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Carlo Ravasio, un muratore che a Bergamo fa Olio e Vino

Quando ho chiesto a Carlo Ravasio il suo mestiere, lui senza esitare mi ha risposto: – Cinzia, faccio il muratore! – Sbigottita l’ho guardato un po’ perplessa. La realtà, quella vera, è che molte persone che incontro hanno due vite (io compresa).

Si cresce e si cambia, gli stessi eventi che a volte ci travolgono fanno scoprire in noi potenzialità nascoste che risvegliano le nostre passioni e trasformano la nostra vita. Il quesito è – qual è la vita vera? – Credo, anzi sono convinta, che sia quella che ci fa battere il cuore, che ci tiene vivi, e che ci fa svegliare la mattina con la voglia di fare.

Carlo Ravasio è un imprenditore dell’edilizia cresciuto nelle terre di un antico borgo rurale, un tempo adibito all’allevamento di capre: Cavril (caprile in bergamasco). La sua attività lo ha portato ad investire nel villaggio abbandonato della sua infanzia a Sotto il Monte Giovanni XXIII, ben determinato a riportarlo in vita.

Questo recupero ha fatto nascere una farmhouse, un agriturismo con una terrazza da cui ho goduto, seduta su una panchina, la bellissima vista su Bergamo. Ma non solo, ha fatto rinascere anche la vecchia cantina in cui riposano le bottiglie dei vini prodotti dall’azienda agricola annessa Sant’Egidio.  Una storia familiare di origine contadina iniziata nel dopoguerra con l’acquisto della prima vigna: ‘Ronco di Sera’.

Farmhouse trovata! E con che vista! #Cavril #Agriturismo #SottoilMonte #Bergamo

Ronco di Sera

Tre ettari di vigneti e uno di oliveto da cui produce olio extra vergine di oliva da cultivar Frantoio, Casaliva, Leccino e Pendolino, e il vino che porta sulle tavole del suo agriristoro biologico. Ronco di Sera, prodotto con un taglio di vino Merlot variabile tra il 60-70% e Cabernet Sauvignon per la rimanente parte, Tessére ottenuto da uve Merlot, Turano da uve Cabernet Sauvignon, e infine Marinele, da uve Moscato giallo.

Durante la cena in cui l’ho incontrato, Carlo mi ha espresso la volontà di far conoscere come merita il suo territorio e le sue produzioni avvalendosi di materie prime di piccole medie aziende agricole della zona di accertata qualità.

Da un’idea spesso nascono progetti, che se condivisi, uniscono e permettono di fare bene. Questa determinazione ha fatto nascere l’associazione delle  ‘Sette Terre’, un gruppo di viticoltori uniti dalla volontà di valorizzare e promuovere la produzione vitivinicola bergamasca da molti non ancora considerata tale.

Impegno, passione, qualità, valore, crescita, studio e programmi: questi i sette punti cardine che uniscono i produttori che si vogliono associare. Sette, simbolo della perfezione legato al compiersi del ciclo lunare, per gli Egizi simbolo di vita.

La sera che l’ho incontrato, ho avuto il piacere di assaggiare un piatto contadino tipico della tradizione: il Pancotto alle verdure con uovo poché (uovo in camicia). Un piatto da alcuni considerato povero, per me un piatto ricco, perché tramandandolo di generazione in generazione ci permette di tenere viva la memoria storica della nostra bell’Italia.

Un albero senza radici non ha linfa vitale, esattamente come un paese che non mantiene viva la sua memoria…

 

 




Il senso di appartenenza ad una terra

Lorenzaga di Motta di Livenza, Treviso

C’è una terra a Treviso che mi ha salvato due volte. Una prima volta da bambina, e una seconda pochi anni fa. Ormai sento di appartenerle, comunque sia e comunque sarà, so che sono parte di essa. Appena posso torno da lei. L’emozione al mio arrivo la stessa, sempre, come la tristezza che mi assale alla partenza, quando devo lasciarla.

Una terra piena di ricordi…

Li rivivo passeggiando nelle vigne dell’Azienda Agricola Vecchio Olmo confinanti con la casa di famiglia dove ho passato i momenti più felici della mia infanzia.

Un vigneto di circa quindici ettari nella frazione di Lorenzaga di Motta di Livenza che la famiglia Berto, i proprietari, hanno chiamato così in onore di un vecchio olmo presente nella tenuta. Da oltre sessant’anni, dai capostipiti Maria e Pietro, e poi a seguire, dai figli Sergio e Mario, la famiglia Berto continua la  tradizione della coltivazione della vite e della produzione dei vini nel rispetto dell’ambiente. Raboso Trevigiano, Merlot, Malbech, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Refosco dal Penducolo Rosso, Pinot Bianco, Chardonnay, Verduzzo Trevigiano, Glera Prosecco, questi i loro vini.

