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Un compleanno che non dimenticherò… al tempo del COVID-19

E’ iniziato tutto verso la fine del 2019, quasi in sordina, o meglio, forse eravamo noi che non volevamo dare il giusto peso alle notizie che iniziavano ad arrivare dalla Cina. Inconsapevoli di quello tsunami che a distanza di pochi mesi ci avrebbe travolto, siamo andati avanti con le nostre vite, sdrammatizzando… – certamente una brutta influenza, ma dai, non esageriamo – dicevamo così. E invece no. La triste realtà dei fatti lo sta dimostrando.

Da troppi anni siamo abituati a vivere con quella leggerezza che ci ha portato a non credere che una tragedia di tali dimensioni ci potesse coinvolgere. Ma com’è possibile?! Chi come me vive in Lombardia – la regione con più contagi, la regione dell’eccellenza sanitaria – se lo continua a chiedere. La verità è che non eravamo pronti. Lungi da me da fare polemiche, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento. Ora dobbiamo soprattutto ringraziare tutti coloro che sono impegnati in questa emergenza… anzi, dobbiamo aiutarli e aiutarci con quel distanziamento sociale così necessario per fermare i contagi. Ci sarà tempo per le riflessioni da trarre da questa dura lezione.

Qualche giorno fa mi sono trovata ad ascoltare un anziano signore… “Sa, per la gente della mia età è peggio della guerra, posso dirglielo con certezza perché io l’ho vissuta. Noi anziani stiamo vivendo nella solitudine per la paura di imbatterci in questo nemico invisibile. La tecnologia aiuta, è vero, ma molti di noi non ha quella dimestichezza necessaria per l’uso. Certo, c’è anche la televisione, ma per combattere l’ansia spesso è meglio spegnerla.Ho ascoltato anche il racconto di una dottoressa commossa e nello stesso tempo traumatizzata nell’assistere i pazienti nei reparti Covid: “Un attimo prima c’era, un attimo dopo non c’era più…”

Nuovo coronavirus COVID-19

COVID-19, ‘CO’ per corona, ‘VI’ per virus, ‘D’ per disease (malattia in inglese) e ‘19’ per l’anno in cui è stato identificato. Un nuovo coronavirus particolarmente aggressivo e contagioso chiamato così per la sua forma di corona con le spine, il cui contagio comporta problemi respiratori più o meno gravi. Un’infezione che si è manifestata per la prima volta a Wuhuan, in Cina, i cui sintomi iniziali più comuni sono febbre, stanchezza e tosse secca. Si diffonde attraverso il semplice starnuto, o toccando bocca naso e occhi con le mani contaminate. Per limitarne la diffusione è fondamentale starnutire o tossire in un fazzoletto (da gettare subito in un cestino) o sulla piega del gomito, e lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone. Un paziente si può definire guarito dopo la risoluzione dei sintomi, e in via definitiva, dopo essere risultato negativo a due tamponi consecutivi effettuati a distanza di 24 ore uno dall’altro. L’indicazione per l’esecuzione del tampone in persone sintomatiche viene eseguita su indicazione medica. Vista la diffusione mondiale di questa nuova malattia l’11 marzo 2020 l’OMS ha dichiarato il COVID-19 pandemia. (Fonte: Ministero della Salute)

Pochi giorni fa ho compiuto gli anni, un compleanno che non dimenticherò, vissuto virtualmente, pensando a cosa sarà della mia bella Italia. Mi sono chiesta se una volta finita questa emergenza continueremo a sentirci uniti come in questo momento difficile… se riusciremo a sostenere i nostri artigiani, mai come ora piegati dalla crisi. Se continueremo a sentire quel senso di appartenenza all’Italia che in questi giorni ci ha tutti emozionato e scaldato il cuore. L’anno scorso sotto la spinta di queste riflessioni ho deciso di dare al mio libro un titolo provocatorio: C’erano una volta gli italiani. Ebbene, io credo che dopo la fine di questa emergenza che ci sta colpendo così duramente saremo più saggi, ma soprattutto, sapremo difendere come non mai la nostra italianità. Ne abbiamo bisogno, TUTTI. Questa per lo meno è la mia speranza più grande. 

Covid-19, domande e risposte  www.salute.gov.it




La famiglia di oggi. Chi la vuole perfetta, e chi la vive imperfetta.

Oggi esco dal mio seminato abituale. Parlerò di famiglia. Perché lo faccio? Perché questo è il mio spazio per fermare i pensieri e per fare chiarezza. Non ho la presunzione di farla per gli altri. La faccio per me. Forse mi comprenderà chi mi conosce, e forse, anche chi ha imparato a farlo leggendo le mie parole.

