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A proposito di verdure di stagione, la conoscete la Spingitora?

La Spingitora è un’antica tradizione in uso in Puglia. In pratica durante il pasto, senza doverlo chiedere, viene portato a tavola un piatto misto di verdure di stagione. Verdure fresche non condite che, come dice la parola, ‘spingono’ a mangiare ancora.

La storia sembra far risalire questa consuetudine agli Spagnoli, che, a loro volta, l’hanno ereditata dai paesi Arabi. A parte le origini, amando molto le verdure, io trovo che questa tradizione vada diffusa e condivisa.

La cosa importante, nella scelta delle materie prime, è la stagionalità e la provenienza.  E’ consigliabile quindi fare attenzione negli acquisti, per salvaguardare la nostra salute e per aiutare l’agricoltura italiana.

Ma perché si raccomanda di mangiare più verdure?

Facciamo un breve ripasso.

  • Sono un’ottima fonte di vitamine, sali minerali e antiossidanti.
  • Nei mesi caldi, con la perdita di liquidi, ci aiutano a idratarci.
  • Sono una buona fonte di carotenoidi: pigmenti vegetali con proprietà antiossidanti. Quest’ultimi, neutralizzando i radicali liberi prodotti in eccesso dall’organismo, evitano che queste molecole danneggino le membrane delle cellule sane e il loro DNA.
  • Numerosi studi hanno confermato che un’alimentazione ricca di verdure è indice di buona salute. Nelle popolazioni che ne fanno abbondante consumo l’incidenza di malattie tumorali è nettamente inferiore.
  • Meglio crude o cotte? E’ una questione di gusto. Comunque sia, mangiandole crude si evita di perdere delle vitamine.

Concludo con un ultimo consiglio. Le verdure crude vanno a braccetto volentieri con il Pinzimonio: una miscela ottenuta amalgamando buon olio extravergine di oliva, sale, pepe, buon aceto o eventualmente del limone.

Un piatto fresco e leggero perfetto in ogni stagione, che consiglio ai miei amici ristoratori di portare sempre a tavola!

Calendario delle Verdure

Fonte: ‘Cibi che fanno bene, cibi che fanno male’  – Tom Sanders docente di nutrizione e dietetica King’s College University of London




“Mi faci nu piattu di favi?” Il purè di fave di Franca e Ninì

Nei miei giorni passati a Carovigno ho conosciuto una famiglia titolare di una piccola trattoria sul mare. Anche se qualcuno stenta a crederlo, riesco a non dire una parola se non mi trovo bene in un posto, mentre a differenza, se mi trovo a mio agio, sono un fiume in piena. Ebbene, la prima volta in cui sono andata in questo ristorantino familiare ho conosciuto Ninì, sua moglie Franca, ed Elena, la loro figlia.

Era tardi, nel locale c’era poca gente. Io mangiavo seduta a un tavolo, e Ninì a un altro, a poco distanza. L’ho visto silenzioso e con gli occhi tristi. Forse è per questo che gli ho chiesto che cosa avesse nel piatto. Con lo sguardo perplesso mi ha risposto che purtroppo non poteva più concedersi ciò che voleva a causa di una malattia. Non so bene perché, forse per trasmettergli un po’ del mio entusiasmo per quel momento passato li, ma mi sono spostata e mi sono seduta a mangiare a fianco a lui per chiacchierare. Mi ha raccontato del suo incontro con Domenico Modugno…

Ninì ci ha lasciati Mercoledì 23 Luglio scorso dopo una lunga malattia. Ho promesso a Franca di scrivere di lui e del nostro incontro. In verità lo avevo già fatto, prima ancora di avere la notizia. Questo è il mio modo per ricordarlo.

“Mi faci nu piattu di favi?” E’ così che si chiede a Specchiolla, frazione di Carovigno in provincia di Brindisi, uno dei piatti tipici pugliesi. Come l’ho scoperto? Andando Da Ninì, una piccola trattoria sul mare che ha attirato la mia attenzione per i fiori e le piante poste a bella cornice intorno al locale. Chi ama la natura di per se è già una persona speciale, per me, che amo il verde, la migliore presentazione.

