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Sapori in Poesia. Le frittelle di Glicine

 

Adoro il glicine e il suo colore. Da ragazzina ho passato molti anni in un luogo dove c’era una siepe infinita di questi fiori. Ricordo che passeggiavo e passeggiavo e… mangiavo i pistilli. Ebbene, qualche sera fa tornando a casa ho visto una nuvola rosa di grappoli di glicine. Di colpo ho bloccato la macchina, come ormai spesso accade quando qualcosa attira la mia attenzione. Non mi voglio perdere nulla, non più. E’ così che ho immerso il naso e ho incominciato ad aspirare. Un profumo delicato ma intenso, che rimane nella memoria, come è successo a me.

Non ho potuto fare a meno di fotografarli e di scrivere li sul posto le mie sensazioni. E’ irrefrenabile ormai questa voglia di fermare i ricordi e le emozioni. Le immagini, se condivise, suscitano a loro volta nelle persone pensieri ed emozioni. Lo sapete che cosa è nata da questa mia condivisione? Una poesia dell’amica Alessandra Paolini, una donna  che produce olio extra vergine di oliva in Calabria, e delle frittelle che mi ha preparato il mio amico cuoco Simone Toninato. Si, perché oltre ad annusare e ad ammirare i grappoli di glicine, ho fatto un piccolo furto fiorito. 😉

In realtà i fiori oltre alla vista ci appagano il palato attraverso molte preparazioni. Laura Rangoni, scrittrice enogastronomica e cuoca in primis, suggerisce l’uso dei petali della magnolia e dell’acacia. Marina Betto, scrittrice, sommelier e appassionata di piante e fiori (ha scritto un libro sul giardinaggio in terrazza), aggiunge che i fiori commestibili sono tantissimi ma devono essere coltivati senza anticrittogamici (prodotti chimici usati contro i parassiti).  La marmellata di rose, le violette candite, il gelato di gelsomino, i nasturzi in insalata… sapori molto particolari a cui non siamo abituati, ma da provare!

Avete mai assaggiato la felicità?

si arrampica,Glicine ricetta
vorace, lungo i tralicci
e riempie di glicine
l’occaso

è fragrante,
croccante,
ed elegante

è copiosa
lungo le nudità
dei tronchi nodosi
che hanno attraversato
tempeste e sterilità

se stringe troppo
il cuore lo incatena
e ricopre
di petali lillà:

è una frittella di glicine
la felicità!

di Alessandra Paolini

    

E se coltivassimo campi di fiori…?




Il Frutteto del Parco, una storia di frutta nata da un sogno Trentino

La ricetta: Tortei de patate della Val di Non

Adoro la frutta! Mi chiedo spesso perché non venga offerta come dovrebbe dalla ristorazione. La mela ad esempio è un frutto noto per la sua digeribilità. E’ nutriente, ha poche calorie, ed è una buona fonte di fibre. Io l’adoro a tal punto che ho adottato un melo! 😉

Oggi vi racconterò una storia di frutta nata da un sogno Trentino realizzato in Brianza.

Tutto è iniziato quando, non molto tempo fa, percorrendo in auto una strada che non conoscevo, ho notato davanti a un cancello un carretto con l’indicazione di un frutteto, o meglio, del Frutteto del Parco.

Dall’esterno si vedeva una lunga strada sterrata con tanti alberi da frutta. Non potevo non entrare… E’ iniziata così una storia di conoscenza e di amicizia con un gruppo di trentini che hanno realizzato un sogno di terra e di agricoltura nella bella Brianza.

Ma non solo, questa mia avventura mi ha portato ad adottare un albero di melo che seguirò fin d’ora durante la fioritura e la potatura, fino ad arrivare a Settembre, mese dedicato alla raccolta dei frutti.

Un modo per avvicinarsi all’agricoltura, per conoscere il lavoro dei contadini, per seguire le fasi della vita degli alberi sotto la guida di esperti che durante le visite spiegheranno l’evoluzione delle piante adottate. Adottare un albero significa regalarsi, con una quota annua di 25 euro, un contatto vero con la natura. Un consiglio che do ai genitori per avvicinare le nuove generazioni alla terra e per far si che la sentino propria.