Si, parlerò di famiglia, come la intendo io: un nucleo che nasce dall’amore di due persone, nel rispetto e soprattutto nella verità. Non sempre genera figli, né ha componenti dello stesso sesso, né dello stesso credo. Un concetto di famiglia che nella continuità richiede coraggio e onestà; che non segue modelli e che non alimenta apparenze né ipocrisie. Un’unione che crea condivisione e che genera felicità e benessere.

Utopia? No, solo coerenza.

Che sia in atto un cambiamento dei costumi nella nostra società è più che evidente. Su questo credo che nessuno abbia nulla da eccepire. La stessa legislazione sta legiferando nuove normative che riportino le leggi al passo con i tempi. Troppi interessi economici hanno fatto sì che il matrimonio sia, più che un legame d’amore, un contratto da gestire e su cui basare il sostentamento della propria vita.

Per tutta la vita…

Già… Una promessa che abbiamo fatto in molti, forse perché per anni ci siamo adagiati su un modello di famiglia statico, duraturo nel tempo. Per tutta la vita… come chiedono i sacerdoti celebranti agli sposi durante la cerimonia. Peccato che loro non sposandosi non ne conoscono veramente il significato. Più che per tutta la vita, servirebbe un matrimonio che si rinnova, diciamo ogni cinque anni. Se c’è l’amore continua, se non c’è non alimenta interessi economici e quant’altro. La realtà è che l’Italia è trai i paesi con maggior casi di infedeltà coniugale. Altro che amore…

E i figli… come la mettiamo?

I figli hanno bisogno di modelli mi è stato risposto. Senza dubbio, ma a patto che questi siano veri. Rinunciare a nuovi inizi e persistere in rapporti basati sulla menzogna per l’amore dei figli, è solo una scusa che denota mancanza di coraggio nell’affrontare la realtà. Ho vissuto ciò di cui parlo da figlia, da madre e da moglie. Esperienze che mi hanno insegnato che ciò che conta, nel tempo e nella crescita, nostra e loro, è la capacità di saper instaurare rapporti basati sul dialogo e sulla sincerità. Le verità difficili sono meglio delle bugie di convenienza, che, una volta scoperte, confondono e non permettono di distinguere il vero dal falso.

Crisi dei valori.

Sorrido quando sento parlare di crisi dei valori associata alla frequenza della fine dei matrimoni. Badate bene, non che io stessa non l’abbia detto più volte, ma non certo per l’accostamento ad un sacramento religioso che impone scelte che per lo più non vengono rispettate. Quando parlo di crisi di valori, io intendo una crisi etica e morale che condiziona in senso negativo i rapporti in generale.

Potrei continuare a lungo, ma in fondo a che serve… questa purtroppo è la società di oggi, quella dell’apparenza.




Ordine dei Giornalisti. Entro in punta di piedi, ma con le idee chiare.

Forse non tutti sanno, mi riferisco ai non addetti ai lavori, che i giornalisti si distinguono in professionisti e pubblicisti. I primi esercitano questa professione in modo esclusivo e continuativo, mentre i secondi, possono svolgere attività giornalistica non occasionale e retribuita, e nel contempo svolgere anche un’altra professione. Entrambe le figure, oltre ad essere iscritte all’Ordine dei Giornalisti, hanno diritti doveri e responsabilità. Devono diffondere le notizie nel rispetto della verità, senza condizionamenti e strumentalizzazioni. La loro indipendenza e credibilità, garantisce all’opinione pubblica il diritto a ricevere un’informazione onesta.

A tal proposito Indro Montanelli nel 1989 scriveva:

“La deontologia professionale sta racchiusa in gran parte, se non per intero, in questa semplice e difficile parola: onestà. E’ una parola che non evita gli errori; essi fanno parte del nostro lavoro. Perché è un lavoro che nasce dall’immediato e che da i suoi risultati a tambur battente. Ma evita le distorsioni maliziose quando non addirittura malvage, le furbe strumentalizzazioni, gli asservimenti e le discipline di fazione o di clan di partito. Gli onesti sono refrattari alle opinioni di schieramento – che prescindano da ogni valutazione personale – alle pressioni autorevoli, alle mobilitazioni ideologiche. Non è che siano indifferenti all’ideologia e insensibili alle necessità, in determinati momenti, di scegliere con chi e contro chi stare. Ma queste considerazioni non prevalgono mai sulla propria autonomia di giudizio. Un giornalista che si attenga a questa regoletta in apparenza facile potrà senza dubbio sbagliare, ma da galantuomo. Gli sbagli generosi devono essere riparati, ma non macchiano chi li ha compiuti. Sono gli altri, gli sbagli del servilismo e del carrierismo – che poi sbagli non sono, ma intenzionali stilettate, quelli che sporcano.”

