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L’ambiente va salvaguardato, ma soprattutto, va rigenerato! NeoruraleHub

Rigenerare l’ambiente… ma come?! Per certo ognuno di noi può qualcosa. Ad esempio, potremmo iniziare tutti semplicemente piantando un albero. A dir la verità c’è una legge dello stato – la Legge n. 10 del 14 gennaio 2013 – che prevede l’obbligo per i comuni sopra i 15.000 abitanti di porre a dimora un albero nel territorio comunale per ogni bambino nato o adottato. Per dirla tutta è stato persino istituito presso il Ministero dell’Ambiente un Comitato competente per lo sviluppo del verde pubblico, con lo scopo di vigilare e ricevere le informazioni specifiche riguardo la piantumazione. Eppure in molti comuni tale obbligo non viene rispettato a causa della mancanza di fondi. Per lo meno così giustificano gli amministratori. Che tristezza…

La questione sulla salvaguardia dell’ambiente e sui cambiamenti climatici è cosa seria e ormai dibattuta da anni. La verità è che più che dibattiti servono sempre più azioni concrete che mirino a ricreare ecosistemi. A questo proposito mi torna alla mente un film documentario del 2014 – Il sale della terra – che testimonia come in vent’anni il fotografo brasiliano Sebastião Salgado, insieme alla moglie Lélia Deluiz Wanick, abbiano ‘rigenerato ambiente’ in un’area desertica di 600 ettari. La deforestazione selvaggia di questo territorio del Brasile adibito un tempo a pascoli inaridì la terra, lasciando desolazione e assenza di natura. Salgado, deciso a ricostituire quella biodiversità che era stata distrutta, ripiantò nella sua proprietà circa due milioni di alberi ricreando l’ambiente di un tempo, rigenerando natura. Un film documentario istruttivo che tutti dovremmo vedere e su cui molto dovremmo riflettere.

Fortunatamente è in atto da tempo un movimento incessante animato dalle nuove generazioni: Fridays for Future. Sono molto orgogliosa di questi giovani, perché hanno una mentalità aperta e determinata a fermare i meccanismi che stanno portando la Terra a ribellarsi. L’obiettivo delle manifestazioni in corso in tutto il mondo è infatti quello di far rispettare l’Accordo di Parigi del 2015 finalizzato a mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi Celsius.

Dobbiamo agire velocemente, perché sono convinta che la Terra ci possa salvare, se sapremo salvare lei.

Riflessioni che mi hanno portato a cogliere con interesse l’invito a visitare NeoruraleHub, un comprensorio rurale di 1.700 ettari nato nel 1996 tra le province di Pavia e Milano, grazie alla volontà e alla passione per l’ambiente dell’ingegner Natta, suocero dell’ing. Piero Manzoni, Amministratore Delegato di questa realtà. Un territorio un tempo deserto agricolo che mi ha riportato alla mente l’esempio di Sebastião Salgado in Brasile. In oltre vent’anni di ricerca e sviluppo è stato trasformato in un modello di sostenibilità agricola ed ambientale in cui si sono ricreate le giuste condizioni di biodiversità.

Un’area rinaturalizzata con circa 78 ettari di bosco e 107 ettari di aeree umide che accoglie l’Innovation Center Giulio Natta, centro di risorse per start up innovative nel mondo dell’agrifood. Sede del comparto di agricoltura 4.0, dell’unità di ricerca e sviluppo su nuove biotecnologie per l’agricoltura e l’ambiente, e di quella specializzata in efficientamento energetico dei processi industriali delle aziende agri-food. In parallelo è stato creato il brand ‘Cavalieri d’Italia’ che vanta la certificazione ‘Biodiversity Alliance’ da parte di CCPB, ente che certifica prodotti biologici ed eco-sostenibili, agroalimentari e non.

Un incubatore di startup che accoglie laboratori di ricerca e soluzioni innovative e sostenibili nell’ambito agrifood. Di particolare interesse la presenza di un campo sperimentale per lo sviluppo di estratti di piante medicinali, in particolare dell’epilobio, una pianta nota per la cura delle affezioni alla prostata e alla vescica.

Una natura rigenerata che riequilibra l’attività umana con l’ambiente.

Innovation Center Giulio Natta – Giussago (PV)

www.neoruralehub.com




Cibo e cambiamenti climatici. Siamo alle strette!

19 Marzo : L’Ora della Terra – Earth Hour

Cibo e sostenibilità”, un incontro svoltosi a fine Febbraio al Circolo della Stampa di Milano sull’impatto dei cambiamenti climatici e sulle conseguenze della produzione e disponibilità del cibo. Un convegno a cui ho partecipato con interesse, a cura dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e in collaborazione con la Fondazione BCFN, Barilla Center for Food & Nutrition. Un argomento a cui tengo molto, che richiede attenzione e divulgazione. La sensibilizzazione dei giornalisti, grazie alla loro attività di comunicazione, può contribuire a migliorare la mentalità ambientale.