Il Frutteto del Parco di Ceriano Laghetto, in provincia di Monza e Brianza, si estende per 80 ettari all’interno del Parco delle Groane. Un’azienda agricola nata dall’idea di un gruppo di imprenditori di Trento che il destino ha voluto portare in Brianza. Al suo interno si può trovare anche una Bottega del circuito di Campagna Amica, con prodotti locali dell’agricoltura e tipicità trentine.

Il primo degli ideatori del progetto che ho conosciuto è stato Walter Cova, un mobiliere appassionato di agricoltura che si divide tra la terra e il suo lavoro. Tanto l’impegno necessario per condurre la tenuta, ma come mi ha detto Walter – lavorare la terra ti rigenera e col tempo ti ripaga con i suoi frutti – un pensiero da me condiviso pienamente.

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Domenica 6 Aprile insieme abbiamo festeggiato la giornata dedicata alla fioritura.

E’ stato bello vederli tutti uniti a ridere e scherzare, semplicemente, come si faceva una volta in campagna. Una giornata dedicata alla natura e all’ecologia promossa dalla Pro Loco e dall’amministrazione di Ceriano Laghetto. Presenti rispettivamente il Presidente Gianmario Longoni e il Sindaco Dante Cattaneo.

Durante il tempo passato insieme si è parlato di agricoltura, di storia, e di tradizioni brianzole e trentine. A proposito di quest’ultime, ho avuto modo di assaggiare i ‘Tortei de Patate della Val di Non ’ preparati da Stefano Conforti e Matteo D’Andrea con la supervisione di Alberto Cova. Tre amici e cuochi per diletto e per passione.

Chi non conosce questo piatto tipico della tradizione trentina può leggere qui di seguito la ricetta che mi sono fatta dare dai miei cuochi chiacchieroni (non pensavo che i trentini parlassero così tanto… persino più di me). 😉

Tortei de patate della Val di Non

Ingredienti per 4 persone:

– 1 chilo di patate a pasta bianca
– 100 gr di farina bianca
– Sale q.b.
– Olio di arachide per friggere

Preparazione:

  • Sbucciare le patate e grattugiarle a grana grossa.
  • Unire la farina e il sale, quindi impastare col cucchiaio dello ‘zio Paolo’ (un cucchiaio abbondante, loro lo chiamano così).
  • Friggere fino a doratura.
  • Quindi stendere su una carta assorbente, e servire con affettati e formaggi tipici trentini.

Per quanto riguarda il vino, mi hanno consigliato di abbinare un buon Teroldego, e se volete, per il dopo cena, una buonissima grappa aromatizzata all’Asperula, un’erba officinale che si trova nei boschi.

Come dico sempre le ‘Persone’ sono la chiave di tutto, salute, e arrivederci al Frutteto del Parco!

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Frutteto del Parco – Via del Laghetto 56 – Ceriano Laghetto (MB)

www.frutteto.biz – E mail: info@frutteto.biz




Stasera si mangia broccoli! Mi raccomando, ma con il gambo!

Stasera sapete cosa faccio? Vado in cucina! Qualcuno storcerà il naso… forse perché chi mi conosce sa che amo più mangiare che cucinare.  😉

Come diceva il filosofo tedesco Ludwig Feuerbachsiamo quello che mangiamo –  più chiaro di così! Personalmente amo ricercare la storia, le tradizioni, ma anche le proprietà terapeutiche del cibo, perché mangiare bene è il segreto per stare in salute.

La cosa importante è scegliere buone materie prime, possibilmente #madeinitaly visto le ottime produzioni che abbiamo, ma mi raccomando, ottimizzando ed evitando gli sprechi.

Gambo del broccolo

Gambo del broccolo

Oggi sono stata al mercato e ho comprato due broccoli, dell’insalata, un po’ di frutta secca, un pezzetto di provolone e un buon olio extra vergine di ‘olive italiane’ (controllate che sia scritto).

A tal proposito quando siete in vacanza approfittate per andare a visitare un’azienda agricola che lo produce; se vi piace compratelo, e poi a casa comodamente fatevelo spedire. Tra l’altro, consumando lo stesso olio che avete assaggiato in vacanza vi sembrerà di rivivere i bei momenti vissuti.

Ma torniamo ai broccoli. Ora li uso per prepararmi un piatto di pasta e un’insalata mista. A proposito, sono ricchi di vitamina C che però ahimè con la cottura in acqua in parte si perde.  Per ovviare a ciò l’ideale è cuocerli al vapore.

