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Poggiorsini, il paese dell’acqua pura e delle orchidee selvagge.

Siamo in provincia di Bari, più precisamente a Poggiorsini. Una piccola e silenziosa cittadina conosciuta per il suo ricco bacino idrogeologico e per la bellezza naturalistica del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Posta su una collina, gode di una posizione strategica anche per la vicinanza a luoghi dall’alto interesse storico e naturalistico come Matera, Altamura, Gravina e Trani. Una località della bella Puglia in passato feudo della famiglia Orsini, da cui prende il nome. Uno dei tanti piccoli borghi storici e paesaggistici che testimoniano la memoria italiana. Luoghi da custodire e riscoprire per non perdere la nostra identità.

Punto forte del paese è il “belvedere” situato in prossimità del piccolo centro storico. Una terrazza panoramica che spazia fino alla Basilicata che mi ha permesso di godere dei bei colori autunnali della terra in tutte le sue sfumature. Un territorio – quello di Poggiorsini e dei comuni circostanti – così suggestivo da trasformarsi in un set cinematografico per il film “L’ultimo Paradiso” con Riccardo Scamarcio, e per le riprese del cortometraggio “Mother” scritto e diretto da Antonio Costa. Ma non solo… a Gravina di Puglia, cittadina archeologica-naturalistica, sono state girate alcune scene di ‘No time to die’, 25esimo film della saga di James Bond.

Un’altra area del territorio molto affascinante è quella del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, 68.000 ettari di vaste aree collinari e pietrose intervallate da boschi di quercia e conifere, e dalla presenza di ben ottanta varietà di orchidee selvagge la cui fioritura migliore si concentra nel mese di aprile. Al suo interno è ben visibile il Castello medievale del Garagnone (1048), una roccaforte inserita in un sistema castellare federiciano, che in quell’epoca collegava le fortificazioni presenti sull’Alta Murgia al fine di segnalare vicendevolmente l’arrivo dei nemici. Un luogo di presidio del territorio dei Cavalieri Ospitalieri, frati guerrieri appartenenti all’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, che sorvegliavano il passaggio delle risorse alimentari e proteggevano i pellegrini diretti in Terra Santa. È consigliabile visitarla con guide esperte vista la mancanza di sentieri tracciati, ma anche e soprattutto per non imbattersi inaspettatamente in branchi di cinghiali. Animali sociali di indole pacifica che diventano aggressivi se si sentono minacciati, o se avvertono un pericolo per i loro cuccioli. Un’emergenza – quella della proliferazione incontrollata dei cinghiali – soggetta da tempo ad azioni di contenimento, ahimè ancora insufficienti, che riguardano molte aree naturalistiche italiane da nord a sud.

Dietro quell’apparente tranquillità che lì per lì ho percepito a Poggiorsini, c’è un pullulare di giovani iniziative imprenditoriali che puntano a favorire percorsi turistici ed enogastronomici. Nuove leve degli anni ‘80-‘90 che, dopo essersi formati, si stanno impegnando ‘insieme’ per uno sviluppo sostenibile che valorizzi le risorse locali. Tra queste ce n’è una in particolare: l’acqua di sorgente. Grazie alle sue proprietà qualitative analizzate e certificate dall’Università di Pisa viene imbottigliata, ma non solo… È in fase di progetto avanzato anche un centro benessere rurale basato sui benefici terapeutici delle acque termali e delle erbe dell’alta Murgia.

Un’acqua di alto livello qualitativo è anche un ingrediente fondamentale per ottenere una buona birra artigianale. Una produzione che riscuote sempre più successo e che ha fatto nascere nella piccola Poggiorsini ben due birrifici artigianali: il Social Brewery Alta Murgia – SBAM,  birrificio sociale che favorisce l’accesso al lavoro delle persone con disabilità, e il Birrificio degli Ostuni, fondato in un vecchio cinema.

Non si può scrivere di una città senza citare la sua cucina. Quella tradizionale murgese è molto ricca e variegata, e si basa sui prodotti spontanei della terra come il fungo Cardoncello, protagonista nelle tavole, ma non prevaricatore nei sapori. Non mancano i meravigliosi prodotti caseari e la tipica pasta fresca lavorata a mano. Con l’avvicinarsi del periodo natalizio però la voglia di assaggiare dolci della tradizione si fa sentire più che mai. A Poggiorsini grazie alle mani esperte di Giusy Cantore, quarta generazione di mastri fornai del Panificio Cantore, ho avuto il piacere di assistere alla preparazione dei Sasanelli, dolci speziati delle Murge a base di mandorle e vincotto inseriti dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT). Ecco come prepararli.

Impastare 500 grammi di farina setacciata con 30 grammi di cacao amaro, 200 millilitri di vincotto di fichi, 10 grammi di ammoniaca per dolci, 250 grammi di mandorle di Toritto tostate e tritate (tipiche pugliesi), 125 grammi di zucchero, 100 ml di buon olio extra vergine di oliva, un limone grattugiato, cannella e chiodi di garofano in polvere. Una volta ottenuto un composto omogeneo porre delle cucchiaiate su una teglia imburrata e infarinata, e infornare per 15 minuti a 160 gradi.

Un’idea golosa per un Buon Natale della tradizione.

 




La mia Firenze in dodici tappe… d’arte e di gusto

Pochi ricordano che Firenze – dal 1865 al 1871 – è stata capitale d’Italia. Devo ammettere che dopo averla visitata come merita ne comprendo meglio i motivi. Davvero emozionante ammirare i suoi capolavori… se non fosse stato per le lunghe code! Sì, code interminabili che il freddo dei primi giorni di gennaio non ha certo agevolato! D’altronde, o meglio per fortuna, parliamo di una delle quattro città italiane più visitate al mondo che vanta un flusso turistico costante tutto l’anno. Un luogo in cui si respira arte ovunque, che ha dato i natali a grandi artisti conosciuti in tutto il mondo. Uno fra tutti è Leonardo Da Vinci (15 aprile 1452 – 2 maggio 1519) genio italiano che a maggio di quest’anno verrà celebrato per il quinto centenario della sua morte.