Come avete letto, nelle loro produzioni c’è anche il Prosecco, e qui mi fermo un attimo per una riflessione.

Durante le mie ultime scorribande su e giù per il trevigiano si è discusso sia con produttori che con amici enologi di questo vino di antiche origini che, negli ultimi anni, gode di un particolare successo tra i consumatori. Questa tendenza favorevole non dovrebbe che farmi piacere. Peccato che ci sia il rischio, che ormai definirei certezza, del saccheggio alla terra trevigiana dei suoi vitigni storici vocati, espiantati e sostituiti con prosecco, prosecco e ancora prosecco. Ma attenzione, c’è prosecco e… Prosecco DOCG !  

Complice di questa situazione confusa il mercato condizionato dalla poca cultura che ahimè, chi dovrebbe, non trasmette a dovere.Vi cito solo un esempio. Poco tempo fa a Como in un ristorante che mi era stato consigliato, l’addetto alla sala nonché proprietario al mio ingresso ha esordito dicendomi: “Cominciamo con un prosecchino?”  La mia risposta secca è stata: “Cominciamo male !”  Ma vi pare il modo di presentare un Prosecco ?!  

A questo proposito approfitto per far intervenire l’amico Paolo Ianna che, partecipando attivamente alla manifestazione “Vino in Villa”,  ha avuto modo di approfondire l’argomento.

 

Paolo Ianna

Paolo Ianna

Ciao Cinzia,

A Vino in Villa abbiamo assaggiato un centinaio di Prosecco DOCG per la Guida ViniBuoni D’Italia; ne dobbiamo ancora assaggiare molti nei prossimi giorni.

La qualità, dall’avvento della DOCG dal 2010, è sempre più alta. Con l’introduzione della nuova opportunità della tipologia “Rive”,  l’orgoglio di avere un nome di prestigio per un proprio prodotto ha orientato in modo più che positivo l’impegno nel produrre con più attenzione e cura.

Potrei aggiungere che i produttori credono nella loro potenzialità, molto più che nel recente passato. Quindi, Prosecco di alto pregio la cui qualità aumenta di anno in anno.

Purtroppo si stanno espiantando vigneti che davano dei buonissimi vini rossi che, un mondo del vino orientato da guru, snob, e salottieri, non ha mai riconosciuto come tali.

Non me la sento di giudicare le scelte dei produttori che cercano solo di procurarsi fonti di reddito non legate alle bizze e ai capriccetti di qualche guida, che rilascia giudizi morali senza che vengano richiesti.

Spero di non essere stato troppo polemico.

 

Paolo non è stato affatto polemico, ha solo espresso una verità che condivido pienamente. Le nostre parole sono spinte dalla passione e dall’amore per il territorio nel senso più lato del termine. Un territorio con una zona di produzione storica ben definita, garante di qualità e di Superiorità.

Come ha sottolineato lui stesso, l’introduzione della tipologia “Rive” riservata agli spumanti, è pura espressione di territorialità essendo legata ad un prodotto proveniente da uve di un unico comune o frazione di esso. Questo termine nella parlata locale, indica vigneti situati in terre scoscese.

 




Vercesi del Castellazzo… un tuffo diVino nella storia dell’Oltrepò Pavese!

Sono un’appassionata di storia, lo so, l’ho già detto altre volte…  Bè, sono anche appassionata di dimore storiche, e qui direte:  “Hai già detto pure quello!”  E  vi ho detto che adoro le spade? Urca, ora me la sto proprio cercando, visto che ho detto più volte anche questo! Bene, appurato che sono ripetitiva quando mi piace qualcosa (è la verità!), vi dico solo che, sapendo che nell’Azienda Agricola Vercesi del Castellazzo avrei trovato “storia, una dimora gentilizia dell’800, e pure spade antiche”, chi mi fermava dall’andarci!

L’Azienda Agricola Vercesi del Castellazzo è condotta dall’amico Gian Maria Vercesi insieme al fratello Marco a Montù Beccaria (PV). Circa 20 ettari vitati a Croatina, Barbera, Pinot Nero, Ughetta e Cabernet Sauvignon. La loro storia  ha origini lontane. Gian Maria mi ha raccontato che la sua famiglia è proprietaria di questi terreni  fin dal 1600. Fu però il padre nel 1961 a dare impulso all’azienda vinificando le uve fino allora solo coltivate.

