianchi di Mese preparati con farina bianca e mollica di pane, che da queste parti chiamano pizzoccheri bianchi. Buoni e delicati. Il Ristorante Crostasc a Mese, in provincia di Sondrio, è stato il primo crotto in Valchiavenna ad aprire al pubblico nel 1928. Da ormai tre generazioni la famiglia Prevostini conduce questo locale, ora ristorante, con una cucina tipica che richiama la tradizione enogastronomica di queste valli.

A tavola a fianco a me Mamete Prevostini, viticoltore di Valtellina. In quest’area vitivinicola nota per i suoi terrazzamenti coltiva il suo Nebbiolo. La nuova cantina con sede a Postalesio, sempre in provincia di Sondrio, ha ottenuto recentemente la certificazione CasaClima Wine. Un marchio di qualità dell’Agenzia CasaClima di Bolzano a tutela dell’ambiente, che garantisce l’ecocompatibilità, l’efficienza energetica dell’edificio, e l’ottimizzazione dei consumi delle risorse dell’intera filiera produttiva del vino.

Ristorante Crotasc Via Don Primo Lucchinetti, 63  Mese (SO) www.ristorantecrotasc.com www.mameteprevostini.com

Al prossimo tour…




La creatività artigianale e il valore della lentezza: la granita siciliana di Antonio Cappadonia.

“Ci siamo dimenticati il valore della lentezza. La creatività dell’artigiano ha bisogno di tempo. Il prodotto ha bisogno di studio.” Antonio Cappadonia

Identità Golose 2016, il congresso internazionale di cucina svoltosi a Milano dal 6 all’8 marzo, che, come ogni anno, ha visto alcuni protagonisti della ristorazione italiana raccontare se stessi attraverso le proprie creazioni. In questa edizione ho avuto il piacere di conoscere Antonio Cappadonia, maestro gelatiere palermitano doc, vincitore di numerosi concorsi. Ascoltandolo nella semplicità delle sue parole, ho avvertito la concezione del gelato inteso come prodotto della natura e della tradizione, la cui giusta preparazione esclude componenti ed elaborazioni chimiche. Un’esperienza che Antonio ha maturato negli anni grazie agli insegnamenti ricevuti e all’attività svolta nella gelateria omonima situata a Cerda, sua cittadina nativa sui monti delle Madonie.

Un incontro che ho vissuto intensamente ascoltando l’appassionante racconto di Antonio sull’origine storica della granita. Ricordo ancora quando mio figlio, qualche anno fa dopo una vacanza passata in Sicilia, entusiasta mi parlava della colazione tipica di quelle parti a cui non era abituato, e di cui, tornato a casa, aveva molta nostalgia. Mi riferisco alla granita al caffè con panna e brioche. Una tipicità che, citando le parole di Antonio, passa attraverso la storia e la cultura del territorio della Sicilia.  Quando la moderna tecnologia non c’era, la neve, dopo essere stata raccolta sull’Etna durante l’inverno, veniva conservata in ‘neviere’, apposite cavità naturali o costruzioni in pietra adatte a contenere il ghiaccio, poi venduto e utilizzato per la preparazione di gelati e granite. I ‘nivaroli’ dell’Etna, coloro che svolgevano questa attività di conservazione prettamente invernale, venivano considerati veri e propri professionisti del ghiaccio. Neve e sale appositamente mischiati e inseriti in un pozzetto, per ottenere quell’effetto freddo che permetteva la preparazione della granita siciliana.

Antonio Cappadonia a Identità Golose 2016

Antonio Cappadonia a Identità Golose – Fotografia di Brambilla/Serrani

Dallo sherbeth e dalle neviere. Il Medio Oriente e la Sicilia si sono fusi e confusi in una storia senza confini, che è diventata abitudine, che si è ridefinita con lo sviluppo delle tecnologie adatte, che ha preso la neve prima trasformandola in ghiaccio e sale e poi nei moderni congelatori/pozzetti, e che ha simboleggiato nel mondo una fioritura siciliana senza nessun compromesso. La granita sta alla Sicilia come l’anima all’immortalità, è insondabile e inscindibile. La granita è la forma siciliana più rituale della territorialità senza tempo. La territorialità la ritroviamo nella sublimazione della materia prima, nei limoni del territorio cerdese, nel mandarino di Ciaculli, nelle fragoline di Ribera, nel pistacchio di Bronte e nella mandorla di Noto, il senza tempo attiene ad un atto profondamente culturale, quasi politico, di partecipazione ad un’usanza sempre uguale a se stessa, pubblica e assolutamente contestuale alle varie ore della giornata.

Chi avrà occasione di andare in Sicilia, assaggiandola, constaterà come da provincia a provincia subisca alcunegranita al caffè variazioni. A Messina, ad esempio, la granita è piu’ morbida per inzuppare meglio la brioche, mentre nel catanese, e in alcune aree del sud Sicilia e nel palermitano, è piu’ compatta, al punto da poter essere messa anche dentro le brioches. Qualche giorno fa ho avuto modo di parlare a lungo con Antonio, per conoscere la persona e per capire meglio l’arte del suo mestiere. Leggendo le sue parole in un primo scambio di contatti, ho avvertito la gentilezza e lo stile garbato di un tempo, quasi a ricordare la scrittura di una lettera più che una sintetica mail di circostanza. Mi ha sorpreso però la sua decisione di chiudere la nota gelateria di Cerda. D’altronde, come mi ha spiegato, ci sono momenti in cui l’esigenza di fermarsi e di riflettere è essenziale per continuare a dare il meglio di se stessi. Un pensiero che condivido, anche perché, spesso, la vita ci sorprende con incontri fortuiti da cui nascono nuovi progetti. Così è stato per Antonio Cappadonia.