Parole sagge dettate dall’esperienza di un grande giornalista della storia italiana, che a mio parere esprimono l’essenza dell’etica del giornalismo. Il mondo della comunicazione, in cui mi sono ritrovata quasi per caso, richiede tenacia, determinazione, passione e indipendenza. Ebbene, ho deciso di mettere a frutto l’esperienza fatta in questi ultimi  anni, durante i quali, percorrendo km e km in lungo e in largo per l’Italia, ho cercato di conoscere le risorse, ma soprattutto di focalizzare gli ingranaggi che bloccano un paese come il nostro, con potenzialità non espresse come dovrebbe essere giusto che sia.

Recentemente, dopo un percorso durato qualche anno, sono entrare a far parte dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia. Ho passato gli ultimi mesi leggendo e riflettendo sulle “Lezioni di diritto dell’Informazione e deontologia della professione giornalistica”, scritto dall’avvocato Guido Camera, e sulle Carte deontologiche, manuali e linee guida, che molti di questo settore dovrebbero leggere, se non tornare a rileggere. In realtà, questa tappa, rappresenta soprattutto una rivincita che ho preso con me stessa. Un punto d’arrivo, o meglio, un nuovo punto di partenza. Di strada da percorrere ce n’è ancora molta. La cosa importante, è non perdere la voglia di continuare ad imparare e di  condividere con entusiasmo il bello e il buono del territorio italiano.

In conclusione, per chi vuole intraprendere il mio stesso percorso, ho pensato che possa essere utile un breve vademecum con le condizioni fondamentali per l’iscrizione all’Elenco dei Giornalisti Pubblicisti.

  • E’ indispensabile avere esercitato per almeno due anni un’attività giornalistica non occasionale e retribuita regolarmente svolta presso una testata registrata in Tribunale.
  • E’ necessario documentare la tracciabilità finanziaria della retribuzione ricevuta: almeno 2000€ lordi nel biennio.
  • Gli articoli pubblicati nei due anni, di cui va allegata una copia, devono essere almeno 65 nel caso di quotidiani, e 40 per i periodici.
  • Il Consiglio dell’Ordine, da poco più di un anno, ha introdotto per gli aspiranti Giornalisti Pubblicisti un colloquio/esame condotto da un Consigliere istruttore.

Testi di riferimento e fonte:

“Lezioni di diritto dell’ informazione e deontologia della professione giornalistica” di Guido Camera. Consultabile in formato pdf nella sezione “pubblicazioni” del sito www.odg.mi.it

Ordine dei Giornalisti – Consiglio Regionale della Lombardia
Via A. Da Recanate, 1  Milano – Tel 02 6771371

Da "I Quaderni dell'ordine"

Da “I Quaderni dell’Ordine” – Deontologia istruzioni per l’uso. Mario Consani e Guido Camera




La passione, la guida dei blogger. Guai a chi la perde, ma guai anche a chi ne abusa!

Credo che ormai tutti sappiano che cosa sia un blog, un diario in rete nato da una passione, in cui scrivere e condividere attraverso i social network, ciò che amiamo vivere. Un fenomeno che si è sviluppato dalla fine degli anni ’90, e che ha contribuito a cambiamenti radicali nel modo di comunicare sul web. Uno spazio personale libero da vincoli, in cui dare sfogo ai propri pensieri e alla propria creatività. Un vero e proprio contenitore, pieno di vita e di emozioni.

Per quanto riguarda il mio, intendo il blog, non so quanto durerà. E’ solo una fase della mia vita che mi ha permesso di conoscere e di imparare, rialzandomi dopo una caduta. Per certo, so che custodirò una parte delle storie che ho vissuto, stampandole su pagine di carta, insostituibili compagne di viaggio, di un tempo futuro.

Tutto questo per dire cosa? Forse per dire che è la passione che ci guida? Certo, guai a chi la perde, ma guai anche a chi ne abusa! Sentendomi presa in causa, col rischio di essere ripetitiva, continuo a scriverne su questo mio spazio personale, per chiarire che la passione non va usata, ne fraintesa.

Questo è il mio pensiero, che ahimè, purtroppo, non corrisponde alla realtà delle cose. I blogger, amati e criticati, quelli che si impegnano personalizzando ciò che fanno,  quelli che mettono nel loro operato non poche energie, che si spostano con i loro mezzi, armati di macchine fotografiche e della tecnologia necessaria per condividere. Sono loro che impiegano tutto il tempo libero, spesso le loro vacanze, studiando e scrivendo nelle ore più inaspettate.

Alcuni diventano così bravi da essere ricercati e contattati da chi ha bisogno di farsi conoscere, spesso senza riconoscere. Questo è il punto. Vi racconto qualche episodio che mi ha coinvolto, e che mi ha fatto quasi passare la voglia di continuare in un mondo in cui i furbi prevalgono. E’ stato un attimo, perché non ho ancora finito.

