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Le mie esplorazioni a GourmArte 2014

Si è appena conclusa con successo la terza edizione di GourmArte, l’appuntamento enogastronomico di tre giorni che si svolge annualmente presso la Fiera di Bergamo. Un format organizzato da Ente Fiera Promoberg dedicato alle cento eccellenze della Lombardia, ideato e guidato da Elio Ghisalberti, giornalista ed esperto del settore. Come nelle precedenti edizioni, nell’area riservata alle produzioni ci si è potuti dedicare agli assaggi e alla conoscenza dei produttori, mentre nello spazio dedicato alla ristorazione, si è potuto degustare una selezione di piatti di noti cuochi e ristoratori lombardi.

Un’edizione speciale che è coincisa con l’assegnazione del Premio Luigi Veronelli a dieci anni della scomparsa del giornalista enogastronomico. Unica categoria ‘La Terra’. Premiato Giorgio Grai, enologo trentino dalla lunga esperienza, Nataša Černic, giovane vignaiola di una terra difficile come quella del Carso, e infine Marisa Cuomo, che, con il marito Andrea Ferraioli, si è distinta per aver saputo strappare lembi di terra da dedicare alla coltivazione della vite in Costiera Amalfitana. Fatta questa premessa, vi racconterò di alcune produzioni tra le tante esposte che hanno attirato la mia attenzione. Succede quando, nei racconti delle persone, emerge l’attenzione all’ambiente, alla qualità e all’originalità delle produzioni.

Sempre un piacere incontrare gli amici della Cantina di Quistello.  Il loro Lambrusco Grappello Ruberti mi riporta alle mie origini mantovane, e a un territorio esteso lungo le rive del fiume Secchia dalle antiche tradizioni viticole.

Cantina di Quistello

Una gradita sorpresa l’incontro con Marco Chiesa, mia gentile guida al piacevole assaggio dei vini dell’Azienda Agricola San Michele di Capriano del Colle, in provincia di Brescia. In particolare ho apprezzato l’intensità e il corpo del ‘1884 Rosso Riserva’ : Marzemino 40%, Sangiovese 40%, Merlot 15% e Barbera 5%. Un ottimo rapporto qualità-prezzo.

Azienda Agricola San Michele

Lo conoscete il Blu di Bufala? E’ un formaggio ‘di carattere’ tra i miei preferiti che deve il suo nome alle muffe blu-verdi utilizzate per fare il Gorgonzola. Paolo Leone, il mio esperto di formaggi, lo descrive come saporito e persistente. Questo è quello del Caseificio Quattro Portoni di Cologno al Serio, in provincia di Bergamo.

Caseificio Quattro Portoni

Passeggiando tra gli stand non ho potuto evitare di fermarmi davanti a quello di Bonucci Tartufi di Romano di Lombardia (BG). Irresistibile il profumo. Ho conosciuto così Gloria Bonucci, terza generazione di tartufai, che con l’aiuto della sua cagnolina continua la tradizione familiare. Racconta questa sua passione sul suo blog Passione Sottobosco. Da seguire! 😉

Gloria Bonucci

Gloria Bonucci

Regione ospite di questa edizione di GourmArte la Sardegna. Testimone l’Azienda Agricola Fratelli Pinna di Ittiri, in provincia di Sassari. Una realtà familiare di 170 ettari destinati alla coltivazione di ulivi ultracentenari di ‘Bosana’, una cultivar diffusa nel nord dell’isola. Un olio extra vergine di oliva che ho apprezzato per i profumi intensi e i sapori decisi. L’oliva in bocca…

Azienda Agricola Fratelli Pinna

Immancabile un saluto agli amici dell’Azienda Agricola Salera. Questa volta ho trovato molto interessante il loro riso soffiato allo zafferano e agli spinaci preparato dallo chef Antonio Cuomo. Una valida alternativa da proporre per gli aperitivi.

Azienda Agricola Salera

L’agricoltura si può aiutare in molti modi. Il Caffè Milano di Treviglio lo ha fatto recuperando un’antica coltivazione di meloni di Calvenzano e producendo con esso un liquore. Lo si beve in piccoli bicchieri di cioccolato e lo si abbina alla Turta de Treì, un dolce che negli anni ’90 ha vinto il concorso dell’Associazione Botteghe Città di Treviglio. Due creazioni di loro produzione.

Caffè Milano

Vi piace il Melograno? A me si, lo metto persino nell’insalata. Pensate che a Milano da una pianta di melograno cresciuto su un terrazzo, una famiglia iniziando a produrre un liquore per amici, ha dato vita a una vera produzione. Si chiama Melogranello®.  A volte bisogna saper osare!

