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La ‘Barbera del Sannio’ che non ti aspetti!

Sembra quasi strano parlare del Sannio riferendosi alla Barbera. Un territorio riconosciuto ‘Città Europea del Vino 2019’ da Recevin, la Rete Comunitaria delle ottocento Città del Vino. Un conferimento ricevuto grazie al successo della sua Falanghina che inorgoglisce, e che per questa terra nel cuore dell’Appennino sannita, rappresenta una grande opportunità.

Premesso ciò, visto che di Falanghina se ne parla già abbastanza, mi concentrerò su un vino che ho assaggiato durante il mio percorso enoturistico a Benevento: la Barbera del Sannio! Si, ho messo il punto esclamativo. Abituata all’impetuosa Barbera piemontese, non mi aspettavo di assaggiare un vino dai tratti così diversi: una Barbera del Sannio 2016 in purezza passata solo in acciaio. Al naso profumi di rosa e ciliegia, in bocca carattere, freschezza e morbidezza. Davvero buona!

Un vitigno dal grappolo a forma conico piramidale che ho conosciuto a Castelvenere, nella valle del Basso Calore, in provincia di Benevento. Un territorio ricco di biodiversità in cui un giovane vignaiolo, Giacomo Simone, ha scelto di investire il suo futuro nell’attività vitivinicola. Seguendo la tradizione delle antiche cantine ipogee di Castelvenere, ha fatto costruire la sua cantina in un costone tufaceo alto circa nove metri, con uno sviluppo di tre piani teso a favorire la movimentazione per caduta del mosto. Una realtà ecosostenibile che si avvale di un sistema di raccolta di acqua piovana per la riduzione dei consumi idrici ed energetici, e di pannelli fotovoltaici su ‘alberi sculture’.

Ma ora a lui la parola…

  • Giacomo, l’attività di viticoltore non è stata la tua prima scelta di vita professionale. Sei un ingegnere. Che cosa ti ha portato a questo cambio di rotta?

Ho avviato il percorso di studi in ingegneria informatica a Siena, ma dopo due anni ho deciso di abbandonare gli studi. Poi, ho vissuto per quattro mesi a Londra, dove ho lavorato in un laboratorio di informatica. Forse è proprio lì che ho capito che non avrei mai potuto trovare la mia “casa” altrove.  “Amo il mio maledetto paese”, ed è qui che ho deciso di stare, per valorizzare ciò che c’è di buono. La passione per la natura e per la vigna mi ha aiutato… il resto è venuto da solo.

Non dobbiamo abbandonare i nostri territori… luoghi in cui hanno vissuto e “faticato” le nostre famiglie. Ciò che dobbiamo fare è conservare le memorie e il sapere contadino. Questo è il motivo che mi ha convinto a costruire il mio futuro qui, e per questo ringrazio la mia mia famiglia, che mi ha sempre sostenuto.

  • Ritengo che lo sviluppo sostenibile del territorio e la salvaguardia del patrimonio viticolo siano obiettivi primari per il futuro della viticoltura. Premesso ciò, cosa pensi dell’accelerazione nella coltivazione della Falanghina? Credi si possa rischiare un fenomeno analogo alla zona del Prosecco?

Cinzia, posso dirti solo che qualche anno fa, i vignaioli vicino a me, mi raccontavano che in queste terre per tutto il mese di settembre si sentiva il profumo dell’uva bianca Malvasia. Da quando è “arrivata la Falanghina” non si sente più nulla. Dopo aver ascoltato tanti anziani del luogo, ho dedotto che la Falanghina è stata introdotta di recente a livello così intensivo puramente per soddisfare la forte richiesta sul mercato. Purtroppo, si stanno via via abbandonando tutte quelle varietà di uve che ogni contadino in passato aveva impiantato nei vigneti, e che una volta vinificate, davano vini corposi, saporiti, profumati, unici… Un vero peccato.

Ora tocca a noi vignaioli saper cogliere – senza farci sopraffare – l’occasione che questo “successo chiamato Falanghina” ci ha offerto. Dobbiamo mostrare al mondo cosa c’è nel Sannio oltre alla Falanghina. Il nostro territorio è ricco di biodiversità, conoscenze, potenzialità. Ci sono tante storie di vini e di uve, da scoprire e non da mettere da parte.