In realtà il nome esatto di questo punto di ristoro è T.A.V. (tiro a volo), essendo oltre che ristorante la sede dell’Associazione tiro al piattello di Specchiolla. Ci sono entrata un giorno dopo che, andando in bicicletta sul lungomare, l’appetito si è fatto sentire. All’interno un ambiente semplice tipico delle trattorie familiari, e sul retro, all’esterno, un portico da cui ho ammirato la bella vista sul mare.

Oltre a familiarizzare con l’ambiente mi piace farlo anche con le persone, è così che ho conosciuto Ninì e sua moglie Franca, i titolari del ristorante. Lei regina della cucina, e lui, insieme alla figlia, addetto alla sala. La prima volta in cui mi sono recata li mi ha raccontato dei suoi trascorsi a Milano, quando lavorava al Piccolo Teatro. Si occupava del trasporto delle scenografie e di quant’altro serviva per l’allestimento delle commedie teatrali.

Un giorno, dovendo consegnare gli abiti di scena alla prima di uno spettacolo nel camerino di Domenico Modugno, decise di inserirgli nella camicia un biglietto con un semplice augurio di buona fortuna. Domenico, nativo di Polignano a  Mare, lo andò a cercare prima di entrare in scena per ringraziarlo, compiaciuto di avere nello staff un collaboratore della sua terra.

E’ così che lo conobbe, ma non solo, la commedia ebbe un tale successo da indurre Domenico Modugno alla consuetudine di fare un saluto a Ninì prima dell’inizio di ogni spettacolo. Belle atmosfere di un tempo passato che ho ascoltato in un caldo pomeriggio d’estate, davanti allo splendido mare di Carovigno e a un piatto di purè di fave.

Fave

  • Mettere a bagno nell’acqua un pugno di fave per persona per un’intera notte.
  • Quindi scolarle e trasferirle in una pentola coprendole d’acqua. In aggiunta unire del sale e una patata a testa tagliata a cubetti.
  • Una volta giunto a bollore, far cuocere per un’oretta a fiamma bassa togliendo la schiuma che man mano si forma.
  • Mescolare di tanto in tanto muovendo la pentola energicamente, senza l’ausilio di cucchiai.
  • Una volta assorbita l’acqua passare il composto nel passatutto unendo in contemporanea dell’olio extra vergine di oliva.

Il purè di fave così ottenuto può essere accompagnato dalla cicoria di campagna, dai peperoncini piccanti, oppure dall’uva bianca. Inoltre è ottimo riscaldato il giorno dopo con della cipolla soffritta.

Un legume tra i più antichi che si può utilizzare fresco o secco. E’ una buona fonte di fosforo, ferro, zinco, magnesio e vitamina E.

Da Ninì

Ristorante da Ninì T.A.V. – Viale delle Tamerici, Specchiolla – Carovigno (BR)




Il Frutteto del Parco, una storia di frutta nata da un sogno Trentino

La ricetta: Tortei de patate della Val di Non

Adoro la frutta! Mi chiedo spesso perché non venga offerta come dovrebbe dalla ristorazione. La mela ad esempio è un frutto noto per la sua digeribilità. E’ nutriente, ha poche calorie, ed è una buona fonte di fibre. Io l’adoro a tal punto che ho adottato un melo! 😉

Oggi vi racconterò una storia di frutta nata da un sogno Trentino realizzato in Brianza.

Tutto è iniziato quando, non molto tempo fa, percorrendo in auto una strada che non conoscevo, ho notato davanti a un cancello un carretto con l’indicazione di un frutteto, o meglio, del Frutteto del Parco.

Dall’esterno si vedeva una lunga strada sterrata con tanti alberi da frutta. Non potevo non entrare… E’ iniziata così una storia di conoscenza e di amicizia con un gruppo di trentini che hanno realizzato un sogno di terra e di agricoltura nella bella Brianza.