Ma passiamo ai fatti.

La popolazione mondiale cresce di numero. Entro il 2030 si prevedono 8 miliardi di persone da nutrire. Tenendo conto delle limitazioni delle risorse, è necessario aumentare la produttività. Nonostante gli accordi della COP 21, la Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici svoltasi a Dicembre 2015, le emissioni di gas serra stanno ancora aumentando. Considerando che il clima impatta sull’agricoltura e sulla produzione del cibo, bisogna adeguare le colture al cambiamento climatico.

Sono necessari investimenti nelle tecnologie per un’agricoltura sempre più sostenibile: Agricoltura 5.0 L’affluenza delle nuove generazioni verso questo settore, il terzo per rilevanza nelle emissioni di gas serra dopo il cibo e il riscaldamento, certamente è un dato positivo. Giovani imprenditori, uomini e donne, sensibili all’ambiente e all’innovazione. Citando le parole di Danielle Nierenberg, esperta nell’agricoltura sostenibile e fondatrice di Food Tank: “L’agricoltura sostenibile non è solo un’opzione, ma una necessità per combattere fame, povertà e sprechi di cibo.”

Come ben sappiamo, anche le scelte alimentari hanno un impatto sull’ambiente. La metà della popolazione dei 34 paesi dell’OCSE, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, è in sovrappeso, con stime di incidenza di patologie croniche e degenerative preoccupanti. Nel 2015 i decessi per patologie cardiache sono stati circa 20 milioni. Un paradosso se pensiamo alla malnutrizione nei paesi in via di sviluppo. Il compito dei medici, più che prescrivere, è quello di educare dando indicazioni per uno stile di vita sano e meno sedentario. In questo contesto, la dieta mediterranea, rappresenta un regime alimentare ideale per la nostra salute e per la riduzione di emissione di CO2.

Fondamentale l’attenzione allo spreco del cibo. Recentemente in Francia è stata approvata una legge che prevede il “reato di spreco alimentare” per impedire che il cibo diventi rifiuto. In Italia, da pochi giorni, è approdata alla Camera una proposta di legge analoga. Anche i ristoratori, in questo senso, hanno il compito di sensibilizzare i propri clienti all’uso della “doggy bag”, un contenitore che permette di portare a casa il cibo non consumato al ristorante. Purtroppo un’abitudine poco seguita dagli italiani.

Sabato 19 Marzo tornal’Ora della Terra. La decima edizione dell’Earth Hour che dal 2007 punta a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gravità della questione legata ai cambiamenti climatici. Un’iniziativa a livello mondiale, ma soprattutto un momento di riflessione finalizzato a sviluppare una mentalità più rispettosa dell’ambiente. Per aderire alla manifestazione sarà sufficiente spegnere tutte le luci di casa dalle 20,30 alle 21,30. I nostri gesti quotidiani possono contribuire al cambiamento. Non c’è più tempo da perdere…

Facebook : Earth Hour  –  Instagram :  earthhourofficial  –  Twitter : @earthhour

Credit : Fondazione BCFN  – L’Ora della Terra www.oradellaterra.org   www.earthhour.org

 




A Seveso c’è la FLA, la Fondazione Lombardia per l’Ambiente, per promuovere e divulgare l’educazione e la cultura ambientale.

Sono passati quasi quarant’anni dall’incidente che ha colpito alcuni comuni della bassa Brianza, in particolare il comune di Seveso. Esattamente il 10 Luglio del 1976 nell’azienda ICMESA di Meda, una fuoriuscita di TCDD, una tipologia di diossina tra le 200 esistenti (sostanze tossiche dannose per la salute), provocò la formazione di una nube che investì i comuni circostanti provocando un disastro ambientale.

Il terreno della zona più inquinata, la cosiddetta area ‘A’, fu depositato in vasche e fu sostituito da terreno ‘pulito’, dando vita ad un Parco Naturale che prese il nome di Bosco delle Querce. La storia di questa brutta vicenda italiana è scritta ampiamente in una pagina del sito dedicato a questo parco regionale. Per saperne di più clicca qui: Incidente Icmesa.

Da qualche anno abito vicino a quel parco. Ci sono delle belle e lunghe passeggiate da fare nel suo interno. Quando poi la stagione lo permette, ho un posticino sotto un albero in cui amo sostare facendo scorrere il tempo con le mie letture. Ho fatto questa premessa perché, nonostante siano passati molti anni, quando sono in viaggio per l’Italia alla mia risposta su dove abito, ho costantemente la visione di volti perplessi. Il nome di Seveso purtroppo, evoca ricordi nella mente delle persone legati ancora al disastro della diossina.