Cominciando dalla mattina, da quella brioscia intinta dentro una granita al caffè “mezza con panna”, fino ad arrivare al dopo cena, a qualcosa di digestivo e dissetante insieme, un agrume del territorio senza concessioni e senza sofisticazioni. Per completare la gamma di possibilità, rendendo l’esperienza un gesto cromatico, esperienziale e assolutamente gastronomico. E così da Principessa, l’innovativa mantecatrice diretta in carapina messa a punto insieme a Stefano Grandi, al tino di legno con all’interno un “pozzetto”, in cui sale/ghiaccio servono da refrigerante e non più da ingrediente, la “mantecazione” viene vista attraverso gli occhi del nevaiolo, attraverso quelli dello sperimentatore ma soprattutto attraverso quelli dell’artigiano. Il futuro e il passato che continuano a fondersi e a confondersi in un discorso che mantiene al centro il fine/il gusto, facendo ruotare i mezzi per raggiungerlo, corroborando senza sosta l’idea che la migliore delle evasioni è quella che si fa in una giornata qualunque di una piazza qualunque, stupendosi delle possibilità di uno straordinario territorio prima mai mostratosi così.”

Fare colazione in Sicilia richiede tempi lenti. Chi ha fretta, certamente non potrà godere appieno di questa specialità antica giunta a noi dopo la dominazione araba.

Ringraziamenti ad Annelies Somers per la fototografia della coppa di granita e a Brambilla-Serrani per le fotografie di Antonio Cappadonia.




Artigianalità del vino e tutela del territorio.

17 Aprile 2016 – Referendum popolare Anti Trivelle.

Artigianalità del vino, partiamo da qui, o meglio, da Live Wine 2016, la seconda edizione del salone internazionale di Milano dedicato al vino artigianale. Un evento che mi ha permesso di trasformare un uggioso fine settimana di Marzo, in un occasione speciale ricca di assaggi e di incontri con amici produttori.

Vino artigianale, una definizione da molti percepita come una moda. Personalmente non credo nelle mode quando si parla di produzioni. L’artigianalità, di fatto, indica un prodotto non industriale, in cui ogni fase della lavorazione, dalla vigna alla cantina, è influenzata oltre che da fattori naturali, dall’esperienza e dall’abilità del produttore. Detto questo, non è detto che un vino artigianale sia sempre buono. E’ semplicemente un prodotto che esprime le capacità di chi ne segue l’evoluzione, nel rispetto e nella tutela del territorio da cui ha origine. Un dovere e una responsabilità che coinvolge tutti, ora più che mai.

Questa premessa per riallacciarmi ad una questione molto seria, discussa tra una degustazione e l’altra a Live Wine. Mi riferisco alla campagna di sensibilizzazione relativa al progetto che punta ad impedire le attività di trivellazione di ben 101 km² nel territorio marchigiano. Perforazioni a 4000 metri con rischi ambientali e possibili fenomeni sismici. Ho un amico nel “Comitato No Trivelle nel Piceno”, Rocco Vallorani, un giovane viticoltore che, insieme ad altri produttori, sta opponendo resistenza alla realizzazione del metanodotto Cellino – Sant’Elpidio e al Progetto Santa Maria Goretti. Purtroppo, non l’unico caso di trivellazioni per la ricerca di idrocarburi nei mari italiani. Una questione su cui verremo chiamati a decidere il 17 Aprile 2016 attraverso un referendum popolare di tipo abrogativo.

Per capire meglio la questione e lo stato attuale delle cose, passo la parola a Rocco Vallorani.

Cinzia, circa un anno fa ci è letteralmente caduta addosso una concessione chiamata “Santa Maria Goretti”, che prevede l’installazione di impianti di estrazione di idrocarburi su 101 km quadrati nell’area più vocata per la viticultura picena, quella della DOC “Rosso Piceno Superiore”. La ditta autorizzata (Apennine Energy spa), è una Società per Azioni creata ad hoc da una multinazionale dell’energia (Sound Oil) che ha ottenuto i permessi per trivellare sulle nostre colline anche “oltre i 500 m. slm”, e di perforare il suolo fino a 4500 m. Questi impianti di estrazione prevedono l’installazione di ciminiere alte oltre i 50 metri, con, in cima, 10 metri di fiamma perenne, l’immissione di migliaia di metri cubi di fanghi di estrazione contenenti sostanze tossiche e radioattive che si diffonderanno nelle nostre falde acquifere, e il passaggio di decine e decine di camion ogni giorno sulle nostre strade, che a malapena superano indenni un acquazzone. L’estrazione di idrocarburi, oltre ad avere un impatto terrificante a livello paesaggistico, si ripercuoterebbe nocivamente su tutto il territorio: aumento del rischio sismico ed idrogeologico, consumo del suolo, inquinamento acustico, atmosferico e delle falde acquifere. Il Piceno rappresenta in piccolo quello che è successo in Italia; per molti anni si è puntato sull’industria manifatturiera e l’emersione economica dei paesi dell’est Europa, America Latina ed Asia, ci ha condotto ad una crisi dalla quale tutt’ora stentiamo a uscire.