“Imparare non stanca mai la mente.” Leonardo Da Vinci

Un’ora e cinquanta minuti di treno da Milano e mi sono trovata nel cuore del suo centro storico. Oserei dire finalmente, viste le volte che avevo messo in programma questo viaggio che per vari impegni ero stata costretta a rimandare. Mi riferisco non a una toccata e fuga, ma a una visita come piace a me, con calma e con il tempo che questa città richiede. A dir la verità, al termine della mia permanenza, mi ha fatto specie ascoltare che la persona dalla quale ho alloggiato – un fiorentino autoctono – abbia visto metà di quello che ho visitato io in pochi giorni. Sempre la stessa storia, anzi, lo stesso errore… diamo troppo per scontato ciò che abbiamo vicino. C’è però anche da sottolineare che chi vive in questa città – che l’alto movimento turistico ha un pochino snaturato – non ha sempre vita facile. Tanto per dire che l’albergatore fiorentino sopra citato, mi ha raccontato che appena può fugge in una piccola isola del sud America, per recuperare quella pace e tranquillità che ormai a Firenze è diventata un sogno.

Firenze, bella ma invasa

Ebbene, consapevole che non sarebbero bastati pochi giorni per conoscere il suo immenso patrimonio artistico, munita di programma e di cartina, mi sono avviata a piedi verso la mia prima tappa. Ovviamente mi sono premurata di prenotarla in anticipo, e per fortuna! Il rischio, in caso contrario, sarebbe stato quello di incappare in lunghe attese, e spesso, a causa delle tante prenotazioni, di perdersi la visita.

  • 1′ Tappa: Uffizi

Un edificio ad opera del Vasari risalente al 1560 che in origine era stato fatto costruire per contenere gli uffici dell’amministrazione cittadina. Oggi la galleria d’arte più visitata d’Italia, con quarantacinque sale che accolgono numerosi capolavori del Rinascimento esposti in ordine cronologico. Ammirarli dal vivo è tutta un’altra cosa… le sensazioni si amplificano, e il cuore batte più forte!

Bacco (1597-1598) di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio

  • 2′ Tappa: Piazza del Duomo

Giungere nel cuore di Firenze significa trovarsi al cospetto di un complesso di bianca bellezza che inorgoglisce e cattura lo sguardo. Mi riferisco alla facciata ottocentesca della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, che, insieme alla Cupola del Brunelleschi (1434) e al Campanile di Giotto (1337), crea uno scenario davvero magnifico.

Il Duomo o Cattedrale di Santa Maria del Fiore, è la terza chiesa della cristianità più grande al mondo

Se si rimane un po’ delusi dall’interno semplice e austero del Duomo, certamente la visita al Battistero – l’edificio più antico di Firenze in cui fu battezzato Dante – vi lascerà senza fiato. Con la testa all’insù si possono ammirare i ricchi mosaici bizantini risalenti al XIII-XIV secolo. Un trionfo di bellezza!

Il Battistero dedicato a San Giovanni Battista, patrono della città

Imperdibile la visita al Museo dell’Opera del Duomo. Situato nell’omonima piazza al numero nove, custodisce numerose opere d’arti provenienti dalla Cattedrale, dal Battistero e dal Campanile di Giotto. Tre piani di tesori che terminano con la magnifica vista godibile dalla Terrazza Brunelleschiana.

Museo dell’Opera del Duomo

  • 3′ Tappa: Appuntamento con una Chianina

Andare a Firenze e non fermarsi a mangiare una bistecca di Scottona Chianina non ha senso, per lo meno per me. Una razza antica, la Chianina, conosciuta per il suo gigantismo somatico. Pensate che è la più grande razza bovina al mondo. Detto questo, seguendo un consiglio, mi sono recata in una delle sedi della Trattoria dall’Oste. Una Chianineria in Via dei Cerchi nata all’insegna della bistecca alla Fiorentina. Cinque minuti di cottura sulla griglia per lato e… buon appetito!

Trattoria dall’Oste

  • 4′ Tappa: Piazza della Signoria

Una piazza tra le più belle, un museo all’aperto e un luogo di ritrovo. Sono numerose le opere scultoree che la arricchiscono. In particolare, sotto la Loggia dei Lanzi a lato della piazza, mi ha colpito la perfezione del Perseo di Benvenuto Cellini. Un’opera in bronzo che fu commissionata da Cosimo I de’ Medici dal significato politico. Realizzata tra il 1545 e il 1554, raffigura il mito dell’eroe greco con la testa di Medusa recisa, ma non solo… Osservando la nuca del Perseo, si può notare distintamente un volto: si tratta dell’autoritratto dell’autore. Lascio a voi la sorpresa.

Il Perseo di Cellini

  • 6’ Tappa: Appuntamento con un Lampredotto

Se c’è un piatto rappresentativo della tradizione gastronomica fiorentina quello è il Lampredotto. Mi riferisco ad un panino da gustare in uno dei tanti chioschetti presenti nelle piazze di Firenze (lampredottai) farcito con la trippa, o meglio, con l’abomaso (quarto stomaco del bovino detto anche lampredotto). Una preparazione tipica da consumare informalmente su un tavolino o passeggiando a piedi per la città. Io ho avuto il piacere di assaggiarlo in una piccola bottega situata davanti a Palazzo Pitti: “Alimentari Del Chianti”. Un localino delizioso in cui assaporare la vera Firenze del gusto tra assaggi e racconti del territorio. Sì, perché le limitate dimensioni favoriscono il dialogo e la conoscenza.

Panino al Lampredotto

  • 7’ Tappa: Galleria dell’Accademia

Ed ecco a voi il David di Michelangelo Buonarroti (1504)! La famosa statua posta nella galleria dell’Accademia che l’artista realizzò a soli ventisei anni da un unico blocco di marmo. Un’opera che colpisce per la sua perfezione tra le più note ed apprezzate al mondo. Sono figlia di un marmista. Io stessa, guidata da mio padre, ho avuto modo di lavorare questa roccia calcarea che l’abilità dell’uomo leviga e trasforma. Ebbene, forse è anche per questo motivo che sono rimasta a lungo incantata da tanta precisione e bellezza superiore.

David di Michelangelo Buonarroti 1504 – marmo, altezza cm. 516,7

  • 8’ Tappa: Chiesa di Santa Croce

Santa Croce, un edificio sacro, ma soprattutto un luogo di grandi memorie. All’interno di questa chiesa di stile gotico riposano trecento uomini che si sono distinti nelle arti e nella scienza. Una specie di Pantheon in cui passeggiare con rispetto reverenziale accanto a monumenti funebri di illustri italiani: Galileo Galilei, Michelangelo Buonarroti, Niccolò Macchiavelli, Ugo Foscolo, Gioacchino Rossini, e… solo per citarne alcuni.