  • Nella tua cantina ho avuto il piacere di assaggiare l’Ancestrale, un metodo classico ottenuto da una base di Aglianico Rosato con raccolta anticipata e blocco della fermentazione. Una tua sperimentazione?

L’Ancestrale è stato un caso. Dopo averne letto, l’idea di lavorare in cantina “senza aggiungere nulla di estraneo al vino” mi prese molto. A breve, in collaborazione con il mio enologo, sperimenterò altre varietà a bacca rossa tipo la Camaiola.

In passato veniva utilizzato esclusivamente il vino bianco. Con lo zucchero in alcune cantine private si azzardava la rifermentazione in bottiglia, purtroppo senza strumenti e conoscenze valide… con risultati non sempre positivi. Fare spumante comunque non era una novità, come giustamente evidenzia il libro di Pasquale Carlo, nel capitolo sulla spumantizzazione con le uve Trebbiano a Cerreto Sannita.

  • Il Sannio, Città Europea del vino 2019. Una grande opportunità per la valorizzazione della viticoltura e per la promozione del patrimonio storico e artistico di Benevento. A questo proposito, da persona che vive il territorio, quali sono a tuo parere le priorità che gli enti predisposti dovrebbero sviluppare per favorire l’enoturismo nel Sannio?

L’accoglienza! Nel territorio del Sannio ci sono tanti piccoli borghi potenzialmente turistici ma non collegati tra loro… senza rete. La scommessa più grande è riuscire a creare la giusta sinergia tra questi paesi, evitando la fuga dei giovani all’estero, dando loro le giuste opportunità, affinché si possano creare un lavoro con le risorse del posto. La cooperazione è la chiave. Non abbiamo bisogno di costruire alberghi, né casinò, né parchi… abbiamo già tutto. Dobbiamo solo migliorare i servizi di accoglienza. Non vogliamo puntare sul turismo di massa, ma sul turismo interessato e attento. I cittadini devono tornare a innamorarsi del Sannio… rispettandolo come merita!

Riprendo la parola…

Non posso che condividere le riflessioni fatte da Giacomo, e che io stessa, nei giorni passati nel Sannio, ho più volte sottolineato. Ciò che mi auguro, è che questa opportunità per il 2019 venga colta, con la messa in atto di strategie a sostegno della visibilità e della valorizzazione del territorio. Cosa resta da dire…  forse solo che i giovani viticoltori italiani stanno crescendo, e molto bene per fortuna!

Az. Agr. Simone Giacomo – Via Curtole Castelvenere (BN)  www.simonegiacomo.it

 

 




Sannio Falanghina, città europea del Vino 2019. Orgoglio italiano.

Siamo nel Sannio, nel cuore dell’Appennino sannita. Un territorio che negli ultimi anni – grazie alla sua Falanghina – ha avuto una notevole visibilità. Un successo che gli ha conferito il riconoscimento di Città Europea del Vino 2019 da parte di Recevin, Rete Comunitaria delle ottocento Città del Vino. Un trend che nel 2017 ha portato gli ettari dedicati alla Falanghina a superare sia pur di poco quelli dedicati all’Aglianico. Una crescita che mi auspico venga tenuta sotto controllo, per garantire e salvaguardare la ricchezza ampelografica campana. Aglianico, Sommarello, Piedirosso, Sciascinoso, Agostinella, Falanghina, Cerreto, Coda di volpe, Grieco, Malvasia, Fiano, Passolara di San Bartolomeo, Olivella, Carminiello, Palombina, Moscato di Baselice… solo una parte del patrimonio della biodiversità sannita.

Riflessioni che prendono spunto da un altro successo chiamato ‘Prosecco’, che ahimè, sta modificando l’equilibrio delle varietà dei vitigni coltivati nei suoi territori.

