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Identità territoriale, rispetto per la terra, agricoltura e sostenibilità: le chiavi di volta per il futuro

Domenica 30 Marzo, nella splendida cornice di Palazzo Arese Borromeo di Cesano Maderno in provincia di Monza e Brianza, si è svolta la kermesse “Un Mondo di Gusto” la rassegna di cibo e cultura finalizzata ad approfondire le tematiche in vista di Expo 2015, l’Esposizione Universale che si svolgerà il prossimo anno a Milano tra il 1′ maggio e il 31 ottobre.

Un’iniziativa culturale promossa dal Comune di Cesano Maderno coordinata da Ketty Magni, Antonio Zappa, Eva Musci e Simone Toninato, tesa a valorizzare i prodotti del territorio e inserita nel progetto Supermilano. Fino al 16 Aprile sedici i comuni coinvolti in eventi dedicati alla promozione del cibo, dell’agricoltura e dei beni artistici, per la riscoperta dell’identità del proprio territorio e della sua valorizzazione.

Una manifestazione a tutto tondo durante la quale attraverso l’intervento di scrittori, giornalisti, cuochi e produttori, si è voluto dedicare una vetrina al territorio locale e alle sue potenzialità. Identità territoriale, rispetto per la terra, agricoltura e sostenibilità: le chiavi di volta per uscire dalla crisi che stiamo vivendo in questi anni.

L’Expo 2015 sarà un’occasione irrepetibile che vedrà il nostro paese al centro del mondo. Siamo pronti…? Forse non ancora del tutto, comunque sia abbiamo il dovere di prepararci al meglio per valorizzare ognuno come può il proprio territorio, per il futuro delle nuove generazioni.

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Gigi Ponti sindaco di Cesano Maderno e Celestino Oltolini Assessore alla Cultura

L’evento si è aperto con la partecipazione di Davide Oldani, cuoco e patron del Ristorante D’O di Cornaredo, che ha presentato insieme a Davide Oltolini, critico enogastronomico, il suo ultimo libro “Chefacile”.

Nonostante io apprezzi la creatività degli chef stellati, amo profondamente la cucina semplice della tradizione basata su buone materie prime del territorio che favoriscano l’agricoltura italiana. Per questo motivo ho felicemente accolto la testimonianza di Davide Oldani, quando, durante il suo intervento, ha citato ‘il rispetto del contadino’ e la sua determinazione nel portare a tavola i prodotti del territorio.

Sfogliando il suo libro ho apprezzato la semplicità di alcuni piatti che mi hanno accompagnato durante la mia infanzia, come ad esempio la ‘Polenta e latte’ oppure la ‘Frittata e pane’. A proposito, nelle prime pagine c’è anche la ricetta della pasta per pulire le pentole di rame. Ascoltatelo in questo breve video in cui l’ho ripreso.

     

Tra i tanti espositori presenti il Fornaio di Cesano Maderno di Gianmario Longoni che ha offerto in assaggio il ‘Pane Borromeo’ preparato secondo una ricetta storica. Con l’amico Gianmario condivido la passione per la storia e per le tradizioni. Ve lo faccio conoscere attraverso le sue parole.

Un sempre più forte discostamento dalle antiche ricette di un tempo in favore di una massificazione industriale dei prodotti ha fortemente corrotto, e continua a corrompere non solo i sapori, ma anche e soprattutto la genuinità degli alimenti in questione. Maneggiare un impasto è un’azione che va al di la della cruda e meccanica realizzazione di un prodotto: dar vita a un alimento significa trasferire a una componente inanimata, ma comunque proveniente dalla Natura, una nuova linfa vitale.”

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Il Fornaio di Cesano Maderno

Amo la frutta e verdura. A rappresentarla Il Frutteto del Parco, un’azienda agricola di ben 80 ettari all’interno del Parco delle Groane.

Pochi giorni fa per il mio compleanno ho chiesto a mio figlio di regalarmi un albero, o meglio, ho voluto adottarlo proprio in questo frutteto. Un albero di mele Red Delicios con una mia targhetta identificativa che seguirò durante la stagione della fioritura, e da cui raccoglierò direttamente la frutta.