Ma non solo, questa mia avventura mi ha portato ad adottare un albero di melo che seguirò fin d’ora durante la fioritura e la potatura, fino ad arrivare a Settembre, mese dedicato alla raccolta dei frutti.

Un modo per avvicinarsi all’agricoltura, per conoscere il lavoro dei contadini, per seguire le fasi della vita degli alberi sotto la guida di esperti che durante le visite spiegheranno l’evoluzione delle piante adottate. Adottare un albero significa regalarsi, con una quota annua di 25 euro, un contatto vero con la natura. Un consiglio che do ai genitori per avvicinare le nuove generazioni alla terra e per far si che la sentino propria.

Il Frutteto del Parco di Ceriano Laghetto, in provincia di Monza e Brianza, si estende per 80 ettari all’interno del Parco delle Groane. Un’azienda agricola nata dall’idea di un gruppo di imprenditori di Trento che il destino ha voluto portare in Brianza. Al suo interno si può trovare anche una Bottega del circuito di Campagna Amica, con prodotti locali dell’agricoltura e tipicità trentine.

Il primo degli ideatori del progetto che ho conosciuto è stato Walter Cova, un mobiliere appassionato di agricoltura che si divide tra la terra e il suo lavoro. Tanto l’impegno necessario per condurre la tenuta, ma come mi ha detto Walter – lavorare la terra ti rigenera e col tempo ti ripaga con i suoi frutti – un pensiero da me condiviso pienamente.

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Domenica 6 Aprile insieme abbiamo festeggiato la giornata dedicata alla fioritura.

E’ stato bello vederli tutti uniti a ridere e scherzare, semplicemente, come si faceva una volta in campagna. Una giornata dedicata alla natura e all’ecologia promossa dalla Pro Loco e dall’amministrazione di Ceriano Laghetto. Presenti rispettivamente il Presidente Gianmario Longoni e il Sindaco Dante Cattaneo.

Durante il tempo passato insieme si è parlato di agricoltura, di storia, e di tradizioni brianzole e trentine. A proposito di quest’ultime, ho avuto modo di assaggiare i ‘Tortei de Patate della Val di Non ’ preparati da Stefano Conforti e Matteo D’Andrea con la supervisione di Alberto Cova. Tre amici e cuochi per diletto e per passione.

Chi non conosce questo piatto tipico della tradizione trentina può leggere qui di seguito la ricetta che mi sono fatta dare dai miei cuochi chiacchieroni (non pensavo che i trentini parlassero così tanto… persino più di me). 😉

Tortei de patate della Val di Non

Ingredienti per 4 persone:

– 1 chilo di patate a pasta bianca
– 100 gr di farina bianca
– Sale q.b.
– Olio di arachide per friggere

Preparazione:

  • Sbucciare le patate e grattugiarle a grana grossa.
  • Unire la farina e il sale, quindi impastare col cucchiaio dello ‘zio Paolo’ (un cucchiaio abbondante, loro lo chiamano così).
  • Friggere fino a doratura.
  • Quindi stendere su una carta assorbente, e servire con affettati e formaggi tipici trentini.

Per quanto riguarda il vino, mi hanno consigliato di abbinare un buon Teroldego, e se volete, per il dopo cena, una buonissima grappa aromatizzata all’Asperula, un’erba officinale che si trova nei boschi.

Come dico sempre le ‘Persone’ sono la chiave di tutto, salute, e arrivederci al Frutteto del Parco!

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Frutteto del Parco – Via del Laghetto 56 – Ceriano Laghetto (MB)

www.frutteto.biz – E mail: info@frutteto.biz




Stasera si mangia broccoli! Mi raccomando, ma con il gambo!

Stasera sapete cosa faccio? Vado in cucina! Qualcuno storcerà il naso… forse perché chi mi conosce sa che amo più mangiare che cucinare.  😉

Come diceva il filosofo tedesco Ludwig Feuerbachsiamo quello che mangiamo –  più chiaro di così! Personalmente amo ricercare la storia, le tradizioni, ma anche le proprietà terapeutiche del cibo, perché mangiare bene è il segreto per stare in salute.

