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Vado avanti tentando di non pensare troppo… ogni tanto però mi sfogo

Ormai guardo poco la tv. Quando mi capita di accenderla è un continuo scuotere la testa. Programmi dal basso contenuto, forse perché la gente vuole evadere… oppure programmi di denuncia, e li la rabbia si scatena.

Ma come siamo finiti così? I giochi sporchi, la mafia… ?! Mah… quando capiremo che il bene del singolo non è il bene della collettività. Dimenticavo che in Italia regna l’individualismo, i piccoli orticelli…  Di fatto siamo un paese in ginocchio, un paese che sta pagando gli errori del passato. Si dice che chi troppo vuole nulla stringe,  eppure…

Siamo un paese indisciplinato, poco rispettoso delle regole. Un  paese dove tutti hanno diritti e pochi hanno doveri. Un paese dove è consuetudine sentire che ‘nulla tocca a me, ma a qualcun altro’. Un paese in cui non si rispetta la puntualità nei pagamenti, l’esempio in primis lo da l’erario dello stato.

Siamo un paese governato da burocratici con troppi privilegi, con stipendi troppo lontani da quelli del popolo. Mi capita di guardare gli anziani, la paura nei loro occhi. E i giovani…?!  Persi  senza certezze del  futuro, ma coraggiosi, innovativi, combattenti!  Io credo in loro.

Vorrei fare tante cose… ma non so cosa fare. Quindi scrivo, viaggio, conosco e parlo con la gente. Condivido idee e luoghi belli dell’Italia. Ognuno può fare qualcosa… un passo avanti per venirsi incontro. Ce la faremo?  Non lo so. Dicono che la storia insegna, eppure facciamo gli stessi errori.

In Francia, i troppi privilegi dei nobili a discapito dei ceti meno abbienti, fece scatenare nel 1789 una rivoluzione guidata in città dalla borghesia, e nelle campagne dai contadini. Erano altri tempi, ma attenzione, la fame crea disperazione.

Ora vado avanti, tentando di non pensare troppo… ogni tanto però mi sfogo.




Come risolvere la questione tipica italiana sulla scarsa puntualità di pagare nei tempi concordati? Risponde un produttore.

Lunedi 15 Settembre scorso si è svolta, presso l’Accademia delle Viole, un bellissimo cascinale dalle atmosfere provenzali a Quintano vicino a Crema, una giornata di degustazione che ha coinvolto, oltre una decina di produttori, anche lo Chef  Ro Dante, ideatore della cena che ha concluso la serata.

Accolta dagli organizzatori, l’Azienda Agricola Ventura di Sonnino (LT) e l’Enoteca ‘La Cantinetta’ di Monte Cremasco (CR), ho avuto modo di chiacchierare e assaggiare le produzioni presenti dando i tempi giusti che purtroppo le grandi manifestazioni, spesso, non permettono per il numero elevato degli stand espositivi.

Un piacere salutare Ilaria Salera dell’omonima Azienda Agricola Salera a Garlasco (PV), e assaggiare il suo riso, ingrediente principe dei buoni risotti preparati dallo Chef Ro Dante.

Un’ottima sorpresa la spalla cruda con l’osso del salumificio La Scapineria, di Sissa a Parma.

Cibo ma anche vino…

La mia terra mi ha chiamato allo stand dell’Azienda Vitivinicola Fruscalzo di Dolegna del Collio (GO) dove ho assaggiato un Traminer Aromatico Delle Venezie IGP: la Rosa Canina Fruscalzo, una piacevole alternativa ai soliti vini offerti.

Ho concluso infine con un calice di Barbera dell’Azienda Agricola Cascina Carrà di Monforte d’Alba, una realtà familiare delle Langhe che dal 1986 conduce con metodi naturali 14 ettari di vigneto, e con il piacevole assaggio dei vini Balgera di Chiuro.

Chiedendo i prezzi ai produttori, viene spontaneo fare delle riflessioni non proprio positive sui ricarichi a volte eccessivi fatti dalla ristorazione e dalle enoteche.

Come dico spesso gli eventi, oltre che per assaggiare e conoscere produzioni, permettono il confronto con i produttori e l’ascolto delle loro problematiche che poi amo trattare nei miei scritti.

Proprio a questo proposito mi sono soffermata a lungo presso lo stand dell’Azienda Agricola Ventura di Sonnino (LT) produttrice di olio extra vergine da olive Itrana. Insieme  abbiamo dibattuto su una tematica a cui tengo molto e che considero una vera spina nel fianco delle piccole medie imprese italiane.

Mi spiego. Recentemente ho scritto a proposito della difficoltà di fare impresa, e non solo per la burocrazia, ma anche per la cattiva abitudine diffusa nel nostro paese di dilazionare a proprio piacimento i pagamenti dovuti. Ne ho discusso con Alberto Ventura che, dal 2004, dopo il cambio di rotta della sua vita da commerciale di un’azienda a produttore d’olio extra vergine di oliva, vive come molti in Italia queste difficoltà.