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Il Frutteto del Parco di Ceriano Laghetto (MB)

Lo sapevate che la coltivazione dello zafferano è limitata a circa 25 ettari in Sardegna, a 8 in Abruzzo, e in piccole superfici coltivate in Toscana, Marche, Umbria, Sicilia e Lombardia per un totale di circa 35 ettari? Ebbene si.

Me l’hanno detto i ragazzi di Zafferanami, un piccola realtà agricola della Brianza nata da un’esperienza di produzione per uso familiare. Un prodotto assai pregiato. Pensate che per ottenere un chilo di zafferano si devono raccogliere gli stimmi di circa 120.000 fiori.

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Zafferanami, società semplice agricola di Varedo (MB)

Anche a rischio di essere ripetitiva lo dichiaro ancora una volta: “Amo l’agricoltura e le aziende agricole!” Pensate che a Cesano Maderno, a poca distanza da casa mia, c’è l’Azienda Agricola Villa Marina. Una realtà incentrata soprattutto sull’allevamento di razze autoctone in via d’estinzione. Una fattoria in cui potrete vedere i bovini di razza varzese, la pecora brianzola, la capra a quattro corna, cavalli da tiro, asini, muli, maiali, oche e pollame. Insomma, una meraviglia!

Appena possibile andrò a trovarli per farveli conoscere meglio, anche perché stanno recuperando con il vino Groanello, la tradizione vinicola della Brianza già documentata nelle pergamene del monastero benedettino milanese di Santa Maria d’Aurona.

Gradito ospite Allan Bay, giornalista enogastronomico e scrittore che ha presentato il suo ultimo libro ‘I piatti della mia vita’. Mi ha fatto riflettere il suo intervento dedicato alla temperatura di sanificazione dei cibi spesso trascurata tra le mura domestiche.

Allan ha sottolineato quanto a volte, cercando la tecnica migliore, non si presta la giusta attenzione alla temperatura di conservazione degli alimenti, con conseguenti rischi di malattie a livello gastrointestinali, sovente non associate a queste disattenzioni.

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Allan Bay con Ketty Magni

A conclusione dell’evento si è dedicata una tavola rotonda ‘ai sapori di una volta e ai sapori di oggi’.

Sono intervenuti Corrado Mauri presidente dell’Associazione Culturale ‘Vivere il Palazzo’, Gianmario Longoni panificatore di Cesano Maderno, Stefano Pelizzoni docente presso l’Istituto Alberghiero Ballerini di Seregno, lo chef Giovanni Guadagno Presidente dell’Associazione Cuochi Brianza, Gianluca Capedri del portale Gastronomist e Matteo Scibilia, ristoratore di Ornago recentemente premiato dalla Presidenza della Repubblica per il suo impegno culturale.

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Tavola rotonda “I sapori di una volta e i sapori di oggi”

Tra le realtà del territorio presenti anche l’Albero dei gelati di Seregno che ho già conosciuto e precedentemente raccontato, la dolcezza del miele di Giuseppe Viscardi, i vini presentati dall’Enoteca Colombo di Cesano Maderno, Cioccotratto a cura dell’Associazione ‘Atelier del Fare’, il Prosciuttificio Marco d’Oggiono, e infine la libreria ‘Un mondo di libri’ di Seregno .

Tra i libri presentati dagli autori ‘Cheescake e Whoopie!’ di Mauro Padula e Carolina Turconi e ‘La zona è donna’ di Gigliola Braga, biologa e nutrizionista.

Cibo, cultura e… un pranzo storico al Ristorante Il Fauno di Cesano Maderno ispirato alle ricette di Bartolomeo Scappi, cuoco di papa Pio Quinto, tratte dal libro ‘Il cuoco del papa’ di Ketty Magni.

Lo chef Simone Toninato ha interpretato con maestria i piatti dell’epoca, avvicinandoli ai gusti dei nostri tempi.

