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Lo sapevate che il riso…

La prima volta che mi sono avvicinata alla risicoltura è stata in occasione della visita fatta alla Tenuta Colombara, sede della produzione del riso gemmato Acquerello. Mi era stata segnalata da un amico per la particolarità del suo riso a cui viene reintegrata la propria gemma, ricca di vitamine e preziose sostanze nutritive abitualmente scartate.

Da li che è partita la mia conoscenza. Come dico spesso visitare le aziende agricole è grande esperienza che ci rende più consapevoli nella scelta degli cibi da selezionare per la nostra alimentazione.

Detto questo lo sapevate che…

  • L’Italia è il primo paese in Europa per la produzione di riso. Nonostante questo, il consumo medio pro capite annuale è di circa cinque chilogrammi di riso a testa. Per molti il riso va consumato soprattutto quando non si sta bene. Non è così!
  • Pensate che nel mondo lo mangiano ‘una persona su due’ perché è un cereale ricco di carboidrati, sali minerali, vitamine e proteine vegetali. Fornisce le stesse calorie della pasta ma è molto più digeribile. Ha pochissimi grassi: ‘100 grammi forniscono 350 chilocalorie’.
  • Il riso crudo non deve essere mai lavato, questo per non perdere parte dei sali minerali e delle vitamine. Oltretutto l’acqua infiltrandosi nel chicco favorirebbe lo sfaldamento durante la cottura.
  • Il modo migliore per consumare il riso senza perdere le sue proprietà è la cottura a vapore. Il riso infatti durante la cottura in acqua perde parte delle vitamine B1 e PP, a differenza del riso integrale che, grazie alla cuticola, conserva più vitamine del gruppo B.
  •  Si può combattere la cellulite anche col riso integrale. Perché? Semplice, perché contiene poche proteine, poco sale, pochi zuccheri e svolge un’azione diuretica. Tanta energia mantenendosi in linea!
  • L’Italia è il primo produttore di riso della Comunità; il 90% viene prodotto tra Piemonte e Lombardia. Pensate che per produrre un chilo di riso sono necessari dai 3.000 ai 10.000 litri di acqua! In Italia lo si classifica in quattro gruppi: comune o originario, semifino, fine e superfino.
  • Il merito dello sviluppo della risicoltura in Lombardia è anche di Leonardo Da Vinci che, verso la fine del ‘400, fu incaricato da Ludovico il Moro di disegnare i nuovi canali e i congegni idraulici per il progetto di riordino delle acque della Lomellina.  Funzionanti a tutt’oggi hanno dato nuovo impulso alla risicoltura e alla agricoltura della pianura padana.
  • Nel mondo esistono oltre 120.000 varietà di riso conservate nelle banche del germoplasma. In Italia la più fornita è a Castello d’Agogna nel Pavese, nel Centro ricerche dell’Ente Risi.

Personalmente amo molto i risotti… con i funghi, con la zucca, con la trevigiana, con il gorgonzola, persino con le ortiche e con le fragole!  Forse sarà per questa sua versatilità che potrei mangiarlo sia per pranzo che per cena! 😉

Per finire Confucio diceva: “Se vedi un affamato non dargli del riso, ma insegnagli a coltivarlo”

Fonte: Ente Nazionale Risi – Paolo Viana giornalista specializzato nel settore agroalimentare




Lo sapevate che la zucca…

Ve l’ho detto mai che sono anche di origini mantovane…? Li la zucca è una vera e propria tradizione. Ricordo spesso con nostalgia quando mia nonna Gisella mi preparava i tortelli di zucca con gli amaretti e la mostarda piccante, sapori indimenticabili e irripetibili… si, perché così buoni, non li ho più assaggiati!

Zucch e melon à la sua stagion!

(La zucca e il melone vanno mangiati nella sua stagione)

Proverbio milanese

La zucca è un ortaggio originario dell’America Centrale ricco di vitamina A,  di minerali, di fibre e povero di calorie.

La sua polpa tritata è utile come lenitivo per le infiammazioni cutanee, mentre il suo estratto è indicato nei disturbi gastrici.

In cucina trova spazio in molteplici usi: dai primi piatti ai contorni, fino ad arrivare ai dolci.