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In realtà Alberto ha adottato una sua politica conseguente all’esperienza maturata durante la sua precedente attività lavorativa, e  all’influenza giapponese con cui ha a che fare per i rapporti commerciali.

  • Alberto, lascio a te la parola per spiegare come hai tentato di risolvere la questione tipica italiana sulla scarsa puntualità di pagare nei tempi concordati, per i servizi e le forniture ricevute.

Diciamo che fin dall’inizio della mia avventura, ormai la chiamo così, mi sono imposto questa regola: “I clienti devono pagare subito!” Non sono certo più bravo degli altri, però nel mio piccolo ho voluto, per lo meno tento, creare un equilibrio anche con i miei fornitori. Io pago tutto alla consegna, a volte anche prima del ricevimento della merce.

Una consuetudine poco italiana direte. Ebbene, la cosa per me non è affatto strana, perché lavorando con il Giappone sono abituato alla puntualità e al rigore, a volte persino al ricevimento dei pagamenti un mese prima! Capirai bene la differenza.

Ti dirò un’altra cosa importante. Noi produttori agricoli, non potendo produrre durante l’anno, siamo costretti spalmare i costi con una conseguente concentrazione degli stessi al momento del raccolto. Dopo questa fase, dobbiamo sostenere le spese per il resto dell’anno,  sempre nella speranza che le cose vadano bene, sia riferendomi ai raccolti futuri, sia ai rischi d’impresa che solo chi lavora la terra conosce.

Detto ciò, se mi rassegnassi ad aspettare quelli che dovrebbero pagarmi ma che non lo fanno nei tempi stabiliti, allora si che sarebbe finita. Per quanto mi riguarda, garantendo dei prodotti di qualità e imponendomi bene commercialmente e con persone corrette, la cosa funziona.

Un’ultima raccomandazione: noi italiani dobbiamo metterci in testa che dobbiamo imparare a non fare i furbi, ovviamente non voglio generalizzare, ma purtroppo per la maggiore è così. Cercare di guadagnare di più dando un prodotto scarso e facendolo pagare come tale non fa bene a nessuno. Fare l’eccellenza, riuscire a venderla facendosi pagare subito, garantisce una continuità! Cinzia, spero di essermi spiegato bene, sicuramente faccio meglio l’olio che il giornalista.




Gli italiani, un popolo indisciplinato

E’ sabato, qui al nord continua a piovere. Questa strana estate del 2014 sembra quasi sentire gli umori della gente. Mah, sto pensando al da farsi? Volevo andare al lago, passeggiare guardando le montagne e godermi un po’ di sole. E invece no! Allora leggo. Niente di buono. Sul web l’informazione ci ricorda che siamo in deflazione, neanche non ce ne fossimo accorti. Come spiega Wikipedia: “La deflazione è una diminuzione dei prezzi. Deriva dalla debolezza della domanda dei beni e dei servizi.” E come potrebbe essere altrimenti…

Per rimediare potremmo agire sulla spesa, leggendo meglio le etichette, e soprattutto la provenienza dei prodotti. Ovviamente portafoglio permettendo, visto che i sacrifici li stanno facendo soprattutto i produttori e i consumatori, i cui portafogli vengono svuotati dalle tasse. Ricordo ai signori delle istituzioni, anche se lo sanno bene, che abbiamo il record anche di quelle! Se almeno loro dessero l’esempio! Ahh la mia povera Italia, quella dei miei nonni, il paese bello e ricco di tante risorse, tranne che di disciplina e di saggezza…

Meglio che continui a leggere va… Altra notizia: “Con le azioni inserite nello ‪Sblocca Italia – dichiara all’Ansa il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina – aiuteremo le aziende a fare un salto di qualità e aumentare il fatturato delle esportazioni con nuovi strumenti di promozione e di tutela del ‪‎Made in Italy ‪ ‎agroalimentare. Puntiamo a rendere più facilmente riconoscibile l’origine dei nostri prodotti e a rafforzare la lotta al falso Made in Italy”. Fonte Ansa Terra&Gusto del 29 Agosto 2014.

Una notizia che ho condiviso e che ha scaldato gli animi. Riporto alcuni commenti.

Arnaldo da Brescia: “Il salto di qualità!!! Vuol dire buttarsi dal ponte di Londra piuttosto che da uno sul Po…”

Salvatore Accurso Tagano: “Spero che sia vero. Continuiamo a fare entrare formaggi, latticini, salumi e tanto altro, da tutti i paesi del mondo, con nomi dei prodotti italiani. I più clamorosi sono il Parmigiano, il Grana e la Mozzarella. Se le etichette fossero chiare e ben leggibili, gli italiani si renderebbero conto di quanta immondizia mangiano.

