1

La doppia anima del Whisky. La conoscete?

Fino a qualche anno fa non bevevo distillati, poi, seguendo un consiglio di un amico, ho incominciato ad assaggiare, mi correggo, ad annusare!  In effetti io non bevo, o meglio, assaggio ma soprattutto annuso. Provate a farlo ad occhi chiusi, col tempo il vostro bagaglio dei ricordi si arricchirà di esperienze sensoriali che vi riporteranno alla memoria gusti ed emozioni.

Come si suol dire “tutto nasce dalla passione”. Così è stato per Claudio Riva, anima della web community SingleMaltWhisky.it, e per Davide Terziotti, conoscitore appassionato e autore del blog Angel’s Share. Insieme, uniti dal desiderio di promuovere la cultura e la conoscenza dei distillati di qualità, hanno dato vita al WhiskyClub Italia.

L’8 Novembre, presso la Club-House del Golf Villa D’Este di Montorfano in provincia di Como, è stato presentato il club con un meeting tra persone accomunate da questa passione. L’evento, iniziato con un banco di assaggio di whisky selezionati, si è concluso con la cena a cura dello chef Corrado Radice, che ha abbinato le sue creazioni a tre birre maturate in botti Quarter Casks ex Laphroaig.  Micro-birrifici lombardi presentati dai Mastri Birrai intervenuti con i loro racconti durante la serata.

Claudio Riva e lo chef Corrado Radice

Claudio Riva e lo chef Corrado Radice

Whisky, ma non solo…  Passo la parola a Claudio Riva.

  • Claudio, questo club nasce dalla passione per il whisky, ma non solo… quali sono gli obiettivi che ti prefiggi, ma soprattutto, quali iniziative intendi promuovere attraverso di esso?

L’obiettivo del club è quello di diffondere la cultura del buon distillato attraverso la sua massima eccellenza, lo Scotch Whisky. Vogliamo farlo in modo moderno, per questo ci siamo definiti l’era 2.0 del whisky in Italia. Non più la vecchia concezione di club esclusivo in cui si può entrare solo se invitati, ma una concezione molto più aperta e moderna che passa anche dalla collaborazione con altri professionisti o appassionati.

Dopo le birre approfondiremo l’abbinamento con i formaggi, poi, con la collaborazione di Giorgio Cabella Chef e Cultura, realizzeremo un progetto per esplorare in modo serio l’abbinamento whisky-cibo, territorio vergine soprattutto qui in Italia. Faremo inoltre serate cocktail, impensabili per un ‘whisky club’ vecchio stampo. Sono dell’idea che se si beve un gin & tonic si abbia il diritto di pretendere materie prime di qualità.

Claudio Riva

Claudio Riva

  • E’ mia abitudine, quando partecipo ad una serata, interagire con le persone che mi seguono attraverso la pubblicazione in tempo reale di foto e post. La motivazione è semplice: dare alle persone la possibilità di intervenire con opinioni o eventuali quesiti. Ebbene, a commento di una mia foto l’amico cuoco Matteo Scibilia, ha sottolineato la distinzione tra whisky di mare e whisky di terra. Una classificazione che non conoscevo. Puoi spiegarmi la differenza, sempre che esista… 

Premetto che la distinzione tra whisky di mare e whisky di terra non esiste. Rappresenta però, con buona approssimazione, la doppia anima dello Scotch, quella che di solito porta a distinguere un whisky torbato da uno non torbato. La diversificazione nasce ovviamente dal luogo e dall’aria dell’ecosistema in cui sta maturando la botte (angel’s share).  Al mare quest’aria sarà salmastra con sentori di iodio e medicinali, mentre se vicini alle montagne avrà sentori floreali, fruttati e di miele. Durante la lunga maturazione dello Scotch l’interazione con il legno della botte e con l’ambiente forma il carattere del malto. Il desiderio di rallentare il processo di evoluzione dello Scotch è la ragione per cui lo stesso può avere una sorta di terroir che determina un prodotto unico e irripetibile.