Primo caso. Un paio di anni fa sono stata contatta per raccontare le storie di vita del personale di un noto castello di Bergamo in cui si fa ristorazione. Dopo averli conosciuti e aver trovato le loro storie interessanti, ho accettato l’incarico. Erano necessari ancora un paio di incontri per raccogliere il materiale che mi serviva. A giustificazione di ciò, ho chiesto loro un rimborso spese per il tempo e i viaggi in macchina. Nessuna risposta, quindi collaborazione sospesa.

Secondo caso. Circa un anno fa, sono stata coinvolta in un blogger-tour-corso di tre giorni legato alla promozione del territorio nel Veneto, precisamente a Treviso, una città che amo molto per le mie origini. Ho scritto ‘corso’ perché insieme a noi era presente un fotografo che ci guidava. Era stato concordato solo il rimborso delle spese di viaggio. Sono passati mesi, sono continuate le promesse, ma nulla.  Mi ero quasi rassegnata, quando, verso la metà di Agosto, mi è stato di nuovo promesso il rimborso delle spese sostenute entro lo scadere del mese. Ancora nulla, o meglio, quasi una presa in giro. La mia e quella di tanti è passione, e quella di questi signori come la chiamiamo?!

Ieri, dopo un mio sfogo, in privato molti mi hanno raccontato di vivere le medesime situazioni. Riporto le parole di un’amica: “Cinzia, se ne scrivi, forse farai un favore a tutti noi, tante cose passano in sordina, ora va di moda parlare dei blogger più male che bene.

Ho promesso che l’avrei fatto.




Visibilità, non sfruttiamo questa parola…

La notte porta consiglio… è così. Agisco col cuore, sempre, troppo, spesso a mie spese…  ma forse è il caso di cambiare, anzi no, non voglio cambiare, voglio rimanere quella di sempre, ma ponderando meglio le mie scelte. Come ora, dopo l’ennesima proposta in cui viene scambiata la mia collaborazione con promesse di visibilità.

Sono po’ stanca di questa parola, perché quella che ho, intendo la visibilità, ho tentato di guadagnarmela da sola, condividendo, con progetti, col mio pensiero, col mio lavoro.  Ora io tento di darla ad altri, quando lo ritengo opportuno, quando so che potrebbero fare bene.

La blogger, come mi chiamano oggi, ha molto lavoro alle spalle (non amo molto questa definizione, ma visto che ‘per ora’ lo sono, preferisco chiamarmi farm blogger per il richiamo che sento con la terra). Gli ultimi anni sono stati intensi… anni passati a ricercare, a vivere le realtà, ad ascoltare le persone, ma soprattutto anni passati ad imparare… non finirò mai di farlo.

Vivo tra schedari, appunti, registri… uso tutti i mezzi tecnologici che mi consentono di usare la rete condividendo ciò che faccio. Questi sono i blogger, a volte chiamati in cambio di promesse di visibilità… spesso senza rimborso spese (per farvi un esempio ne sto aspettando ancora uno concordato per le spese di viaggio dall’Ottobre scorso).  Capite che forse qualcosa non va.

Detto questo, come dico io, direi proprio punto e a capo! Forse è il caso di cambiare registro.

Qui di seguito riporto nuovamente la risposta ad una domanda che mi è stata fatta poco tempo fa da Giustino Catalano (ditestaedigola.com) in merito alla questione.

  • Mondo blogger: chi lo ama, chi lo odia, e chi lo sfrutta. Ma a chi interessa in realtà la comunicazione fatta dai blogger… e perché. Cinzia, cosa ne pensi?

La passione che ha spinto molti blogger in questa direzione, me compresa, ha fatto emergere quanto la loro carica emotiva abbinata alla comunicazione digitale, possa essere d’aiuto in questi anni difficili che stiamo vivendo, sia al territorio che alle produzioni. Un fenomeno già in voga da anni all’estero. Molti lo hanno capito, e ne hanno preso spunto.

Il mondo dei blogger non è sempre facile, c’è chi agisce seguendo la passione, e c’è chi si fa trascinare da facili traguardi. Comunque sia, spetta solo ai lettori seguire chi trasmette nel tempo, quella passione che ha aiutato molti di noi a superare momenti difficili.
L’unico tasto dolente in questo contesto, è che troppi sfruttano questa passione senza riconoscere l’impegno intellettuale e non solo, nel dedicare tempo ed energie a questa attività la cui rilevanza è stata riconosciuta dalle stesse istituzioni locali.

Blogger e giornalisti, passione e professione, emozione e razionalità. Due ruoli i cui scritti hanno una carica emotiva ben diversa. Comunque sia, entrambi possono aiutare comunicando, ognuno a loro modo, il territorio e le sue produzioni. La cosa fondamentale per me è la coerenza, che va mantenuta evitando di seguire le onde di comodo del momento.

Quindi, concludendo, non chiamateci in cambio di visibilità… perché la verità è che se ci chiamate, di visibilità ne avete bisogno voi!

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