Anche se in ritardo, ci stiamo finalmente accorgendo che il nostro genius loci non è rappresentato dall’industria, ma dalla cultura, dal turismo e dalle eccellenze del territorio, rappresentate in particolar modo dai prodotti agricoli. La valorizzazione del Piceno non può essere affidata semplicemente ad una campagna pubblicitaria, perché è il frutto del lavoro di tante persone che costantemente si impegnano, con le proprie abilità, a far emergere le eccellenze che il nostro territorio può offrire. Mi riferisco ai colleghi vignaioli, ai ristoratori, agli artigiani, ai gestori di strutture ricettive, fino alle merlettaie, che con pazienza tessono i fili delle loro opere nelle suggestive rue di Offida. L’agricoltura, in particolare quella biologica, è tra i settori trainanti nella valorizzazione del Piceno. Grazie ad esso viviamo in un territorio rurale e salubre che ci permette un’aspettativa di vita tra le migliori, non solo a livello nazionale. Ogni anno decine di nuove aziende agricole si affacciano con successo sul mercato, anche grazie all’aiuto della regione Marche, che, attraverso fondi della Comunità Europea, ha investito centinaia di milioni di euro nell’agricoltura Picena. Un ricchezza che arriva a tutta la comunità, creando posti di lavoro, mantenendo la bellezza e la ruralità dei territori, promuovendoli e contribuendo così alla valorizzazione degli stessi.

Il progetto “Santa Maria Goretti” oltre a mettere a rischio la salute di tutte le persone del Piceno, porterà ad un crollo del turismo e del valore dei prodotti locali. Quale turista verrebbe in un agriturismo di fronte ad un impianto di estrazione? Quale importatore vorrebbe acquistare del vino biologico prodotto in un’area dove si respirano idrogeno solforato, nitrati, composti organici volatili (VOC) ed idrocarburi policiclici aromatici derivanti dalle perforazioni? Perché dovremmo respirarli noi mettendo a rischio la nostra salute? Considerando anche i rischi di incidenti catastrofici che potrebbero verificarsi (esplosioni, fughe di gas e liquidi tossici ed infiammabili, ecc , indicati persino nel progetto della società autorizzata). Chi potrebbe autorizzare un’operazione del genere? Varrebbe veramente la pena accettare tutto ciò per raccogliere le briciole che ci lascerebbero queste società create ad hoc per queste operazioni? Il Piceno, così come tutte le altre zone d’Italia, può e deve vivere di agricoltura, di eccellenze, di turismo e di cultura. Ovviamente il nostro non può essere che un no deciso a questo scellerato progetto e a tutti quelli previsti in Italia, siano essi in mare o in terra. La valorizzazione del territorio implica anche la difesa dello stesso da tutto ciò che può stravolgere il suo equilibrio, peggiorandone le condizioni. Per questo, crediamo che tutti i cittadini debbano far sentire la propria voce in questa battaglia. Ed è altresì importante che gli amministratori, per il rispetto nei confronti dei cittadini che in loro hanno riposto la fiducia, si schierino in maniera netta al nostro fianco nella difesa del bene comune.

Per difendere il nostro mare dobbiamo votare SI al fermo delle trivellazioni. #notriv




Cibo e cambiamenti climatici. Siamo alle strette!

19 Marzo : L’Ora della Terra – Earth Hour

Cibo e sostenibilità”, un incontro svoltosi a fine Febbraio al Circolo della Stampa di Milano sull’impatto dei cambiamenti climatici e sulle conseguenze della produzione e disponibilità del cibo. Un convegno a cui ho partecipato con interesse, a cura dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e in collaborazione con la Fondazione BCFN, Barilla Center for Food & Nutrition. Un argomento a cui tengo molto, che richiede attenzione e divulgazione. La sensibilizzazione dei giornalisti, grazie alla loro attività di comunicazione, può contribuire a migliorare la mentalità ambientale.

Ma passiamo ai fatti.

La popolazione mondiale cresce di numero. Entro il 2030 si prevedono 8 miliardi di persone da nutrire. Tenendo conto delle limitazioni delle risorse, è necessario aumentare la produttività. Nonostante gli accordi della COP 21, la Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici svoltasi a Dicembre 2015, le emissioni di gas serra stanno ancora aumentando. Considerando che il clima impatta sull’agricoltura e sulla produzione del cibo, bisogna adeguare le colture al cambiamento climatico.

Sono necessari investimenti nelle tecnologie per un’agricoltura sempre più sostenibile: Agricoltura 5.0 L’affluenza delle nuove generazioni verso questo settore, il terzo per rilevanza nelle emissioni di gas serra dopo il cibo e il riscaldamento, certamente è un dato positivo. Giovani imprenditori, uomini e donne, sensibili all’ambiente e all’innovazione. Citando le parole di Danielle Nierenberg, esperta nell’agricoltura sostenibile e fondatrice di Food Tank: “L’agricoltura sostenibile non è solo un’opzione, ma una necessità per combattere fame, povertà e sprechi di cibo.”

Come ben sappiamo, anche le scelte alimentari hanno un impatto sull’ambiente. La metà della popolazione dei 34 paesi dell’OCSE, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, è in sovrappeso, con stime di incidenza di patologie croniche e degenerative preoccupanti. Nel 2015 i decessi per patologie cardiache sono stati circa 20 milioni. Un paradosso se pensiamo alla malnutrizione nei paesi in via di sviluppo. Il compito dei medici, più che prescrivere, è quello di educare dando indicazioni per uno stile di vita sano e meno sedentario. In questo contesto, la dieta mediterranea, rappresenta un regime alimentare ideale per la nostra salute e per la riduzione di emissione di CO2.