Gli whisky isolani hanno un carattere diverso, perché gli isolani sono un po’ più folli degli Scozzesi di terra ferma 😉 e perché sulle isole non ci sono piante. Il processo di maltaggio dell’orzo viene fatto con l’unico combustibile a disposizione in abbondanza: la torba. Il fumo di torba, molto più acre e penetrante di quello del carbone, entra talmente in profondità nel chicco di orzo da resistere all’ammostamento, alla fermentazione, a due distillazioni, e alla maturazione in botte. Ne consegue che negli whisky isolani, quasi sempre, la presenze della torba è molto più calcata rispetto a quella degli altri malti della terra ferma.

a

A fine serata si tirano sempre le somme. Per quanto mi riguarda, tra i tanti assaggi, la mia assoluta preferenza è stata per Octomore Bruichladdich, un imbottigliamento speciale fatto per il Feis Ile 2014, il festival del whisky e della musica che si tiene a fine maggio sull’isola di Islay. L’whisky più torbato al mondo, nato in una distilleria edificata nel 1881, sorge sull’isola di Islay, nella parte più occidentale della scozia. Strepitoso!

La Cena

Club-House Golf Villa D’Este

Chef Corrado Radice

Tartare di salmone marinato nei fiori di te

Tartare di salmone marinato nei fiori di te

Risotto mantecato alla bottarga servito con Birra Extraomnes Dram (Ild Ale 13,5)

Risotto mantecato alla bottarga servito con Birra Extraomnes Dram (Old Ale 13,5%). Mastro birraio: Luigi “Schigi” D’Amelio

Filetto di Vitello in crosta di pane integrale

Whisky.docx

Mini tarte tatin con mantecato di fiordilatte e panna montata al naturale servito con birra Manaresta Dannata (Imperial Russian Stout 10,5 %). Mastro birraio: Enrico Dosoli e Marco Valeriani.

Mini tarte tatin con mantecato di fiordilatte e panna montata al naturale servito con birra Menaresta Dannata (Imperial Russian Stout 10,5 %). Mastro birraio: Enrico Dosoli e Marco Valeriani.

 




Una gazzosa grazie… ma al caffè! La conoscete la Brasilena?

Esattamente così, una gazzosa al caffè che ho avuto modo di apprezzare durante una mia vacanza in Calabria.

La Brasilena è una bevanda analcolica frizzante tipica calabrese ottenuta per infusione del caffè (infusione della polvere di caffè in acqua bollente).

Per prepararla si utilizza l’acqua sorgiva del Monte Covello, situato nel territorio di Girifalco in provincia di Catanzaro. Questo monte è noto per la ricchezza di boschi, per la sua fauna, e per la qualità delle sue acque oligominerali.

Un soft drink, se vi piace chiamarla così, con una bassa percentuale di caffè (circa il 12%) prodotta dal 1982 dalla Società Acqua Calabria.

E’ perfetta per ogni ora, dissetante, e dal gusto davvero gradevole. Un prodotto tutto italiano. Non capisco perché non proporre questa anziché note bevande che arrivano dall’estero dal contenuto discutibile!

Devo ammettere che prima di andare in Calabria non la conoscevo neanch’io. Quindi è presto detto. La causa è imputabile soprattutto alla scarsa promozione del prodotto stesso da parte dei produttori.

In tutti i casi vi consiglio di provarla se ne avete occasione. L’offerta dipende sempre dalla domanda…

Madonna di Monte Covello

Madonna di Monte Covello – Fotografia di Tele Pepè Girifalco

 




Na’ tazzulella e’ cafè…

 

di Pietro Parisi e Cinzia Tosini

“Confesso che Cinzia mi ha letteralmente costretto a raccontarle le atmosfere del caffè napoletano…  e come dirle di no, na’ tazzulella  e’ cafè, se la merita proprio!”

Il caffè per un napoletano,  più che una bevanda, è una cosa sacra! Scandisce le fasi della giornate. 

Assai importante è quello del risveglio!  Il primo caffè va fatto a “regola d’arte” perché determina l’andamento dell’intera giornata!  Mai sbagliare il primo caffè ad un napoletano!

Ma come mai vi chiederete il caffè napoletano è famoso in tutto il mondo?

Bè, innanzitutto lo rese famoso la mitica caffettiera napoletana ormai tristemente in disuso.  Ma riferendoci  a questa eccellenza in se, si dice che il sapore del caffè è diverso sia per l’acqua, che per la particolare tostatura che acclama gli oli essenziali e migliora l’estrazione degli aromi.