Santa Croce – 1385

  • 9’ Tappa: Appuntamento con la ribollita

Passeggiando per Firenze ho avuto la conferma che la cucina tradizionale tipica delle trattorie la fa da padrona. Devo ammettere con mio grande piacere, visto che la mia passione per le tradizioni mi porta a scegliere per lo più questo tipo di locali. Se poi arriva il consiglio giusto, meglio ancora! Questa volta mi riferisco alla Trattoria Le Mossacce, in Via del Proconsolo 55. Senza dubbio un luogo di ristorazione in cui si respira la vera Firenze, dove non si prenota, e casomai nell’attesa si assaggia un calice di Chianti. Seduta accanto a perfetti sconosciuti – che da lì a poco non lo sono stati più – tra i vari assaggi, mi sono deliziata grazie a un’ottima ribollita! Gran piacere quello della tavola!

La ribollita

  • 10’ Tappa: Ponte Vecchio

Il ponte più antico di Firenze, posto nel punto più stretto dell’Arno. Certamente uno dei simboli di questa città. L’ultima sua ricostruzione – a seguito delle varie inondazioni – risale al 1345. Una tappa immancabile che consente anche la visita alle tante botteghe degli orafi concentrate in questo tratto per volere dei Medici, la famiglia fiorentina che ha segnato la storia di Firenze.

Ponte Vecchio

  • 11’ Tappa: Chiesa di Santa Maria Novella

Una chiesa tra le più belle di Firenze che colpisce per la sua magnifica facciata decorata con marmi bianchi e verdi. Un edificio risalente al 1278 che custodisce molti capolavori, tra cui il grande crocefisso di Giotto. Una curiosità: all’interno della basilica è ben visibile una linea meridiana in ottone, che, grazie ad un foro realizzato nel rosone della facciata, crea sul pavimento ellissi solari che variano a seconda dei mesi dell’anno. Una sorta di osservatorio astronomico.

Santa Maria Novella

  • 12’ Tappa: Appuntamento con una Schiacciata alla fiorentina

Amo le trattorie quanto le pasticcerie, quelle storiche, in cui nella giusta atmosfera si può assaporare preparazioni tipiche della tradizione locale. Un patrimonio gastronomico assolutamente da non perdere! Ebbene, è così che ho conosciuto la Schiacciata alla fiorentina, chiamata anche Schiacciata unta per l’uso dello strutto nell’impasto. Un dolce a lenta lievitazione al profumo di arancia tipico di carnevale, che in realtà si prepara tutto l’anno. Davvero delizioso!

Schiacciata alla fiorentina

Firenze è molto di più…

Salendo fino a Piazzale Michelangelo me ne sono resa conto. Una terrazza panoramica su cui si erge una copia in bronzo del David di Michelangelo. Un luogo con un colpo d’occhio davvero meraviglioso! Si è conclusa così la mia vacanza… con un tramonto rosa su una bellissima Firenze. 

Vista da Piazzale Michelangelo

 




Ritornare significa ricordare. Aquileia, Palmanova e… il Presnitz!

Le mie origini chiamano…

Esattamente così, il richiamo delle nostre origini è una sensazione che di tanto in tanto sentiamo un po’ tutti. Ritornare significa ricordare, e riscoprire luoghi unici della nostra bella Italia. Una ricchezza storica e artistica che spesso sottovalutiamo.

Mi riferisco, in questo caso, a due città friulane che da tempo volevo visitare: Aquileia e Palmanova.

Se Aquileia incanta per i preziosi e antichissimi mosaici presenti sull’intera pavimentazione della sua Basilica, Palmanova colpisce per la perfetta forma stellata. La prima sito archeologico tra i più importanti del settentrione d’Italia, la seconda città fortificata. Riconosciute dall’Unesco come Patrimonio Mondiale dell’umanità, sono situate a poca distanza una dall’altra. Una tappa irrinunciabile per chi come me sente il richiamo delle proprie origini, ma soprattutto, per gli appassionati di storia e tipicità del territorio. Si, perché dopo aver seguito questo mio bel itinerario, vi consiglio l’assaggio di un dolce tradizionale friulano: il Presnitz.

Aquileia

Vi è mai capitato di rimanere senza fiato davanti a un’opera d’arte? A me l’ultima volta è successo all’ingresso della Basilica di Aquileia. La vista del suo pavimento, il più esteso mosaico paleocristiano del mondo occidentale, ha rapito letteralmente il mio sguardo (foto in testata). Ben 760 metri quadri risalenti al IV secolo portati alla luce dagli archeologi tra il 1909 e il 1912. Una magnificenza dell’essere umano che si può osservare camminando su lunghe passerelle di cristallo sopraelevate.

Palmanova 

Sono giunta a Palmanova (Palma in friulano) in una giornata di pioggia. Nonostante ciò, l’aria che ho respirato da subito è stata ricca di richiami storici e suggestioni. Una città-fortezza a forma di stella geometricamente perfetta. Nove baluardi, sette chilometri di mura imponenti e sei strade lineari, che si irradiano dalla centrale piazza esagonale: Piazza Grande. Un modello di architettura militare fondata nel 1593 dai Veneziani per difendere i confini della Serenissima dagli attacchi dei Turchi. Solo nel 1866, dopo il dominio asburgico, è entrata a far parte del Regno d’Italia. Passeggiando per le sue vie, non mi è stato difficile percepire i richiami di un passato importante, che nel 1960, ha portato il presidente della Repubblica a proclamarla “Monumento Nazionale”.

Il Presnitz

E ancora una volta… paese che vai tradizione che trovi. Tanto per dire che una volta concluso il mio itinerario, mi sono concessa una pausa di gusto in una pasticceria tipica della zona. È così che ho scoperto un dolce friulano – in particolare triestino – che si prepara tutto l’anno: il Presnitz. Un rotolo di pasta sfoglia a forma di chiocciola con all’interno noci, nocciole, pinoli, uvetta, rum, miele e aromi vari. In realtà, ho avuto l’impressione che il pasticcere che mi ha raccontato la sua storia non mi abbia rivelato tutti gli ingredienti… Si sa, ogni bottega ha la sua malizia!

aquileia.net          www.palmanova.it




Siena, un concentrato di capolavori!

Cor magis tibi Sena pandit«Siena ti apre un cuore più grande» (della porta che stai attraversando).