Detto questo, una volta lessati li unisco all’acciuga soffritta con l’aglio, o in aggiunta a del tonno. Userò  questo preparato per condire la pasta. Mi raccomando, non risparmiate sulla ‘qualità della pasta’, incide molto sul risultato di un piatto!

Bene, è rimasto il gambo del broccolo. Adoro il suo sapore!  Una volta pulito va tagliato a rondelle sottili e va unito a una bella insalata, a del provolone a tocchetti, e a tanta buona frutta secca!

Che ne dite…? Io intanto mangio, buon appetito! 😉

Orecchiette con i broccoli




Torta di mele e marmellata di lamponi per… #UnLampoNelCuore

Le donne di Bratunac…  una storia di donne dal sapore di lampone

cartinaHo appena finito di ascoltare Rada Zarcovick, una donna bosniaca nata in un paese che non c’è più. Il suo, un racconto di un massacro che nel 1995 ha sventrato una terra poco lontana da noi: la ex-Jugoslavia. Ottomila persone uccise, per la maggiore uomini.

Donne rimaste sole che hanno trovato la forza di rialzarsi investendo il proprio lavoro nell’antica coltivazione dei lamponi. Donne in rinascita che vivono, lavorano e producono ‘insieme’  in una cooperativa agricola.

Le cose lette della guerra che ha travolto questi popoli mi hanno sempre sconvolta. Non capirò mai come il genere umano può raggiungere soglie di tale crudeltà.

Ebbene, sono stata coinvolta in un movimento di solidarietà di 300 food blogger per aiutare queste donne, dando un senso alla giornata dell’8 Marzo. Il compito di ogni blogger sarà quello di preparare una ricetta a base di lamponi. Accettare è stato un vero piacere, partecipare un  onore.

Con questa iniziativa, i food blogger che aderiscono a “unlamponelcuore” intendono far conoscere il progettoLogo Lamponi di Pace “lamponi di pace” e la Cooperativa Agricola Insieme (coop-insieme.com), nata nel giugno del 2003 per favorire il ritorno a casa delle donne di Bratunac dopo la deportazione successiva al massacro di Srebrenica, nel quale le truppe di Radko Mladic uccisero tutti i loro mariti e i loro figli maschi.

 Per aiutare e sostenere il rientro nelle loro terre devastate dalla guerra civile, dopo circa dieci anni di permanenza nei campi profughi, è nato questo progetto, mirato a riattivare un sistema di microeconomia basato sul recupero dell’antica coltura dei lamponi e sull’organizzazione delle famiglie in piccole cooperative, al fine di ricostruire la trama di un tessuto sociale fondato sull’aiuto reciproco, sul mutuo sostegno, e sulla collaborazione di tutti.

 A distanza di oltre dieci anni dall’inaugurazione del progetto, il sogno di questa cooperativa è diventato una realtà viva e vitale, capace di vita autonoma e simbolo concreto della trasformazione della parola “ritorno” nella scelta del “restare”.

Nonostante non sia una food blogger, oggi mi impegnerò al meglio per fare una torta a base di lamponi. Una preparazione molto semplice che dedicherò a delle donne coraggiose che si sono rimesse in gioco percorrendo la strada dell’agricoltura con la coltivazione dei lamponi.

Lo sapevate che…

  • I lamponi sono ricchi di vitamina C
  • Il loro succo è noto nella medicina naturale per le proprietà benefiche sull’apparato digerente

Torta di mele e marmellata di lampone

UnLampoNelCuoreRicetta

Ingredienti:

– 2 uova
– 150 gr. di farina
– 100 gr. di zucchero
– 100 gr. di marmellata di lamponi
– 1/2 bicchiere di succo di lamponi
– 2 mele tagliate a quadrettini
– 60 gr. di burro ammorbidito
– un pizzico di sale
– una bustina di lievito

 Preparazione:
  • In una terrina sbattere le uova con lo zucchero.
  • Quindi unire uno alla volta tutti gli ingredienti mescolando fino ad ottenere un composto omogeneo che trasferirete in una teglia.
  • Cuocere nel forno precedentemente riscaldato a 180′ per 40 minuti.

Una volta raffreddata tagliare la torta a quadrettoni servendola accompagnata da qualche cucchiaio di marmellata di lamponi.

Una merenda energetica perfetta per la prima colazione!