  • Monologo dedicato al caffè da “Questi fantasmi”

Io a tutto rinuncerei tranne che a questa tazzina di caffè, presa tranquillamente qua, fuori dal balcone, dopo quell’oretta di sonno che uno si è fatta dopo mangiato. E me la devo fare io stesso, con le mie mani… Chi mai potrebbe prepararmi un caffè come me lo preparo io, con lo stesso zelo… con la stessa cura? Capirete che, dovendo servire me stesso , seguo le vere esperienze e non trascuro niente… Sul becco… lo vedete il becco? Sul becco io ci metto questo coppitello di carta… Pare niente… Questo coppitello ha la sua funzione… E già, perchè il fumo denso del primo caffè che scorre, che poi è il più carico, non si disperde. Come pure, prima di colare l’acqua, che bisogna farla bollire per tre o quattro minuti, per lo meno, prima di colarla dicevo, nella parte interna della capsula bucherellata, bisogna cospargervi mezzo cucchiaino di polvere appena macinata. Piccolo segreto! In modo che, nel momento della colata qua, in pieno bollore, già si aromatizza per conto suo. E me lo tosto da me. Quella è la cosa più difficile: indovinare il punto giusto di cottura, il colore… A manto di monaco… Color manto di monaco.

E’ una grande soddisfazione ed evito pure di prendermi collera, perchè se, per una dannata combinazione, per una mossa sbagliata, sapete… ve scappa ‘a mano o’ piezz’ ‘e coppa, s’aunisce a chillo ‘e sotto, se mmesca posa e ccafè… insomma, viene una zoza… siccome l’ho fatto con le mie mani e nun m’ ‘a pozzo piglia’ cu nisciuno, mi convinco che è buono e me lo bevo lo stesso.

Caspita, chesto è cafè… è ciucculata. Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo.

Eduardo De Filippo

E ora intervengo io…

Dovete sapere che con Pietro ho fatto uno scambio alla pari. Io mi sono impegnata a  scrivere di lui, e lui mi ha promesso di scrivere su una chicca italiana che amo profondamente per il suo sapore e per ciò che rappresenta. Si, perché il caffè è un vero e proprio momento celebrativo, una pausa di piacere  che ci fa ripartire con il ritmo giusto.

Adoro berlo seduta nei vecchi caffè, avvolta dalla storia… Nei miei viaggi cerco sempre il locale giusto. Appena lo trovo mi immergo in quelle atmosfere e la mente va…  Forse perché nei caffè storici, punti d’incontro di grandi personalità, spesso si è fatta la storia, e io amo tutto ciò che ne ha una…

Ma tornando al verace caffè napoletano voglio ricordare una bella tradizione che una volta mi raccontò un signore che incontrai per caso chiacchierando, “il caffè sospeso“.  Mi disse: “Cinzia devi sapere che nei vecchi caffè di paese dai frequentatori abituali, è consuetudine pagare un caffè in più quando non se ne trova uno sospeso”.  Sospeso direte? Sospeso in che senso?  Nel senso che abitualmente se ne trova uno già pagato, e la ruota gira così… Luciano De Crescenzo scrittore napoletano ne ha fatto persino un libro, “Il caffè sospeso”.

Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo…

Luciano De Crescenzo

 




Una birra prego, ma… artigianale grazie!

La ricetta : “Il Tiramisù alla Birra”

Recentemente ho conosciuto tramite un amico comune, Marco e Mario, un artigiano del mobile e un agente immobiliare, due fratelli che hanno cambiato il loro percorso di vita dirottandolo verso il mondo della birra.  Il loro progetto è quello di far conoscere birrifici artigianali e diffondere cultura birraia.

Visto che la cosa mi ha incuriosito parecchio, sono andata a trovarli nel loro BeerShop Al Frate Birraiolo, e davanti a una birra mi sono fatta raccontare.

  • Dunque… com’è scattata la “scintilla” che ha trasformato la vostra vita?

Siamo da sempre consumatori e amanti della buona birra.  Spinti da uno spirito di cambiamento e dalla situazione economica attuale, abbiamo deciso di trasformare in lavoro la nostra passione.