Fondamentale l’attenzione allo spreco del cibo. Recentemente in Francia è stata approvata una legge che prevede il “reato di spreco alimentare” per impedire che il cibo diventi rifiuto. In Italia, da pochi giorni, è approdata alla Camera una proposta di legge analoga. Anche i ristoratori, in questo senso, hanno il compito di sensibilizzare i propri clienti all’uso della “doggy bag”, un contenitore che permette di portare a casa il cibo non consumato al ristorante. Purtroppo un’abitudine poco seguita dagli italiani.

Sabato 19 Marzo tornal’Ora della Terra. La decima edizione dell’Earth Hour che dal 2007 punta a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gravità della questione legata ai cambiamenti climatici. Un’iniziativa a livello mondiale, ma soprattutto un momento di riflessione finalizzato a sviluppare una mentalità più rispettosa dell’ambiente. Per aderire alla manifestazione sarà sufficiente spegnere tutte le luci di casa dalle 20,30 alle 21,30. I nostri gesti quotidiani possono contribuire al cambiamento. Non c’è più tempo da perdere…

Facebook : Earth Hour  –  Instagram :  earthhourofficial  –  Twitter : @earthhour

Credit : Fondazione BCFN  – L’Ora della Terra www.oradellaterra.org   www.earthhour.org

 




Pojer e Sandri: una storia di amicizia e di vino. Ma non solo…

La prima volta che ho sentito nominare Mario Pojer, è stato parlando di aceto, o meglio, di produttori di aceto: gli amici acidi.

AgricoltoPojer e Sandriri uniti dalla passione e dalla voglia di promuovere un prodotto, ahimè, non valorizzato quanto merita. Era il 1′ Giugno del 2012. Guidata da Josko Sirk, stavo visitando la sua acetaia situata a Cormons, tra le belle colline del Collio, in provincia di Gorizia. Come passa veloce il tempo…

Da allora ho avuto modo di incontrare Mario Pojer ad eventi e fiere, salutandolo con la promessa che prima o poi sarei andata a trovarlo. Qualche settimana fa, passando da Trento, ho fatto una breve deviazione e sono andata a visitare l’azienda agricola che ha fondato nel 1975 con Fiorentino Sandri.

Due giovani amici che hanno iniziato a produrre vino grazie ai due ettari di vigneto di Fiorentino, e agli studi di enologia di Mario conclusi presso la scuola di San Michele all’Adige. Pojer e Sandri, un’azienda agricola con una superficie vitata, non sempre facile, di 32 ettari suddivisi su sei comuni: San Michele e Faedo più quattro comuni della Val di Cembra. I vigneti collocati sulla collina di San Michele, con un altitudine tra i 250 e i 750 metri, danno l’idea della viticoltura montana a cui mi riferisco. Uve rosse nella parte più bassa e bianche in quota. Merlot e Lagrein, salendo la collina Nosiola, Traminer, Chardonnay, Sauvignon e Pinot Nero. Infine, a 700 metri,  Müller-Thurgau.

Collina di San Michele e Faedo

Una Cantina, una Distilleria e un’Acetaia.

Tra i vini assaggiati prodotti con uve lavate per ridurre i contaminanti esterni, ho apprezzato in particolare il Rosso Faye Dolomiti 2010. Colore rosso granato, profumo intenso, carattere e corpo. Un vino di struttura come piace a me. Prodotto per il 50% da uve di Cabernet Sauvignon, e per il rimanente 50% da Cabernet Franc, Merlot e Lagrein. Tenore alcolico 13,5%

Per quanto riguarda i distillati, ho apprezzato molto la loro grappa ‘Zero Infinito’ Dolomiti. Piacevoli i profumi2 fruttati, fine ed elegante. Vinacce di uva Solaris (varietà resistente nata in Germania) prodotte a Grumes, in Val di Cembra, in un vigneto  di montagna di 50 ettari, a circa 900 metri s.l.m. Zero trattamenti sia in vigna che durante la vinificazione.

Una precisazione. La grappa è un distillato prodotto da vinacce ricavate da uve prodotte e vinificate in Italia e nella Svizzera italiana. La ‘cosiddetta grappa’ prodotta in Sud Africa, di cui ho sentito recentemente parlare, è un caso di agro-pirateria.

Tra un assaggio e l’altro, Fiorentino Sandri mi ha parlato della loro produzione di brandy. Un progetto che si è sviluppato nel 1986 dopo alcuni viaggi nelle zone del Cognac e dell’Armagnac. Acquavite Divino, ottenuto dalla distillazione di un vino di due vigneti locali: la Schiava della zona alta della collina di Faedo, e il Lagarino dell’alta Val di Cembra.

La mia ultima degustazione, ma non per importanza, è stata con l’aceto. L’acetaia Pojer e Sandri si trova a Maso Besleri, in Val di Cembra, alla giusta distanza dalla cantina per evitare rischi di contaminazioni. Aceto di vino bianco e rosso, e aceto di succo fermentato da frutta dell’azienda o di provenienza regionale: ciliegie, pere, mele cotogne, ribes nero, sambuco, lamponi, sorbo dell’uccellatore e mora. Insomma, Aceto per tutti i gusti, ma di qualità!

