Un uomo senza terra, ma con tanta voglia di fare vino. Ritorno alle origini.
Qualche settimana fa, in piena atmosfera natalizia, si è svolto al Ristorante “Il Canneto” dell’Hotel Sheraton Milan Malpensa, l’ultimo wine travel dell’anno con l’incontro tra Fabio Fiorelli, lo chef pasticcere dell’Hotel Danieli di Venezia, e alcuni vini della Lombardia. Come sempre piacevoli assaggi e interessanti incontri che mi hanno permesso di ascoltare storie di vita scambiando opinioni ed esperienze.
Ve ne racconterò una, la storia di Alex Pollini. Un uomo che dopo essere cresciuto nelle campagne astigiane, terre di grandi vini, finita l’università si è trasferito a Milano per lavoro. Nonostante il cambio di rotta della sua vita, spostarsi da una piccola realtà ad una metropoli non gli ha fatto perdere la passione per il vino nata in gioventù.
La curiosità e l’interesse per le tradizioni regionali e vitivinicole, lo hanno portato nel tempo a frequentare corsi specializzati per cogliere le diversità del vino come espressione del territorio. Fu in quel periodo che nella sua mente prendeva forma un progetto: non essere più un semplice appassionato assaggiatore, ma trasformarsi in un piccolo produttore. Ma da dove iniziare? Nessuna reale esperienza come imprenditore ne tantomeno come produttore, ma soprattutto, senza terreni.
“Cinzia, fu allora che i miei pensieri iniziano a rivolgersi alla Francia e alla sua lunga esperienza vitivinicola. Su come alcuni suoi grandi vini sono nati da produttori che non possedevano terre ma sapevano sapientemente selezionare. La capacità di affinare e tagliare vini acquistati da viticoltori fidelizzati, ha fatto il resto.”
Si convinse a seguire l’esempio. Scelta la Lombardia come territorio, dopo una ricerca che lo ha portato ad incontrare tante piccole realtà contadine nell’area del bresciano e della bergamasca… dopo prove, analisi, assaggi, tagli su tagli, finalmente l’idea si è realizzata: “Le Origini”
“Ho capito che volevo creare come primogeniti del mio progetto un rosso e un bianco, entrambi vini non a denominazione, ma espressione della mia idea. E’ nato così il rosso Sutilis, che significa “Uniti Insieme” in onore dei due vitigni che lo creano, ovvero Cabertnet Sauvignon e Merlot. Un taglio bordolese quindi, forse la più famosa unione del mondo (…dal punto di vista enologico si intende) ma anche dedicato alla mia famiglia, fonte d’ispirazione, a cui sono estremamente legato. Un vino del 2010, affinato in botti grandi e barrique che esprime il rigore e la finezza del Cabernet e la morbidezza del Merlot in un’unione molto interessante. Corposo e morbido con note fruttate e speziate e una freschezza che ne esprime il potenziale futuro evolutivo. Successivamente è nato il bianco Magis, il cui significato “Di Più” (dedicato a mia moglie) ne indica l’obiettivo: dare qualcosa in più in termini di longevità ed evoluzione rispetto a tanti bianchi esistenti buoni solo da giovanissimi. Un vino con note fruttate e floreali molto piacevoli.”
Dei due ho assaggiato il Sutilis; deve ancora crescere ma interessante. L’unica cosa che mi ha lasciata un po’ perplessa è pensare a un vino prodotto con uve non seguite personalmente dal produttore. Forse perché mi viene naturale pensare che il vino sia un prodotto espressione della persona e del territorio nel senso più completo. Poi mi son detta: “Se questo può aiutare l’agricoltura, perché no?” Ne riparleremo…