  • Come reputate la cultura della birra in Italia?

Cinzia, possiamo dirti solo che si fa fatica a parlare di una vera cultura birraia in Italia. Uno degli obiettivi del nostro progetto è proprio quello di avvicinare più persone possibili al mondo della birra.

  • Quali sono le differenze principali tra la birra industriale e la birra artigianale?

La più grossa differenza tra una birra industriale e una artigianale, è che quest’ultima non avendo subito trattamento termico e nessuna filtrazione, mantiene lieviti “vivi e vegeti”,  e quindi in continua fermentazione.

  • Si sente spesso parlare di birra “cruda”.  A voi la parola…

Per birra cruda si intende una birra non pastorizzata, non microfiltrata e quindi libera di esprimere molte proprietà benefiche per il nostro organismo.

– La pastorizzazione è un trattamento termico sterilizzante condotto a 60 °C per circa venti minuti, impiegato dall’industria per eliminare dalla birra ogni microrganismo,  allungando la durata e standardizzando il gusto.

– Una birra non microfiltrata è una birra integra di vitamine, di antiossidanti e di lieviti vivi.

  • Sto scoprendo un vero e proprio mondo della birra artigianale.  Me ne descrivete alcune che vi hanno particolarmente colpito?

Per non far torto a nessuno, diremo che ogni birrificio artigianale ha la sua storia che merita di essere ascoltata…  Noi daremo ad ognuno il giusto spazio.

  • Gli amici scherzando mi prendono in giro perché amo usare i bicchieri “giusti” per il vino, per la birra, e non solo…  Vedo spesso bere birra dalla bottiglia.  Questa abitudine può penalizzare la degustazione?

Innanzitutto ad ogni stile di birra corrisponde il suo bicchiere.  Per quanto riguarda l’abitudine di bere direttamente dalla bottiglia, oltre a penalizzare fortemente la degustazione, fa ingerire molta anidride carbonica provocando  la classica “pancia da frate birraiolo”.

  • Donne e birra… Qual è la vostra opinione?

“Donne e birra” è un bel binomio da far crescere, in quanto troppe donne considerano la birra una bevanda amara. Cinzia, anche se sappiamo che ami la birra rossa… ti ricordi la birra alla ciliegia che ti abbiamo fatto assaggiare?  Eri entusiasta, profumi e sapori perfetti per l’abbinamento con una crostata di ciliegie!

  • Che cosa vi proponete per il presente e per il futuro con il vostro progetto?

Le idee tante… i progetti anche! Per ora diffondere buona cultura della birra, è la nostra massima aspirazione.  Le cose verranno man mano.

  • Birra e cucina… Mi raccontate una ricetta?

Certo Cinzia! Sappiamo che ti piace il tiramisù… ma l’hai mai assaggiato alla birra?

– Stesso procedimento del tiramisù classico,  l’unica differenza è che si devono inzuppare per bene i savoiardi nella birra.

– Una volta pronto servirlo fresco accompagnandolo con un boccale della stessa birra usata nella ricetta. Quando in bocca si incontreranno i due sapori sentirai… un’esplosione di gusto!

 




Il più antico Caffè d’Europa

Adoro bere il caffè seduta nei vecchi locali, avvolta dalla storia… Nei miei viaggi cerco sempre il locale giusto, e appena lo trovo mi immergo in quelle atmosfere, e la mente va…

Ma ora mi chiedo, qual è il “caffè” più antico al mondo ?

                         Risponde Giustino Catalano

Il caffè più antico al mondo esisteva già intorno al 1500 a Costantinopoli, un caffè accompagnato da piccoli dolci.

Era fatto alla turca come penso che fosse fatto anche al Caffè Procope, antico locale parigino aperto nel 1686 da un Siciliano che si trasferì li.

I metodi di ottenimento della bevanda a noi noti sono molto recenti. Anche la cosiddetta caffettiera napoletana (non la moka!) mutuava dal sistema antico.

Un filtro consentiva di evitare la posa, presente invece nel caffè alla turca. Sarebbe più corretto dire originale in quanto fatto anche in Etiopia e aree vicine così da sempre. I cosiddetti fondi poi, in alcune aree del bacino del mediterraneo sono anche letti (Grecia in testa)!