Cibo e Cultura… Corpo e Mente…




Vi presento Alessandro Vitiello, o meglio, “solo il vin d’arte”

Alessandro Vitiello, per gli amici Sandro, un sommelier e un ristoratore ma soprattutto un amico. ‘Solo il vin d’arte’ è l’anagramma del suo nome elaborato da Giuseppe Maria Grassi, un amico che si diletta così.

Un uomo che ha nel cuore una terra, la sua Ponza. Mi commuove quando lo vedo condividere ricordi e fotografie in bianco e nero di quest’isola che ha dovuto lasciare come molti per ragioni di lavoro. Lui la racconta nel suo blog: ‘La casa dei Sacco di Ponza’.

“Quando tornavo a Ponza, dalla mattina successiva, ridiventavo il marinaio di mio padre e con la sua barchetta di cinque metri si andava a pescare insieme. Mio padre ha smesso di praticare il mare alla fine del ’92: aveva più di ottanta anni…”

Costantino Sacco a Santa Teresa negli anni '60 (a sinistra sulla prua)

Costantino Sacco, padre di Sandro, a Santa Teresa negli anni ’60 (a sinistra sulla prua)

Sandro, grazie alla sua lunga esperienza come ristoratore prima all’Osteria delle bocce di Seveso e ora al Ristorante Il Fauno di Cesano Maderno, ha molti ricordi vissuti con personaggi dell’enogastronomia italiana. Di tanto in tanto quando c’è l’occasione, sapendo quanto amo ascoltarlo, ne condivide qualcuno con me.

Oggi ve lo voglio far conoscere…

Ciao Sandro, ho scritto questi pensieri una mattina all’alba. Non avevo sonno e la mente correva. Sarà forse la voglia di viaggiare anche con le parole? Chissà… credo che noi nostalgici e romantici ci capiamo.

  • Qualche sera fa mi stavi raccontando quella volta che… Mi piace quando mi racconti aneddoti del mondo dell’enogastronomia, lo sai. Me ne riporti qualcuno che ti è rimasto in mente in particolare?

Ce ne sarebbero tanti Cinzia, a dire la verità più che aneddoti amo ricordare persone che tra Milano e dintorni hanno divulgato l’arte del buon bere. Ricordo ad esempio Antonino Trimboli – pugliese di origine – che in gioventù, nel dopoguerra, aveva girato quasi tutta la Francia ed aveva riportato in Italia una conoscenza enciclopedica del vino francese in generale e dello champagne in particolare. Parlare con lui – uomo senza peli sulla lingua – era un piacere unico.

Come del resto con quel “giacobino” di Adriano Romanò. Maestri prima ancora che venditori. Che dire poi dei fratelli Brovelli? Uomini d’altri tempi che raccontavano il vino con grande passione.

Un aneddoto. Una sera capita una coppia di amici a cena all’Osteria delle Bocce (il nostro precedente ristorante) accompagnati da un’altra coppia. In bella mostra all’ingresso c’era l’ultima selezione di whisky di Samaroli. Dopo cena, a ristorante quasi vuoto, l’amico mi chiede di portare l’whisky più strano che avessi, in maniera anonima, al suo ospite. Questo signore, dopo averlo assaggiato, mi ha raccontato tutto il possibile di questo strano distillato che avevo tirato fuori da un mobile che avevo in un’altra sala. Dopo aver bevuto abbondantemente insieme mi ha raccontato il suo lavoro. Passava il suo tempo in Scozia a selezionare whisky per conto di una multinazionale. Qualche tempo fa nel vedere il film “la parte degli angeli” mi sono ricordato di lui.

  • Ti ricordi quando ci siamo conosciuti? Praticamente ti ho quasi obbligato ad organizzare delle serate di cultura e degustazione per la conoscenza del cibo e del vino. Dovete sapere che Sandro è un grande conoscitore e appassionato di enogastronomia, impigrito forse solo dal poco entusiasmo delle persone nell’apprendere. Ma poi è arrivato un vulcano che…

E’ sicuramente vero che Cinzia Tosini sia un vulcano così come è vero che io coltivo anche “l’arte del dubbio”. Ho abbastanza anni per essere sicuro di non aver certezze da vendere e ogni tanto per domandarmi se serve a qualcosa o a qualcuno raccontare il mio mondo. Quando poi ti scontri con Cinzia Tosini tanti dubbi vanno a farsi benedire e si riprende.