Azienda Agricola & Distilleria Pojer e Sandri
Loc. Molini, 4 – 38010 Faedo (Tn)




Digital Storytelling. Il racconto digitale ed emozionale del territorio.

Associazione Italiana Travel Blogger – AITB

Durante l’ultima edizione della Bit, la Borsa Internazionale del Turismo di Milano, ho avuto il piacere di ascoltare l’intervento di alcuni membri dell’Associazione Italiana Travel Blogger. Una rete che promuove la professionalità, e che per questo si è data un codice etico per dare qualità ai contenuti. Trovandomi in linea con il loro pensiero, ho preso la palla al balzo per sottolineare ancora una volta un concetto che mi sta molto a cuore, ma che purtroppo a molti non fa comodo capire. Mi spiego…

Parliamo di Digital Storytelling, il racconto digitale ed emozionale del territorio fatto da persone legate alla comunicazione che gestiscono un blog. Un’attività la cui rilevanza è stata riconosciuta dalle stesse istituzioni locali. L’unico tasto dolente in questo contesto, è che troppi sfruttano questa passione senza ricTweet onoscere l’impegno intellettuale, e non solo, nel dedicare tempo ed energie a questa attività. Un pensiero che riscrivo per l’ennesima volta, per rimarcare a chi non comprende, o meglio, ha convenienza a non comprendere, che gestire e dare contenuti ad un blog, oltre ad avere costi, richiede molte energie.

Sentirsi riconoscere l’attività svolta grazie alla spinta della passione e dell’entusiasmo, non significa assolutamente che chi la esercita ne approfitti. Semplicemente si tratta di un equo compenso che giustifica le spese e il lavoro svolto. Sfruttare la passione altrui è moda assai diffusa. Certo, sarebbe più facile avere alle spalle un editore, ma visti i tempi di scarsa riconoscenza, molti di noi lavorano e scrivono sulle proprie testate, con coerenza responsabilità e indipendenza.

A questo proposito mi riallaccio all’Associazione Italiana Travel Blogger, che ha regolamentato l’attività dei propri associati adottando un codice etico basato sui principi di indipendenza, responsabilità, rispetto, onestà ed accuratezza. Un’autodisciplina tesa a garantire l’attività dei travel blogger, su cui riflettere e da cui prendere spunto per altre categorie di questo settore della comunicazione.

Fatta questa premessa, passo la parola a Monica Nardella, founder del blog di viaggi “Turista di mestiere” e Presidente all’Associazione Italiana Travel Blogger.

Cinzia, la decisione di fondare AITB è giunta dopo una lunga riflessione. I travel blogger, quando ho iniziato io nel 2010, erano persone innamorate del viaggio che volevano condividere le proprie esperienze e, perché no, esser d’aiuto ad altri viaggiatori in procinto di partire con consigli e informazioni aggiornate in tempo reale, e, soprattutto, gratuite. Eravamo dei pionieri e non lo sapevamo. Eravamo generosi, entusiasti e sempre con un biglietto in tasca. Poi la rete ci ha scoperti. Attorno ai nostri blog si sono create delle community fidelizzate di viaggiatori desiderosi di dare il proprio contributo o semplicemente di lettori con la voglia di viaggiare restando comodamente seduti su un divano. Sono iniziate le domande, i commenti, i confronti. Ognuno di noi, per assecondare questa passione, sottrae tempo ad altro. A una passeggiata, a un film, a una sana dormita. Ma lo facciamo perché ci piace e perché ci sentiamo (siamo) utili, a tutti: lettori, viaggiatori, territori.

Ecco, siamo arrivati al nocciolo della questione: il generico “territori” sta per enti, proloco, strutture ricettive,AITB. ristoranti, musei. Un circuito enorme che ha inteso perfettamente le potenzialità dei travel blogger, la nostra capacità di creare curiosità, di dare visibilità a una destinazione (con una foto, un articolo o con un live sui social) e di orientare addirittura delle scelte. AITB nasce perché i travel blogger non debbano più sentirsi dei moderni Don Chisciotte alle prese con (alcuni) operatori del turismo pronti a coinvolgerci nella promozione dei propri territori con “pretesa” di professionalità durante tutte le fasi del progetto, ma al contempo convinti che basti invocare la passione per quel che facciamo per ricompensare il nostro lavoro.

Lavoro che inizia nel momento stesso in cui veniamo contattati, ma forse, anzi sicuramente, molto prima. Perché se un Ente, ad esempio, si rivolge proprio noi, non accade per caso. Significa che siamo emersi dal mare magnum di altre pagine. Che siamo ben indicizzati, che il nostro target è definito e risponde alla chiave di ricerca. E questo è successo perché scriviamo bene, perché il nostro blog è accattivante, è navigabile, è responsive. Perché alla base di un blog di successo non c’è più solo la passione. Ci sono tempo, sacrificio, rinunce e, anche, investimento economico per quel dietro le quinte che non si vede ma che sostiene la nostra pagina e quegli strumenti sempre più specialistici con cui realizziamo reportage belli e coinvolgenti.

AITB nasce dunque per tutelare i travel blogger che sanno di essere dei professionisti e chiedono di esser trattati come tali in ogni fase della collaborazione e ha come obiettivo dichiarato quello di garantire a chiunque si rivolga ai propri associati di interagire con persone che hanno deciso spontaneamente di lavorare sotto l’egida di un codice etico a riprova della propria onestà intellettuale. La strada all’inizio sembrava impervia e piena di insidie ma la risposta dei blogger e quella degli operatori del turismo ci stanno dando ragione e ci stimolano a perseguire gli obiettivi prefissati con entusiasmo e determinazione. Ne vedremo davvero delle belle!