 




E fu così che arrivai a Gianni Capovilla, un distillatore col cuore ‘meccanico’

Ormai ci sono ricercatori di ogni sorta… ricercatori scientifici, universitari, farmaceutici Bè, vi voglio svelare un segreto, sono anch’io una ricercatrice, ma di anime di passione! E quando nei miei viaggi di conoscenza, le persone ascoltandomi vedono quella reale sincera voglia di scoprire e d’imparare, li scatta la frase fatidica: Cinzia, devi assolutamente conoscere…

E fu così che una sera a cena col caro Josko Gravner parlando di grappe e distillati venne menzionato il nome di Gianni Vittorio Capovilla, un meccanico che nel mentre della sua vita spinto dalla passione decise di diventare un distillatore.  Dave Broom collaboratore di Whisky Magazine, e assaggiatore di fama mondiale,  lo definisce il più grande distillatore al mondo, ma io come dico sempre ho bisogno di guardare negli occhi le persone chiacchierando a tu per tu.  Adoro farlo, è la mia passione di vita e il mio maggior arricchimento, una ricchezza interiore che non s’inflaziona e che ti porta a conoscere grandi persone.  Detto questo come dico io, “pronti…via!”  Direzione Rosà in provincia di Vicenza.

Distilleria Capovilla

Distilleria Capovilla

Ma incominciamo dall’inizio…

Preparai i bagagli la sera precedente, e la mattina bella pimpante era pronta ed entusiasta per partire per la mia vacanza.  Si, perché per me questi tour lo sono veramente!  E’ come una caccia al tesoro… e il lieto fine c’è sempre! Ma ahimè successe una cosa terribile, chiave inserita la macchina non partì!  Nooo… ero disperata… ma come le dicevo: “Hai sei mesi di vita, come fai a non partire… e poi proprio oggi!”  Dovete sapere che ho una vera passione per le auto tanto che arrivo a parlargli!  Avevo proprio bisogno di Gianni, si Gianni Capovilla.  E  mi direte ora: “Ma scusa Cinzia, ma non dicevi che faceva il distillatore?”  Certo che si, ma anni fa era un meccanico… e che meccanico!  Lui aveva la passione che ho anch’io per le macchine sportive. Ma ci pensate, di Treviso come me, appassionato d’auto, e pure distillatore!  Una favola!

Gianni nacque a Crespano del Grappa in provincia di Treviso. La sua infanzia come in parte la mia, trascorse nel verde dei campi e dei boschi, dove nacque il suo amore per i frutti spontanei. A volte mettiamo nei cassetti della memoria alcune nostre passioni, ma statene certi che prima o poi li riapriamo!  Per me e per Gianni è stato così. La sua avventura di meccanico iniziò a Bassano del Grappa dove il Signor Tosin, un severo ma ottimo insegnante gli diede i primi rudimenti del mestiere.  Ma la svolta decisiva arrivò quando grazie ad un offerta dell’Alfa Romeo ebbe un contratto in Svizzera.  Qui un cliente dell’officina con la stessa passione, lo coinvolse portandolo con se a gareggiare e a carburare macchine di serie, e di formula Tre.  Il suo entusiasmo era alle stelle visto che alle gare partecipavano veri piloti, tra cui un certo Clay Ragazzoni… Conobbe Jurg Dubler, un campione Svizzero di formula Tre che correva nel campionato europeo su pista.  Dubler propose a Gianni di seguirlo come suo meccanico personale. Lo stipendio offerto era inferiore a quello che percepiva al momento, ma la cosa era troppo allettante, quindi accettò.  L’avventura che durò tre stagioni fu interrotta solo dalla chiusura dell’officina della squadra. Una volta tornato a Crespano, Gianni affittò un capannone in cui nacque “l’Officina meccanica sport auto Capovilla”.  Qualche anno dopo, essendo uomo creativo e bisognoso di stimoli sentì l’esigenza di voltar pagina. L’occasione gli fu propizia quando un suo cliente produttore di pigiadiraspatrici gli propose una collaborazione nel mondo enologico. Si era avvicinato al  vino anni prima, costituendo con tre soci una piccola azienda vinicola.  La passione per la distillazione nacque in quel periodo, quando di nascosto come solitamente avveniva, con un alambicco  iniziò a sperimentare nella preparazione della grappa e dei distillati.