La cosa importante è scegliere buone materie prime, possibilmente #madeinitaly visto le ottime produzioni che abbiamo, ma mi raccomando, ottimizzando ed evitando gli sprechi.

Gambo del broccolo

Gambo del broccolo

Oggi sono stata al mercato e ho comprato due broccoli, dell’insalata, un po’ di frutta secca, un pezzetto di provolone e un buon olio extra vergine di ‘olive italiane’ (controllate che sia scritto).

A tal proposito quando siete in vacanza approfittate per andare a visitare un’azienda agricola che lo produce; se vi piace compratelo, e poi a casa comodamente fatevelo spedire. Tra l’altro, consumando lo stesso olio che avete assaggiato in vacanza vi sembrerà di rivivere i bei momenti vissuti.

Ma torniamo ai broccoli. Ora li uso per prepararmi un piatto di pasta e un’insalata mista. A proposito, sono ricchi di vitamina C che però ahimè con la cottura in acqua in parte si perde.  Per ovviare a ciò l’ideale è cuocerli al vapore.

Detto questo, una volta lessati li unisco all’acciuga soffritta con l’aglio, o in aggiunta a del tonno. Userò  questo preparato per condire la pasta. Mi raccomando, non risparmiate sulla ‘qualità della pasta’, incide molto sul risultato di un piatto!

Bene, è rimasto il gambo del broccolo. Adoro il suo sapore!  Una volta pulito va tagliato a rondelle sottili e va unito a una bella insalata, a del provolone a tocchetti, e a tanta buona frutta secca!

Che ne dite…? Io intanto mangio, buon appetito! 😉

Orecchiette con i broccoli




Lo sapevate che l’insalata…

  • L’insalata, anche se costituita dal 90% di acqua, è una buona fonte di fibre, vitamine e sali minerali.
  • Apporta carotenoidi, sostanze antiossidanti che prevengono le malattie degenerative.
  • Di per se ha poche calorie, condizionate però dalla quantità del condimento che viene usato.

Personalmente adoro le insalate, soprattutto quelle miste! Peccato che spesso, quando le ordino al ristorante, mi arrivano due foglie verdi e qualche pomodoro! 🙁

Ebbene, sapete cosa intendo io per insalata mista? Di tutto di più, o meglio, un’insalata a foglie verdi, ortaggi, frutta fresca e secca… ovviamente il tutto nel rispetto della stagionalità.

Detto questo ve ne segnalo una veramente buona, un’insalat…ona che una sera mi ha preparato un amico. 🙂

L’Insalat…ona di Agostino

 Ingredienti:

  • Insalata Chioggia
  • Carote grattugiate
  • Pomodori ramati pachino
  • Noci
  • Mela golden tagliate a fettine sottili
  • Olive taggiasche
  • Pinoli
  • Semi di sesamo e semi di finocchio tostati in pentola

Unire tutti gli ingredienti e condire con un olio extra vergine di oliva, un buon aceto e sale q.b.

Una vera bontà ! 

 




Oggi son cavoli, o meglio… cavoletti di Bruxelles, miele e uvetta!

Tempo fa mi è stato chiesto se mi ritenessi una donna di cucina. Mah… devo confessare che sono più brava a mangiare che a cucinare… 😉 

Amo celebrare il cibo nei posti ricercati,  dove i cuochi, oltre che a cucinare raccontano la storia dei piatti, per dare il giusto significato a chi come me, ritiene che mangiare sia uno tra i maggiori piaceri della vita.

Il cibo va raccontato con le sue storie e le sue tradizioni, perché il legame che lo unisce al territorio e alla sua sua gente, è una naturale conseguenza della sua evoluzione.