Cinzia e la cucina

Ecco alcune indicazioni per trovare i prodotti della Cooperativa Agricola Insieme :

– sono distribuiti da Coop-Adriatica e NordEst quindi si trovano più facilmente nel Veneto, Friuli Venezia Giulia, parte dell’Emilia e della Lombardia. I punti vendita che hanno in assortimento i prodotti partono dai 1000 mq in su;

– sono distribuiti anche da Altromercato e dal commercio equosolidale e dal loro sito (altromercato.it) è possibile, tramite anche una richiesta via email, ottenere i punti vendita;

– nel milanese vengono distribuiti da MioBio, un gas molto attivo.

 

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Lo sapevate che l’insalata…

  • L’insalata, anche se costituita dal 90% di acqua, è una buona fonte di fibre, vitamine e sali minerali.
  • Apporta carotenoidi, sostanze antiossidanti che prevengono le malattie degenerative.
  • Di per se ha poche calorie, condizionate però dalla quantità del condimento che viene usato.

Personalmente adoro le insalate, soprattutto quelle miste! Peccato che spesso, quando le ordino al ristorante, mi arrivano due foglie verdi e qualche pomodoro! 🙁

Ebbene, sapete cosa intendo io per insalata mista? Di tutto di più, o meglio, un’insalata a foglie verdi, ortaggi, frutta fresca e secca… ovviamente il tutto nel rispetto della stagionalità.

Detto questo ve ne segnalo una veramente buona, un’insalat…ona che una sera mi ha preparato un amico. 🙂

L’Insalat…ona di Agostino

 Ingredienti:

  • Insalata Chioggia
  • Carote grattugiate
  • Pomodori ramati pachino
  • Noci
  • Mela golden tagliate a fettine sottili
  • Olive taggiasche
  • Pinoli
  • Semi di sesamo e semi di finocchio tostati in pentola

Unire tutti gli ingredienti e condire con un olio extra vergine di oliva, un buon aceto e sale q.b.

Una vera bontà ! 

 




Lo sapevate che il vino si mette anche nel brodo…

Ebbene si! Me lo ha insegnato mio nonno Giuseppe, un mantovano Doc!

Di lui, oltre alle mitiche carte da gioco che mi ha regalato da bambina, mi rimangono alcuni insegnamenti, come l’abitudine di usare il cucchiaio per arrotolare le tagliatelle, o quella di mettere un pizzico di sale sul melone per renderlo più dolce, o infine, quella di mettere un po’ di vino nel brodo.

Ricordo tanti anni fa, quando, una mattina alzandomi per fare colazione, l’ho visto per la prima volta bere del brodo in cui aveva messo un goccio di vino. Figuratevi la mia faccia…: “Nonno, ma che fai?! Metti il vino nel brodo, e per giunta lo bevi a colazione?!  

Molti sapranno che questa usanza è praticata in alcune province della Lombardia, Emilia e Piemonte. Aggiungere del vino al brodo, intendo quello buono, quello fatto non sicuramente con il dado, per i mantovani e non solo è una vera e propria tradizione! 😉

Detto questo, partendo dal presupposto che il brodo debba essere buono, direi di seguire la ricetta che ci consiglia un caro amico, lo Chef Massimo Dellavedova.

Il Brodo di carne di Massimo Dellavedova

Ingredienti:

  • 1 kg di bovino adulto (reale, punta di petto, polpa di spalla, scamone)
  • 500 gr. cappone (va bene anche il pollo)
  • 1 cipolla grossa
  • 2 gambi di sedano
  • 1 carota media
  • 2 chiodi di garofano
  • 3 foglie di alloro
  • 4 grani di pepe nero
  • Poco sale grosso
  • 4,5 l. di acqua

Preparazione:

  • Mondare verdure e cappone (pollo)
  • Steccare la cipolla con i chiodi di garofano
  • Mettere tutto in una capiente pentola
  • Fate sobbollire per almeno 3 ore schiumando con il mestolo forato ogni volta che si forma la schiuma. Raccomando di non fare bollire.
  • A cottura finita, filtrarlo, aggiustarlo di sale e raffreddarlo. Una volta freddo sgrassarlo. Questa operazione risulta semplice perché la parte grassa si è solidificata in superfice.

In questo modo si otterranno tre litri di brodo.