Oltre a consigliare il consumo della zucca per l’alta digeribilità, si consiglia l’uso dei suoi semi per il buon apporto di ferro, magnesio e zinco… un ottimo spuntino energetico da sgranocchiare! 🙂

A proposito, quando si sentono espressioni come: ‘che zuccone che sei!’ oppure ‘hai la testa vuota!’ o ancora ‘metti un po’ di sale in zucca!’ è solo perché la parola zucca deriva dal latino ‘cocutia’ che significa testa. 😉

 




Lo sapevate che le foglie di ulivo…

Lo sapevate che le foglie di ulivo vengono impiegate per il trattamento dell’ipertensione grazie alla loro azione vasodilatatrice… Non ci sono studi certi, è vero, ma è vero anche che una volta essiccate, per tradizione contadina vengono utilizzate per stabilizzare gli stati di ipertensione.

A conferma di quanto scritto sopra, non hanno peso solo le tradizioni popolari.

Dovete sapere che ho contattato molte persone prima di scrivere quanto state leggendo. I più non sapendo cosa rispondermi, si limitavano a chiedermi di tenerli aggiornati dalle eventuali risposte alle mie ricerche. In realtà non ho scoperto nulla di nuovo, l’unica cosa certa è che l’Italia ha più di 530 tipi di cultivar, con una conseguente naturale vocazione, per una pianta come quella di ulivo, conosciuta per sue proprietà e per i suoi impieghi terapeutici fin dalle antichità da tutti i popoli del bacino del mediterraneo.

A tal proposito devo ringraziare per il supporto il Dr. Fausto Mearelli, di Lama San Giustino in provincia di Perugia. La lettura dei testi che mi ha inviato è stata utile per comprendere al meglio la questione.

Fu il Dr. Mazet, un medico di Nizza, che iniziò la sperimentazione delle foglie di ulivo nel 1938, utilizzandole con successo dopo averle testate per la cura di 38 suoi pazienti ipertesi. Venne somministrato loro un decotto, ottenuto facendo bollire 20 gr. di foglie di ulivo in 300 cc. d’acqua, ridotto fino al  volume di 200 cc.  Su 38 pazienti, 30 si stabilizzarono ottenendo un netto miglioramento in positivo, sui precedenti valori pressori. Queste esperienze vennero poi anche consolidate dalle ricerche dell’Italiano Dr. Di Nunno.

Detto questo… perché mai non provare a curare l’ipertensione anche con il decotto delle foglie di ulivo!  O siamo forse troppo pigri da preferire una pillola a un infuso?! Certo, a volte è necessaria, ma… che ci costa tentare?!

In fondo oggi vi ho raccontato solo una storia di terapie naturali… una storia che ci può fare solo bene alla salute!

A’ piedi del vecchio maniero che ingombrano l’edera e il rovo,

dove abita un bruno sparviero… a’ piedi dell’odio che, alfine,

solo è con le proprie rovine, piantiamo l’ulivo!

 Giovani Pascoli da “Canzone dell’ulivo”

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Fonti:  “L’Olivo come pianta erboristica

             Prof. Andrea Fabbri della Facoltà di agraria – Università di Parma 

             Dr. Maurizio Pedrazzini Erborista – Parma




E’ tempo di tartufi. Lo sapevate che…

Dunque, ora vi spiego. Qualche sera fa ho partecipato ad una serata in cui il  protagonista è stato un tartufo, e che tartufo… il  “tartufo bianco d’Alba”! 

Alberto Cirio, Assessore al Turismo e alla Tartuficoltura Regione Piemonte, presentato da Carlo Vischi, organizzatore della serata, ne ha descritto le peculiarità e ne ha raccontato la storia.

I tartufi non sono coltivabili, sono funghi ipogei ‘spontanei’ che compiono il loro intero ciclo vitale sotto terra. Crescono in aree ben determinate e in particolari condizioni ambientali, vivendo in simbiosi con le radice di alcune piante. La loro nascita è ancora avvolta in un mistero. Plinio racconta che un fulmine di Zeus, scagliandosi sulla terra, fertilizzò il punto da cui ebbe origine.  Comunque sia andata, io continuo ad amarne i profumi e i delicati sapori che trasformano un semplice piatto in una prelibatezza degna degli dei… 😉 

La location dell’evento è stata quella dell’Hotel Sheraton Milano Malpensa, mentre la predisposizione del menù è stata coordinata da Enrico Fiorentini, chef executive del Il Canneto, in collaborazione con i colleghi Walter Ferretto del Cascinale Nuovo di Isola d’Asti, e Bruno Cingolani de Le Scuderie del Castello di Govone. 