Matteo Scibilia: “Non sono convinto che agli italiani interessi riconoscere un prodotto piuttosto che un altro… in fondo sono già riconoscibili i prodotti stranieri dai prodotti italiani.

Gian Carlo Spadoni: “In questa ottica agro alimentare dovrebbero essere coinvolti anche i ristoratori, con nuove regole per le insegne di cucina Italiana, con l’obbligo di Cuochi di Scuola Italiana, e l’utilizzo del 90% di prodotti Italiani. Allora si che tutto farebbe “sistema”. Perché se si mette tutto nelle mani del consumatore finisce come nelle liberalizzazioni sul commercio della ristorazione.”

Che dire… forse solo che un esame di coscienza sui nostri comportamenti dovremmo farlo tutti. In questi giorni di rientri, nei racconti che ho ascoltato da diverse persone tornate dall’estero, si intuisce facilmente quanto, sia i servizi che il senso civico di molti paesi, sia migliore del nostro.

Gli italiani, ahimè, sono un popolo indisciplinato. Il motivo è presto detto: non sappiamo rispettare le regole. Ma non solo, purtroppo continuiamo a interessarci come si suol dire, solo al ‘nostro orticello’. La cosa divertente è che siamo proprio noi stessi a rimarcare la cosa.

Quindi, che fare? Sulle produzioni devono intervenire pesantemente e nell’immediato le istituzioni di competenza, alleggerendo i meccanismi della burocrazia, e garantendo l’autenticità dei prodotti italiani con marchi facilmente intuibili. Spero vivamente che questi ultimi provvedimenti del Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina siano efficaci in tal senso.

Riguardo alla disciplina, che ahimè latita, va reintrodotta in modo prioritario l’Educazione Civica, materia scolastica istituita da Aldo Moro nel 1958 in tutte le scuole, e attualmente inserita solo come appendice in altre materie. I risultati conseguenti a tale mancanza sono sotto gli occhi di tutti…

Forse resta solo da sperare che, vista la grave situazione in cui ci troviamo, qualcosa di decisivo venga fatto. Nel frattempo, visto che non è ancora uscito il sole, mi consolerò facendo una torta di mele, quelle del mio albero. 😉

 




L’Italia, paese di terra e di mare… di contadini e di pescatori. In ricordo di Francesco Arrigoni.

Ci sono giornate così intense su cui, una volta concluse, è necessario riflettere per trarre i giusti insegnamenti. Domenica 4 Maggio è stata una di queste. Nel Monastero San Pietro in Lamosa, a Provaglio D’Iseo in provincia di Brescia, è stato consegnato a Vincenzo Billeci, assessore-pescatore di Lampedusa in rappresentanza dei lavoratori del mare, un premio in memoria di Francesco Arrigoni, giornalista e allievo di Luigi Veronelli.

Non ho conosciuto Francesco, ma in questi giorni ho letto di lui. Un uomo che amava la montagna, che viveva le sue passioni in intimità, poco avvezzo alle mode e alle onde del momento. Un uomo di carattere che non si nascondeva dietro uno status quo di comodo che purtroppo, dopo un mio risveglio dovuto ad un torpore di anni, sto riscontrando in questa società. Sono convinta che saremmo andati molto d’accordo.

La motivazione del premio a lui dedicato è la solidarietà dimostrata dai pescatori di Lampedusa, negli ultimi decenni, verso le migliaia di migranti che la legge del mare con i suoi insegnamenti, impone di portare in salvo. Un soccorso dettato dalle coscienze, che purtroppo è in contrasto con la legge degli uomini che vieta ai pescatori di intervenire in aiuto dei clandestini, in caso di emergenza.

Vincenzo Billeci intervistato dal giornalista Gianni Mura

Vincenzo Billeci intervistato dal giornalista Gianni Mura

“La chiamano emergenza. Ma come è possibile che un’emergenza duri da ben venticinque anni? Un’emergenza che tra l’altro ricordiamo ci costa 300.000 euro al giorno.” Vincenzo Billeci denuncia con queste parole una situazione che perdura ormai da anni.

Mi sento molto vicina ai pescatori. La scorsa estate ho parlato con loro a Fiumicino, a Pozzuoli, a Crotone. Volevo capire per quello che è possibile, perché in un paese come l’Italia con 7450 km di coste la pesca sta morendo. Sicuramente il caro gasolio, la burocrazia, l’abusivismo e le istituzioni non facilitano questo settore. Ma non finisce qui… Vincenzo ha raccontato che a Lampedusa pescherecci tunisini pescano a sole tre miglia dall’isola, per quasi centocinquanta giorni l’anno. La Guardia Costiera interviene ma senza grandi risultati. Continuo a non capire, ma forse non c’è nulla da capire, perché è già tutto fin troppo chiaro.