In realtà ci sono aree italiane assai più inquinate, territori in cui ahimè è praticata in modo diffuso l’agricoltura. Comunque sia, per capire meglio lo stato delle cose, recentemente mi sono recata a visitare la FLA, la Fondazione Lombardia per l’Ambiente situata a Seveso. Un centro di ricerca istituito da Regione Lombardia nel 1986 per promuovere e divulgare l’educazione e la cultura in campo ambientale, munito di un planetario che può ospitare fino a un massimo di 35 persone.

Planetario FLA

Planetario FLA

Durante la mia visita ho incontrato il Dott. Fabrizio Piccarolo, Direttore del centro. Dopo un reciproco scambio di punti di vista e riflessioni, gentilmente ha risposto alle mie domande.

  • Fabrizio, per iniziare mi sembra più che doveroso chiederti qual è lo stato di salute ambientale di Seveso?

Per una valutazione ambientale del comune di Seveso non si può prescindere dalle caratteristiche ambientali più generali del contesto nel quale è situato: presenta infatti le criticità di un territorio fortemente antropizzato e urbanizzato e che ha risentito delle rilevanti trasformazioni operate dell’uomo nel corso dell’ultimo secolo.

I numerosi studi che la Fondazione ha svolto negli anni a supporto delle politiche ambientali delle pubbliche amministrazioni lombarde sulla qualità dell’aria, il cambiamento climatico, la qualità delle acque, dicono che gli interventi locali per il miglioramento della qualità ambientale sono sicuramente fondamentali, ma assumono ancora più rilevanza e incidenza se attuati in una logica di sistema e di integrazione, anche sovracomunale. E in questa logica bisogna anche valutare lo stato di salute di un comune. Sicuramente le amministrazioni comunali di Seveso hanno particolarmente a cuore le questioni ambientali e negli anni hanno operato in questo senso in modo significativo.

Per la storia che ha avuto, il comune di Seveso ha due punti di forza straordinari: la sensibilità e la consapevolezza dei cittadini, che è una delle prerogative per l’attuazione e la riuscita di politiche ambientali, e il Bosco delle Querce, un esempio di estrema virtuosità di livello internazionale, in cui una società – nel senso proprio di societas – ha fatto di un evento drammatico un punto di positività e bellezza per l’intera comunità. E oggi aggiungerei un terzo punto di forza: la Fondazione Lombardia per l’Ambiente, un luogo di divulgazione del sapere scientifico che rappresenta un’opportunità per tutto il territorio.

  • Seveso, comune associato dai più alla diossina, una sostanza tossica che si sviluppa in natura attraverso la decomposizione di alcuni funghi, e in misura più rilevante, attraverso fenomeni di combustione che la diffondono nell’ambiente. Conseguentemente a ciò, ne assumiamo piccole quantità anche attraverso il cibo. Da esperto quale sei, puoi spiegarmi meglio che cos’è la diossina e quali sono gli effetti sulla nostra salute?

Con il termine “diossine” ci si riferisce ad un gruppo di composti chimici che si formano come risultato di alcuni processi di combustione, come ad esempio l’incenerimento dei rifiuti. Diossina è il nome comune di una sostanza tossica, la tetraclorodibenzo-p-diossina (Tcdd), sicuramente la più studiata: insolubile in acqua, resistente alle alte temperature e si decompone grazie alle radiazioni ultraviolette in un processo che può durare centinaia di anni.

Studi scientifici hanno mostrato che l’esposizione alla diossina può causare numerosi effetti dannosi per la salute, che dipendono da una varietà di fattori che comprendono: il livello di esposizione, quando si è determinata, per quanto tempo e quanto spesso. La soglia massima di tollerabilità è stata infatti fissata dall’Organizzazione mondiale della Sanità in un trilionesimo di grammo al giorno per kg di peso.

  • Come già sottolineato, dalla combustione dei rifiuti si sviluppa diossina. Per ovviare a ciò la raccolta differenziata va sostenuta e incentivata. Seveso in questo senso si è distinta grazie all’alto livello raggiunto. Quali sono le vostre iniziative legate all’informazione in tema di rifiuti e di tutela dell’ambiente?

