Filippo Flocco, stilista teramano d’alta moda. Ora ve lo presento, anzi, lo mando in cucina a preparare il risotto alla malva.
Filippo Flocco, uno stilista teramano d’alta moda che ha iniziato la sua attività negli atelier storici italiani all’età di sedici anni. Da otto anni la collaborazione con una Maison francese lo porta spesso nel quartiere latino di Parigi. Quando è li, vive in un piccolo appartamento, che però ha una dirimpettaia molto speciale: Monica Bellucci.
Non è la prima volta che ho a che fare con degli stilisti. Quando ne ho l’occasione mi piace parlare di stile, quello che ciascuno dovrebbe seguire semplicemente perché lo sente come suo, e non come moda del momento. Mi riferisco ad alcuni accessori che a volte mi piace usare, ma che mi fanno etichettare come persona eccentrica e bizzarra. Non che la cosa mi scomponga alquanto, visto che ormai è la normalità a farmi preoccupare.
Con Filippo ci siamo conosciuti recentemente attraverso amicizie comuni, prima con uno scambio di battute sul web, e poi, chiacchierando a lungo, sia pur divisi da un monitor. In comune abbiamo alcune passioni come la montagna, l’amore per gli animali, la buona cucina, le ricette storiche e le erbe spontanee.
Ora ve lo presento, anzi, lo mando in cucina. 😉
- Filippo, per esigenze di lavoro vivi tra Teramo e Parigi. Mi viene spontaneo chiederti: “Cucina italiana o cucina francese”?
Italiana, assolutamente, anche se c’è un piatto della cucina francese che amo particolarmente e che ogni tanto propongo agli amici che ospito: la zuppa di cipolle. Per il resto trovo le preparazioni della cucina francese assolutamente ricercate, certo con degli impiattamenti elaborati ed esteticamente raffinatissimi, ma molto lontani dal mio modo di approcciarmi alla cucina.
- Anche se sei spesso all’estero dalle tue parole ho capito chiaramente che le tue radici sono ben salde a Teramo. Cosa ti manca di più della tua città quando sei lontano?
Mi manca la famiglia. Anche se sono una persona con pochissimi legami parentali, quando sono in Abruzzo, in particolare a Teramo, è come stare davvero “a casa”. Conosco molte persone, da anni, alcune mi sono molto care. Poi ci sono le mie passeggiate nei dintorni… Abbiamo un mare stupendo e delle montagne fantastiche a pochi chilometri. In pochissimo tempo puoi essere dove vuoi, perché siamo centralissimi e ben collegati.
- Mi hai raccontato che raccogli e utilizzi erbe spontanee nelle tue preparazioni. Quali sono in particolare le tue preferite?
Cinzia, te ne cito alcune. Li ‘cascigni o il grespino’ ad esempio, è una pianta spontanea con proprietà diuretiche già conosciuta al tempo di Plinio il Vecchio. Si usa per una preparazione tipica abruzzese a base di fagioli. Durante le passeggiate con i miei cani, sulle colline, raccolgo il ‘cavolo rapiciolla’, una pianta annuale con un fusto legnoso che si trova un po’ ovunque.
- Nei nostri discorsi hai citato il risotto alla malva. Come lo prepari?
Ti do la ricetta. Uso circa 500 grammi di riso non raffinato, circa 120 grammi di burro intero che prendo in un mercato di contadini scendono a valle in un posto dove andavo da piccolo con mia mamma, un paio di litri di brodo vegetale, 100 grammi di ricottina di pecora morbidissima, e pecorino di Atri fresco grattugiato. Infine, una manciata di fiori di malva che raccolgo personalmente
In una casseruola tosto il riso nel burro intero, a me piacciono quelle di coccio. Poi, verso il brodo caldo. Trascorsi 5 minuti di cottura unisco le foglie di malva scelte fra le più giovani e sane. Poco prima che il riso sia cotto, unisco la ricottina, il pecorino atriano fresco, e lascio mantecare. Dopo averlo fatto riposare qualche minuto lo servo decorandolo con fiori di malva.
- Ami la storia come me. Mi raccontavi di antiche ricette…
Da un paio di anni ho fatto delle ricerche sulla storia del costume, dal medioevo al barocco italiano. Tra i vari libri che ho trovato, visitando polverose biblioteche comunali, mi ha colpito un “libricino” vergato con preparazioni gastronomiche scritte a mano. Una strana commistione di sapori spagnoli e francesi, credo si trattasse di un ricettario che portava in “dote” una fanciulla che si preparava a sposare un signorotto del luogo. Era pieno di appunti e spunti, che magari se riproposti, potrebbero diventare una vera novità. Perché in fondo, anche la cucina come l’alta moda, che è il mio vero campo di competenza, non è altro che una forma di creazione. La restituzione di una realtà preesistente, rinnovata attraverso gli occhi e l’amore dello stilista o del cuoco, in questo caso…