A fine premiazione mi sono soffermata a parlare a lungo con lui. Negli anni 80/90 i pescatori a Lampedusa erano seicento, ora ne sono rimasti poco più di duecento. E’ molto diverso ascoltare i problemi vissuti in prima persona da chi vive il mare e la terra. Sono i nostri politici che dovrebbero farlo, perché è da li, dalla terra e dal mare che dobbiamo ripartire. Mi chiedo spesso se saremo in grado di rimediare ai danni che gli abbiamo arrecato.

Vincenzo Billeci non è solo un pescatore, lui scrive poesie. Ne riporto una che ha scritto nell’Ottobre del 2013. Ieri, quando ci siamo salutati, me ne ha dato una copia autografata. La conserverò con cura tra le cose care.

Il mare e la terra

 




Secondo voi cosa vogliono gli italiani quando vanno al ristorante?

Qualche giorno fa ho fatto un piccolo sondaggio su ciò che le persone si aspettano andando fuori al ristorante. Un piacere a cui gli italiani difficilmente rinunciano, anche in un periodo di crisi come questo. Sento spesso dire – ma come, tutti sono in crisi ma i ristoranti sono pieni! – Certo, non tutti, ma molti si.

Per quanto mi riguarda adoro farlo (sono più brava a mangiare che a cucinare). 😉 Assaggiare cibo e vino è una mia grande passione, un momento di vera beatitudine che mi regalo scegliendo con cura il luogo di ristoro. A volte seguo i consigli di amici e conoscenti, mentre a volte, soprattutto quando sono in viaggio, uso il  ‘metodo Tosini’.  Funziona così: con la scusa di una foto ‘attacco bottone’ con le persone del posto che diciamo così, mi ispirano, e poi, chiedo indicazioni sui punti di ristoro caratteristici in cui fermarmi a mangiare. I risultati sono spesso sorprendenti!

Ma ora torniamo al mio piccolo sondaggio. Premetto che mi ha sorpreso molto che pochi hanno fatto riferimento al ‘conto’. Sono convinta che in un momento critico come questo il giusto rapporto tra qualità e prezzo sia uno dei motivi principali che determina la scelta. Alcuni sostengono che è impossibile mangiare bene senza spendere cifre, che ahimè, molti non si possono più permettere.  Io credo che partendo da buone materie prime che l’agricoltura italiana ci mette a disposizione, si possa fare una cucina di qualità senza spendere follie. Ad esempio, una pasta al pomodoro se fatta bene, è un gran piatto!

Detto questo, qui di seguito, ecco ciò che è emerso (ho aggiunto anche le mie riflessioni). Certo, nulla di nuovo, ma ricordarlo forse non fa male.

Gli italiani quando vanno al ristorante vorrebbero…

  • Qualità e accuratezza nell’uso di buone materie prime. L’agricoltura italiana ce ne fornisce a iosa senza spese esorbitanti. A questo proposito mi raccomando in particolare sulla frutta. Un cestino a fine pasto, senza doverlo chiedere, è più che ben accetto! Dimenticavo… mi raccomando anche alle insalate miste, sono pochissimi i ristoratori che sanno farle come vanno fatte.
  • Cordialità, educazione e cortesia. Un sorriso è la migliore accoglienza (e non costa nulla). Avere a che fare con degli addetti al servizio gentili è un punto acquisito e a favore.
  • Accessibilità. Una caratteristica essenziale considerando gli 80 milioni di persone diversamente abili in Europa… 650 milioni nel mondo.
  • Una carta dei vini ben fatta suddivisa per regione, e non solo con i soliti nomi noti. Ci sono produzioni di piccole e medie realtà agricole di ottima qualità.
  • Siamo una terra di grandi oli, ma li vogliamo mettere sui tavoli in modo che la gente li possa conoscere! Personalmente o li mettete o ve li chiedo! A proposito, vale anche per l’aceto (e non mi riferisco certo a prodotti balsamici che nulla hanno a che fare). Tra l’altro ci sono molti che amano l’aceto di vino, ma che sia buono (io compresa). Una volta lo si trovava in ogni cantina, oggi è quasi una rarità. Torniamo a farlo!
  • Un ambiente rilassante. Mi è capitato tempo fa, in un locale rinomato per l’ottima pizza, di vedere correre su e giù gli addetti in sala. Era pieno certo, ma essere urtati per il continuo passaggio frenetico, urtava me. Amo la tranquillità… mi è fondamentale quando esco a pranzo o a cena.
  • Pulizia e servizi in ordine curati alla stessa stregua dei locali che ci ospitano per mangiare. Purtroppo capita che accada il contrario.
  • La possibilità di avere uno spazio per i propri animali domestici è cosa da molti assai gradita.
  • Il parcheggio che, in caso non previsto in prossimità, ci venga facilitato nel momento in cui prenotiamo senza farci impazzire all’arrivo per l’inattesa difficoltà.
  • Wifi libero limitando però l’uso dei cellulari di cui a volte si abusa disturbando la tranquillità altrui. Rispetto prima di tutto.