Fino a qualche secolo fa i rifiuti non erano un problema perché tutto ciò che l’uomo “buttava” veniva smaltito OLYMPUS DIGITAL CAMERAnaturalmente dall’ambiente. Ora non è più così e i rifiuti sono diventati ufficialmente un problema sia per le generazioni attuali che per quelle future. Da qui la necessità di un’importante azione di informazione ed educazione ambientale che porti a una accresciuta consapevolezza in merito a questo problema.
Fondazione Lombardia per l’Ambiente è da sempre molto attenta a questa tematica. Dal suo arrivo sul territorio sevesino è attiva una collaborazione con Gelsia Ambiente, società che si occupa della raccolta, del trasporto e, per conto o direttamente, dello smaltimento dei rifiuti in 12 comuni della provincia di Monza e della Brianza (tra cui Seveso), e di uno in provincia di Como.

Entrambi gli enti sono fortemente impegnati in attività di formazione e di sensibilizzazione dei cittadini relativamente alle tematiche ambientali: tra le finalità istituzionali delle parti vi è la disseminazione della conoscenza e del sapere quale strumento concreto per la formazione di risorse umane, indispensabili per lo sviluppo sostenibile del territorio.
Per far capire ai bambini il problema dei rifiuti da qualche anno viene proposto alle scuole primarie e secondarie di primo grado dei Comuni serviti da Gelsia Ambiente, il progetto “IO NON MI RIFIUTO” in cui al percorso formativo sul tema dei rifiuti e della raccolta differenziata è associato un concorso. La partecipazione è un’occasione importante per stimolare i bambini, la loro curiosità e la loro fantasia alla scoperta di soluzioni alternative e più sostenibili al problema dei rifiuti.

Inoltre da un anno è in corso a Seveso una sperimentazione sulla raccolta del rifiuto indifferenziato tramite la Radio Frequency Identification, un sistema innovativo di tracciabilità del rifiuto che ha permesso di arrivare a circa l’80% della raccolta differenziata. Tutto questo sarà oggetto di una campagna di informazione basata sulle evidenze scientifiche rivolta ai cittadini.

  • Durante la mia visita ho apprezzato i vostri progetti didattici rivolti alle scuole per formare una coscienza ambientale nelle nuove generazioni. Ritengo l’ambiente e il cibo strettamente connessi tra loro, mi riferisco allo spreco alimentare. Sono utili in tal senso proposte formative sia per i giovani che per gli adulti. Avete programmi in realizzazione in tal senso ?

Fondazione Lombardia per L’Ambiente e la Direzione Generale Ambiente, Energia e Sviluppo Sostenibile di Regione Lombardia stanno collaborando per un efficace conseguimento delle finalità stabilite d"Meravigliosambiente" Progetto didattico rivolto ai bambini delle scuole primarie e ai loro insegnantiaalla pianificazione regionale in materia di rifiuti e bonifiche. La collaborazione mira alla realizzazione di un progetto di riduzione dello spreco alimentare quale azione attuativa del Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti, in relazione agli obiettivi di prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti con finalità, anche, sociali volte a garantire un sostegno alimentare alle categorie disagiate.

Per i più piccoli è in fase di realizzazione, con la collaborazione di ARPA, un fascicolo sull’educazione alimentare e sulla sostenibilità ambientale in occasione di Expo 2015 da distribuire gratuitamente alle scuole della Lombardia che ne faranno richiesta. A questo seguiranno altri tre innovativi volumi gratuiti, dedicati alle scuole primarie, che potranno essere utilizzati insieme ad una App interattiva.

  • Recentemente ho fatto qualche ricerca sulla canapa, una pianta dalle molte proprietà, robusta e facile da coltivare, ma soprattutto in grado di contribuire a risanare i terreni inquinati. Tra l’altro ci sono molti agricoltori che stanno riprendendo la coltivazione per la produzione di semi, olio e farina (leggi QUI). Visto lo stato critico dei nostri territori, sarebbe molto interessante approfondire l’argomento attraverso convegni ed esperti del settore. Perché non farlo alla FLA?

Oltre ad essere la sede istituzionale della FLA, il Centro Ricerche e Formazione Ambientali è un luogo di diffusione della scienza e della cultura. L’auditorium del piano terra è uno spazio concepito come luogo in grado di ospitare conferenze, convegni, workshop, corsi di formazione a disposizione di enti, istituzioni ed altre organizzazioni che, come la Fondazione, lavorano per la divulgazione scientifica e culturale.

Solitamente, come metodo di divulgazione scientifica, tendiamo nei convegni a non affrontare argomenti particolarmente specifici. Occorrerà quindi inquadrare l’argomento in un contesto più ampio che ne sottolinei i benefici e i risvolti positivi per l’ambiente e quindi la qualità della vita dei cittadini. Se verranno risposte tutte queste prerogative, si potrà verificare la possibilità di ospitare un eventuale convegno sul tema pur non essendo, la canapa e più in generale il tema delle coltivazioni, un argomento centrale della nostra attività di ricerca scientifica.