Detto questo, a dimostrazione che chi si impegna si ingegna, mi metto ai fornelli! Oggi son cavoli, o meglio…cavoletti! 🙂

“Cavoletti di Bruxelles, miele e uvetta”

Ingredienti:

  • Cavoletti di Bruxelles (verdura tipicamente invernale ricca di vitamina C)
  • Uvetta passa
  • Barolo
  • Miele di melata
  • Cipolla di Tropea
  • Olio extra vergine d’oliva di quello buono
  • Sale quanto basta 

Procedimento:

  • In un tegame di terracotta fate ammorbidire in olio extra vergine d’oliva della cipolla di Tropea tagliata a fettine sottili. 
  • Unire i cavoletti di bruxelles tagliati a spicchi, l’uvetta precedentemente ammorbidita in un bicchiere di Barolo, e un cucchiaio di miele di melata.
  • Fate cuocere lentamente il tutto fino a che risulti armoniosamente amalgamato.
  • Sale e pepe quanto basta, e in ultimo un filo d’olio d’oliva evo (extra vergine di oliva).

Il miele di melata è leggermente amarognolo, meno dolce degli altri mieli. E’ l’unico che viene prodotto dalle api non utilizzando i fiori, ma da una sostanza zuccherina chiamata melata, prodotta da alcuni insetti. E’ presente solo in alcune piante come il tiglio, l’acero, la quercia e la roverella. Ha una quantità inferiore di zuccheri, ma una maggiore presenza di manganese, ferro, zinco, cobalto e di sali minerali. Questo rende il miele di melata un ottimo ricostituente naturale.

 




“Ricordo quando mio padre preparava i lampascioni…”

La ricetta : “I Lampascioni al forno”

Mio padre si chiamava Aldo. Nacque il 12 Marzo del 1933 in un paesino del Mantovano. Un creativo artista del marmo con una grande passione per il suo lavoro… quando si è spenta, si è spento lui.

Beato chi non perde la passione…

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Di lui mi rimangono pochi oggetti. Una macchina fotografica che ha fermato molti istanti della mia infanzia, un vecchio portafoto che ci accompagnava durante i nostri viaggi, e un’armonica a bocca. Ricordo che per anni, dopo che se ne è andato, spesso mi fermavo ad annusare l’odore del legno su cui appoggiava le labbra per suonarla. Arrivò un giorno in cui non l’ho sentito più…

Adorava il suo lavoro, adorava viaggiare, adorava la musica, adorava il vino e il cibo, adorava andar per boschi a cercare funghi… Un carattere difficile che ha reso il nostro rapporto a volte conflittuale anche se pur sempre intenso e profondo.

Posso solo dire per certo che, quando se n’è andato lui, se n’è andato un pezzo del mio cuore.

“I rapporti conflittuali possono essere veri e profondi, perché in essi, ognuno gioca la propria vera essenza alla ricerca di consonanza con l’essenza altrui…” Alessandra Paolini

Ormai sono passati tanti anni, ma per me è come se fosse ieri. Oggi nel giorno del suo compleanno voglio ricordarlo con dei profumi e dei sapori della memoria che, riportandomi con la mente al passato, mi ricordano il tempo che fu…

Oltre ad amare molto le frittate, che lui stesso preparava meticolosamente, ricordo in particolare un cipollotto selvatico, il lampascione, che aveva imparato ad apprezzare e a cucinare da sua madre. Io stessa ne vado ghiottissima se trovo chi sa prepararlo senza che  il caratteristico sapore amarognolo abbia il sopravvento.

Nonostante il suo nome dialettale riconduca spesso all’abitudine di dare dell’ottuso a qualcuno, le sue proprietà culinarie e medicinali smentiscono qualsiasi riferimento legato a questa consuetudine.

Questo vegetale coltivato quasi esclusivamente nelle regioni meridionali, per poter essere raccolto ha bisogno di almeno quattro anni di crescita. Oltre a contribuire ad abbassare i grassi e gli zuccheri nel sangue, ha proprietà antinfiammatorie e lassative.