Un’iscrizione presente sull’arco esterno dell’antica Porta Camollia, che dà il senso dell’accoglienza che questa città storica tra le più belle d’Italia, offre a chi ha la fortuna di visitarla. Un luogo in cui vivere con i tempi giusti, che mi ha permesso di capire quanta ricchezza d’arte possa concentrare una città. Una conoscenza da fare passeggiando nei vicoli del suo centro storico – patrimonio dell’Unesco – godendosi la bellezza dei palazzi e delle botteghe artigianali, fino a giungere nel suo cuore a forma di conchiglia: la splendida Piazza del Campo.

Sedersi a terra ad ammirarla è quasi un rito, che agevola la vista e che permette di godere della sua magnificenza a 360 gradi.

Piazza del Campo

Passeggiando per Siena

Cattedrale dell’Assunta

Cattedrale dell’Assunta – interni

Libreria Piccolomini

Siena, un concentrato di capolavori!

L’ho visitata camminando a piedi tra le sue diciassette Contrade. Realtà storiche che dal 1729 tracciano un territorio e rappresentano una comunità basata sul volontariato, con un’identità e con tradizioni che a differenza di altrove non scemano, anzi, col passare degli anni si rafforzano. Diciassette istituzioni democratiche e indipendenti con statuti, battesimi laici e con una propria chiesa, il cui più alto rappresentante è il Priore. Intorno a lui, a supporto, molte altre cariche tra cui il Vicario (vice del Priore), il Cancelliere (segretario), il Camerlengo (tesoriere), il Bilanciere (contabile), l’Economo (curatore del patrimonio), l’Archivista (custode storico), il Correttore (capo spirituale della Contrada), e… Insomma, un’organizzazione serissima basata sulla solidarietà e sulla passione, che ho conosciuto attraverso l’ascolto dei racconti di una contradaiola che mi ha guidato alla visita del Museo ‘Contrada della Civetta’.

Museo Contrada della Civetta

A questo proposito riporto un pensiero del grande Federico Fellini.

“Voi a Siena avete questa cosa preziosa, ed è singolare come nel conflitto delle Contrade vi sia la vostra unione. Tutto il mondo si sfalda e voi siete qui con la vivezza di questi riti e con la fedeltà dei secoli. Credo sia l’unico esempio in Italia. C’è una sorta di cordone misterioso tra voi e i senesi di tutte le epoche. È bello, molto bello!”

Non mi soffermerò sul Palio, una corsa di cavalli condotta da fantini mercenari, che sia pur di secolare tradizione, ogni anno scalda l’atmosfera al punto da creare eccessi e talvolta incidenti, per tutti gli esseri coinvolti, umani e animali.

Museo Contrada della Civetta

Museo Contrada della Civetta

Museo Contrada della Civetta

Siena, un capolavoro dopo l’altro… Questa volta mi riferisco alla Ribollita. Un piatto tipico che si può assaggiare in una delle tante trattorie storiche della città. Una zuppa di origine contadina a base di cavolo verza, cavolo nero, fagioli, patate, pomodori… da far cuocere a fuoco lento e da gustare con pane raffermo. Il tutto, ovviamente, accompagnato da un buon calice di vino rosso del territorio. Una delle mie pause gastronomiche senesi, che si è conclusa con l’assaggio di un ottimo Moscadello di Montalcino Vendemmia tardiva, e di una ‘chicca liquoristica’ che vi consiglio: l’Elisir di Santa Caterina. Un liquore a base di erbe prodotto seguendo i dettami di un’antica ricetta dalle origini misteriose. Per certo, la sua produzione iniziata in passato in una distilleria di un convento di Siena, oggi continua a cura della Distilleria Deta di Barberino Val d’Elsa.  

Ribollita

Moscadello di Montalcino

Elisir di Santa Caterina

Siena, una città ricca di leggende, di arte e di storia, che ancora una volta mi ha portato a pensare a quanto sia bella l’Italia!

Mi guarda Siena,
mi guarda sempre
dalla sua lontana altura
o da quella del ricordo –
come naufrago? –
come transfuga?
mi lancia incontro
la corsa
delle sue colline,
mi sferra in petto quel vento,
lo incrocia con il tempo –
il mio dirottamente
che le si avventa ai fianchi
dal profondo dell’infanzia
e quello dei miei morti
e l’altro d’ogni appena
memorabile esistenza…
Siamo ancora
Io e lei, lei e io
soli, deserti.
Per un più estremo amore? Certo.

Mario Luzi

Piazza del Campo di sera

Terre di Siena  www.terredisiena.it




Vacanze condivise. Un’esperienza per chi ama l’avventura e la natura.

Arezzo, agosto 2017

Coincidenze, si, continue coincidenze nella mia vita. Anche solo quando, dopo la lettura di un articolo, mi sono confrontata per una scelta di viaggio che – guarda caso – mi ha riportato all’argomento appena letto. Mi riferisco ad un progetto di comunità aperto in cui la parola chiave è  “condivisione“. Un’esperienza che da tempo avevo in mente di provare, salvaguardando però una parte del mio tempo per pensare e per recuperare energia.

Ebbene, è stato così che avendo a disposizione una settimana in pieno agosto – periodo critico per chi ama vivere le vacanze in tranquillità – ho deciso di partire. Destinazione Arezzo, più precisamente Ceciliano. Nell’entroterra toscano – in una villa del ‘700 immersa in trentaquattro ettari tra oliveto, bosco e vigneto –  ho condiviso il mio tempo con un gruppo di persone appena conosciute. In un luogo ricco di storia che ospita seminari incentrati sulla comunicazione, l’incontro e la comunità, abbiamo cucinato e mangiato insieme, collaborando e condividendo pensieri e capacità maturate. Persone accomunate da interessi legati ai viaggi culturali e all’agricoltura rispettosa della natura, che per giorni si sono sedute intorno ad un tavolo confrontandosi e scambiandosi opinioni. Un’ennesima sfida con me stessa che ha trasformato i miei giorni ad Arezzo in una vera e positiva esperienza di vita.

Ovviamente non sono mancate né le passeggiate nei borghi storici, né quelle nella natura. Non è mancato neanche un corso di conoscenza sull’uso di preparazioni naturali a base di erbe spontanee, argomento a me particolarmente caro da sempre. Sono tante le cose che ho visto e sperimentato. Qui di seguito ve ne citerò alcune che a mio parere meritano un approfondimento, o meglio ancora, un’esperienza diretta e personale.