Il Gulash ungherese

di Agostino Zampieri

Ciao Cinzietta, ho pensato di mandarti una ricetta che mi ricordasse le mie origini venete molto vicine alle tue, visto che i miei genitori sono della zona di Oderzo, a Treviso. Poi, pensandoci bene, ho preferito inviarti la ricetta di un piatto le cui atmosfere mi ricordano un viaggio che ho fatto recentemente a Budapest.

Budapest è una città bellissima divisa in due dal Danubio, ‘Buda e Pest’. Una città ricca di storia, di ponti suggestivi, di  magnifici palazzi, e di acque termali.

Un popolo dalle grande storia, anche in cucina…

Budapest

Budapest

Ti parlerò del Gulash, e più precisamente del Gulash ungherese, visto che ne esistono un’infinità di varianti. Nonostante sia una ricetta oramai internazionale, i risultati finali sono molto differenti tra loro. Tra l’altro negli ingredienti c’è anche il vino rosso che piace a te, e questo è un valore aggiunto non da poco.

Questo piatto tipico di Budapest, pieno di profumi e piccante al punto giusto, lo si trova un po’ ovunque, come la paprika che è il suo ingrediente base.  Tra i ricordi, le fotografie, e i souvenir di questa splendida città, ho anche una bottiglia di Tokaji Szamorodni Szraz (secco) che attende l’occasione giusta per essere aperta…

 

Ingredienti:

 

Per il brodo vegetale da preparare in anticipo:

2 cipolle medie, 2 patate, 2 carote, 2 coste di sedano in 2 litri di acqua

 

Per il Gulash: 

500 gr polpa di manzo a tocchetti (meglio tagli anteriori)

3 cipolle piccole

4 patate medie

½ bicchiere di vino rosso corposo

200 gr di polpa di pomodoro

1 cucchiaio di paprika dolce

½ cucchiaio di paprika piccante (a piacimento)

4 cucchiai di olio

50 gr di burro

1 cucchiaio di farina

Sale e pepe q.b.

 

Preparazione:

Tagliare le cipolle a cubettini sottili e soffriggerle delicatamente in olio e burro. Appena prendono colore aggiungere la carne infarinata a tocchetti mescolando continuamente fino a che prende colore. Aggiungere sale e pepe facendo sfumare il vino, quindi unire la paprika, la polpa di pomodoro, e l’eventuale farina rimasta. Continuare a mescolare aggiungendo al bisogno il brodo caldo. Far cuocere a fuoco basso per circa due ore.  

 

Nel frattempo cuocere le patate, che, una volta intiepidite, dovranno essere sbucciate e tagliarle a tocchetti piccoli. Verranno aggiunte nel brodo, insieme alla carota, pochi minuti prima di servire a tavola.

 

 

 

 




Oggi son cavoli, o meglio… cavoletti di Bruxelles, miele e uvetta!

Tempo fa mi è stato chiesto se mi ritenessi una donna di cucina. Mah… devo confessare che sono più brava a mangiare che a cucinare… 😉 

Amo celebrare il cibo nei posti ricercati,  dove i cuochi, oltre che a cucinare raccontano la storia dei piatti, per dare il giusto significato a chi come me, ritiene che mangiare sia uno tra i maggiori piaceri della vita.

Il cibo va raccontato con le sue storie e le sue tradizioni, perché il legame che lo unisce al territorio e alla sua sua gente, è una naturale conseguenza della sua evoluzione.

Detto questo, a dimostrazione che chi si impegna si ingegna, mi metto ai fornelli! Oggi son cavoli, o meglio…cavoletti! 🙂

“Cavoletti di Bruxelles, miele e uvetta”

Ingredienti:

  • Cavoletti di Bruxelles (verdura tipicamente invernale ricca di vitamina C)
  • Uvetta passa
  • Barolo
  • Miele di melata
  • Cipolla di Tropea
  • Olio extra vergine d’oliva di quello buono
  • Sale quanto basta 

Procedimento:

  • In un tegame di terracotta fate ammorbidire in olio extra vergine d’oliva della cipolla di Tropea tagliata a fettine sottili. 
  • Unire i cavoletti di bruxelles tagliati a spicchi, l’uvetta precedentemente ammorbidita in un bicchiere di Barolo, e un cucchiaio di miele di melata.
  • Fate cuocere lentamente il tutto fino a che risulti armoniosamente amalgamato.
  • Sale e pepe quanto basta, e in ultimo un filo d’olio d’oliva evo (extra vergine di oliva).