Devi sapere che abbiamo iniziato a organizzare serate dedicate al vino e al cibo dall’autunno dell’84: trent’anni fa. Non c’era internet e le nostre news viaggiavano con la posta ordinaria, eppure c’era tanta attenzione, e spesso avevamo problemi a gestire i tanti che volevano partecipare. Io poi mi sono divertito a mettere in piedi tanti corsi per associazioni o istituzioni della zona. Prima ancora che insegnare ci si divertiva. Ancora adesso vale questa regola.

Alessandro Vitiello

Alessandro Vitiello… Sandro

  • Passo ad una domanda legata alla tua attività. Come definiresti il consumatore medio di oggi, nel senso di cosa si aspetta e cosa cerca?

Il consumatore medio oggi subisce il tempo che viviamo. Noi che abbiamo vissuto gli anni della “Milano da bere” facciamo fatica a volte a dare un senso a quanto succede. Il consumatore rimane attento e curioso, pronto a considerare con rispetto quanto di buono e di nuovo viene proposto. Ha però aggiunto, o meglio ritiene più importante che in passato, il giudizio sul giusto valore delle cose che vengono servite.

Si può anche pagare tanto una bottiglia di vino ma è importante che valga i soldi spesi. Non è più sufficiente che chi la vende sia “un uomo da prima pagina”. Non nascondiamoci però che sono anni complicati; saper fare bene in cucina e saper trovare grandi vini ad un prezzo corretto è diventato fondamentale.

  • Dico spesso che il ruolo del ristoratore, presentando i piatti e servendo il vino, può essere definito un veicolatore di pillole informative fondamentali per trasmettere al consumatore cultura enogastronomica. Esagero? Non credo. Sono convinta che partendo dalla tavola, senza tediare l’ospite, si possa fare molto in questo senso.

Hai perfettamente ragione: il mestiere della ristorazione può essere una grande opportunità per divulgare tante buone abitudini, non solo alimentari. Non a caso al ristorante o mangiando in compagnia, noi si parla spesso di cibo e di convivialità.

Mi viene in mente Garcia Marquez – Il generale nel suo labirinto – che fa domandare ad un ospite di Simon Bolivar: “Ma perché gli europei quando sono a tavola parlano di cibo?”. Cosa rispondere? A tavola mentre si parla di cibo si ragiona su tutta la condizione umana. D’altronde anche la liturgia cristiana ragiona in questi termini: la storia di Gesù sulla Terra finisce con un’ultima cena.

  • Ora, a conclusione di questa nostra chiacchierata, una delle tante, mi piacerebbe che mi scrivessi un ricordo della tua terra. Com’è Ponza a primavera?

Ponza è il mio “luogo dell’anima”. Ho passato gran parte del mio tempo qui in Brianza, ma se devo definirmi, di me dico che sono ponzese. Che vuol dire? Niente e tutto. Noi ponzesi non siamo ne meglio ne peggio degli altri. Siamo un’altra cosa. Si dice che il carattere di una persona si forma nei primi anni di vita; io il mio l’ho costruito guardando il mare. Dal cortile di casa mia, nelle giornate di tempesta pensando a mio padre che pescava tra le onde o nelle belle mattine di primavera, quando alla bellezza del paesaggio si aggiunge il profumo delle ginestre.

Quelle cose lì te le porti attaccate dentro e non le perdi più. Ponza in primavera è il posto più bello del mondo. Non solo per la bellezza dei luoghi, ma anche e soprattutto per i suoi sapori. Andare in giro per le colline a raccogliere asparagi selvatici, assaporare la bontà di certi carciofi cresciuti in quel terreno vulcanico che gli conferisce un sapore molto deciso è un’emozione irripetibile.