Qualche dato. Il Sannio Beneventano è la provincia con il comparto vitivinicolo più redditizio della Campania. Una regione che dal 1912 al 1932 fu la prima produttrice di vino in Italia. Qui la fillossera, grazie ai terreni vulcanici, arrivò in ritardo rispetto ad altre zone. Un primato che perse dopo la seconda guerra mondiale per il parziale abbandono delle pratiche agricole. Una situazione che col passare degli anni ha avuto una graduale controtendenza, spesso, dopo uno o due salti generazionali. Non sono pochi i casi di giovani agricoltori che si dedicano alla viticoltura seguendo le orme dei nonni. La consapevolezza raggiunta sul legame sempre più stretto tra vino e promozione del territorio, e la crescita dell’appeal del vino italiano sui mercati internazionali, ha portato giovani e meno giovani a cambi di rotta professionale, a volte, anche tra i più inaspettati.

Una terra – il Sannio Beneventano – da sempre vocata ad una viticoltura caratterizzata per lo più da suoli di tipo argillosi calcarei, con una componente vulcanica. Diecimila ettari vitati, settemilanovecento vignaioli, circa cento aziende imbottigliatrici per oltre un milione di ettolitri di vino prodotto, tre denominazioni di origine e un’indicazione geografica per più di sessanta tipologie di vini. La vite – sottolinea Nicola Matarazzo, Direttore del Consorzio Tutela Vini Sannio DOP – è il segno che consente di leggere l’identità culturale e sociale dell’intera comunità sannita.

Vigneto Sannio. Nei miei giorni passati nel Sannio, ho visitato alcuni vigneti di grande fascino storico e paesaggistico. Emozionante la loro vista. Mi riferisco a viti plurisecolari di Aglianico allevate a raggiera libera in località Pantanella, nel comune di Monte Taburno. La capacità di conservare nei secoli un patrimonio viticolo come questo, merita una riflessione. “A sostegno di chi si impegna nella conservazione dei paesaggi viticoli – commenta Lorenzo Nifo Sarrapochiello, agronomo e Presidente della Commissione tutela del Sannio Consorzio Tutela Vini – tengo a sottolineare l’importanza della gestione ottimale del vigneto, in particolar modo della corretta potatura della vite. Un fattore essenziale per la sua longevità.”

Tutto il mio apprezzamento per chi ne ha davvero le capacità… un sapere antico che si dovrebbe recuperare.

Benevento, una città a misura d’uomo. Una costatazione che ho fatto dopo aver osservato la sua gente passeggiare senza fretta, nella quotidianità, lungo i viali del suo centro storico fino all’Arco Traiano (117 d.C.), uno tra i più antichi archi onorari della romanità. Una città ricca di miti e leggende un tempo chiamata Maleventum. Fu l’esito positivo di una delle guerre sannitiche delle Legioni Romane sull’esercito di Pirro, a mutarne il nome in Beneventum.

Chiamata anche città delle streghe, per i riti pagani che in un lontano passato venivano praticati dai longobardi intorno all’antico Noce di Benevento. Per certo, a proposito di streghe, molto meglio ricordarla per il noto liquore a base di erbe prodotto fin dal 1860, e per il famoso premio letterario istituito nel 1947 dai proprietari dell’azienda liquoristica beneventana, da cui il Premio Strega prende il nome.

Alle falde del Monte Taburno Sant’Agata de’ Goti, uno dei più suggestivi borghi storici di Benevento. Sorge su un unico roccione tufaceo la cui vista spettacolare rapisce lo sguardo.

Passeggiando nel suo centro storico, tra le strette stradine lastricate, si possono ammirare edifici medioevali, barocchi e rinascimentali, a testimonianza delle sue antichissime origini. Tra questi, il Palazzo Mustilli, con le sue cantine scavate nel tufo a quindici metri di profondità. In questo luogo ricco di storia e di atmosfera, oltre alla Falanghina, viene affinato in legno l’Aglianico, uno dei miei vini del cuore. 

Il Sannio Beneventano – la provincia più agricola della Campania – che nel 2019, se saprà cogliere l’occasione, sarà al centro del settore vitivinicolo dell’Unione europea.

“Il Sannio, una terra appartata, ma ricca di autentiche sorprese per i viaggiatori veri.” Luciano Pignataro

 

Sannio Consorzio Tutela Vini www.sanniodop.it

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