Il miele di melata è leggermente amarognolo, meno dolce degli altri mieli. E’ l’unico che viene prodotto dalle api non utilizzando i fiori, ma da una sostanza zuccherina chiamata melata, prodotta da alcuni insetti. E’ presente solo in alcune piante come il tiglio, l’acero, la quercia e la roverella. Ha una quantità inferiore di zuccheri, ma una maggiore presenza di manganese, ferro, zinco, cobalto e di sali minerali. Questo rende il miele di melata un ottimo ricostituente naturale.

 




Le Cozze Arraganate alla Tarantina

Ricetta: “Cozze arraganate alla Tarantina”

Col tempo ho imparato a vivere le città che visito passeggiando lentamente, di giorno e di notte, guardando gli scorci più nascosti, e gli attimi di vita vera…

Qualche sera fa, nella bella e suggestiva Taranto, guardavo i pescatori occupati nel riordino delle loro barche. Li ascoltavo mentre allegramente fra loro scambiavano battute. A dir la verità qualcosina ho capito, almeno credo… Leggete un po’ qua cosa si dicevano:

“Catà, quann’u marit arriv’a quarantina, lass’a mugghier e s’n ve a cantina, quann’a mugghier arriv’a quanrant’ann lass’u marit e s’pigghi’a Giuann.”

Tradotto credo significa: “Cataldo, quando il marito arriva alla quarantina trascura la moglie e se ne va in cantina, quindi alla moglie a quarant’anni non resta che trovarsi un… Giovanni”.  La saggezza popolare eh… 😉

Ogni volta che mi soffermo a guardarli, penso fra me e me, a quanto vorrei vivere per una notte la vita vera dei pescatori su un peschereccio. Prima o poi sono certa che lo farò. Questa è ormai la mia vita, la vita bella che mi ha rapito il cuore…

Per ora mi accontento di assaggiare il loro pescato. Qui di seguito riporto una semplicissima ricetta tipica tarantina che ho assaggiato al Ristorante Ponte Vecchio, in una notte splendida dall’atmosfera unica…

Cozze arraganate alla Tarantina

Inizio col dirvi che “arraganate” in tarantino vuol dire “gratinate”.

Dunque, acquistate delle cozze, io ne prenderei a vagoni visto che le adoro!  Mi raccomando però, che siano belle fresche!

Una volta pulite apritele a crudo, e predisponetele a mezzo guscio in una teglia.

Quindi preparare l’impasto per il ripieno amalgamando bene a del pan grattato con l’olio d’oliva, in questo caso Pugliese, e che sia buono mi raccomando! Unire del pepe, prezzemolo, e pecorino quanto basta (no sale).

Una volta impastato bene il tutto riempite le cozze, e passate la teglia nel forno per 10 minuti a 220 gradi.

La mia amica Maria Palumbo, tarantina DOC, consiglia come alternativa, per chi ama sentire appieno il sapore delle cozze, di non unire il formaggio… Gusti son gusti! 🙂

Io le ho assaggiate con il pecorino… vi assicuro, una delizia!

La Produzione delle Cozze Nere Tarantine è la più antica e la più grande a livello mondiale.

I Tarantini hanno impiantato, e di conseguenza insegnato alla gran parte del mondo la coltivazione delle cozze. Quelle di Taranto, riconosciute anche per la forma, sono diventate ora più salate perché si coltivano nel Mar Grande. In realtà la Vera Cozza Tarantina è quella del Mar Piccolo, zona attualmente impraticabile per l’inquinamento. (cit. Mimmo Modarelli)

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Ristorante Ponte Vecchio

Piazza Fontana, 61, Taranto




Due chiacchiere con un Fornaio Sovversivo, perché c’è pane e… Pane!

La ricetta: “Le Macine”

Sto andando dal fornaio a prendere il pane… lo adoro!

Avete presente quel profumo che si sente entrando in bottega… mmm, meraviglioso!  Ma attenzione, c’è pane e… Pane! 😉

Voglio fare un po’ di chiarezza! Oggi si va dal fornaio, ma per parlare di pane, di farine, di lieviti e… di pasta madre. 

La mia vittima di turno è Massimo Grazioli, un fornaio che ho conosciuto all’ultimo Raduno dei Sovversivi del Gusto.

Dal 1974, data d’apertura della sua bottega, produce con continuità prodotti da forno.