E il mare? In primavera si mangiano le granseole più buone, seppie e calamari in quantità e pesce da zuppa che in questo periodo ha un sapore speciale. Potrei andare avanti per ore a raccontarti, ma se ne hai modo, regalati una settimana a Ponza in primavera, ti garantisco che avrai problemi a ritornare.

Sandro, ti prometto che lo farò…

Fotografie di Alessandro Vitiello




‘U Cuccidatu’, il Pane di San Giuseppe

Oggi mentre andavo a comprare il pane dal mio fornaio mi sono imbattuta in una bella storia. La protagonista è una donna siciliana di ottanta anni,  la dolce signora Gina.

Amo ascoltare le storie che raccontano gli anziani… storie di memorie, di persone, di sapori, di tradizioni che ci riportano alla terra che ognuno di noi ha nel cuore.

Gina, grazie al supporto di Gianmario Longoni, un fornaio di Cesano Maderno, porta avanti un’antica tradizione del suo paese: la Sicilia.

Ogni anno, nel laboratorio della bottega artigianale di Gianmario, prepara un caratteristico pane dalle svariate forme simbolo delle celebrazioni dedicate a San Giuseppe: ‘U Cuccidatu’.

Con l’aiuto di Gianmario e delle nipoti, procede con pazienza all’impasto e all’incisione di questa semplice pasta di pane che, una volta  spennellata con rosso d’uovo e passata in forno, arricchisce gli altari e viene offerta durante la celebrazione della festa di San Giuseppe.

Un modo per ricordare le sue origini e per mantenere viva la tradizione del suo paese. Un gesto d’amore per una terra che molti sono stati costretti a lasciare, ma che nonostante la lontananza,  continua a vivere nei ricordi e nelle tradizioni.

Una storia che ho voluto raccontare in questa giornata del 19 marzo, giorno di San Giuseppe e festa del papà. I miei auguri oggi sono per voi… per quei papà a cui viviamo accanto ogni giorno, e per quelli che vivono nei nostri ricordi.

Pane di San Giuseppe 2

 




Un ‘contessino’ alla Corte Santo Stefano di Cesano Maderno

Direte: “Un contessino alla Corte Santo Stefano… Cinzia, ma in che senso?!” Ora vi spiego…

Dunque, mi capita spesso di rincontrare persone con cui ho collaborato a lungo negli anni passati. La cosa mi diverte alquanto, soprattutto perché spesso si trovano davanti ad una persona totalmente diversa, diciamo molto più… si, direi proprio una persona molto più simpatica e sorridente. Questo perché fino a un po’ di anni fa, ero una steccata coordinatrice vichinga costretta a tenere testa a un bel po’ di medici (alcuni ribelli), e quindi mi toccava fare la dura.. (per finta, anzi, allora sul serio!) 😉

Detto questo, dopo l’ennesimo invito di un ‘contessino’ (capirete poi perché lo chiamo così), ho deciso di accettare accompagnandolo a cena. In realtà il soggetto in questione, con cui a suo tempo ho collaborato, è una persona intelligente ed impegnata che combatte le ingiustizie scrivendone e non solo. Ero solo un po’ restia per i suoi modi, che, come diceva  mio padre, sono i classici atteggiamenti da ‘baùscia’. Per chi non lo conosce, questo termine dialettale lombardo, viene usato in senso ironico per indicare una persona che si da delle arie.

Comunque sia, prendendo spunto da una delle protagoniste del risorgimento italiano, la bella Gigogin, e come a volte mi definisce il mio caro amico Giorgio Ferrari, daghela avanti un passo, dal ritornello della canzone che la ricorda per il suo coraggio nel fare un passo avanti verso l’oppressore straniero.

Ovviamente qui oppressori non ce ne sono, diciamo più stranieri, visto che il contessino snobbando la zona in cui abito voleva che andassi a prenderlo per portarlo a cena nella gran Milan! Seee… spetta che tiro fuori la spider, spetta né…!