Visse di provvigioni di vendita girando per l’Europa fino al 1985, ma intuendo soprattutto quanto mancasse in Italia la cultura della distillazione.  L’Austria e la Germania erano nettamente avanti sia come numero di distillerie, sia nelle tecniche artigianali per la produzione degli alambicchi.

Alambicchi

Alambicchi

Essendo la meccanica e la tecnica la sua passione, decise lui stesso di progettarne uno. E l’avventura che continua tutt’oggi finalmente partì nel 1986.  Nacque l’azienda agricola nella quale investì la sua passione e il suo amore per la distillazione.

Bene, con questa premessa ho voluto presentarvi Gianni, e quindi torniamo a me… oh meglio alla mia visita! Dov’eravamo…? Ah si, eravamo anzi ero, in una macchina di appena sei mesi che non partiva! Bè, vista l’emergenza fui costretta a chiamare a raccolta gli amici… e grazie a una spintarella e ai giusti scongiuri, magicamente si accese. Mi misi alla guida senza spegnere il motore fino a destinazione, e tutto andò per il meglio.

Arrivata a Rosà, il navigatore mi mise in direzione indicandomi l’ingresso verso una stradina sterrata. La percorsi fino a raggiungere un ampio spazio in cui vidi un cartello con una semplice scritta: “Parcheggio della Distilleria”.  Entrando timidamente fui accolta da una gentile signora che mi accompagnò da Gianni. Iniziammo con sorrisi e presentazioni seduti a tavola tra chiacchiere e degustazioni! Come abitualmente capita si finì a parlare di me e delle mie avventure. Devo dire che vivo talmente tanto in questa fase della mia vita che non mi mancano mai gli argomenti.  Continuammo poi con una passeggiata nella distilleria in cui onorata dalla sua guida, ho potuto ascoltare le varie fasi della lavorazione.  Gli alambicchi, vere opere d’arte, vengono realizzati da un artigiano di Oberkirch nella Foresta Nera, il Signor Muller.  Ma la vera forza trainante di questa sua passione, è la materia prima proveniente per lo più dai suoi frutteti coltivati secondo il metodo dell’agricoltura biologica certificata.  Pensate che occorrono 30/35 kg. di frutta per ottenere un litro di distillato puro. Ovviamente senza nulla togliere alle vinacce italiane per la produzione di grappa.  E qui vorrei fare una precisazione. “Si parla di grappa quando si ha un distillato prodotto da vinacce ricavate da uve raccolte e vinificate nel  territorio Italiano o nella Svizzera Italiana”,  quindi parliamo di una tipicità esclusiva Italiana.

Distilleria Capovilla – Interni

Ma non solo la frutta e le vinacce hanno un ruolo di protagonista, perché altro grande ingrediente amato da Gianni sono le bacche. Un caso ad esempio è il Sorbo dell’Uccellatore. Incominciammo con l’assaggio di un fantastico distillato alle prugne, e di seguito non mancarono gli altri. Ecco pronti che penserete: “Cinzia è uscita storta…”  Ma io vi dico di no, e lo sapete perché?  Perché Gianni mi ha fatto assaggiare i suoi distillati a modo suo, e cioè: “Dito imbevuto nel contenitore in acciaio e poi in bocca e… voilà!”

Devo dire che ero entusiasta dai profumi e sapori… dal distillato alle mele cotogne, a  quello ai lamponi selvatici, o alle bacche di sambuco, e alle altre tante tipologie che la creatività di Gianni sperimenta, perché mi disse testualmente: “Ogni giorno scopro di avere un futuro,  perché ogni giorno ho qualcosa di nuovo da scoprire”.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Talloncini scritti a mano

A conclusione della mia bella visita, davanti a un distillato di albicocche del Vesuvio,  volli raccontare a Gianni alcuni miei progetti… E di colpo scattò la fatidica frase: “Cinzia, devi conoscere un enologo che crede nel territorio, lui ti ascolterà… si chiama Mattia Vezzola”. Io l’ho ascoltato e ve ne racconterò, perché la mia ricerca continua…

Sono entrato nel mondo della distillazione dalla porta di servizio ma è stato subito amore vero, perché la passione fa si che il lavoro non sia pena ma gioia”

         Gianni Vittorio Capovilla

 




Una brianzola a Brindisi… alla scoperta della birra!

