Piero Bertinotti, un uomo che non ha le ‘stelle’, perché lui le stelle, quelle vere, ce le ha già.
La prima volta che ho visto Piero Bertinotti è stato come vedere un vecchio tronco d’ulivo. Avete presente gli ulivi secolari, quelli segnati da tanti solchi che attirano lo sguardo per la fierezza e per la pace che trasmettono? Ebbene, non so spiegarvi meglio a parole, so per certo che la sensazione che ho provato è stata questa, ma non solo… guardando Piero, quella sera, ho rivisto in lui il volto di mio padre.
Credo che sia passato più di un anno da quella volta, comunque sia era rimasto in me come un filo sospeso, chiamatele pure sensazioni, ma io dovevo tornare a trovare quell’uomo con cui sentivo la necessità di parlare. Vivo d’istinto, convinta che nel bene e nel male tutto abbia un senso.
Piero Bertinotti, insieme alla figlia Paola e alla nuora Laura, conduce a Borgomanero in provincia di Novara, il ‘Ristorante Pinocchio‘. Un locale che nel 2012 ha festeggiato cinquant’anni di attività creato con la moglie Luisa. Una realtà, come spesso accade, nata da una passione.
Piero non è nato cuoco, la sua vita lavorativa è iniziata come autista di camion nell’azienda di suo padre. Fu nel Novembre del ‘62, con l’acquisto dei genitori del ‘Bar Pinocchio’ a Borgomanero, ad avvicinarlo alla cucina. Il tempo, l’esperienza e l’entusiasmo poi hanno fatto il resto.
Ci sono cose di cui non si riesce più fare a meno. Non sempre si può scegliere quello che vorremo, ma che soprattutto amiamo fare. Dicono che volere è potere, io dico solo che chi non prova ha già perso. Piero ce l’ha fatta. Nel suo locale dall’atmosfera fiabesca si può evadere per un momento dalla realtà. Anche se non ha le ‘stelle’, personalmente sono convinta che le stelle vere, lui ce le ha già.
Quando sono tornata a trovarlo, aspettandolo mentre era ancora in cucina, mi sono seduta esattamente nello stesso posto che avevo occupato la prima volta in cui ero stata li. Davanti alla grande finestra, guardando il giardino bagnato dalla pioggia, tra un discorso e l’altro con Laura e Paola correvano i pensieri interrotti di tanto in tanto dai piatti che assaggiavo.
Quell’atmosfera nostalgica e il piacevole sottofondo musicale ad un tratto hanno attirato il mio sguardo verso un uomo che in sala guardava come me ammirato una pianta di mimose. Non ho più timore di dire ciò che sento. E’ per questo che in modo spontaneo non mi sono trattenuta dal dire… “Ma quanto è bella la vita…” Lui mi ha guardato, e condividendo lo stesso pensiero mi ha sorriso.
Una volta concluso il pranzo mi sono spostata nel salotto davanti al camino. Guardando ardere la legna riflettevo sul ‘calore’ che trasmette il fuoco, nel senso più lato del termine. Una volta c’era un camino in ogni casa, era quello il nido, il punto di ritrovo della famiglia. Ho molta nostalgia di quei tempi…
Mentre aspettavo che Piero mi raggiungesse, su un tavolino ho notato il calendario di auto storiche dell’Associazione i Miserabili di Borgomanero. Una passione che ci accomuna e che coltiviamo entrambi appena il tempo ce lo permette.
Al suo arrivo, dopo i saluti di rito, credo che si aspettasse le solite domande. Io non faccio interviste vere e proprie, o meglio, diciamo che ciò che mi interessa è capire le persone quando sento che il loro essere può trasmettermi qualcosa. E’ un mio modo di imparare ascoltando l’esperienza di chi, come Piero, conosce bene un settore che amo molto ma dalle tante sfaccettature.
Abbiamo passato così il pomeriggio, tra aneddoti, consigli e racconti di vita. Ve ne racconterò uno che mi ha colpito in particolare. Una sera di qualche anno fa Piero ricevette una telefonata per una prenotazione dell’ultima ora. La signora al telefono chiese di poter cenare insieme ad un’altra persona alle 21.30 giustificando il ritardo per un rientro dall’estero. Piero nonostante l’orario acconsentì, raccomandandosi però di non tardare.
Da li a breve la signora richiamò avvisando che purtroppo avrebbero tardato di un’ora per cause non dipendenti da loro. Piero sentito il tono mortificato accettò, a patto che le due persone si fossero accontentate di piatti semplici. La coppia arrivò: si trattava di Oscar Farinetti e della sua assistente, di cui Piero non era al corrente, ma che ben conosceva. In un’epoca dove i più vanno avanti con nomi altosonanti, ascoltare questa storia mi ha fatto molto piacere. Il resto lo lascio a voi.
A conclusione della nostra chiacchierata, quando gli ho chiesto se avesse avuto qualcuno negli anni a cui ispirarsi, non ha esitato un attimo a rispondermi. Mi ha parlato di un ‘Cuoco con la C maiuscola’ che lui considera il migliore. Un uomo che non ama stare sotto i riflettori, uno spirito libero da alcuni considerano folle.
La follia, quella vera, la vediamo tutti i giorni nelle persone che all’apparenza ci sembrano normali. Quella che intendo io è ben altra cosa, è sinonimo di genialità che attraverso le idee cambia il mondo. Amo le sfide e le persone di carattere, a volte ruvide, ma che lasciano il segno. Ovviamente mi sono fatta dare il nome di quel Cuoco che per ora terrò per me. Prima devo conoscerlo.
A proposito, non vi ho detto che la prima volta che sono stata da Piero ho mangiato le lumache più buone della mia vita! Ve le consiglio… 😉