Melogranello®

Di produzioni da raccontare ce ne sarebbero molte altre. Qualcuna però voglio andare a conoscerla direttamente sul campo, come piace a me. Detto questo, ora concluderò questo mio racconto mostrandovi qualche piatto che ho avuto il piacere di assaggiare.  🙂




Da Gianni Cogo, a Giorgio Grai, a Michele Bean, a Franco Dalla Rosa. Nessun incontro è per caso…

Un unico denominatore comune, un grappolo d’uva fatto di tante piccole sfere. Il cerchio si è chiuso, per lo meno questo cerchio. In Giapponese la parola cerchio è tradotta in ‘enso’, e significa illuminazione, forza, universo. E’ il momento in cui la mente si libera dando sfogo alla creatività.

C’era una volta, in un tempo passato, in cui vivevo la mia vita con il freno a mano tirato. Ruotava su se stessa, senza portarmi da nessuna parte. Non vivevo, o meglio, sopravvivevo. Accettare una vita che mi autoconvincevo di avere la fortuna di vivere, era una sfida con me stessa. Ma ora mi chiedo – ma perché mai dovremmo farlo?! –

La vita è vera solo se vissuta. Nel momento in cui lo capisci, pian piano lasci andare il freno a mano, e tutto cambia… Cambia a tal punto che non riesci più a vivere la vita di prima. Quello è l’unico problema. E allora corri, conosci, ricerchi, ma finalmente vivi.  Ed è così che succede che mentre continui a vivere quello che non hai vissuto, e a conoscere quello che non hai conosciuto, incontri persone che ti consigliano, e con cui senti l’esigenza di parlare.

“Nessun incontro è un caso… Incomincio a pensare e a credere decisamente che sia così, e questo pensiero rende la vita più divertente e piena di significato. Se riguardate alla vostra vita passata, potete constatare che ogni persona che avete incontrato, ogni singola persona, ha contribuito a suo modo a farvi essere quello che siete oggi. Kay Pollak”

Ricordo ancora quando incontrai Giorgio Grai su consiglio del viticoltore Gianni Cogo. Quando mi chiese il motivo della mia visita, gli risposi che non lo sapevo, o meglio, ero li per capirlo. Grazie a lui, nonostante le prese di posizione un po’ aspre, mi sono imbattuta in un enotecnico del Collio Friulano, Michele Bean. Incuriosita da alcune sue affermazioni legate a Grai, gli chiesi di incontrarci.

Michele è un giovane enotecnico della terra del Collio. Spigoloso ma genuino, passionale e con vero credo per la terra, convinto come me, che il vino sia fatto da persone. Uno di quegli uomini che i più definiscono ruvidi, con cui io amo confrontarmi. Ci siamo trovati in una piazza di Treviso.

Michele Bean ha iniziato la sua attività nei Colli Orientali del Friuli, seguendo ogni fase della viticoltura, come è giusto che sia per chi vuole realmente capire, imparare e migliorare. Dopo un’esperienza negli USA, nel 2003 è tornato in Italia.  Ora è consulente di aziende in Sicilia, in Toscana e in Friuli. Ma non solo, visto che sta sperimentando nuove realtà e nuovi vitigni in Serbia.

Mi piace aver a che fare con persone stimolanti, che non vogliono vivere per forza sui binari. Il vino ti da la possibilità di diventare una persona migliore, se ne sai carpire l’essenza. Non è il prodotto in se… è una cosa che va ben oltre. E’ quel guizzo che vedi negli occhi quando fai assaggiare cose buone ad altri. E’ la voce rotta di un produttore “vero”,  quando ti parla della sua esperienza di vita e del suo percorso. Sono propositivo, leale, elastico ma per nulla molle, visionario, ma in continua crescita… Michele Bean”

Mi consigliò di conoscere un uomo in cui riponeva profonda stima e rispetto, Franco Dalla Rosa.  Mi disse: Lui mi ha formato. Una buona parte della mia conoscenza di base è la sua.”  Ho seguito il consiglio.

Franco Dalla Rosa, uno di quegli uomini che quando ti stringono la mano lo fanno sul serio. Un uomo semplice dal volto buono e dalla lunga esperienza. In una vecchia Osteria di Treviso mi ha raccontato brevemente il suo percorso di vita. Nato ad Asolo da una famiglia contadina. Suo padre, che mi ha descritto con grandi parole d’ammirazione, è colui che gli ha trasmesso quell’amore per la terra che lo ha portato verso il settore dell’enologia. Dopo gli studi a Conegliano ha intrapreso la sua strada nel mondo del vino lavorando prima nella Cantina sociale di Asolo, per poi continuare nell’Azienda Cà Ronesca a Dolegna del Collio. Qui ha incontrato un giovane appassionato che iniziava a compiere i suoi primi passi nella viticoltura, Michele Bean.

Nel pomeriggio passato insieme si è discusso di tradizioni, di cultura del vino, e di termini abusati e impropri quali “bollicine” e “prosecchino” che, sminuendo il vino senza far cultura, favoriscono le produzioni industriali legate alla quantità e non alla qualità.