In passato, dopo aver visitato l’annuale Fiera Internazionale del Tartufo Bianco, ho avuto modo di approfondire la conoscenza di questo fungo pregiato. Dal 12 Ottobre avrà inizio una nuova edizione, ben l’83esima che, con un ricco ventaglio di appuntamenti, ne celebrerà gli usi e le tradizioni.

Fatta questa premessa, visto che non si finisce mai di imparare, oggi vi parlerò di tartufi! 

Lo sapevate che…

  • Esistono molte specie, ma il tartufo bianco bianco d’Alba, il Tuber Magnatum Pico, è quella più pregiata e di maggiori dimensioni. Pensate che il suo valore si aggira intorno alle 250-300 euro l’etto. Il Piemonte è la regione in cui è più presente, ma si può trovare anche in Lombardia, sulle colline dell’Oltrepò Pavese, nel mantovano, e sia pur rarissimamente, nell’Italia centrale. 
  • Il tartufo contiene circa l’80% di acqua. È ricco di potassio, di calcio, di sodio, di magnesio, di ferro, di zinco e di rame. Comunque sia, il suo valore non incide in modo rilevante sull’apporto alimentare. Per gli appassionati è puro piacere degustativo. 
  • Un tempo il tartufo bianco d’Alba si conservava nel riso, ora, per la sua conservazione, viene consigliato di tenerlo avvolto in carta assorbente e in ambiente fresco con temperatura dai 3 ai 6 gradi. A garanzia del prodotto si vende in un sacchetto numerato riconducibile all’origine di provenienza.
  • Nell’Ottobre del 1990 si è costituita ad Alba l’Associazione nazionale città del tartufo per la promozione e la diffusione della cultura di questo pregiato fungo apprezzato nel mondo. La qualità viene determinata dal giudizio di esperti, uomini e donne, appositamente formati. 
  • Per valutare la qualità di un tartufo bisogna basarsi su ‘vista, tatto e olfatto’. Un tartufo deve essere ben pulito affinché i residui di terra non ne coprano i difetti. Al tatto deve essere compatto ma con una nota lievissima di elasticità, mentre al naso il suo odore è percepibile solo nel momento della maturazione. I suoi profumi ricordano l’aglio, il fungo e la terra bagnata. 
  • Per il cercatore di tartufi, che in Piemonte viene chiamato con il termine dialettale trifolau o trifulé, la buona intesa con il cane scavatore addestrato è fondamentale. La ricerca del prezioso fungo avviene da Settembre a Gennaio, e preferibilmente di notte, questo per non destare troppe attenzioni mantenendo segreti i tragitti seguiti. Da ciò è facile dedurre che la conoscenza del territorio è fattore essenziale per il buon esito della missione. La legislazione italiana prevede che la raccolta sia libera, sia che avvenga nei boschi che nei terreni non coltivati.

Oltre a questa pregiata qualità, ce ne sono molte altre con un prezzo più accessibile. Senza togliere l’indiscussa corona al tartufo bianco, cito ad esempio i tartufi neri pregiati, reperibili fino a Marzo, oppure tra Aprile e Maggio i bianchetti, o a Luglio gli scorzoni. 

Il tartufo bianco si pulisce bene ma non si sbuccia. A differenza di quello nero, non va cucinato. Viene utilizzato come condimento crudo, tagliandolo a fettine sottili su piatti poco conditi. Come me, ama i piatti semplici e non troppo elaborati. Forse è per quello che durante la serata l’ho apprezzato in particolare sul risotto e sulle uova.

Che sia anch’io un po’ trifulé ?! 😉

 

Fonte: “Alla scoperta del tartufo” – Slow Food Editore

 




L’Ayurveda, l’antica medicina naturale da riscoprire

 

Risponde il Dott. Marco Bartoli, medico chirurgo specializzato in omeopatia, docente di medicina tradizionale cinese ed ayurvedica.

Ho conosciuto Marco ascoltandolo in una conferenza che ha tenuto a Milano sul tema della medicina ayurvedica, la medicina tradizionale indiana.

E’ risaputo da chi mi conosce che non amo i farmaci, li uso solo quando è strettamente necessario. In Italia purtroppo a causa di una spinta mediatica deviante, se ne abusa. Le code che vedo sovente in farmacia le vorrei vedere nei campi, dove erbe medicinali dai rimedi antichi possono molto. Ovviamente a ciascuno il suo mestiere, non tutti hanno la conoscenza di questo settore. Diventiamo meno pigri, e avviciniamoci ai sistemi naturali anche solo entrando più in erboristeria.