Associazione Italiana Travel Blogger   www.travelbloggeritalia.it




Rovereto, “la città delle botteghe”.

Se passate da Rovereto… fermatevi!

Se ne avrete l’occasione, vi consiglio di non perdervi una visita nel suo centro storico. Oltre ad apprezzare le botteghe tipiche, potrete ammirare le testimonianze medievali e settecentesche in perfetta armonia con le atmosfere risalenti al periodo del dominio veneziano. Passeggiare tra le sue vie, ammirare le antiche dimore affrescaste e visitare i suoi musei internazionali, sarà un’esperienza che certamente arricchirà il vostro viaggio. Io ci sono stata pochi giorni fa.

Rovereto, una cittadina in provincia di Trento che ho apprezzato per l’offerta culturale, l’ordine e la sicurezza. Siamo in Trentino Alto Adige, una regione che valorizza l’artigianato come espressione del territorio. Grazie alla Legge provinciale che ha instituito per gli esercizi commerciali con più di 50 anni di attività il riconoscimento di “Bottega storica Trentina”, si ha la possibilità di visitare luoghi identificativi della storia e delle tradizione locali.

Il Comune di Rovereto, per sottolineare l’importanza di questi esercizi, ha voluto ampliare il riconoscimento ad altre due categorie: le “Botteghe di Tradizione Trentina”, gestite con continuità da almeno 50 anni da nuclei familiari, e le “Botteghe Tipiche Trentine”, che propongono tipicità di Rovereto e della Vallagarina. Storia, Tradizione e Tipicità, espressa da chi vive questo territorio da oltre 50 anni.

Sono figlia di un artigiano. Forse è per questo che la mia natura mi porta ad apprezzare tutto ciò che è frutto della passione e della creatività che ciascuno di noi, a modo suo, esprime nel proprio operato. Le sue molteplici forme danno ricchezza e unicità a questo settore. Arti e mestieri da valorizzare e trasmettere alle nuove generazioni, per non perdere la nostra memoria. Per questo, le botteghe, oltre ad essere luoghi attrattivi per il turista, contribuiscono all’offerta culturale dando un valore aggiunto al territorio.

Durante la mia passeggiata, spesso interrotta per ammirare le belle vetrine e le insegne storiche, mi sono letteralmente bloccata davanti all’antica Drogheria Giuseppe Micheli. Droga, sostanza vegetale con principi attivi utili al nostro organismo. Da qui drogheria. Un significato molto diverso da quello che gli attribuiamo oggi. Entrando, timidamente, ho avvertito da subito intensi profumi di erbe, spezie aromatiche ed essenze per preparazioni liquoristiche. Un settore che mi affascina da sempre, che richiede conoscenza ricerca e studio.

Come una bambina in un negozio di dolci, ho incominciato a muovermi curiosando ovunque, attratta dalle etichette e dai nomi delle radici e delle erbe mediche. Un’ampia offerta di prodotti di erboristeria, integrata da tipicità alimentari e da 600 etichette di vini, liquori e distillati. Un’attività imprenditoriale avviata nel Settembre del 1829.

Drogheria Giuseppe Micheli – Via Mercerie 16/20 Rovereto (TN) www.drogheriamicheli.it

Drigheria Giuseppe Micheli

Ogni città italiana ha un caffè storico, punto di incontro e luogo di conversazione. Quando viaggio li ricerco e ne vivo le atmosfere. A Rovereto ho scoperto la Torrefazione Bontadi. Degustazione di qualità unita alla conoscenza del caffè, grazie alla presenza di un museo con una collezione di 300 pezzi: dai tostini della fine del ‘700, fino alle moke e alle macchine espresso di ultima generazione.

Un’impresa avviata nel 1790 riconosciuta dalla CCIAA di Trento, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, con la medaglia d’oro per l’ininterrotta attività.

Torrefazione Caffè Bontadi – Vicolo del Messaggero, 10 Rovereto (TN) www.bontadi.it

Torrefazione Caffè Bontadi

A conclusione della mia visita non poteva mancare una tappa al MART, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, contraddistinto dalla cupola di vetro e acciaio progettata, insieme all’intera struttura, dall’architetto ticinese Mario Botta. Custodisce una collezione di oltre 20.000 opere rappresentative dei movimenti del secolo scorso. Un museo in cui è possibile fotografare e condividere con il mondo la bellezza dell’arte.

Sono stata attratta in particolare da tre tele. Due di Massimo Campigli – Pugile, 1933 e Figure, 1931 –  per i colori e per i richiami all’arte etrusca da cui l’autore si ispira, e una di Pompeo Mariani – Sotto gli ulivi, 1898 – in cui mi sono rivista in un ambiente naturalmente ricco di storia in cui amo passeggiare.

MartCorso Angelo Bettini, 43 Rovereto (TN) www.mart.tn.it

MART

La mia breve sia pur intensa visita a Rovereto era giunta al termine. Ero attesa in un’azienda agricola di Faedo, di cui a breve vi racconterò.




C’è voglia di dolcezza… ma soprattutto di buon cioccolato.