A proposito di quest’ultimo punto, visto l’uso e a volte l’abuso dei mezzi di comunicazione, mi piacerebbe trovare dei ‘Face to face Restaurant’, credo che il nome renda l’idea di ciò che vorrei: #socializzazione.

Tre regole per gli ospiti: ci si deve sedere rigorosamente a tavola con persone che non si conoscono, ci si presenta e si chiacchiera, e… cellulari spenti. Esito della serata: è facile uscire con nuovi amici, oppure… ritenta e sarai più fortunato! Che ne dite… ne parliamo? 😉

Ecco in originale le risposte al mio sondaggio:

1' parte

2' parte

4' parte3' parte

La tavola nella foto è stata allestita da Amelia Affronti, freelance fashion designer




Non spegnete i sogni dei romantici: l’Osteria senz’Oste, una bella realtà che si vuole punire

In Italia troppo spesso la parola d’ordine è punire e non correggere.

Dobbiamo pensare che a  volte partendo da un’idea, da un sogno buttato la, nascono grandi progetti. Sono tempi difficili; la gente vuole evadere, vuole spensieratezza, vuole cose vere e genuine come una volta… quando si stava bene.

Non sono solo ricordi nostalgici di chi tanto giovane non lo è più, no, è semplice voglia di un’atmosfera che un pochino si è persa. Credo, anzi sono convinta, che sia questo il motivo per cui una realtà come l’Osteria senz’Oste piace molto alla gente.

Una luogo per viandanti nella splendida Valdobbiadene che ho visitato nel Novembre del 2011 dietro consiglio di un amico e chef, Simone Toninato. Lui conoscendomi aveva capito che era un posto adatto a me, un posto per romantici.

L'Osteria senz'Oste

L’Osteria senz’Oste

Ebbene, qualche giorno fa mio cugino Ilario mi ha chiamato allarmato dicendomi che a Treviso e non solo, ci si sta muovendo per aiutare Cesare De Stefani, l’ideatore di questo progetto sanzionato per 62 mila euro dovute secondo il fisco, per attività imprenditoriale in nero relative all’anno 2008.

Luca Zaia, Presidente della regione Veneto a proposito della questione ha auspicato l’uso del buon senso, della stessa idea Leonardo Muraro, Presidente della provincia di Treviso.

Perché in Italia si deve soprattutto punire e non correggere? A gran voce chiedo a chi può di trovare una soluzione a questa assurdità, prima che un posto così bello chiuda e spenga i sogni di noi romantici.

Dietro questo luogo dove la porta è sempre aperta c’è una storia di uomini, tra cui quella di un circense di Berlino che ho incontrato nel 2011, in un  pomeriggio passato bevendo Prosecco davanti alle colline di Valdobbiadene.

Chi non conosce questa Osteria può vederla qui, attraverso le fotografie e il racconto che ho fatto dopo la mia visita.

Clicca qui > Un’eterna romantica all’Osteria senz’Oste

Valdobbiadene in Autunno

Valdobbiadene in Autunno




Vorrei un’Agricolazione… chiedo forse troppo ?!

Esattamente così, vorrei un’Agricolazione con tanti prodotti agricoli. Chiedo forse troppo?!

A quanto pare si, dato che oltre ad una spremuta tra l’altro troppo cara, visto i 3 euro richiesti ben distanti dal prezzo di vendita alla fonte delle arance, a qualche dolce, ad un caffè o a un cappuccino, la proposta della ristorazione dedicata non va proprio oltre!

Insomma, non capisco, e di conseguenza provoco! Qualcuno mi spiega il motivo per cui solo negli alberghi, per lo meno in quasi tutti, ci debba essere in questo senso un’offerta migliore! Mah! Si potrebbe aiutare tante realtà agricole utilizzando semplicemente i loro prodotti per una buona e sana colazione, il mio pasto preferito e anche quello più importante della giornata.

Purtroppo gli italiani a causa del ritmo di vita frenetico che conducono la trascurano molto. Forse è per questo che l’offerta della ristorazione alla mattina è molto limitata… ma non giustificata! Almeno al sabato e alla domenica mi piacerebbe vedere ben altre offerte!