Per certo, con la vita frenetica che conduciamo è più semplice inghiottire una pillola che ponga rimedio ai nostri mali, senza però renderci conto che, con l’andar del tempo, finiremo per intossicarci. Uno stile di vita e un’alimentazione corretta possono molto più di tante medicine…

  • Ciao Marco, durante la tua conferenza hai citato il motto dell’ayurveda: “La conoscenza è strutturata nella coscienza.”  Vuoi approfondire questo concetto spiegandolo a chi ancora non conosce questa forma antica di medicina?

Ciao Cinzia, l’ayurveda fece la sua comparsa nel mondo quando alcuni grandi saggi si riunirono e dissero: “La salute è il supremo fondamento della virtù, della prosperità, del piacere e della salvezza, mentre le malattie rovinano la salute, il bello della vita e la vita stessa.

Da allora alcuni particolari esseri umani hanno avuto il compito di preservare e trasmettere questa saggezza. Gli straordinari saggi dell’Ayurveda avevano raggiunto un tale livello di coscienza di sé,  da entrare in comunione con le forze che governano l’universo. Ecco spiegata la frase che ho pronunciato nella conferenza. “La conoscenza è strutturata nella coscienza“.

Anno dopo anno esperimenti scientifici sempre più rigorosi non fanno altro che confermare l’esattezza dei principi curativi stabiliti da alcuni mistici millenni e millenni orsono.

  • E’ importante evitare l’inquinamento dell’organismo in tutte le sue forme. Ma com’è possibile farlo per chi vive in città?

Evitare l’inquinamento delle nostre città non è possibile. Sul lungo periodo si potrebbe pensare di progettare le città con criteri più ecologici ed ecosostenibili, ma cosa fare nell’immediato per chi vive immerso tra fumi, rumori, veleni, smog e inquinamento alimentare ed elettromagnetico?

E’ essenziale capire l’importanza di depurare profondamente l’organismo. Con i farmaci chimici non possiamo depurare nulla, anzi… aggiungiamo solo un ulteriore forma di tossicità. I farmaci a volte sono efficaci, addirittura salvavita; spesso però assistiamo a forme di abuso.

Ecco l’esigenza di ricorrere alle medicine denominate olistiche o naturali. Con queste terapie possiamo eliminare molti fattori pericolosamente tossici, che sono il fondamento delle malattie e che letteralmente ci rubano anni o decenni di vita. Tra queste terapie annoveriamo la medicina ayurvedica, la fitoterapia, la medicina tradizionale cinese, la medicina omeopatica. Io come medico pratico a tempo pieno da più di venti anni queste discipline, e posso assicurarvi che sono efficaci, affidabili e prive di effetti collaterali. Naturalmente devono essere esercitate da un medico esperto e competente. Negli anni il numero dei pazienti che si curano con queste medicine in Italia è arrivato a superare di gran lunga i dieci milioni di unità. Nel frattempo si sono moltiplicati studi scientifici seri e rigorosi, che provano l’efficacia di queste terapie.

Personalmente, quando faccio lezione ai medici, presento molti miei casi clinici risolti che in precedenza non avevano ottenuto benefici con i comuni presidi farmacologici. Sono quei casi difficili che noi medici chiamiamo “Non responder.”  Presento analisi cliniche, prima e dopo la cura, e testimonianze scritte dei pazienti che confermano l’efficacia dei trattamenti.

  • Ora cito una parola che potrei chiamare anche parolaccia: OGM. Lascio continuare a te…

Guarda la mia è un’opinione strettamente personale su un tema che è già molto dibattuto. Molti scienziati si schierano a favore, altri sono contro. Personalmente penso che gli O.G.M. siano veramente pericolosi, ed ho paura di ciò che sta accadendo! Non conosciamo davvero nulla delle conseguenze che tali manipolazioni genetiche, che poi diventano il nostro cibo di tutti i giorni, possano avere a breve-medio-lungo periodo sulle nostre strutture cellulari.

Mi sembra un delirio alla Frankstein, inserire D.N.A di scorpione in una mela… mi sembra un voler violentare la natura con la scusa di voler migliorare la qualità del cibo. Puntiamo piuttosto su un cibo veramente biologico se davvero vogliamo fare un discorso di qualità! Non facciamoci ingannare!  Mi domando questo… ed è un dubbio atroce: il vero motivo che spinge certa pseudo-scienza può essere l’interesse di multinazionali ad espandere vendite ed affari? Non so…

Io onestamente sono per il cibo tradizionale, genuino, come natura crea da millenni. Anche perché, Darwin lo insegna, e molti altri dopo lui lo ribadiscono… La natura fa le sue prove per migliorare in ogni generazione la sua progenie. Ci sono meccanismi biologici-chimici-genetici perfetti e prodigiosi che spingono ogni specie vegetale ad adattarsi a climi mutati, terreni diversi, ecosistemi in perenne divenire.

Come avrebbero potuto sopravvivere per millenni i nostri alberi di pere, mele o qualsivoglia frutto se non ci fosse un’intelligenza sacra e mirabile che in ogni istante è all’opera? Nella bibbia c’è scritto: “piante, fiori, frutti siano il vostro cibo e la vostra medicina…” un concetto semplice, chiaro e inattaccabile!

  • Il medico cura anche ascoltando il paziente. Ma quanti lo fanno?

Saper ascoltare il paziente è fondamentale. Saper poi valorizzare ciò che dice ai fini di una terapia veramente personalizzata è ancora più importante. Faccio un esempio: cento casi di bambini colpiti dallo stesso batterio (per es. streptococco) per noi medici olistici significa spesso prescrivere cento ricette diverse l’una dall’altra!

Ognuna delle terapie naturali che ho citato prima analizza con diverse teorie costituzionali il “terreno energetico di base” del paziente. Ciò orienta il medico nella scelta tra migliaia di diversi rimedi naturali siano essi vegetali, minerali o sostanze di tipo animale. Spesso ai fini della diagnosi differenziale il medico di medicina naturale considera i tratti caratteriali e psicologici.

Se devo scegliere tra duecento piante che curano l’osteoporosi devo sapere che non tutte sono adatte al tipo collerico. E’ qualcosa di importante che devo considerare. Se sto tentando di curare due casi di steatosi epatica, non farò la stessa prescrizione nel caso di un paziente freddoloso e magro rispetto ad uno caloroso e grasso.

Quindi devo visitare, guardare, interrogare, ascoltare… e tirare le somme di tutto per una terapia specifica… solo per quella persona! E devo considerare persino la stagione in cui la terapia è somministrata… perché vi sono energie diverse che s’interfacciano.

  • Parliamo di alimentazione. Puoi darci qualche consiglio semplici e attuabile per migliorare la nostra vita?

Il consiglio migliore a livello alimentare sarebbe quello di seguire integralmente i dettami della medicina ayurvedica. Ciò significa alimentarsi in base al proprio Dosha. Per Dosha intendiamo lo squilibrio energetico di base che determina la nostra appartenenza a una delle tre costituzioni di base (Vata-Pitta-Kapha). Semplificando molto potremmo dire che esistono individui nei quali esiste un eccesso dell’energia fuoco, in altri prevale acqua o terra o aria etc.

Nella mia alimentazione devo tenere conto di questo ed invece nella medicina ufficiale ciò è completamente ignorato. Ci si basa su calorie, giusto assemblaggio di protidi-glicidi-lipidi-fibre e sali minerali… e tutto finisce lì. Invece c’è molto altro! La medicina ayurveda per millenni ha studiato le caratteristiche energetiche del cibo. Esistono cioè cibi di natura fuoco altri di natura prevalente acqua o terra… ed altri misti. Il cibo diventa una vera terapia laddove riesce a riequilibrare un eccesso energetico che alla lunga genera accumulo di tossine, e successivamente patologia. Abbiamo utilizzato concetti simili a questi provenienti dalla medicina cinese e abbiamo ottenuto ottimi risultati nel campo dietologico.

Gli studi dell’Istituto Paracelso di Roma, di cui faccio parte, sono esemplari e pionieristici in tal senso. I risultati sbalorditivi dal punto di vista scientifico sono stati oggetto di numerosi congressi medici nazionali ed internazionali come quello di Strasburgo nel 2009. Anzi approfitto della tua intervista (e ti ringrazio Cinzia per l’opportunità) per dare la mia mail a tutti coloro (colleghi medici in primis) fossero interessati a studiare l’alimentazione sotto un profilo completamente nuovo o condividere esperienze e studi inerenti alle terapie olistiche: posso su questo tema fornire molti materiali scientifici interessanti, in anteprima europea.

dott.bartolimarco@gmail.com

 




Ma l’homo sapiens sapiens è un erbivoro o un carnivoro? Ora gli guardo i denti!