Ceciliano

Come di consueto, appena giungo in un luogo, ho la necessità di ambientarmi esplorando e conoscendo ciò che mi circonda. E’ così che dopo una prima occhiata generale, insieme ai miei compagni di viaggio, ho passeggiato nella campagna circostante. Anche qui, come in molte altre terre d’Italia, la forte siccità degli ultimi mesi ha danneggiato l’agricoltura. Nonostante ciò ho notato la presenza di una pianta molto diffusa dalle foglie verde brillante: la inula viscosa. Dopo qualche ricerca, ho scoperto che è un’alleata naturale dell’ulivo, in quanto accoglie favorevolmente un insetto che ha il merito di contrastare la mosca olearia, un parassita tra i più dannosi per l’olivicoltura. Molto interessante!

inula-viscosa

Imparare a riconoscere erbe e piante utili al nostro benessere è un’esperienza bellissima. Utilizzarle in cucina ancora di più. Una fra le tante raccolte è la nepetella. Mentuccia selvatica dal profumo delicato che ha conferito alla nostra acqua da tavola un sapore balsamico. Non è mancata nemmeno l’acetosella, chiamata anche erba brusca, facilmente riconoscibile dalle foglie cuoriformi. Tritandola con l’aggiunta di semi di girasole, ci ha permesso di ottenere un ottimo pesto ‘dalle proprietà depurative’ per condire la pasta. Soddisfazioni e piaceri naturali che ci hanno uniti e divertiti allietando la nostra tavola.

in-cucina

Intorno a noi tanta natura, ma anche moltissimi borghi storici. In primo luogo Arezzo. Bellissima cittadina nell’entroterra toscana che riporta indietro nel tempo. Il susseguirsi dei caratteristici scorci medievali ricchi di preziose testimonianze d’arte, di palazzi e di musei, mi ha fatto comprendere meglio perché Roberto Benigni l’ha scelta per girare alcune scene del film “La vita è bella”. Cuore della città Piazza Grande, un’area caratteristica per la sua forma trapezoidale e per la forte inclinazione, in cui ogni anno si svolge un suggestivo torneo cavalleresco: la Giostra del Saracino.

arezzo-piazza-grande

A poca distanza Anghiari, un altro bellissimo borgo medievale, uno tra i più belli d’Italia. Un comune noto per una famosa battaglia avvenuta nel 1440 in cui le truppe fiorentine si scontrarono con quelle milanesi. Casomai vi trovaste da queste parti vi consiglio di visitarlo. Passeggiando tra le sue vie e ammirando gli ingressi delle case fiorite, sarete avvolti da un’atmosfera unica che dà il senso della vacanza come la intendo io.

Anghiari

Anghiari

Raccolte d’erbe, visite a borghi storici ma anche momenti di confronto e conoscenza sulle problematiche legate all’ambiente e all’agricoltura. In un caldo pomeriggio, tra le antiche mura della casa, ho avuto il piacere di conoscere Raúl Alvarez, regista di “Rinascere Nella Terra”, documentario girato in Spagna, Francia, Italia, Grecia e Canada. Un progetto nato dopo la frequentazione attiva nel movimento WWOOF. Un’associazione di persone – i wwoofers – che credono in un’agricoltura e in un mondo sostenibile e naturale, che viaggiano e collaborano con realtà produttive che li accolgono e che in cambio forniscono loro vitto e alloggio.

Nonostante il caldo non sono mancati i cammini, come quello fatto sull’Appennino Toscano all’ombra di una foresta monumentale di faggi e abeti. Ci sono molti percorsi in Italia che permettono di scoprire luoghi d’arte e di storia. Noi, insieme, ne abbiamo scelto uno che ci ha portato fino al complesso architettonico del Santuario Francescano della Verna. Un luogo di pellegrinaggio e di accoglienza ricco di opere d’arte che meritano un’attenta visione.

Santuario La Verna

La mia permanenza ad Arezzo mi ha dato un’altra opportunità che da tempo desideravo e che ho colto con entusiasmo: visitare un villaggio ecologico. Una comunità in cui i membri sentono di appartenere, vivendo in armonia con la natura, sostenendosi a vicenda, e condividendo le risorse comuni. Insieme ai miei compagni di viaggio ho visitato quello situato ad Upacchi, a pochi km da Anghiari. Un borgo abbandonato che un gruppo di persone ha provveduto a ristrutturare seguendo i principi della bioarchitettura. Guidati da Eva Lotz, comunicatrice ecologica residente in una delle unità abitative di Upacchi da oltre quindici anni, abbiamo conosciuto questo centro sostenibile associato alla RIVE Rete Italiana dei Villaggi Ecologici.

Upacchi

Credo che sia facile intuire quanto la mia prima volta ad Arezzo sia stata intensa ed emozionante. Giorni in cui ho avuto modo di condividere ma anche di pensare che è giunto il momento di una pausa, prima di un nuovo inizio e di una nuova partenza.

 




Abruzzo, terra dei buoni sapori, dei tanti colori e dalla gente coraggiosa.

Perché visitare l’Abruzzo? Ho trovato le risposte.

“Chi può favorisca il turismo. Venite a visitare l’Abruzzo!” Un appello che un ristoratore abruzzese mi ha fatto qualche mese fa dopo i tragici eventi di questo inverno. Quel giorno gli ho fatto una promessa, un impegno che ho mantenuto pochi giorni fa andando a trovarlo e visitando quella terra. Una regione ricca di storia e di borghi antichi, di paesaggi pittoreschi e di bellissime spiagge, di tradizioni e di buon gusto. Una terra in cui – come mi ha sottolineato un amico –  si può sciare guardando il mare. Ora più che mai l’Abruzzo ha bisogno di turismo. E’ per questo motivo che il mio viaggio – molto più che una vacanza – è stato un atto dovuto e sentito col cuore per far sentire la mia vicinanza alla popolazione colpita. Un percorso ponderato che mi ha fatto conoscere le potenzialità  di una regione che ha tutti i numeri per risollevarsi. Nonostante le lentezze burocratiche si può fare ancora molto. E’ necessario però che tutti gli operatori turistici siano più coesi e reattivi nel recepire le iniziative organizzate dagli enti di promozione territoriale, per una formazione e un’offerta sempre più in linea con i tempi. Considerazioni che ho fatto  dopo l’ascolto di chi è predisposto a tale compito, ma anche per esperienza diretta.

Premesso ciò, manterrò il mio impegno dando alcuni spunti di viaggio e di gusto che spero vi potranno essere utili per una vacanza in Abruzzo, terra dei buoni sapori, dei tanti colori e dalla gente coraggiosa.