“Il pane, un sapore che ha il gusto della vita e che ti lascia senza parole, che ci accompagna e ci porta a spasso nel tempo. Massimo Grazioli”

Ma ora inforNiamo il pane, ops che ho detto, oggi… inforMiamo! 😉

  • Ciao Massimo, cominciamo dall’inizio, ma come si fa il pane?

Per fare il pane, ma che sia buono, è necessario utilizzare materie prime di qualità.Massimo Grazioli

Primo. L’utilizzo di farine integrali macinate a pietra è fondamentale.

Secondo. Dare la giusta importanza al tempo necessario a far maturare l’impasto, passo fondamentale per sviluppare profumi e aromi, e per renderlo più digeribile.  

Terzo. Il sudore e la fatica di chi fa il pane ti da la sua anima, ma in cambio vuole la tua.

Quarto. Il lievito madre.

  • Parliamo di un fungo. Eh si, proprio un fungo, “il lievito”. Dunque, si sente parlare di lievito di birra, di lievito madre… Facciamo un ripassino?

Il lievito madre è una coltura di microrganismi, funghi e batteri vari, il cui metabolismo produce una fermentazione, cioè trasforma gli amidi della farina in anidride carbonica e in alcool, facendo lievitare l’impasto.

La vera peculiarità del lievito madre, è che fra i vari funghi e batteri (le due specie sono cugine), sono presenti batteri lattici e acetici che producono una serie di acidi organici e danno al pane, fatto col lievito madre, caratteristiche uniche in fatto di aroma, digeribilità e conservazione.

A differenza, nel lievito di birra sono presenti solo funghi (Saccaromiceti) che fermentano si, ma producono pochissimi acidi organici. Lo si capisce benissimo dall’aroma del pane.

  • Ora passo ad un argomento che definirei scottante, mi riferisco alle farine. Diciamo che c’è un po’ di confusione tra il consumatore, anche perché tristemente ci sono farine di cattiva e dubbia provenienza. Vuoi parlarmene, e soprattutto, dare qualche consiglio per una scelta più consapevole?

Dal mio punto di vista è fondamentale usare quelle macinate a pietra, che siano integrali,  e che possibilmente provengano da cereali di agricoltura biologica. Da qui ha origine il vero valore del pane per chiunque decida di panificare in modo casalingo o professionale.

Ti confermo poi, che nel mondo delle farine provenienti da mulini industriali, non sempre tutto è chiaro e limpido. Direi a questo punto, che è preferibile acquistarle da piccoli mulini che macinano a pietra, oppure tramite i GAS, o infine nei negozi specializzati tipo Natura Si.

  • Nell’impasto anche l’acqua ha la sua giusta importanza. Tu che acqua usi?

Per l’acqua io uso un dispositivo che la rende più leggera togliendo anche un po’ di calcare.

  • Sale o non sale, nel senso che alcuni lo usano altri no. Quando, come e… quale va usato nel pane?

Si per il sale, e solo sale marino integrale. Io uso il sale di Pirano che è anche meno amaro. La percentuale è del 1,6 % su ogni kg di farina. Inoltre, con le farine integrali più ricche di sapore, se ne ha minore necessità.

Per concludere ti chiedo una ricetta con il pane, una della tradizione, come piace a me! 🙂

Eccoti accontentata Cinzia, ti darò la ricetta per fare “Le Macine

 

Ingredienti :

·       800 gr. di farina macinata a pietra “Le Macine” del Mulino Marino

·       200 gr. di segale integrale

·       650 cl. di acqua a 28 °

·       400 gr. di lievito naturale a maturazione pronta

·       15   gr. di sale

 

Preparazione :

  • Impastare il tutto, tranne che per il sale, e per 50 gr. di acqua che aggiungeremo solo alla fine per bilanciare.
  • Lavorare l’impasto lentamente fino ad ottenere un panetto  ben formato.
  • E’ fondamentale che la temperatura finale dell’impasto sia di circa 27/28 gradi.
  • Lasciare lievitare al caldo per più di 2 ore.
  • Quindi formare la pagnotta, e lasciarla lievitare per altre 2 ore.
  • Infornare a 210° per 60 minuti.
  • Infine spegnere il forno, lasciando all’interno le macine per altri 10 minuti a sportello socchiuso.

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La Bottega del Pane di Massimo Grazioli

dal 1974

Via Rossini 15 – Legnano (MI)

e-mail: massig61@alice.it

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