Il mio fornaio è diverso…
Il “Piccolo Forno” di Cesano Maderno, una storia di pane in continua evoluzione.
Il mio fornaio è diverso, perché non si stanca mai di sperimentare né di ricercare ingredienti di qualità. Una passione per lui e un piacere per me, perché ogni volta che entro nella sua bottega trovo qualcosa di buono e di nuovo. Fortunatamente di artigiani del pane come il mio fornaio ce ne sono ancora molti. Basta cercarli, e, attraverso la conoscenza e l’assaggio dei loro prodotti, sostenerli. Questo per dire che non mi stancherò mai di ripetere che le botteghe artigianali – oltre a preservare l’identità del territorio – sono un’autentica ricchezza per la nostra economia. Custodirle ripaga la voglia di fare. Un dovere particolarmente sentito da chi sente l’appartenenza a un territorio.
Inizio col fare alcune precisazioni:
– Come da Decreto interministeriale n. 131, “per panificio si intende l’impresa che dispone di impianti di produzione di pane ed eventualmente altri prodotti da forno e assimilati o affini e svolge l’intero ciclo di produzione dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale.”
– Inoltre, va ben distinto il “pane fresco – il pane preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento o surgelazione, ad eccezione del rallentamento del processo di lievitazione, privo di additivi conservanti e di altri trattamenti aventi effetto conservante” – dal “pane conservato o a durabilità prolungata posto in vendita con una dicitura aggiuntiva che ne evidenzi il metodo di conservazione utilizzato, nonché le eventuali modalità di conservazione e di consumo.”
– Il panificatore, l’operatore dell’arte bianca, è colui che produce il pane secondo tali principi, e ovviamente, con ingredienti selezionati e di qualità. Mi riferisco all’origine delle farine riportate nel libro degli ingredienti che ogni serio panificio mette a disposizione dei consumatori per una scelta più accurata e consapevole.
Premesso ciò, vi racconterò perché considero il mio fornaio un artigiano speciale. Un uomo curioso in continua sperimentazione, sia nella forma che nella sostanza.
Ho conosciuto Massimo Bertin entrando giorno dopo giorno nella sua piccola bottega di Cesano Maderno, in provincia di Monza e Brianza. Un artigiano creativo che ho imparato ad apprezzare per il suo entusiasmo e per le tante e sempre diverse produzioni dolci e salate. Si, perché parlando con lui, nel tempo, ho percepito quanto sia grande la sua voglia di fare. Una passione che gli permette di spaziare tra le tante tipicità regionali, ma soprattutto, di creare prodotti sempre nuovi. Nel retro della sua bottega un mondo di libri e di ricettari… una vera biblioteca per i suoi studi e approfondimenti.
Mi sono avvicinato alla produzione del pane da ragazzo, in una piccola bottega di Cesano Maderno nata nel 1968, seguendo le orme di mio padre. Qualche anno più tardi, dopo la sua prematura scomparsa, sono stato conquistato dal lavoro. Perché l’arte – qualunque essa sia – coinvolge a tal punto da diventare ragione di vita. La creatività va promossa, perché rappresenta una grande risorsa per lo sviluppo dei paesi. Esattamente come la cultura e il confronto, essenziali per proporre prodotti nuovi o provenienti da altre tradizioni regionali.
Membro della Richemont, l’organizzazione internazionale che promuove e valorizza il settore della panificazione e della pasticceria, non si stanca di ricercare nuovi ingredienti biologici, che recupera nel tempo libero visitando le manifestazioni che promuovono questo settore. Perché l’artigianato e strettamente connesso al rispetto dell’ambiente.
A lui la parola…
- Massimo, che cosa significa gestire gli impasti?
Gestire gli impasti richiede molta attenzione. A livello psicofisico è un lavoro faticoso che può essere affrontato solo se c’è passione. Le soddisfazioni le si ha dai clienti, perché i più ormai acquistano chiedendo e informandosi. Allora sì che la qualità paga, e la gente torna.
- Sale o non sale… nel senso che alcuni lo usano in quantità e altri meno.
Ti posso solo dire che va usato con parsimonia. Molti, purtroppo, usando farine di scarsa qualità abbondano nel sale. Di fatto, l’ultima cosa che serve al pane è la salatura. Meno se ne usa meglio è!
- Che ruolo ha tuo figlio nell’attività?
Mio figlio è la parte social e divulgativa dell’attività. Credo che il ‘pane’, in una maniera o nell’altra, farà parte dei suoi progetti futuri.
- Ci sono molti corsi di formazione per diventare panificatori. Ovviamente, per formare un panettiere, oltre la teoria è essenziale la pratica. Quanti anni di esperienza pensi siano necessari?
Cinzia, per formare un panettiere come si deve sono necessari almeno una decina di anni di esperienza. Certamente la scuola da le giuste nozioni, ma il laboratorio è più che essenziale!
Il Piccolo Forno – Via Monte Rosa, 7 Cesano Maderno (MB)