Vista da Pineto

Vista da Pineto

Pineto

La mia vacanza è iniziata a Pineto, località  balneare che deve il suo nome alla lussureggiante macchia mediterranea. Richiamata dalla sua pineta, ma anche dai tanti racconti di amici innamorati del luogo, ho trascorso cinque giorni tra natura, storia e sapori. Bandiera Blu 2016, è situata in un’Area Marina Protetta della riviera adriatica abruzzese in cui passeggiare su quattro chilometri di spiaggia dorata. Pineto è anche montagna, grazie alla vicinanza del Gran Sasso d’Italia e del suo parco regionale.

Spiaggia di Pineto

Spiaggia di Pineto

Pineta

La pineta

Per il mio soggiorno ho scelto una dimora ottocentesca, Villa Arlini, in cui ho trovato accoglienza e tanta gentilezza. Ho trovato anche piatti della tradizione marinara come il Brodetto di pesce alla Pinetese, piatto tipico di Pineto celebrato dai ristoratori del luogo nei primi giorni di giugno.  E’ preparato con sogliole, triglie, scampi, mazzoline (gallinelle), calamari, cozze e vongole, e con l’aggiunta di peperone rosso, alloro e pezzi di pomodoro fresco. Ottimi sapori di mare.

Brodetto di pesce alla Pinetese

Brodetto di pesce alla Pinetese

Atri

Borgo medioevale e città d’arte – una delle più antiche d’Italia – situata sulle colline teramane. Una passeggiata tra i suoi vicoli adornati di fiori e tra i suoi antichi palazzi, ci riporta ai giusti ritmi e alle atmosfere di un tempo. In piazza Duomo, splendida e imponente, sorge la Basilica di Santa Maria Assunta e il suo campanile, il più alto d’Abruzzo.

Vicoli di Atri

Vicoli di Atri

Torre del Cerrano

Sulla spiaggia di Pineto spicca la Torre del Cerrano, suggestivo fortilizio costiero cinquecentesco. Un’antica torre di avvistamento edificata su una struttura preesistente, oggi sede del Parco Marino. Salendo fino in cima, oltre a godere di un’ottima vista, ben visibili i resti dell’antico porto di Hatria. E’ situata in un ambiente ricco di biodiversità con un habitat di elevato valore floro-faunistico. Sito di Interesse Comunitario, ospita il centro visite e il Museo del Mare.

Torre del Cerrano

Torre del Cerrano

Mutignano e i sapori del Bacucco d’Oro

Chi sale a Mutignano, a 321 metri d’altezza, oltre ad ammirare le numerose testimonianze medievali di questo antico borgo, può assaporare ottimi assaggi al ristorante “Bacucco d’Oro“. Li vi aspetta Francesco Santarelli, un uomo che difende con tenacia l’identità  del territorio. Se sono giunta in Abruzzo è anche merito suo. Fare una sosta degustativa da Francesco, permette di vivere i sapori di un tempo che lui promuove sostenendo agricoltori e allevatori locali. Ottime le “Voleghe attrucinite” – pasta fatta a mano con uova e farina, spinaci selvatici e ricotta – e i formaggi di pecora che, come dice un detto locale, fanno concludere con piacere il pasto.

La vocché ‘ndè pace se ninzà  di cace.

Pecorino d'Abruzzo

Pecorino d’Abruzzo

Pescara

Viaggiare col tempo ti porta ad avere amici ovunque. Ritrovarli rende ogni viaggio speciale. E’ così che ho trovato Monica Pisciella, in bilico tra Piemonte e Abruzzo, mia guida per alcuni giorni, anche a Pescara. Città  affacciata sul mare dalle atmosfere antiche e moderne, dalle grandi strade e dai numerosi ed eleganti negozi.  Il suo simbolo principale è l’opera scultorea “La Nave”, una fontana in marmo di Carrara donata al comune di Pescara dall’artista Pietro Cascella.

La fontana “La Nave” di Pietro Cascella

La fontana “La Nave” di Pietro Cascella

Corso Umberto, Pescara

Corso Umberto, Pescara

Trabocchi abruzzesi.

Sospesa tra il mare e le stelle, nella Costa dei Trabocchi, degustando i buoni vini della Cantina Colle Moro di Guastameroli di Frisa (CH). E’ così che ho conosciuto per la prima volta i Trabocchi, piattaforme in legno un tempo usate per la pesca, oggi trasformate in caratteristici ristoranti in cui vivere un’esperienza unica grazie ai sapori della cucina tradizionale marinara. Sono salita sul Trabocco Pesce Palombo, a Fossacesia (CH), un’antica palafitta da pesca che – come mi ha raccontato Bruno Veri, il titolare – è tutt’oggi funzionante. La capacità nell’intravedere la potenzialità di queste costruzioni ha permesso di valorizzare la cultura, i sapori e le bellezze di questo tratto di territorio esteso da Ortona a San Salvo, comprendendo San Vito Chietino, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Casalbordino e Vasto.

Trabocco Pesce Palombo

Trabocco Pesce Palombo

Sapori e colori del mare che ho vissuto con molta emozione degustando i vini della Cantina Colle Moro di Guastameroli di Frisa (CH). Una realtà vitivinicola nata nel 1961 grazie all’unione di un gruppo di vignaioli della zona: 700 soci, tra cui molti piccoli coltivatori, proprietari di aziende dislocate tra il mare adriatico e le cime del Gran Sasso e della Maiella. Una superfice complessiva di circa 1.300 ettari e una produzione media di 250.000 quintali di uve. Una cooperativa con un ruolo economico e sociale che sostiene i piccoli viticoltori della zona, e che valorizza il territorio attraverso una collaborazione attiva con il GAL Maiella Verde. Il risultato è una produzione vitivinicola di Montepulciano e Trebbiano, ma anche di Pecorino, Passerina e Cococciola – principali vitigni autoctoni –  e di Moscato Giallo.

Vini Cantina Colle Moro

Vini Cantina Colle Moro

Riserva Naturale Regionale Oasi WWF Calanchi di Atri

La mia ultima tappa – ma non per importanza – è stata alla Riserva naturale dei Calanchi di Atri. Un percorso naturalistico suggestivo ed emozionante in un ambiente ricco di biodiversità vegetale e animale. Un Sito di Interesse Comunitario di circa 600 ettari, caratterizzato da un fenomeno di erosione che ha conferito a questo territorio un aspetto unico e speciale.