  • La FLA è patner del ‘Progetto Gestire’ finalizzato alla salvaguardia e al ripristino della biodiversità della Rete Natura 2000 della Lombardia. Quali sono stati gli habitat che vi hanno visto direttamente interessati per la loro tutela?

Laboratori FLASin dall’inizio delle politiche Natura 2000, la Fondazione ne ha seguito per Regione Lombardia l’attuazione e lo sviluppo sul territorio regionale e nazionale, in particolare con la realizzazione della Rete ecologica Regionale e la sua implementazione a livello locale. Natura 2000 è la rete di Siti protetti istituiti ai sensi di due Direttive Comunitarie (“Habitat” e “Uccelli”) per la conservazione di specie animali e vegetali di particolare importanza a livello europeo.

Ci siamo occupati, in qualità di responsabili scientifici, della stesura del programma di monitoraggio delle specie e degli habitat inseriti negli allegati delle due direttive e stiamo collaborando attivamente alla realizzazione del Documento programmatico per la gestione della Rete Natura 2000 e del PAF (Prioritized Action Framework), un documento che raccoglierà le azioni necessarie, elencate per priorità, per la gestione della rete Natura 2000 in Lombardia per il periodo 2015-2020. Il documento conterrà, tra le altre cose, una panoramica introduttiva sullo stato di conservazione di habitat e specie, gli obiettivi di conservazione strategici la descrizione delle misure fondamentali per raggiungerli, tutti temi su cui la FLA è ormai impegnata da anni.

 
 
Fondazione Lombardia per l’Ambiente
Largo 10 Luglio 1976, n. 1 – Seveso (MB)

Per info tel. +39 02 8061611
fax +39 02 80616180
e-mail: flanet@flanet.org




Il riciclo creativo, l’arte che nasce dall’estro.

Articolo pubblicato sul mensile ‘Salute & Natura’ – Dicembre 2014 Ed. Adesso

Tom Regan, filosofo statunitense, diceva che chi non è perseverante non otterrà mai alcun cambiamento, quindi, da dove si parte? Direi proprio che ci si reinventa, credendo in se stessi e nelle proprie capacità. Sono figlia di un artigiano, un artista del marmo che mi ha trasmesso, oltre alla sua creatività, la passione per la terra.

La crisi che sta vivendo il nostro paese ha coinvolto, chi più chi meno, tutti i settori. Tante le cause, tanti gli sprechi e tante le colpe. Chi consiglia di andare all’estero, chi resiste, e chi si arrende. L’enogastronomia, l’artigianato, la moda, il turismo, l’arte… sono questi i pilastri che sostengono l’Italia. Le risorse le abbiamo, nonostante molte siano state sprecate.

Oggi comincio da qui, parlandovi di riciclo creativo, l’abilità di recuperare i materiali più inaspettati per oggetti di design. Io stessa amo ridare vita alle anticaglie che abitualmente si trovano abbandonate nelle soffitte, forse è per la loro storia, o forse più semplicemente per la soddisfazione di vedere rivivere un oggetto. Siamo in tanti che lo facciamo. Qui di seguito vi citerò alcuni esempi.

Giuseppe Colucci, oltre a collaborare con l’azienda meccanica di famiglia, dal 2011 si è reinventato creando una linea di oggetti molto singolari ottenuti unendo dell’acciaio e del vecchio parquet di ulivo recuperato. Ma non solo, guardate che cosa è riuscito a fare con dei puntelli recuperati nei cantieri edili: dei portabottiglie! (foto in testata)

  • Giuseppe come hai iniziato?

Il mio “inizio” è partito dopo un percorso full immersion durato ventisette anni. Ho spaziato dall’arte alla grafica, dalla fotografia ai video, dal design all’architettura, fino ad arrivare alla meccanica di precisione, esperienza che mi ha portato a realizzare tutti i miei progetti con le macchine che ho a disposizione in azienda.

La contaminazione ricevuta nel tempo, mi ha permesso di dare vita spesso a creazioni che sono un sunto delle esperienze fatte, che vedono materiali industriali di recupero mescolarsi ad immagini, colori, luci ed attrezzature provenienti da cantieri edili. Parquet, scarti presi da materiali per imballi industriali, puntelli da cantiere dismessi, scarti di produzione metalliche, tutti materiali di scarto, che, visto con occhi diversi, diventano materia prima.