Ma ora passiamo alla  preparazione dei “lampascioni al forno”

  • Iniziare col pulire i lampascioni privandoli del rivestimento esterno.
  • Quindi procedere tenendoli a bagno in acqua per circa sei ore, in modo da far perder loro un po’ del sapore amarognolo.
  • Scolarli, asciugarli, e  inciderli alla base con un taglio a croce.
  • Infine disporli su una teglia unta e passarli al forno cuocendoli a 180’ per circa mezz’ora.
  • Condirli con olio extra vergine d’oliva, quello buono, sale, aglio, e peperoncino.

Io,  li adoro!

“Ciascuno di noi ha la sua madeleine, il sapore che gli ricorda la meglio età. Non è solo rimpianto dei sapori d’antan, ma uno stato di grazia da ricreare. Una ricerca del tempo perduto… E quando ci riesce, proviamo uno stupore infantile, una gioia bambinesca che ci fa socchiudere gli occhi di piacere… è tempo ritrovato…” Marino Niola, antropologo




I radici e fasioi della Jija

La ricetta : “I Radici e i Fasioi”

Apro le finestre e il mio sguardo si perde… ricordi di campagna, di risate di bambini, di profumo di fieno, di piedi scalzi sull’erba, di vendemmie festanti e di sonni tranquilli.

Solo chi ha avuto un’infanzia passata così, mi può capire. Può capire quella voglia di tornare con la mente ai ricordi, perché la Terra chiama, riportando ad essi.

lorenzaga-si-sveglia

Ogni anno, esattamente il 29 Giugno – ricorrenza di Santi Pietro e Paolo – venivo accompagnata da mia nonna Jija in campagna, nella piccola Lorenzaga di Motta di Livenza a Treviso. Finite le scuole, finito il collegio, finiti i ritmi severi della vita cittadina, finalmente arrivava la fatidica data. Trecento km e via… e tutto cambiava. Non più palazzi ma campi di vigne, pannocchie, oche, galline… una festa! Appena arrivata mi aggiravo da sola a piedi scalzi sull’erba, come in esplorazione, come per riappropriarmi della mia natura, della mia dimensione…

E ora sono qui, ancora una volta, dopo tanti anni, perché la Terra chiama, e non la si dimentica… E’ l’una di notte.

lorenzaga-di-notte

Affacciata alla finestra contemplo il paesaggio.  In compagnia del canto delle cicale e dei fruscii degli alberi la mente viaggia…

Ricordo mia nonna Jija, una donna contadina conosciuta da tutti per la tenacia e per la determinazione. Ricordo le mattine, quando mi svegliavo all’alba. Col canto del gallo tutto riprendeva il normale ciclo naturale.

La guardavo nella mungitura, nella preparazione del burro, mentre con la falce tagliava l’erba…  La vita in campagna è di grande insegnamento, i momenti vissuti così di grande intensità.

Non dimentico i sapori, quelli di una volta… Il latte appena munto, il pane con il burro fresco, e… i radici e fasioi!  Una purea di fagioli con cui si condisce il radicchio fresco.  Vi assicuro, una vera prelibatezza!

Mia nonna durante l’estate preparava spesso questo piatto, uno tra i miei preferiti. Oggi la voglio ricordare così.

Radici e fasioi

   Preparazione:

  • In un tegame mettere i fagioli borlotti (fasioi) precedentemente ammollati per dodici ore circa.
  • Unire della cipolla tritata, due patate a pezzi, un gambo di sedano a tocchetti, due ossa di maiale, della cannella in polvere, sale e pepe quanto basta.
  • Fare cuocere lentamente fino a che i fagioli saranno morbidi. Quindi, estrarre le ossa e passare il tutto fino ad ottenere una crema densa e omogenea.
  • Nel frattempo far rosolare dei pezzettini di lardo, che a fuoco lento rilasceranno il loro naturale grasso da usare come primo condimento del radicchio.
  • Servire in tavola il radicchio (radici in dialetto), con  la salsa di fagioli che verrà cosparsa sopra come tocco finale.

A proposito di questa ricetta, è usanza locale dire mentre la si mangia: “Magnar e morir”

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