Riserva Naturale dei Calanchi di Atri

Riserva Naturale dei Calanchi di Atri

Riserva Naturale dei Calanchi di Atri

Oasi WWF Calanchi di Atri

Si è conclusa così la mia vacanza in Abruzzo, un viaggio di conoscenza  e di solidarietà tra sapori, natura, storia e bellissimi paesaggi. Cinque giorni vissuti in una terra insieme alla sua gente. Luoghi e persone che mi hanno rapito il cuore.

Alba a Pineto

Alba a Pineto

www.abruzzoturismo.it




Favorire il turismo in Abruzzo, ora più che mai.

Sono settimane difficili. Gli eventi che hanno sconvolto l’Abruzzo, regione bella ma tormentata dalle tante calamità degli ultimi tempi, impongono riflessioni serie sul futuAbruzzoro. I cambiamenti climatici dovuti alle emissioni di gas serra, purtroppo ancora in aumento, sono evidenti agli occhi di tutti. Mutamenti ambientali che impattano sul territorio, sull’agricoltura e sulla produzione del cibo.

Qualche anno fa, lo studio di un team di scienziati australiani, francesi e tedeschi, ha legato ad essi anche il movimento delle placche tettoniche causa di terremoti (fonte).  Mah… di fatto viviamo una situazione di emergenza ambientale che gli enti predisposti dovranno essere sempre più pronti a gestire. Situazioni che coinvolgono tutti, e che richiedono una mentalità ecologica che purtroppo non si è ancora formata come dovrebbe.

Mentre scorrono le immagini dei tanti comuni coinvolti nei drammatici eventi degli ultimi tempi, penso alla bellezza e ai racconti che mi sono stati fatti su quelle terre che mi sono ripromessa di visitare. Luoghi che rendono unico il nostro paeseLe Virtù teramane per la natura,  per l’arte e per la storia, ma anche per le molte tipicità enogastronomiche. Ce n’è una dalle origini molto antiche simbolo di rinascita, perseveranza e prosperità. Credo che in Abruzzo ce ne sia davvero bisogno.

Mi riferisco a “Le Virtù teramane”. Ne ho ancora un assaggio conservato sotto vetro che un’amica di ritorno da un viaggio ha pensato bene di regalarmi. Una tipicità composta da moltissime varietà di legumi freschi e secchi, da erbe e da verdure, insaporita con carni miste di maiale, aromi e spezie. Un inno all’agricoltura nato dall’esigenza di fare scorte alimentari per l’inverno che accompagna i piatti di pasta, e che la tradizione celebra sulle tavole teramane ogni 1’ Maggio. Un appuntamento da segnare in agenda per conoscere questa preparazione e i territori da cui proviene.

Qualche giorno fa, parlando al telefono con Francesco Santarelli, ristoratore di Teramo, ho chiesto aggiornamenti sulla situazione. Nelle sue parole, nonostante il dispiacere per gli accadimenti, ho avvertito la voglia di reagire dettata dal forte senso di appartenenza. Gli interventi necessari per il ripristino della normalità sono ancora molti. Nell’attesa da parte sua una sola richiesta che fa eco a molte altre: “Chi può favorisca il turismo. Venite a visitare l’Abruzzo!” Un appello su cui riflettere in vista delle vacanze per il 2017, Anno internazionale del turismo sostenibile.

Abruzzo Turismo www.abruzzoturismo.it

Visit Abruzzo su facebook

Si ringrazia per il contributo video “Paesaggi d’Abruzzo” – www.paesaggidabruzzo.com – portale dedicato alla scoperta dell’Abruzzo attraverso l’occhio di fotografi e fotoamatori che partecipano attivamente nella promozione del territorio. Le foto del video sono state selezionate dagli ultimi contest fotografici organizzati.




Chioggia, la piccola Venezia, città romantica per romantici.

Come definire i romantici di oggi?

Persone che ancora si commuovono davanti ad un tramonto, che vivono la vita con poesia, spesso quasi sentendosi ad un metro da terra. Persone che credono nell’Amore con l’A maiuscola, talvolta costrette a risvegliarsi da questo torpore in cui si scaldano per leChioggia Ponte di Vigo freddure della nostra società. Ebbene si, siamo gli ultimi romantici, che non si arrendono, perché la nostra natura ce lo impedisce. Continuiamo a credere che le persone possano fare la differenza, sospirando per le cose semplici e condividendo bellezza.

Qualche giorno fa, a Chioggia, ho vissuto queste sensazioni incantata davanti ad un tramonto tra i più belli che ricordo. Una cittadina lagunare, una piccola Venezia, una città romantica per romantici che vivono la vita come in un sogno che sperano si trasformi in realtà.

Da tempo, ogni volta che passavo di qui mi dicevo: “Dai, la prossima volta mi fermo e la visito.” Eppure da anni continuavo a rimandare. Questo 2016 mi ha portato via diversi amici, improvvisamente. E’ per questo che ho deciso di non rimandare più. Vivere ciò che si ama non dando nulla per scontato, perché il nostro tempo è unico, irripetibile e prezioso.

Dal 1987 Patrimonio Mondiale dell’Umanità

Chioggia, anticamente chiamata Clodia, è una città d’arte in provincia di Venezia. Caratteristico il suo centro storico a forma di “spina di pesce”, con i suoi canali, le calli, i portici e le arcate. Si accede principalmente attraverso il Pontelungo, passaggio che la collega alla terraferma risalente al 1757.

Meta di artisti

Un luogo ideale per la pittura “en plein air”. Qui hanno trovato ispirazione anche poeti e scrittori del calibro di Carlo Goldoni, Giacomo Casanova, Ugo Foscolo, Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse, Hermann Hesse, Emilio Salgari e molti altri.

Sal clugiae

Una città marinara in cui sono presenti famiglie prevalentemente con due cognomi, i Boscolo e i Tiozzo, un tempo famosa per le sue saline. Un’importante attività oggi scomparsa che rendeva il suo “sal clugiae”, una preziosa materia prima utilizzata per la conservazione dei cibi.

Torre dell’orologio

A Chioggia, nel Museo della Torre dell’Orologio di Sant’Andrea, si trova ‘l’orologio da torre’ tutt’ora funzionante più antico al mondo (1386). In passato la sua collocazione era nel Palazzo Pretorio. Visitando questo museo verticale, oltre a godere di un’ottima vista,  si può conoscere la storia della città.

I Bossolà di Chioggia

Ho visitato Chioggia pedalando. Di tanto in tanto parcheggiavo la mia bici in prossimità di un ponte o di un canale, per passeggiare e viverne così le atmosfere romantiche. Ci sono molti percorsi che la collegano alla vicina Sottomarina per chi ama andare in bicicletta.