Conobbi Gian Maria in occasione di una serata di degustazione che avevo organizzato circa un anno fa in Oltrepò OLYMPUS DIGITAL CAMERAPavese, terra bellissima, che stavo incominciando a scoprire. Perché mai mi chiederete organizzare una serata in un territorio che non conoscevo? Bè, durante i miei “tour Vinosi”, come li chiamo io, sentivo spesso maltrattarla, o meglio, sentivo spesso una certa criticità delle persone del settore verso i loro vini, e soprattutto verso la mancanza di coesione dei produttori nel promuoversi.  In un certo senso non si può dire che le cose non stiano proprio così, ma forse qualcosa sta cambiando. Come dico spesso, andare avanti da soli non porta a nulla. Fare “sistema”, questa è la chiave giusta per aprire la porta che conduce alla reale promozione di un territorio.

Organizzare quella serata mi costò non poca energia, soprattutto per le diffidenze che mi trovai ad affrontare…  Per settimane andai su e giù da Milano a Pavia  per parlare con i produttori, per far capire loro che il mio intento era sincero. Guidata dal caro Mario Maffi  e supportata  dall’Azienda Agricola dei Doria di Montalto che ci hanno accolto, la serata finalmente si svolse.   Ma ci pensate, “una cantina dell’Oltrepò, i Doria di Montalto, che promuoveva altre cantine del territorio”. Quando raccontavo di questo mio progetto molti mi davano dell’illusa sognatrice! Mi dicevano: “Figurati se un produttore accoglie a casa sua altri produttori in un momento così difficile!”   Bene, io ci sono riuscita, forse perché ho la testa dura dei mantovani, o forse più semplicemente perché chi la dura la vince! So solo che in Terra d’Oltrepò, questa cosa è successa…

E ora appena posso,  torno in queste colline a chiacchierare con loro, con gli amici vignaioli conosciuti così…

  • Gian Maria, mi racconti cosa trasmetti del “tuo credo”,  nel tuo vino ?

Cerco di trasmettere la forza del terroir evitando interventi pesanti in cantina, sull’uva, sui mosti, e sui vini che ne derivano. Cerco di toccarli il meno possibile proprio per mantenere tutto il loro patrimonio derivante dalla terra su cui vivono.

  • Non è un momento facile per nessun settore produttivo Italiano. Da esperto del territorio quale sei, mi puoi dire come si sta vivendo la viticoltura in Oltrepò Pavese? Ma soprattutto, quali sono le maggiori difficoltà attuali di voi viticoltori?

Le difficoltà sono quelle di sempre, purtroppo. Scarso rapporto tra colleghi ma, soprattutto, la quantità di vino di qualità che scompare in rapporto all’altro vino, quello taroccato, mistificato, violentato per farne un prodotto da prezzo che invade gli scaffali della grande distribuzione e che comunica al mercato quel tipo di qualità. Da qui ha origine il detto che il vino dell’Oltrepò Pavese è mediocre.  Altro problema  è che “non c’è mai tempo” e molto, tocca delegarlo agli altri…

  • Come produttore hai consigli  o suggerimenti da dare ai giornalisti e ai blogger  sulla comunicazione del mondo del vino?

Solo un consiglio: non fermarsi alle apparenze (dell’Oltrepò), approfondire senza farsi influenzare dalle mode. Ricercare, scoprire…

  • Per far capire a chi legge come ti ho conosciuto, ho raccontando della serata di degustazione che organizzai ormai un anno fa. Ho menzionato alcune parole come “diffidenza” o  come “fare sistema”.   La volontà di un cambiamento è forte in molti. Ne è testimonianza la libera Associazione di Produttori “InOtre” di cui sei membro e promotore. Me ne vuoi parlare?

InOLTRE è nata nel 2002, partendo dall’idea di partecipare al Vinitaly con un folto gruppo che non si appoggiasse alle solite collettive istituzionali.

Siamo una decina di produttori con un  duplice fine: “Primo, partecipare a fiere ed eventi per far conoscere un cospicuo numero di etichette di qualità, e fare economie di scala. Secondo, quello di degustarci, e degustare gli altri.

Abbiamo avuto alti e bassi legati spesso al tempo disponibile. Ora, però, stiamo ripartendo con eventi e degustazioni.  Ne abbiamo una in cantiere di una grande annata passata  interpretata da noi dieci, ed un’altra un po’ più complicata, che è ancora in embrione.

A Pavia i nostri vini sono in vendita in esclusiva nel Borgo, in una vineria che si chiama InOLTRE, e nel bar dell’area di servizio VEGA di Stradella. Inoltre forniamo il vino dell’Oltrepò, anche ad una bottega gastronomica  vetrina delle piccole produzioni del territorio, il GOODURIA, nella centralissima piazza Duomo di Voghera.  Per intenderci, InOLTRE 80%, resto d’Italia 20%.

Noi crediamo molto nella divulgazione dei nostri marchi sul territorio provinciale, e questa  è cosa molto più realizzabile quando si lavora in squadra…

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