Dunque, il cavallo, la pecora, la mucca sono erbivori, e fin qui ci siamo. La tigre e il leone invece  sono carnivori, e direi che ci siamo anche qui.

Madre natura ha fornito ad entrambi una dentatura e un intestino adatto rispettivamente all’alimentazione dei primi e dei secondi.

Detto questo mi sorge un dubbio: “Ma l’homo sapiens sapiens, che poi -sapiens- è tutto un dire con quello che combina, è un erbivoro o un carnivoro?”

Oh mamma mia che confusione, fermati Cinzia se no ti parte un embolo!

Direi che l’unica a questo punto è guardagli i denti! – I denti direte?! Ma che dici Cinzia, un embolo mi sa che ti è partito veramente! – E invece no, e ve lo dimostro facendo intervenire l’esperto.

Vi presento il Dott. Marco Bartoli, medico chirurgo specializzato in omeopatia, docente di medicina tradizionale cinese ed ayurvedica.

 

  • Ciao Marco, mi chiarisci le idee…

Ciao Cinzia, certo che si! Ora ti spiego…

L’anatomia comparata spiega che la dentatura degli umani è ricca in molari, dal latino mola cioè macina, e serve per macinare e triturare granaglie, cereali e vegetali vari, come fa la mucca o la pecora, notoriamente degli erbivori.

L’uomo, la pecora, il cavallo o la mucca sono molto somiglianti per la dentatura e anche per il tipo di intestino molto lungo, stretto e convoluto. Tutto ciò è adattato a un tipo di alimentazione vegetariana. Diverso è il caso della tigre o del leone. Essendo carnivori hanno una struttura dentaria diversa, adatta a sbranare la preda (quindi alimentazione carnivora) con canini lunghi e acuminati. Il loro intestino è anch’esso diverso e adattato ad un tipo di alimentazione densa di proteine animali.

Per farla breve, se introduciamo un eccesso di cibi di tipo animale (carne o pesce che sia) produciamo tossine pericolose, che alla lunga sono causa di malattie. Se contattate le principali associazioni vegetariane internazionali vi forniranno una mole enorme di studi scientifici che provano ciò. Per non parlare poi dell’effetto sul ph del nostro corpo che con cibi di tipo animale tende inesorabilmente all’acidità, velocizzando il processo d’invecchiamento tissutale.

 

Ho voluto riportare questo intervento di Marco unicamente perché mi ha fatto riflettere. Non sono un’integralista, anche se amo molto l’alimentazione vegetariana. Detto questo, la cosa veramente importante per il nostro organismo è diminuire il consumo di carne. Come ben si sa, l’eccezione non fa la regola…




Ma il formaggio, dove lo metto !?

Qualche giorno fa sono stata sgridata per aver messo il formaggio in frigorifero.

 “Cinzia, il formaggio non va messo in frigorifero! Va tenuto fuori, e alla giusta temperatura.” Facile a dirsi! Mica tutti hanno la dispensa o la cantina!

A questo punto mi son chiesta:  “Ma il formaggio, dove lo metto !?”

Per sciogliere i miei dubbi, l’unica è stata contattare il mio Maestro Assaggiatore di formaggi, Paolo Leone. Laureato in Scienze della Produzione Animale e Ricercatore ed esperto divulgatore della cultura dell’alimentazione, son certa chiarirà la questione.

A lui la parola…

Dunque Cinzia, ti spiego. Innanzitutto dipende dal formaggio.

  • In linea generale ti posso dire che:
    a) va tenuto in frigorifero,
    b) va avvolto in una carta o in una pellicola,
    c) va posto nella parte più bassa,
    d) va conservato preferibilmente in una scatola (ce ne sono di plastica con coperchi forati),
    e) va tenuto per poco tempo,
    f) va pulito bene prima del consumo nel caso ci fossero muffe,
    g) prima di rimetterlo in frigorifero cambiando eventualmente la carta/pellicola,
    h) va fatta attenzione all’umidità, eliminando nel caso le eventuali gocce di condensa.  

Le variabili sono la temperatura e l’umidità del frigorifero, se è ventilato o meno…

Il parmigiano può essere avvolto in un canovaccio umido ma attenzione a controllare l’umidità del panno.