Già vi sento dire… eccola che ora si da alla birra! Birra sì, ma artigianale! Devo dire che mi ha sempre interessato – in particolare la rossa – e quale migliore occasione per parlarne…

Ma cominciamo dall’inizio..

Finalmente dopo un anno di avventure più o meno liete, arrivò il momento delle meritate vacanze! Il tour per l’Italia era organizzato, e le  tappe da amici erano motivo per me di grande emozione. Le distanze da percorrere  imponevano l’uso dei mezzi ferroviari, ahimè, nota dolente per i miei  voluminosi bagagli.

Dovete  sapere che sono una donna che porta con se sempre molti accessori… proprio così.  Mi piace abbinare vestiti e cappelli, scarpe  e borsette, collane e orecchini…  Insomma quando mi muovo l’ideale sarebbe un bel baule, e carica come sono, salire  e scendere dai vagoni  non è il  massimo della comodità!

Detto questo vi spiego la mia sorpresa quando arrivando in stazione a Brindisi notai l’assenza di scale mobili!  Eh sì, perché le gradinate non favorivano il trasporto delle mie valigie, quindi in presenza del personale della  sicurezza, feci le mie sentite rimostranze. La guardia perplessa venne gentilmente in mio soccorso, e prontamente si rese disponibile dicendomi con un sorriso ironico: “Signora, qui è tanto che abbiamo i treni!”  Esagerato gli dissi, e scherzando sopra l’accaduto ci congedammo con un sorriso e una stretta di mano.  La mia amica Maria  nel frattempo era giunta a prendermi, e alla vista della scenetta non poté che iniziare a ridere!

Dopo i saluti di rito, si optò per una tappa presso una birreria artigianale. Devo confessare che ho una passione per la birra rossa,  ma quella sera la scelta fu ardua vista l’ampia offerta delle birre proposte dal locale, il GRUIT Questo antico termine è usato per definire il composto di erbe e spezie aromatiche che conferiscono profumi e gusti diversi personalizzando la birra.

degustazione-birre

Mi piacque subito a  prima vista. Si trattava di un sito con soffitti a volta, ex convento degli Agostiniani.  Parte dei locali sono stati destinasti al laboratorio di produzione della birra. Visitarli accompagnata da personale esperto è stato un vero piacere.

Ad un certo punto chiesi: “Ma come mai avete deciso di produrre birra?”  Be’ la risposta fu ovvia: “Ci piace così tanto che abbiamo deciso di produrcela noi!”

La scelta sul tipo di birra da ordinare a questo punto si complicava, e che fare dunque… L’unica era assaggiarle tutte!  Arrivarono  al tavolo brocche degustative che vennero descritte nelle loro caratteristiche.

Dovete sapere che la birra ha antiche origini. Non si sa esattamente chi ne fu l’ideatore. Di certo si sa che veniva prodotta laddove venivano coltivati cereali. Con la scoperta della fermentazione attraverso l’uso di  lieviti,  ognuno poi diede un’impronta originale dando impulso alla nascita di tecniche diverse affinate nei secoli. Il cereale per eccellenza usato nel corso della storia era l’orzo. Poi lentamente ne  vennero introdotti altri come segale, frumento, riso, mais…

Nella produzione di  birra di qualità, ha grande rilevanza l’acqua utilizzata che deve avere caratteristiche particolari. Infatti ogni tipo di birra richiede una qualità d’acqua con elementi distintivi. E’ il birrificio a trattarla, in base al prodotto finale voluto. L’introduzione di misture aromatiche, ha poi conferito aromi distintivi alle varie tipologie di birra. E la scelta ormai è diventata ampia dando un vasto ventaglio di possibilità agli amanti di questa magnifica bevanda.

Io quella sera, tradii la rossa per una bionda spettacolare a doppio malto, un prodotto genuino, senza sofisticazioni, realizzato seguendo le fasi tradizionali ereditate da mastri birrai…

 

Seguici

Vuoi avere tutti i post via mail?.

Aggiungi la tua mail: