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La mia frittata del… Cactus!

Durante i miei giorni trascorsi sull’isola di Ponza, ho passato parte del mio tempo sul terrazzo della casa in cui ho soggiornato, una tipica abitazione ponzese in un borgo marinaro di pescatori in frazione di ‘Le Forna’. Ho goduto così di un’atmosfera molto particolare: di giorno una ricca e variegata vegetazione mediterranea, e, al calar del sole, della poesia delle luci delle case in lontananza sulla collina… quasi un presepioNopal..

Mentre i miei occhi brillavano per tanta bellezza, ho fatto una piccola ricerca su una pianta rigogliosa che avevo proprio a fianco a me: il cactus. Adoro da sempre i suoi frutti, i fichi d’India, molto meno le sue pale spinose, i cladodi, più noti con il nome di Nopal. Detto ciò, visto che sono curiosa e che amo le sfide, con la dovuta prudenza, ma soprattutto con dei guanti, ne ho tagliata una giovane e… l’ho messa in padella!

Le pale del cactus Opuntia, pianta tipica messicana, sono un alimento molto diffuso nella cucina di questo paese per il buon apporto nutrizionale di calcio, magnesio, ferro, potassio, vitamina A e C. Inoltre è conosciuto per i suoi effetti sazianti, diuretici e ipoglicemici. Una volta tolte le spine, si può assaggiare la sua morbida polpa aggiungendola nelle insalate o come ingrediente per gustose frittate.

Ebbene, fatta questa premessa, visto che amo conoscere e assaggiare tutto ciò che la natura ci offre spontaneamente, mi sono fatta la mia frittata… del cactus! 😉

Nopal

  • Raschiare le spine di due pale, Nopal, con un coltello affilato.Nopal
  • Tagliarle a pezzetti e porle in un tegame ricoperte di poca acqua.
  • Farle cuocere per circa 15 minuti unendo del sale grosso e mezzo succo di limone.
  • Scolare e sciacquare sotto l’acqua fredda per togliere la ‘gelatina’ restante.
  • Nel frattempo imbiondire una cipolla in padella unendo il Nopal a pezzetti, uova sbattute, sale e olio extra vergine di oliva.

Assolutamente da provare!




Ricordi d’estate e… di “Frico Friulano”

Ricordo quando da bambina, durante le vacanze estive in campagna, ci si organizzava per la consueta gita dai cugini in Friuli…

Lungo la strada, mentre guardavo dai finestrini il susseguirsi dei bei paesaggi della Carnia, in provincia di Udine, ascoltavo i racconti che gli zii facevano dei miei bisnonni di Trava e di mio nonno Emilio.  Ci ha lasciati poco tempo prima che io nascessi… il mio secondo nome è in sua memoria.

Un uomo creativo e ingegnoso, generoso e di buona compagnia, così ama ricordarlo mio cugino Giuliano. Ha vissuto in Carnia fino a quando l’amore per mia nonna, Luigia, l’ha portato a trasferirsi in un paesino del Trevigiano.

La Carnia, una terra tra le montagne abitata da uomini e donne operose, i Friulani. Giuliano vive ancora li…

“La Carnia è un luogo dove sei in pace con te stesso e con il mondo… è l’armonia tra l’uomo e la natura.” Giuliano De Colle

Oggi in suo onore voglio ricordare un piatto tipico della tradizione Friulana che amo molto, il Frico. Un piatto dalle origini antiche, citato per la prima volta nel 1400 dal maestro Martino da Como nell’opera “De Arte Coquinaria”. Qui di seguito riporto la ricetta tipica di famiglia.


  Il Frico Friulano

Dosi per 4 persone:

  • 2 cucchiai d’olio
  • mezza cipolla
  • 500 gr. di patate
  • 250 gr. di formaggio montasio
  • sale q.b.

Preparazione:

– Tagliare finemente la cipolla, rosolarla in una padella antiaderente e unire le patate tagliate a lamelle fini.

– Salare e cuocere per  20 minuti  mescolando spesso il tutto.

– Quando il composto si è ben amalgamato, aggiungere il formaggio tagliato a scaglie sottili fino a farlo fondere.

– Girare più volte il frico in modo da creare una crosta uniforme e dorata.

A questo punto non mi rimane che augurarvi buon appetito salutandovi  come  si conviene in Friuli…  mandi! 😉




“A mio figlio Andrea… era l’8 Dicembre del 1989”

La ricetta : “La Fonduta”

Era l’8 Dicembre del 1989,  era notte quando nacque mio figlio…

Mi tornano in mente le parole della scrittrice americana Erma Bombeck…

I figli sono come gli aquiloni,
passi la vita a cercare di farli alzare da terra.
Corri e corri con loro
fino a restare tutti e due senza fiato…
Come gli aquiloni, essi finiscono a terra…
e tu rappezzi e conforti, aggiusti e insegni.
Li vedi sollevarsi nel vento e li rassicuri
che presto impareranno a volare.


Infine sono in aria:
gli ci vuole più spago e tu seguiti a darne.
E a ogni metro di corda
che sfugge dalla tua mano
il cuore ti si riempie di gioia
e di tristezza insieme.

Giorno dopo giorno
l’aquilone si allontana sempre più
e tu senti che non passerà molto tempo
prima che quella bella creatura
spezzi il filo che vi unisce e si innalzi,
come è giusto che sia, libera e sola.


Allora soltanto saprai
di avere assolto il tuo compito. 

Così è giusto che sia…

Sfogliando delle vecchie foto  la mente è tornata in un lampo a quei ricordi, ormai ventitré anni fa… Quanta paura, essere genitore fa cambiare tutto, la responsabilità di una vita per la prima volta. Non ero pratica di bambini, essendo figlia unica non ero molto esperta.

Ricordo che, quando lo vidi per la prima volta aveva una testa terribilmente allungata. Avete presente i Simpson?  Chiesi subito:  “Ma rimane così?” Mi spiegarono che era la conseguenza delle difficoltà che avevo avuto nel parto. Il gonfiore scomparve in fretta a differenza della suo pianto… uh che frignone! Piangeva sempre, e con che voce! 🙁

La sua prima parola “brumma”, macchina…

In realtà la passione per i motori l’abbiamo entrambi nel DNA. Però, a differenza di lui,  io ho i miei limiti! Certe volte lo strozzerei! E’ arrivato a portarmi una portiera in camera! Senza parlare di quella volta che aprendo la doccia mi sono trovata davanti ad un pneumatico! Più che in una camera lui vive in un officina!

Ma non solo, perché essendo appassionato di tecnologia sperimenta di tutto! Avete presente l’eccentrico inventore Emmett “Doc” Brown nella trilogia di Ritorno al futuro? Ecco, lui… uguale!!! 😉

Andrea è un po’ particolare, come me dicono.  A volte orso e solitario, ma per lo più amabile e sensibile. Solo chi lo conosce bene lo sa.

Mi ricordo quando anni fa felice mi portò a casa da scuola la sua ricetta della fonduta. La provammo subito. La sto leggendo ora esattamente come me la scrisse lui:

La Fonduta di Andrea  (dosi per una persona)

  • 100 gr. di fontina DOP
  • 3 cucchiai di latte
  • 15 gr. di burro
  • 1 uovo  

Amalgamare tutti gli ingredienti e far cuocere a fuoco lento mescolando fino ad ottenere un composto omogeneo.

Oggi Andrea compie gli anni. La nostra vita negli ultimi tempi è cambiata, io spesso sono assente, ma di una cosa sono certa, come un aquilone, lui ormai ha imparato a volare.

Andrea

Andrea




“Frittata cugli sparni” (Frittata di asparagi selvatici)

La ricetta : “La Frittata di Asparagi Selvatici”

di Romano Pomponi

…le persone e i loro racconti di cucina popolare

Semplice e genuina, con uova di galline allevate a terra nelle aie, cipolla bianca di campagna, asparagi selvatici e pancetta affumicata in casa. Naturalmente olio extra vergine delle colline ciociare

Bene, cominciamo dagli asparagi selvatici…  Essendo la Ciociaria una terra collinare e montuosa, non è difficile trovarli; crescono sia nelle radure, che nei boschi assolati sino a circa 1000 m. L’olio è prodotto quasi esclusivamente sulle colline rocciose, alcalino, con bassa acidità, e quel leggero pizzicorino che scompare con il tempo.

Quasi una frittata di moda…  Io sono nato nel 1958, e pur vivendo in una cittadina turistica come Fiuggi, quasi tutti avevano il maiale allevato in campagna, le galline,  e piccoli orticelli in cui si piantavano ortaggi  di vario genere, adesso si direbbe biologico, ma noi avevamo tutto così già allora, eravamo biologici, e non lo sapevamo!

La frittata era un piatto che si preparava spesso, gustoso ma povero, compariva sulla tavola di tutti, non dico tutti i giorni ma quasi. Dimenticavo, gli asparagi vanno spezzati con le mani finché si sente la parte tenera, la parte legnosa non va utilizzata.  Io faccio soffriggere gli asparagi con la cipolla e il guanciale.  Appena il tutto comincia a rosolare aggiungo le uova, e metto un pizzico di sale per ciascuna.  Andrebbe servita con del pane casareccio cotto nel forno a legna.  Un piatto umile ma sostanzioso…  come la mia amata Ciociaria

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