Usare taglieri diversi per i formaggi a crosta lavata (formaggi sulla cui superficie si effettuano spugnature e lavaggi con salamoie), e a crosta fiorita (crosta che si forma in seguito al trattamento con muffe speciali), per evitare contaminazioni successive durante la conservazione.

Cinzia, ovviamente sono consigli dispensati senza pretesa di esprimere la Summa delle conoscenze scientifiche.

Certo che si Paolo, e sai, voglio concludere con un proverbio milanese che la dice lunga…

In milanese si dice: “La buca l’è minga straca, se la sa nò de vaca”

La bocca non è mai stanca se prima non ha il sapore del formaggio 😉




“Ma il caffè in polvere si deve conservare in frigorifero, o no !?

Recentemente mi sono sentita rimproverare perché non tenevo il caffè in frigorifero…

Sinceramente la cosa mi ha colto di sorpresa. D’istinto la mia prima risposta è stata: “Ma che dici?”  Vista però la determinazione del mio interlocutore, ho deciso come al mio solito di approfondire l’argomento andando a fondo alla questione.

Sentiamo un po’ di pareri…

  • Lucia Galasso, Direttore Scientifico presso Museo della Civiltà Contadina e dell’Ulivo e apicoltrice

– Che io sappia in frigorifero si conserva meglio sia l’aroma che il sapore (io sempre in frigo).

  • Samuele Vergari di Foodwinebeer.it  

– No, io lo tengo al buio e in un luogo fresco e asciutto.

  • Raffaella Fortunato di cookartmagazine.com

– C’è una linea di pensiero che va in questa direzione. Io lo tengo in un luogo asciutto e in un barattolo con tappo a vite.

  • Teresio Nardi, Capo Condotta Slow Food – Oltrepò Pavese

– Io lo conservo nella dispensa, in un luogo asciutto e nel barattolo.

Vuole il caso che, a son di chiedere qui e la, mi sono imbattuta nello stand del Caffè Corsini a TUTTOFOOD 2013, la fiera dell’agroalimentare a Milano. 

Qui ho posto il quesito a Enrico Gigliarelli Direttore Vendite,  e a Santi Anedotti Direttore Commerciale dell’azienda. Grazie allo loro esperienza pluridecennale ho potuto appurare che, la cosa importante per la conservazione del caffè, è la chiusura ermetica del contenitore.

Riducendo il contatto del prodotto con l’aria se ne permette la conservazione e il mantenimento dell’aroma.

Per quanto concerne invece la questione “frigorifero”, ho assodato che le basse  temperature raffreddano gli oli presenti nel caffè non favorendo il miglior risultato finale. L’ideale è conservarlo ad una temperatura di 12/13 gradi. (Vi ricordate le belle dispense di una volta…)

Bene, sembra finalmente chiarita la questione, quindi mi preparo un bel caffè,  perché il caffè, è una cosa seria!  😉

 

 





Chi il burro ferisce… di spada perisce!

Ora direte: “Cinzia, ma non è così che si dice!” Lo so bene! Non per niente sono donna appassionata di spade, e quindi ho preso in prestito la locuzione e l’ho un pochino riadattata. Anche perché confesso di essere nota per le mie gaffe spontanee e… non ricordando bene i proverbi è mia abitudine storpiarli! Son mica perfetta! 😉

Detto questo punto e a capo. Mi metto l’armatura e a spada tratta eccomi pronta a difendere il burro!

Questo prodotto ricavato dalla lavorazione della panna, è quasi demonizzato, ingiustamente a mio parere, convinta che poco ma buono faccia solo bene! Ma ve le ricordate quelle belle fette di pane burro e marmellata che mangiavamo da piccoli??  Ebbene… io le mangio ancora, ma sono pochi quelli che lo fanno. 🙁

Quindi ora da testa dura quale sono provo a convincere anche voi!

Come… direte?! Ma facendo intervenire il mio caro Nicola, o meglio, il Prof. Nicola Sorrentino specialista in scienza dell’alimentazione. 🙂

  • Nicola, mi spieghi qual è la relazione tra burro e colesterolo?

Cinzia, il burro contiene grassi prevalentemente di tipo saturo, contiene anche colesterolo, tutte sostanze che assunte smodatamente predispongono alle malattie cardiovascolari, ancor più se abbinate ad altri fattori di rischio come il fumo, il sovrappeso, ed una vita sedentaria. I grassi del burro, però, a differenza di altri grassi sono a “catena corta”, particolari grassi importanti per ottenere energia prontamente disponibile e facilmente digeribili se consumati crudi.Il burro e un’ ottima fonte di vitamine liposolubili (A, D).