La collaborazione con la FONDAZIONE VIALLI E MAURO PER LA RICERCA E LO SPORT, onlus che si dedica alla raccolta di fondi da destinare alla ricerca sul cancro e sulla SLA, nasce da una conoscenza casuale. Il bisogno di creatività mi ha sempre spinto a realizzare nuovi progetti e dare vita sempre a nuove collaborazioni, convinto che queste ultime siano fondamentali mezzi di crescita comune, e diffusione di messaggi importanti. Così ho realizzato appositamente per loro il mio nuovo oggetto, “flame of life” porta candela/incenso, prodotto in serie numerata limitata, realizzato in alluminio e legno d’ulivo proveniente da parquet riciclato. Parte del ricavato dalle vendite che realizzerò sarà devoluto a loro per scopi benefici.

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Giuseppe Colucci – Art Design Factory www.artdesignfactory.eu

Altro esempio. Dina Miele, un’infermiera ma soprattutto un’assidua consumatrice di caffè in capsule.

La combinazione dei colori brillanti delle cialde che col tempo si sono accumulate l’hanno portata a sperimentare, grazie alla sua manualità da sempre spiccata, dei lavori artigianali. Dopo averle riciclate, lavorandole grazie alla sua fantasia, ha creato una linea personale di gioielli bijou che ha chiamato Le CialDine. Questi i risultati.

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Dina Miele – Le CialDine dina.miele@libero.it

Sempre riciclando le cialde, Chiara Zirilli stilista esordiente di 25 anni, per il suo progetto di tesi ha realizzato un corsetto davvero interessante.

  • Chiara come ti è venuta l’idea per questa realizzazione che personalmente trovo bellissima?

Volevo affrontare la sfida di realizzare un corsetto di epoca elisabettiana (la mia tesi infatti tratta di: Elisabetta I Semper Eadem nel teatro, nella pittura, nella moda e nella fotografia) unendo l’antico con il nuovo sperimentando tecniche e materiali non convenzionali. Ho deciso così di utilizzare un materiale che, sempre presente nella cucina di casa, mi permettesse di realizzare il mio progetto: le cialde del caffè della Nespresso.

Leggere, facili da usare ed in vari colori. Alla fine ho realizzato il mio corsetto interamente con quelle, ne ho usate la bellezza di 430, cucendole insieme una a una con del filo di stagno argentato. Lo scopo finale era un’interpretazione personale della classica armatura. L’uso della cialde si è rivelato un materiale perfetto e particolare con un effetto finale al quanto soddisfacente.

Chiara Zirilli

Chiara Zirilli chiarazirillimsfb.wordpress.com

Bellissimi oggetti vero? Bene, ora faccio a voi una domanda: “Siete certi di non avere nulla da riciclare?”

 




Chiara Boni, una stilista in equilibrio con la natura

Chiara Boni, una delle grandi firme italiane della moda. L’ho incontrata qualche giorno fa a Milano, nel suo ambiente, tra le persone con cui collabora da anni. Una stilista fiorentina che ho conosciuto attraverso i suoi pensieri, veri attacchi poetici la cui spinta ben comprendo. La sua, una sensibilità espressa nel lavoro e nel rispetto dell’ambiente.

Perché mai incontrare una stilista? Come dico spesso l’Italia ha molti punti di forza da promuovere: l’agricoltura, l’enogastronomia, il turismo, l’arte, la moda… Ognuno tenta di farlo a modo suo. Per quanto mi riguarda, cerco di conoscere meglio le persone che ne sono protagoniste grazie alla loro creatività e al loro impegno. Seguirle durante il loro lavoro mi permette di valorizzarle quando ritengo che possano fare bene all’economia italiana.

Premesso questo, non nascondo che da sempre apprezzo lo stile e l’eleganza. In una società di corsa, in cui il tempo non è maiChiara Boni sufficiente, Chiara ha saputo coniugare la praticità senza trascurare la femminilità. Ma non solo, la sua è una moda in equilibrio con la natura, una produzione eco-sostenibile controllata sin dall’origine.

Per i suoi abiti si avvale infatti della collaborazione di un’azienda italiana attenta all’ambiente che, dal 2001 al 2008, è stata in grado di ridurre per ogni kg di tessuto prodotto il consumo del 5% di energia elettrica, del 13% di metano, del 19% di acqua, di 21 tonnellate il consumo di carta e carbone, e del 25% il consumo di coloranti e prodotti chimici. Questi ultimi, ahimè, sono causa sempre più frequente di irritazioni e di allergie alla pelle.

La sua, una passione per la moda nata da bambina con la frequentazione insieme alla madre di sartorie ed atelier. Dopo l’esperienza londinese, nel 1967,  la ribellione al rigore e all’essenzialità della moda italiana di quegli anni, si è espressa con una ‘boutique di rottura’ aperta nel 1971 a Firenze. Negli anni ottanta, l’importante collaborazione con il Gruppo Finanziario Tessile di Torino durata quindici anni, poi, dal 2000 al 2005, l’esperienza in politica come Assessore per l’Immagine e la Comunicazione della Regione Toscana.