Franco ora è tornato a svolgere la sua attività di enotecnico ad Asolo, perchè le radici lo hanno chiamato, perchè quest’uomo è parte integrante di questa terra.  Ha un progetto: recuperare un vitigno a bacca rossa quasi estinto in cui crede. Ma questa è un’altra storia…




Giorgio Grai, e “il senso del dovere”

“Stiamo vivendo in un’epoca in cui tutti hanno diritti, ma nessuno parla di doveri. Giorgio Grai”

Ho incontrato Giorgio Grai seguendo il consiglio di Gianni Cogo, l’ingegnere brianzolo che “arma le terre” a Bonassola e di cui ho scritto poco tempo fa. Avevo organizzato un tour di vini, ma soprattutto di vignaioli tra il Veneto e il Friuli. In particolare mi sentivo in dovere di mantenere la promessa fatta tempo indietro all’amico Michelangelo Tagliente nel condurlo in visita a Oslavia dal caro Josko Gravner.

Dopo aver inviato una mail per fissare un incontro, una mattina rispondendo al cellulare ho sentito una voce dirmi: “Buongiorno Cinzia, sono Giorgio Grai.” Ero di base da amici nel centro di Treviso. Partita di buon’ora raggiunsi Michelangelo a Concordia Saggitaria; un abbraccio e via per la prima tappa del nostro tour, direzione Buttrio del Friuli.

Non mi ero informata molto sulla storia di Giorgio. Come di consuetudine preferisco conoscere le persone direttamente, per farmene un’idea non viziata da ciò che leggo o sento; qualche volta mi rendo conto che è un po’ rischioso, ma a me piace così, perché quello che vivo in questo modo è molto più emozionante.

Michelangelo è stato testimone di quel che scrivo; solo dopo, sulla strada del ritorno, mi ha rivelato che ha temuto un pochino nell’ascoltare i nostri discorsi per la piega che inizialmente avevano preso. Giorgio Grai non capendo esattamente cosa cercassi con le mie domande ad un tratto mi chiese deciso: “Vorrei capire come posso essere utile per lei?” Non potevo che rispondergli che non lo sapevo. Ero li perché mi avevano consigliato di conoscerlo. Gli dissi semplicemente che lo avrei capito solo attraverso la sua conoscenza.

Un uomo non facile… ma non lo sono neanch’io. C’è stato un momento in cui, vista la sua perplessità, non ho potuto fare a meno di chiedergli: “Coraggio, dica quello che pensa!” La sua risposta è stata: “Signora, se c’è una persona che dice quello che pensa sono io!” In questa sua affermazione mi sono ritrovata. Durante la mia vita ho pagato molte volte per le mie scelte, per non essere scesa a compromessi.

Il mio ormai è un percorso, anche se non mi è ancora del tutto chiara la destinazione. Forse è proprio per questo che mi faccio guidare; so solo che da ogni persona che incontro cerco di trarre un insegnamento che amo scrivere in modo semplice, che custodisco, e che condivido.

Giorgio Grai è nato a Bolzano da padre triestino e madre roveretana. Figlio di una famiglia di albergatori è cresciuto in un tempo in cui, citando le sue stesse parole “il diritto di poter studiare voleva dire avere il diritto di essere promossi”. Dopo gli studi di agraria e la specializzazione in viticultura ed enologia, le esperienze fatte all’estero lo hanno educato all’ uso del tatto, del gusto e del profumo. La passione per i motori che ben capisco e che condivido, lo hanno portato poi ad essere per ben dieci anni un pilota di rally.

Non mi soffermo troppo sulla storia della sua vita a molti ben nota dalle informazioni sul web; ho preferito “vivere l’uomo” mentre, degustando vino alla luce del sole, riflettevo sulle sue parole: “Il recupero del senso del dovere oltre che del diritto”. Al mio ritorno a casa di cose su di lui ne ho lette e ne ho sentite molte… Io so solo per certo, che ricorderò di averlo conosciuto in una mattinata di Marzo mentre assaporava la sua torta di papavero, tipicità del sud Tirolo, e che poi, abbiamo passeggiato insieme nella cantina dell’azienda agricola condotta con Marina Danieli.

E ora vi chiedo: “Vi è mai capitato di degustare vino appoggiando i calici su un cofano di una Subaro sotto il sole caldo di una mattina di Marzo ?” Io l’ho fatto, ma soprattutto l’ho vissuto. In quell’atmosfera ho assaporato la vita ascoltando Giorgio raccontare il suo vino e infine sentendogli dire: “Godo di questo momento.

Riporto qui di seguito un passaggio tratto da “I Vignaioli storici” di Luigi Veronelli e Nichi Stefi, che Giorgio Grai mi ha dato il giorno del nostro incontro.

“Giorgio Grai appare con l’aria distaccata di chi non vuole appartenere a nessuno ed è disposto a pagare con l’isolamento la sua libertà. Ha la battuta pronta, spesso caustica, sempre divertente; ma sotto la risata si legge la sua voglia di precisione. La sua avventura nel vino non è solo frutto di un piacere grande ed evidente, ma il lavoro continuo di cui è consapevole e che ti propone come fosse la cosa più ovvia del mondo…”

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