Per quanto riguarda il colesterolo, 100 gr di burro ne apportano 250 mg, meno di due uova che da sole apportano circa 360 mg di colesteroloLe linee guida per una sana alimentazione Italiana non dicono di evitare il burro, ma nel contesto dell’assunzione dei grassi, ne consigliano una porzione (10 g) al giorno.

Un buon burro è dato soprattutto dalla qualità della “crema di latte ” (panna), e dalla sua lavorazione. Il burro si ottiene separando la parte grassa (solida) del latte da quella liquida. Per ottenere 1 kg di burro occorrono 23-25 kg di latte. E’ un alimento molto energetico perché costituito soprattutto da grassi. I lipidi o grassi sono i nutrienti a più alto potere calorico: forniscono circa 9 kcal/g, più del doppio rispetto agli zuccheri (carboidrati) e alle proteine.

Il burro è esente da trattamenti di rettifica e idrogenazione (reazione che trasforma gli oli vegetali normalmente liquidi in grassi solidi). Il processo di idrogenazione può portare alla formazione di “acidi grassi trans” pericolosi per la nostra salute, perché abbassano il colesterolo buono ed alzano il colesterolo cattivo. Spesso l’idrogenazione viene eseguita ad oli di non buona qualità. Impariamo a leggere le etichette, perché sovente questi acidi sono contenuti nelle margarine, nei grassi da cucina, e in molti prodotti da forno come biscotti o dolci. Attualmente esistono in commercio prodotti con dicitura “grassi vegetali non idrogenati”: essi certamente non contengono acidi grassi trans, ma non sono prodotti da poter identificare come i migliori. Preferiamo quelli che contengono olio extravergine d’oliva o burro.

Detto questo aggiungo io…: “Da domani a colazione sia gli adulti che i bambini,  pane burro e… gran sorrisi! 🙂




“La pasta non fa ingrassare”, leggenda o verità?

 

Le mie domande agli esperti…

                             Risponde il Prof. Nicola Sorrentino

Buona. Sana. Digeribile. E così facile da preparare. La pasta, Star incontrastata della dieta mediterranea è popolare in tutto il mondo.

Non sono solo i grandi chef che si cimentano col nostro piatto nazionale più celebre… anche le persone comuni hanno scoperto la sua versatilità gastronomica. Sempre deliziosa con pomodoro e basilico, o con aglio olio e peperoncino, oppure con il pesto ligure… gli abbinamenti e i condimenti sono infiniti!

La verdura,  caposaldo dell’alimentazione  sana,  ne esalta il sapore, la digeribilità e la leggerezza.  Melanzane, piselli, ceci, cime di rapa, zucchine o broccoli. Ecco solo alcuni esempi delle verdure che possono rendere originale e sempre diverso il solito piatto di pasta. Per non parlare poi di abbinamenti gustosi ed insoliti con ragù di pesce, o di carne, oppure con  sughi vegetariani per piatti speciali e sempre sani.

  • Ma che cosa ci dà la pasta dal punto di vista nutrizionale?

E’ povera di grassi, ricca di carboidrati, e rappresenta la fonte principale di energia per il nostro organismo. Mangiata tre ore prima dell’esercizio aumenta il glucosio disponibile e migliora il rendimento.

“La pasta fà bene e non fà ingrassare!”

Se svolgiamo una vita attiva e una moderata attività fisica, la pasta aumenta anche il nostro dinamismo e non si trasforma in depositi di grasso.

Inoltre questo prezioso alimento agisce anche nei confronti del nostro umore. Non a caso infatti, dopo aver consumato un gustoso piatto di pasta ci sentiamo più sereni:  merito del triptofano, un aminoacido che aumenta dopo l’assunzione di carboidrati semplici o complessi e che ha il potere di agire  sui centri dell’umore stimolando la produzione di serotonina (neurotrasmettitore efficace nelle forme depressive).Naturalmente se il piatto é condito con sughi pesanti ed elaborati che affaticano il fegato e richiedono una lunga digestione non è assicurato il senso di serenità e benessere.

Quindi via libera alla pasta se sappiamo mantenerne la leggerezza senza aumentarne eccessivamente il valore calorico!

 

 

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