Adoro Milano (a parte il traffico), e adoro anche le sfide! Quindi gli ho detto: “Caro, in primo luogo se vuoi mi passi a prendere, e in secondo, andiamo a mangiare dalle mie parti!” Il contessino, arresosi alla mia volontà, ha dovuto tirare fuori la sua ‘torpedo’ come la chiama lui, e si è deciso di venirmi a prendere! Tiè! 😉

Risolta la questione sapete dove l’ho portato? Ebbene, siamo andati a cena in un’antica corte nel centro storico di Cesano Maderno, la Corte Santo Stefano. Il malmostoso, dopo essersi lamentato per aver fatto due passi a piedi, e dopo aver premesso che non mangiava pesce perché da piccolo gli era rimasta una lisca in gola, si arreso e mi ha seguito.

Nel frattempo nella mia mente un unico pensiero… stasera non ce la posso fare!

E invece pensate un po’, il ‘contessino scrivano golfista medico’ ha apprezzato tutto! Dal luogo caratteristico dalle antiche mura, fino all’aperitivo nei sotterranei.

Per quanto mi riguarda, oltre che a introdurlo con chi ci ha seguito nella cena come uomo-cittadino con la puzza sotto il naso, mi sono tolta pure la soddisfazione di correggerlo quando, chiedendo all’addetto in sala un Barbera, ho replicato: “Senti nobiluomo, va che si dice la Barbera!” Ehhh… quando ce vo’ ce vo’!

Ma mica è finita! Mentre mi gustavo una zuppa di ceci e cozze non è riuscito a trattenersi dal dire: “Cinzia, ma ti mangi le cozze! Ma ti fidi!” Uhh signur gli ho risposto… ebbasta!

La mia cena si è conclusa con una ‘Miascia comasca’, un dolce tipico fatto con pane, amaretti, mele, pere, uvetta servito su una salsa di cachi, e, un immancabile bicchierino di liquore alla liquirizia che adoro!

Ragazzi che serata… per fortuna che, come per Cenerentola, l’incantesimo è svanito a mezzanotte! Ovviamente scherzo, tutto sommato mi sono proprio divertita! 🙂

 




Lo sapevate che il Panettone è nato da una storia d’amore?

Ebbene sì, il dolce natalizio tipico di Milano è nato da una storia d’amore, per lo meno così narrano le leggende. Un dolce che adoro, e non solo a Natale…

Ieri sera al Ristorante Il Fauno di Cesano Maderno, il protagonista è stato proprio il Panettone.

Insieme a Franco Cappello della Pasticceria Elisa di Seveso, si è parlato dei suoi ingredienti, delle sue tecniche di preparazione, e della sua storia.

Detto questo, lo sapevate che il Panettone è nato da una storia d’amore?

Ebbene si! Ora vi racconto… 

Si narra che Ugo degli Antellari, il nobile falconiere di Ludovico il Moro, fosse innamorato di Adalgisa, la bella figlia di Toni, un fornaio di Milano.

Un amore vissuto in segreto, osteggiato dalla famiglia nobile di lui, che non vedeva di buon occhio la ragazza, a causa delle umili origini.

Adalgisa, tra l’altro, dovendo aiutare il padre in bottega per l’assenza del garzone malato, era spesso troppo stanca per incontrarsi con il suo innamorato.

Per ovviare a ciò, Ugo, indossati abiti umili, si presentò dal padre fingendosi un garzone in cerca di lavoro. Le cose però continuavano a non andare bene: una nuova bottega aveva aperto a poca distanza causando una perdita di clienti.

Fu allora che Ugo capì che, per aumentare le vendite, la qualità del pane andava migliorata. Cedette di nascosto due falchi della corte, e con il ricavato comprò del burro introducendolo nell’impasto. Fu un successo!

Non contento, sotto le feste di Natale, decise di aggiungere all’impasto anche delle uova, dell’uvetta sultanina e dei pezzi di cedro candito. Il risultato fu uno specialissimo “pan del Toni” da cui ebbe origine il nome Panettone.

Anche se ormai viene proposto in molte varianti, io amo quello classico, quello fatto seguendo la ricetta tradizionale di un tempo.

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