Salon Du Chocolat – Milano

Devo ammettere che non mi aspettavo che in una domenica piovosa di metà Febbraio, cosi tanta gente partecipasse al Salon Du Chocolat, la prima edizione della manifestazione dedicata al cioccolato, svoltasi a Milano il 13 14 e 15 Febbraio scorso. Nonostante un biglietto d’ingresso di 15 euro, il grande afflusso di persone presenti ha dimostrato ancora una volta l’interesse per questa produzione, scelta sempre più con attenzione e ricercatezza.

Insieme ad una cara amica, un medico chirurgo che pone il giusto equilibrio tra salute cibo e piacere, ho addolcito la mia domenica seguendo i percorsi sensoriali, tra l’altro molto affollati, che per ben tre giorni hanno visto ancora una volta protagonista il cioccolato di qualità. Eh sì, nonostante se ne dica, gli italiani sono sempre più informati e critici nei loro acquisti. Certamente un dato positivo, che permette di contrastare chi opera a sfavore delle buone produzioni.

Sono ormai molti i mezzi che ci permettono di conoscere ciò che mettiamo a tavola. Sta a noi decidere se diventare consumatori informati e consapevoli. Parlare con i produttori durante gli eventi e seguire i percorsi guidati all’assaggio, sono certamente percorsi utili per garantirci la qualità dei nostri acquisti. Personalmente, ogni volta che ne ho l’occasione, non mi faccio mancare entrambe le cose.

A questo proposito, al Salon du Chocolat, insieme alla mia cara Jose, ho seguito la degustazione “Back to School” a cura della Compagnia del Cioccolato. Un’associazione no-profit costituita da un gruppo di amici che dal 1995 con laboratori, assaggi e visite guidate, si pone l’obiettivo di promuovere la cultura del cioccolato. Un prodotto ricavato dai semi dell’albero del cacao, pianta originaria della zona situata tra il Sud del Messico e il Guatemala.

Qui di seguito qualche consiglio per gustarlo al meglio e per valutarne la qualità nell’assaggio. Tenete presente che la molteplicità di cioccolati esistenti richiede molte esperienze sensoriali. Più se ne fanno e più si acquisiscono capacità degustative.

Sono principalmente quattro i parametri per valutare la qualità del cioccolato.

  • Rotondità : In questa fase il cioccolato va fatto sciogliere in bocca senza fretta. Così facendo il suo sapore evolve col passare dei minuti. Se si scioglie bene ed è cremoso si ha un indice di buona rotondità.
  • Aromaticità : Questo parametro è relativo alla parte aromatica. Più aromi si avvertono e più il cioccolato risulta elegante, complesso e strutturato.
  • Equilibrio gustativo : Un equilibrio determinato dal buon rapporto tra dolcezza e amaro, cioè tra zucchero e massa di cacao. Se un cioccolato è squilibrato un elemento prevarica l’altro.
  • Persistenza : Il cioccolato di buona qualità ha una persistenza che può durare fino a 15 minuti.

Concludo con una curiosità. Lo sapete quando è stata prodotta la prima barretta di cioccolato?

Ebbene, il merito va a Francis Fry della Fry & Sons di Bristol, che nel 1847 aggiunse alla miscela di cacao e zucchero il burro di cacao al posto dell’acqua. Fu allora che nacque il primo cioccolato solido chiamato per l’occasione Chocolat délicieux à manger. Da allora fu tutto un susseguirsi di emozionanti sperimentazioni sensoriali, che a tutt’oggi appagano i nostri sensi.

Fonte: Compagnia del cioccolato – “Cioccolato. Nuove armonie” Di Rosalba Gioffrè




Le forme del viaggio. Bit 2016

Bit 2016, Borsa Internazionale del Turismo, l’appuntamento milanese per chi ama viaggiare.

Ci sono diverse tipologie di persone in movimento. Alcune amano viaggiare e conoscere luoghi e territori vivendo appieno le realtà locali, mentre altre concepiscono il viaggio come svago e tempo dedicato al relax. C’è poi chi è costretto a spostarsi per lavoro, per sport, per studiare o per curarsi. Infine c’è chi unisce entrambe le cose, coniugando il piacere al dovere.

Ogni viaggio ha la sua forma. Di fatto, nel 2015, ben 1,18 miliardi di persone si sono spostate. Numeri che anno per anno sono destinati a crescere, e che, rapportati ad una popolazione mondiale che conta più di 7 miliardi di abitanti, richiedono riflessioni e strategie.

Per certo, viviamo in un momento storico difficile, che impone scelte informate e consapevoli per le nostre destinazioni. In questo scenario, la Bit 2016, svoltasi dall’11 al 13 Febbraio nel quartiere di Fiera Milano a Rho, si è posta l’obiettivo di approfondire e sviluppare i nuovi trend di questo importante comparto economico.

Qui di seguito alcuni dati relativi ai cambiamenti nelle preferenze degli italiani in viaggio.