Dimenticavo… tra una pedalata e l’altra ho scoperto i bossolà, una tipicità della tradizione chioggiotta dolce o salata, che vi consiglio di assaggiare durante la visita a questa cittadina della nostra bella Italia.

www.chioggiavenezia.it   Fonte: “Chioggia e dintorni” di Sergio Ravagnan




Basta poco per sentirsi in vacanza… San Pellegrino Terme

San Pellegrino Terme, nota località turistica situata in Val Brembana, la più estesa tra le valli bergamasche. Una cittadina conosciuta per le sue acque terapeutiche, e per le eleganti costruzioni in stile Liberty risalCasinò di San Pellegrino Termeenti all’inizio del Novecento. Attraversata dal fiume Brembo, è circondata da montagne verdeggianti mete ideale per facili escursioni. Un luogo per chi è in cerca di fresco alle porte di Milano. Qualche sera fa, in men che non si dica, sono giunta li per una passeggiata lungo il fiume, e per godere di qualche ora di evasione lontana dallo stress della città.

Chiacchierando, come mi è consueto fare per soddisfare la mia curiosità sui luoghi che visito, ho scoperto che questa località è anche nota per un frollino che porta il suo nome: “Il Biscotto di San Pellegrino”. Nato nel 1934 nella Pasticceria di Luigi Milesi, detto Bigio, è conosciuto in tutto il territorio circostante. Mi è stato raccontato che un tempo veniva offerto durante la messa in scena di commedie che vedevano come protagonisti dei burattini, altra  grande passione di Luigi.

Nell’attuale pasticceria, locale storico e punto d’incontro della città, si possono ammirare i “gioppini”, bellissime marionette intagliate nel legno che nel 1965 hanno fatto vincere a Luigi Milesi la “Maschera d’Oro” a Treviso. Bigio, un uomo che ha saputIl Biscotto di San Pellegrinoo valorizzare questa terra bergamasca, e che nel 1971 si è visto riconoscere dal Presidente della Repubblica il titolo di “Cavaliere per Ordine e Merito”.

Dal 1970 l’attività si è estesa con l’acquisizione di un hotel e di un annessoChef Pier Milesi, Ristorante Bigio luogo di ristoro, entrambi immersi in uno splendido giardino. Ciò premesso, vi pongo una domanda: – Secondo voi potevo esimermi dall’assaggiare le preparazioni di Pier Milesi, chef dell’attuale Ristorante “Ca’ Bigio”? – Risposta scontata. 😉

Durante la serata, insieme ad alcuni amici, si è parlato della San Pellegrino di un tempo, quella illuminata dalle luci del Grand Hotel, ormai chiuso da anni. Un luogo che, insieme al Casinò, era di grande attrattiva per i turisti. Parlo al passato, perché in parte quei richiami si sono fatti più deboli. In un’epoca in cui l’eleganza e lo stile di un tempo sono sempre più rari, sono ben altre le attrattive che richiamano per lo più le persone. In parte, per chi come me ama vivere queste cittadine nelle quiete, una fortuna. Certamente meno per chi, grazie alle attività locali, trova sostentamento e continuità del suo lavoro.

Di fatto, se volete passare una serata tranquilla passeggiando lungo il fiume e godendo del fresco delle montagne, vi consiglio una tappa a San Pellegrino Terme e un assaggio di Casoncelli con tartufo di Bracca, preparazione tipica della bergamasca.

Basta poco per sentirsi in vacanza… Buona estate!

I piatti dello chef Pier Milesi

Casoncelli con tartufo di Bracca, Risottino al verde d’asparago con scampetti e rampinelli, Rombo arrosto con le spugnole, Biscotto di San Pellegrino con gelato al biscotto e lamponi. Chef Pier Milesi

Hotel Ristorante Pasticceria Bigio
Via G. Matteotti, 2 – San Pellegrino Terme (BG)
Telefono +39 0345 21058   www.bigio.info




In cerca di risposte… Val di Mello, Sondrio

“Va dove ti porta il cuore…” Scriveva così Susanna Tamaro. Sarebbe così semplice, eppure, in una società come la nostra, in cui l’apparenza prevale sulla sostanza, solo una frase scritta su un libro, che pochi sanno mettere in pratica.

Un’epoca di poco coraggio, di vite vissute in cerchi imperfetti, di ‘gabbie’ che spengono lentamente, senza voglia di reagire, spesso senza vera felicità. Quella sequenza di istanti che da al tempo una dimensione diversa, molto più ampia, emozionante e intensa.  Realtà con cui mi scontro, e che mi portano a riflettere.

Ancora una volta ho bisogne di risposte. So bene dove trovarle: nei miei rifugi nella natura, dove non esistono forzature… dove regna la spontaneità. Qualche giorno fa, in Val di Mello, davanti a uno scenario incantato rotto solo dal suono dell’acqua, i dubbi si sono chiariti.

Una valle inserita nella Comunità Montana della Valtellina di Morbegno. Qui, secoli fa, un enorme blocco di roccia oggi utilizzato come palestra dagli scalatori, è caduto dalla montagna nella Piana di Val Masino: il sasso Remenno. Il più grande sasso erratico d’Europa, con un volume che supera il mezzo milione di metri cubi.

Un ambiente montano caratterizzato da valloni selvaggi, da specchi d’acqua e piccole cascate, in cui recuperare benessere ed energia. La più vasta area protetta della Lombardia che dal 2009 è stata riconosciuta ufficialmente Riserva Naturale di Val di Mello.

Si raggiunge con la Statale 36 Milano-Lecco. Dopo Colico, seguendo la E38 dello Stelvio in direzione Sondrio, superato Morbegno e Ardenno, si prosegue per la Val Masino fino a giungere al paese di San Martino. Da qui, un facile percorso di circa 2 km, tra pareti rocciose, boschi e sorgenti di acque cristalline, permette alla mente di elevarsi, fornendo responsi e la giusta strada da seguire.

Vi lascio alle immagini, in questo caso molto più utili di mille parole…

Quando un uomo si allontana dalla natura, il suo cuore diventa duro.
Proverbio dei Lakota, indiani nativi d’America

Riserva Naturale della Val di Mello – Via Val di Mello, Val Masino (SO)

Rifugio Mello  www.rifugiomello.it

Val di Mello

Val di Mello

Val di Mello

Val di Mello

Val di Mello

Val di Mello

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