Una ‘ricerca della flessibilità’ attraverso la sperimentazione sui materiali, che nel 2007 ha portato alla nascita della ‘La Petite Robe’. Abiti in tessuti stretch in tante versioni che non si stropicciano, ideali per la valigia. Dal 2009 la collaborazione con  il biellese Maurizio Germanetti, ha dato un’ulteriore svolta alla sua vita. In America oggi è presente con uno show room a New York, e nei più importanti department store.

Una giornata con Chiara Boni

Una sola domanda.

  • Chiara, in un progetto di ‘Città Ideale’ qual è il tuo ruolo?

Cinzia, la ‘Città Ideale’ è un intreccio di attitudini creative, un sodalizio che vede coinvolti Urbanistica, Design, Food e Moda, come protagonisti di un’etica urbana.

Il mio ruolo è quello di offrire un’opinione ‘femminilista’ all’evoluzione del concetto urbano. ‘Femminilista’ è lo stile di chi, come me, ha intrapreso da anni una ricerca flessibile alle esigenze della donna nel segno della femminilità.

Dopo un incontro, come sempre, sento la necessità di metabolizzare ciò che vivo per trarne i giusti insegnamenti. La giornata passata con Chiara mi ha fatto comprendere quanto la moda possa contribuire al rispetto dell’ambiente. Conoscere una produzione ecosostenibile significa conoscere i metodi di coltivazione di materiali, che esigono il rispetto per la natura e il minimo impiego di prodotti chimici. I comportamenti etici per la realizzazione dei tessuti, salvaguardano l’ecosistema e la nostra pelle.

Chiara Boni e la sua collaboratrice Monica Galleri

Vestita da Chiara Boni e dalla sua collaboratrice Monica Galleri




“La disperazione degli uomini del sud fa fare miracoli”. Vi presento Peppino Montanaro.

Da qualche anno il destino mi porta spesso a Taranto, una città che conoscevo come molti, soprattutto per le note vicende legate all’inquinamento. Perché mai interessarmi e scrivere di una terra che alcuni hanno definito non mia? La risposta è semplice: perché sono italiana, e come tale ci credo. Ho la fortuna di vivere in uno dei paesi tra i più belli al mondo. Una nazione con un ricco patrimonio culturale, enogastronomico, e con un territorio che vanta la maggiore biodiversità tra i paesi del vecchio continente.

Un’estensione costiera di oltre 7.000 km. Una superficie forestale di oltre 10 milioni di ettari con 12 milioni di alberi, un terzo della superficie territoriale. Grazie alla varietà degli habitat e dell’aree climatiche abbiamo oltre 55.600 specie animali. Siamo una nazione con 17 milioni di ettari dedicati all’agricoltura, un settore che genera prodotti di qualità a garanzia del Made in Italy. (Fonte Corpo Forestale dello Stato – dati 2014). Investire sulla pesca, sull’agricoltura e sul turismo, è l’unica strada possibile.

La mia chiacchierata con Peppino MontanaroSono queste le riflessioni che ho fatto con Giuseppe Montanaro durante il nostro incontro. Lui, dopo avermi ascoltata, da persona attenta qual è, mi ha risposto: “Sai Cinzia, la disperazione degli uomini del sud fa fare miracoli“.

Forse abbiamo bisogno di miracoli, o forse, soprattutto, abbiamo bisogno di persone che credono nel territorio e in cui poter tornare a credere. L’Italia, che lo si voglia o no, è fatta dagli italiani, i giocatori siamo noi, la partita è aperta. La cosa importante è che le istituzioni ci mettano in condizione di gareggiare, e di tornare ad essere vincenti.

Giuseppe Montanaro, Peppino, è nato a Massafra l’11 novembre del 1940. Un lavoratore e un imprenditore dalla creatività spiccata. Un uomo attento all’ambiente che ha deciso di investire con la sua società Kikau Turismo e Cultura S.p.A. (Kikau, la prima parola detta dal figlio Filippo) nell’agricoltura e nel turismo. Un impegno concreto visibile nel recupero di complessi architettonici rurali del luogo, quali la Masseria Accetta Grande, il Villino Canonico Maglio,  la Masseria L’Amastuola, e il Villino Santa Croce.

Con i centosessanta ettari di terra di Amastuola ha trasformato a Crispiano, nel Parco regionale ‘Terra delle Gravine’ in provincia di Taranto, un terreno agricolo non più produttivo in un vigneto-giardino. Onde di filari di viti parallele intervallate in ventiquattro isole da ben millecinquecento ulivi secolari.