La dottoressa Catherine Kousmine, nata in Russia nel 1904, consigliava ai suoi pazienti di fare una colazione da re, un pranzo da principe, e una cena da povero. Per quanto mi riguarda farei la regina tutte le mattine! 😉

Vi racconto questo piccolo episodio. Poco tempo fa mentre mi recavo in montagna in Svizzera, lungo l’autostrada e più precisamente a Bellinzona, mi sono fermata a fare colazione. Credo che sia stata la migliore colazione che mi sia stata mai proposta. Praticamente c’era di tutto. Frutta fresca e secca, prodotti da forno, yogurt, spremute, frullati, centrifughe, tisane… Insomma, un vero spettacolo di colori e di prodotti artigianali che mi hanno fatto pensare… “Chissà quanti agricoltori così vengono aiutati…”

 




Maurizio Gily. Una questione di vizio di forma, e non di verità.

Mi presento, mi chiamo Maurizio Gily. Sono un agronomo specializzato in viticoltura ed enologia e un giornalista pubblicista. Dirigo una rivista tecnica del settore, Millevigne, collaboro con Slow Food, e sono consulente di imprese vitivinicole e di amministrazioni pubbliche. 

Maurizio Gily, un uomo di terra e di vino, una persona che stimo. Accusato di vizio di forma nell’esprimere una notizia vera, è stato condannato ad un risarcimento per aver leso di conseguenza, l’onore di un collega giornalista.

Questa le parole del giudice: “…non vi è questione in ordine al fatto che il dott. Gily nello scrivere abbia riportato notizie vere…”.  Ma la forma vince, per lo meno lo ha condannato, per ora…

Riporto parte dell’articolo di Millevigne “La cicuta di Velenitaly

di Maurizio Gily

Più di cinque anni dopo il caso “Velenitaly”, la bomba atomica calata su Vinitaly dal settimanale l’Espresso, che denunciando, correttamente, alcuni casi di frode e sofisticazione,  parlava, non altrettanto correttamente, di centinaia di migliaia di bottiglie di vino avvelenato (veleno mai trovato),  e, in un altro articolo, del caso brunellopoli, accostando in una gran confusione l’inquinamento da agenti cancerogeni (mai trovati)  con l’inquinamento da Merlot nel Sangiovese (che ovviamente non uccide nessuno), un giudice del tribunale di Rovereto mi ha condannato a risarcire il giornalista dell’Espresso che avevo attaccato su Millevigne. Ne avrei leso la reputazione. Euro cinquemila, più le spese legali.

A detta del giudice il mio è stato un “attacco personale”  che avrebbe travalicato il diritto di critica ledendo l’onore del collega, che vale una condanna al risarcimento, sia pure decimata rispetto alla richiesta della controparte, che era partita da dieci volte tanto (50.000 euro). Eppure non ho fatto uso di turpiloquio, né ho accusato qualcuno di qualcosa che non aveva fatto: ho solo scritto che una notizia non era vera (non la frode con annacquamento e arricchimento dei mosti, quella era vera, ma l’avvelenamento), dopo che due ministeri e un magistrato inquirente sull’inchiesta in questione lo avevano già detto in comunicati ufficiali, da me diligentemente riportati.  Non ho neppure parlato di mala fede, ma solo di eccesso di fantasia (“fantasie horror” per la precisione) nel riportare notizie raccolte in una procura ed elaborate in modo creativo (ad esempio parlando di sostanze cancerogene, ma senza citarne alcuna, anzi citandone alcune che non lo sono, oltre a non esserne accertata la presenza nel prodotto in questione).

Morale: nel paese riconosciuto al 57esimo posto al mondo per la libertà di stampa, secondo la classifica di “reporter senza frontiere”, preceduto da molte nazioni non famose per le loro democrazie, la verità va detta con moderazione. Pardon, con continenza. Soprattutto quando si vanno a toccare aziende, gruppi e persone con le spalle più larghe delle vostre.  Come Millevigne contro Espresso- Repubblica: una pulce contro un carro armato.

“La straordinaria solidarietà che mi è arrivata da gran parte del mondo del vino, in particolare dai vignaioli italiani, mi ha convinto a presentare ricorso in appello. Da loro, e da voi, è arrivata anche la spinta ad aprire, superando il mio naturale imbarazzo, una sottoscrizione pubblica per finanziare le spese di questo ricorso, che né io, né l’editore di Millevigne siamo in grado di sostenere.”  Maurizio Gily

  • A questo LINK  c’è la sottoscrizione pubblica su buona causa.org e una serie di informazioni.

Ecco la  CRONISTORIA dei fatti:

1. L’avvocato di Paolo Tessadri mi mandò, a settembre del 2011, una diffida a rimuovere dal web il mio articolo “spazzatura via espresso” chiedendomi nel contempo 50.000 euro di danni per aver leso l’onore del suo assistito (che se ne era accorto quindi tre anni dopo). La mia risposta fu quella che avrei rimosso l’articolo dal web, e così feci, come gesto conciliatorio e in ragione del tempo trascorso, ma non rinnegando nulla di quanto avevo scritto e ovviamente precisando che non avrei pagato un centesimo. E pensavo, onestamente, che la cosa finisse lì.

