C’è chi sogna l’America… io sogno la Trinacria
Ricordando Ragusa… viaggiando ‘a casa’ tra ricordi e sapori.
C’è chi sogna l’America… per quanto mi riguarda nella lista dei miei desideri di viaggio c’è la bella Sicilia, un’isola dalla forma particolare un tempo chiamata Trinacria, simbolo araldico che raffigura una testa femminile con tre gambe piegate. Un nome composto da due termini sanscriti: ‘trna’ giardino e ‘krjia’ creato, il giardino dell’Eden. In realtà, a fine aprile, avevo programmato un bel viaggio itinerante purtroppo annullato per l’emergenza che ha coinvolto e sconvolto l’intero pianeta. Un viaggio sognato ma solo rimandato a tempi migliori. Il meno dei mali in questo periodo drammatico che tutti – chi più, chi meno – stiamo vivendo.
Ebbene, per consolarmi ho voluto rispolverare qualche ricordo di un tour fatto tempo fa a Ragusa. Una città che ho inizialmente conosciuto – come tanti – grazie alla nota serie televisiva tratta dai romanzi del caro Andrea Camilleri. A dire la verità l’ho voluta visitare anche per la sensazione che fosse un po’ trascurata dai turisti che scelgono la Sicilia come meta di viaggio.
Ragusa, la città dei cento ponti e dei diciotto monumenti Unesco, l’isola nell’isola (capirete il significato di questa definizione dopo averla visitata). Da qualche anno dal punto di vista turistico le cose sono decisamente cambiate. Un successo certamente da attribuire alla ricchezza artistica, paesaggistica e gastronomica, ma anche all’estrema cura della città e alla gentilezza della sua gente. Grande merito di questa crescita, che tra l’altro ha permesso di migliorarne l’accoglienza e i servizi, è certamente da attribuire alla serie televisiva del Commissario Montalbano. Una fiction che oltre a valorizzare il territorio ragusano, ha contribuito a far conoscere alcune ricette della tradizione siciliana. Preparazioni con ingredienti del territorio che durante il mio soggiorno ragusano non mi sono fatta mancare. Arancini, busiate alle sarde, caponata, insalata siciliana (pomodoro, cipolla, capperi e origano), minne di Sant’Agata, pane cunzatu (pane condito), cassate di ricotta… e molti altri ancora.
Visto che domani vivremo tutti una Pasqua ‘blindata’ nelle nostre case, ho deciso di rispolverare i bei ricordi del mio viaggio preparando un dolce antico ragusano tipico del periodo pasquale. Una preparazione fatta di semplici ingredienti che non ha nulla a che vedere con la più ben nota cassata siciliana. Un cestino di pasta ripiena di tuma fresca – la cagliata, la prima fase della produzione del formaggio – e ricotta.
Cassate di ricotta ragusane
Per il ripieno:
- 1 kg di tuma
- 500 gr. di ricotta
- 450 gr. di zucchero
- 2 uova
- cannella, cioccolato e buccia grattugiata di limone
Per l’impasto:
- 1 kg di farina di semola di grano duro
- 3 tuorli
- 50 gr di strutto
- acqua q.b.
Amalgamare tuma e ricotta (o solo ricotta) con uova e zucchero, quindi aggiungere cannella, buccia di limone grattugiato e scaglie di cioccolato. Il cestino della cassata si prepara impastando la farina con i tuorli d’uovo, lo strutto e lo zucchero e un po’ d’acqua. Ottenuto un impasto omogeneo stenderlo per ricavare dei dischi di circa quindici centimetri di diametro e alcune listarelle di pasta di circa un centimetro che serviranno per rinforzare l’interno dei bordi. Farcire i cestini con la crema di ricotta e infornare per circa quindici minuti a 150°.
Una volta pronte spolverare con un po’ di cannella e scaglie di cioccolato, se di Modica ancora meglio! In abbinamento vi consiglio un buon Marsala secco, vino liquoroso siciliano dalla grande storia.
Buona Pasqua!
Fonte ricetta www.visitvigata.com