Un progetto firmato dall’artista e paesaggista Fernando Caruncho, in un’area di ricerca e di interesse storico archeologico posta sotto il controllo della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Puglia, supportata dal Centro di archeologia della VU-Università di Amsterdam. Queste ricerche hanno portato alla pubblicazione del libro a cura di Gert Jan Paul Crielaard ‘Greci e indigeni a L’Amastuola’. La Regione Puglia, nel 2010, ha premiato la realizzazione di questo progetto definendolo “Buona Pratica di Tutela e Valorizzazione del paesaggio agrario, anche a fini turistici”.

Vi chiederete come sono arrivata a lui. La risposta è semplice, chi mi ha accompagnato conosce me e il tipo di persone che amo incontrare, e con le quali confrontarmi. Peppino Montanaro, con il suo vissuto e la sua esperienza, conferma il mio credo per la buona riuscita dei progetti.

La famiglia prima di tutto. La moglie Rosaria e i figli Ilaria, Donato e Filippo, con i rispettivi coniugi Giuseppe, Anna e Raffaella sono stati e sono la vera spinta che gli ha permesso di andare avanti. E’ da li che nasce la forza per superare i momenti difficili. La famiglia, per chi ha la fortuna di averla, da senso al proprio lavoro permettendo di costruire e offrendo un ‘nido’ nei momenti bui.

Creatività, inventiva e tenacia. Prima di incontrarlo, ho ascoltato a lungo suo genero Giuseppe mentre mi parlava di un uomo del sud che, Con Giuseppe Sportelli, genero di Peppino e parta attiva della Societàiniziando la propria attività nel 1984 con la Kikau serramenti in alluminio, a distanza di undici anni ha trasformato l’azienda in una Società per Azioni con investimenti in settori mirati sul territorio. Alcuni progetti si sono realizzati, come per la Cantina Amastuola, e alcuni sono in corso dopo l’acquisizione di Masserie in fase di recupero. In programma accoglienza turistica, promozione del territorio, produzioni editoriali, sviluppo di attività rivolte alla vendita di prodotti artigianali e agroalimentari.

Le aziende sono fatte dalle persone. Elemento fondamentale per la crescita di un’azienda è costituito dalla qualità dei rapporti instaurati con i propri collaboratori. Con Peppino si è parlato anche di questo. Molto più che dipendenti, persone con cui lavorare insieme facendo squadra per il buon conseguimento dei risultati. Da soli non si va da nessuna parte, insieme si costruisce.

Innovazione e rispetto per l’ambiente. Adottare pratiche sostenibili a tutela di sé stessi e del territorio è prioritario. La tecnologia e la ricerca sono fondamentali per la qualità, a patto che vengano rispettate le caratteristiche naturali dei prodotti. Questa è la politica di Amastuola. Ne è esempio l’uso della camera a pressione di Scholander che, a vantaggio dell’uva, interviene con l’irrigazione solo al bisogno e nel contempo evita gli sprechi. Seguendo sempre questa linea di pensiero, viene usata una bottiglia leggera in vetro riciclato, e un tappo a vite realizzato in alluminio, materiale riciclabile al 100%, con una speciale membrana all’interno che garantisce la corretta micro-ossigenazione del vino accertata dal Dipartimento di Scienze degli Alimenti di Udine.

Il senso di appartenenza. Credere nel territorio e riconoscersi parte di esso è fondamentale per trasmetterlo a chi lo visita. Se io credo sinceramente in qualcosa riesco a trasmettere la mia passione condividendo l’entusiasmo. Io quel giorno l’ho sentito.

A conclusione della nostra chiacchierata, prima di salutarci, ho fatto una richiesta a Peppino: gli ho chiesto di esporre la bandiera italiana nell’azienda in bella vista. Questo per me, che credo nelle persone che lavorano insieme per un vero cambiamento, sarebbe un importante segno di appartenenza. All’estero è una consuetudine, in Italia lo è solo in occasione di eventi sportivi. So bene che molti non si sentono rappresentati perché in essa vedono lo stato istituzionale. Questione di punti di vista. Per me il tricolore rappresenta la terra e la gente italiana che lavora. Non so se Peppino mi accontenterà, per certo mi ha promesso che ci penserà seriamente.

Ho scritto di questo mio incontro, come faccio abitualmente, per come l’ho vissuto conoscendo il territorio e le persone. Con Peppino mi sono sentita particolarmente vicina per la condivisione dei pensieri e dello stile di vita. Oggi mi sento più vicina a lui e alla sua famiglia. Da pochi giorni, dopo una lunga malattia, la moglie Rosaria li ha lasciati. Lei fa parte dei suoi progetti, e per questo continuerà a vivere in quelle terre.

www.amastuola.it –  www.turismoecultura.it

Video a cura di Sabrina Merolla, produttrice e conduttrice di BUON VENTO

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