  • Aumenta la consapevolezza istituzionale del valore del turismo.
  • La percentuale degli italiani in viaggio varia tra il 52 e il 62%. Il 75% privilegia una destinazione italiana.
  • La regione con più viaggiatori è la Lombardia, seguita da Piemonte e Lazio.
  • Le vacanze sono più brevi ma più frequenti.
  • In crescita la destagionalizzazione della domanda turistica.
  • Circa 21.000 agriturismi e 6.600 fattorie confermano il crescente consenso verso il turismo verde e rurale.
  • Sale la richiesta di percorsi vissuti in modo partecipativo, dall’ideazione fino all’organizzazione del viaggio.
  • L’enoturismo in Italia vale oltre 2 miliardi di euro. Produzioni di qualità e investimenti nell’accoglienza rappresentano un percorso parallelo con un unico traguardo. Di fatto l’enogastronomia italiana fa la differenza nelle scelte dei turisti.
  • Un italiano su 4 opta per il luogo delle sue vacanze in base all’offerta sportiva. Sono 27 milioni gli italiani che praticano regolarmente sport, anche in vacanza.
  • Salgono le richieste nelle strutture extralusso, soprattutto se vicine ai luoghi di interesse artistico e storico.
  • Per quanta riguarda i viaggi all’estero le dieci destinazioni preferite dagli italiani sono: Francia, Spagna, Germania, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, San Marino, Austria, Croazia, Grecia, Stati Uniti d’America ed Egitto.

Alla Bit 2016 tante le forme del viaggio da vivere e da comunicare. A questo proposito ho ascoltato con particolare interesse alcuni membri dell’Associazione Italiana Travel Blogger. AITB è una rete che promuove l’etica e la professionalità dei travel blogger, e che per questo si è data un codice etico per dare qualità ai contenuti. Ma di questo ve ne parlerò più avanti…

bit2016

Fonte: Bit 2016 –  www.bit.fieramilano.it




Appuntamento per un agri picnic in Brianza. Chi viene?

L’importanza di sostenere le aziende agricole a garanzia della nostra salute e della nostra economia.

Il picnic, il tradizionale spuntino conviviale all’aperto, allegro e a contatto con la natura, che piace tanto agli italiani. Se poi si ha la possibilità di farlo in un’azienda agricola, dopo una visita e l’acquisto di qualche buona produzione, si unisce l’utile al dilettevole, trasformando uno spuntino all’aria aperta, in un agri picnic. Tutto ciò è possibile in una delle tante fattorie della Brianza, ma non solo…

Qualche giorno fa, spinta dalla voglia di conoscere buone produzioni vicine al luogo in cui vivo, sono andata a visitare l’azienda agricola Capoferri. In verità, sono stata attratta anche dalla sua bella posizione collinare, che, grazie agli ampi spazi verdi, permette, a poca distanza da Milano, di evadere dal caos e dalla frenesia cittadina.

L’azienda agricola dei Fratelli Capoferri, nata nel 1956, è situata in un luogo di particolare interesse storico per la presenza della Cascina Galeazzo, un roccolo di caccia risalente al 1400 di proprietà dei Conti Porro.  L’attività principale è quella casearia, con la produzione di diverse varietà di formaggio fresco e stagionato.

Il loro, un allevamento che fino agli anni ’90 comprendeva circa centoventi vacche di razza Frisona.  Un numero che man mano si è ridotto, per la ben nota questione ‘quote latte’. Attualmente, la fattoria accoglie una settantina di capre e polli giganti di razza Brahma, una varietà di origine asiatica.

Emanuele e Virginio, due fratelli di origine bergamasca, conducono insieme dall’allevamento alla trasformazione, l’attività e la vendita diretta dei loro prodotti: uova, miele, yogurt, e formaggi freschi e stagionati di capra e di latte vaccino. I formaggi, produzioni casearie ottenute attraverso la coagulazione del latte, rappresentano dei veri e propri secondi piatti, e non come spesso accade dei contorni integrativi. L’Italia vanta ben 48 varietà a denominazione di origine protetta (DOP), tutelate dall’Unione Europea.

Tornando alla mia visita, devo ammettere che appena arrivata ho avvertito un clima di sospetto, li per li a mio parere ingiustificato. Basta poco per capire. E’ sufficiente ascoltare le difficoltà e gli intoppi causati dagli ingranaggi rugginosi della burocrazia, per comprendere il perché di tale diffidenza. L’accanimento dei controlli e delle verifiche nello svolgimento delle loro attività, porta spesso gli agricoltori a chiudersi, e a toglier loro la voglia di combattere in un mondo Colombi cappucciniin cui, gli interessi delle tante, forse troppe associazioni agricole, non sono sempre chiari.

Chi sostiene un comparto così importante come l’agricoltura, ha il compito e il dovere di agevolare e tutelare chi, con sacrifici, preparazione, investimenti, rischi e lavoro senza orari, preserva l’ambiente, la tradizione e il made in Italy. Il turismo rurale ed enogastronomico rappresenta, oltre che il futuro della nostra economia, una naturale evoluzione di tutto ciò.

Parole che non mi stancherò di ripetere, e che sono costretta a riscrivere ogni qual volta io visiti un’azienda in cui sento lamentare tali disagi. Se ci guardiamo attorno, ognuno di noi può qualcosa in tal senso. Sostenere un’azienda agricola con l’acquisto dei loro prodotti, è molto più conveniente di quanto si creda. Scelte a garanzia della nostra salute, della nostra economia e del nostro piacere a tavola.

A conclusione della mia visita, Emanuele Capoferri orgogliosamente, mi ha accompagnato ad ammirare il suo allevamento di colombi cappuccini, una particolare razza di grande eleganza originaria dell’India. Se passate da quelle parti, vi consiglio una visita, e se mi avvisate, ci daremo un appuntamento per un agri picnic!

Azienda Agricola F.lli Capoferri Cascina Galeazzo
Via per Mariano, 1 – Lentate su Seveso (MB)
Tel. 0362 561406
Info: f.llicapoferri@yahoo.it

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