2. Dopo una seconda diffida offrii a Tessadri l’opportunità di replicare su Millevigne al mio articolo, precisando che la sua replica sarebbe stata pubblicata senza commenti. Sono infatti convinto che questo sia il modo giusto con il quale un giornalista deve difendere il suo onore qualora lo ritenga leso. In verità io penso che quando un giornalista pubblica notizie che non sono né vere, né verosimili, come in questo caso,  l’onore se lo leda da solo, ma tant’é. Altra possibilità sarebbe stata quella di un incontro conciliatorio presso l’ordine, ma neppure questa fu presa in considerazione.

3. Tessadri non aderì alla mia proposta e avviò la causa civile, abbassando la sua richiesta a 25.000 euro. Il mio avvocato mi spiegò poi che tale scelta fu probabilmente motivata da una banale questione di scaglione nel costo dei bolli … la difesa di Tessadri si era forse resa conto dell’entità surreale della prima richiesta.

4. Il foro competente di Rovereto, anziché quello di Alba, dove ha sede Millevigne, dipende dal fatto che la difesa di Tessadri  non fa riferimento alla rivista, ma al web, sulla base di una sentenza di Cassazione che stabilisce che in caso di diffamazione a mezzo web il foro competente è quello della residenza del danneggiato. La mia difesa non ebbe appigli da opporre al riguardo. Da notare che il sito di Millevigne nel 2008 lo vedevano i classici quattro gatti (abbiamo anche prodotto una perizia che lo dimostra, poche decine di contatti per articolo al massimo), mentre la rivista era, allora, un tabloid a diffusione gratuita in oltre 10.000 copie, ma “attaccarsi al web” consentì a Tessadri di ottenere il processo giocando in casa.

5.  Dopo questa sentenza Tessadri potrebbe segnalarmi all’ordine, il quale potrebbe a sua volta sanzionarmi e sospendermi per violazione deontologica. Non so se lo farà ma per quel che lo conosco lo ritengo probabile.

 




“Ciao Cinzia, come funziona il mondo che vivi?”

Oggi ho ricevuta questa mail che pubblico solo in parte. Me l’ha mandata una persona che conosco da tempo attraverso qualche commento sui social network. Quando l’ho letta ho pensato che non sarebbe stata sufficiente una risposta scritta per spiegargli come la pensavo. Certe cose vanno dette ‘a voce’, o meglio ancora, ‘di persona’. Ritengo questo contatto fondamentale per la conoscenza e per la comprensione in ogni situazione che mi interessa approfondire.

Ciao Cinzia, scusa il disturbo, approfitto per chiederti alcune informazioni (in quanto profano), su come funziona il mondo che vivi, su come scrivere articoli sul mondo del vino e sulla ristorazione in genere. Sono entrato in amicizia con una direttrice di una testata web che mi chiede di “lanciarmi” scrivendo qualcosa inerente all’enogastronomia e inviando foto, che poi mi pubblicheranno. E’ un po’ che ci penso, anche perché sono in una situazione di grande crisi lavorativa e cercavo di trovare altri sbocchi, o almeno cominciare a diversificare un po’. Non so minimamente come funziona, mi chiedevo come “gira” il meccanismo, visto che bisogna muoversi visitando cantine/enoteche/eventi…etc. Vedendo quello che svolgi ti chiedo se mi puoi istruire un po’, per non essere totalmente impreparato quando entrerò in certi argomenti, soprattutto quelli di carattere economico…

Chi mi conosce sa quanto apprezzi l’uso dei mezzi digitali, questo per la possibilità che mi offrono di amplificare ciò che reputo opportuno condividere.  Ma attenzione, in primis amo scoprire con tutti i miei sensi quello che voglio conoscere, capire ed approfondire. E’ per questo che l’unica risposta che mi sono sentita di dare, è stata quella di scrivere un numero di telefono e una parola: chiamami.

Ci siamo sentiti poco tempo dopo. La prima cosa che gli ho detto è che il ‘ritorno economico’ sia pur giusto, deve avere la sua reale corrispondenza nella qualità del servizio offerto. “Non si vende nulla se non si garantisce la particolarità della prestazione”. E’  fondamentale l’esperienza, la preparazione, e la mente aperta alle nuove tecnologie.

La strada da percorrere è lunga. Alcuni arrivano prima, alcuni arrivano dopo e alcuni si perdono… ognuno segue il suo percorso. La cosa importante è rimanere se stessi, guidati dalla propria passione e non dalle onde del momento. Questo fa la differenza, la differenza fa il percorso…

Certo, lungo la strada imparando si cresce, questa è la naturale evoluzione delle cose, che però non deve oscurare le scelte inizialmente intraprese. Il carattere, l’istinto, la semplicità sono doti essenziali che, insieme all’umiltà, mettono in rilievo la persona. Saper tenere i piedi ben saldi per terra, continuare ad imparare, conoscere le persone, condividere esperienze e saper trarre in ognuna i giusti insegnamenti. Non ci sono segreti, l’importante è rimanere se stessi.

A conclusione gli ho raccontato di come ho iniziato a scrivere visitando e raccontando la storia di una vignaiola di Aosta, della tanta strada percorsa negli ultimi tre anni, delle molte esperienze, delle tante persone conosciute, delle delusioni ma anche delle emozioni. Come tutti ho dei sogni e delle speranze, e con queste ogni giorno vado avanti…




In Italia ci sono circa 7450 km di coste ma la pesca sta morendo. Qualcuno me lo spiega?!

Fino a poco tempo fa mi occupavo di organizzazione e di ottimizzazione delle risorse, in realtà me ne occupo ancora, perché applico questi principi a tutto quello che faccio.

Oggi la mia provocazione parte da qui.

Negli ultimi mesi sono stata a Taranto, a Crotone, a Pozzuoli, a Fiumicino… insomma sono stata in posti di mare, ma soprattutto in posti dediti alla pesca. Per capire meglio questo settore, ho tentato di avvicinarmi cercando di organizzare un’uscita notturna con i pescatori, per seguire il loro lavoro, per capire parlando e vivendo con loro. Purtroppo il maestrale non mi ha favorito, bloccando ripetutamente i miei piani.

Sono una testa dura, qualcuno direbbe una testa calda, in realtà sono una passionale e un’idealista, e non mi arrendo facilmente. Proprio per questo ho continuato ad approfondire l’argomento… per capire. L’ho fatto a Napoli, a Taranto, a Crotone e a Fiumicino. Mi fermavo e parlavo con loro, alcuni erano diffidenti, mentre altri, dopo aver capito il mio reale interesse, mi spiegavano.

Persone combattute, deluse, stanche, quasi arrese dallo stato delle cose, persone da ascoltare. Sono ben conscia che vivere le difficoltà di ogni giorno è cosa ben diversa che scriverne e parlarne.

Amo il mio paese e la sua gente, parlando con loro vivo il territorio, da nord a sud. Mi sostiene la passione e l’entusiasmo, anche se a volte è messo a dura prova dalle delusioni. Ma è questione di un attimo, perché basta una spallata per ‘farmi reagire e agire’ con l’unico mezzo che ho: ascoltare le persone e farmi interprete della voce della gente, quella che lavora, i veri Italiani.

Detto questo passo al punto, perché io voglio capire…

  • In Italia ci sono circa 7450 km di coste, ma la pesca sta morendo. Qualcosa non quadra, qualcosa che io non riesco a capire, soprattutto in un periodo di crisi come questo, in cui ottimizzare ciò che ci rimane dovrebbe essere questione prioritaria. Qualcuno mi definirà noiosa, persino logorroica nel sottolineare continuamente, in ciò che scrivo, gli stessi concetti.
  • In Italia la moda, il turismo, l’agricoltura, la pesca, l’enogastronomia sono settori trainanti, e in quanto tali vanno favoriti al massimo i loro percorsi. Purtroppo non è così. Continuo a non capire…

Questi sono giorni caldi, giorni di profonda crisi. Non si parla altro che di giochi di poteri di politicanti stipendiati dall’Italia che lavora, che se lo ricordino bene! Io non voglio parlare di loro, mi logora, mi da la nausea, lo trovo inutile e frustrante. Io voglio parlare delle nostre produzioni, degli Italiani, dei loro disagi.

Ribadisco un numero importante, una nostra ricchezza che come tale va valorizzata. Abbiamo 7450 km di coste, ma la pesca sta morendo.

Mi dicono che a Mazara del Vallo negli ultimi anni da 380 pescherecci ne sono rimasti 80, a Fiumicino sette anni fa ce n’erano 45, ora ce ne sono 25, a Crotone sta succedendo la stessa cosa. I pescatori sono in ginocchio. Si sta distruggendo una delle realtà economiche più importanti.

Mi dicono che a fine Settembre per un mese ci sarà il fermo biologico per il ripopolamento dei mari. Un fermo per la pesca a strascico che però riguarda solo i pescherecci. Non ferma la piccola pesca. Ma vi chiedo, è realmente piccola? Una volta la piccola pesca usava reti alte un metro e mezzo, oggi arrivano a 12 metri. Una volta si fermavano a 3 miglia nel mare, oggi si fermano a 10…

Perché non fermare tutti, e non per un mese, ma per un anno! E poi, perché permettere uscite di 14 ore in mare! Andrebbero permesse al massimo 8 ore! Sono parole dei pescatori, quelli che amano il mare, quelli che non lo sfruttano.

Il loro primo problema è il caro gasolio, il secondo è la burocrazia e le istituzioni che non li aiutano come dovrebbero, il terzo è l’abusivismo…

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