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Due ‘donne col cappello’ in Pizzeria da… Francesco e Salvatore Salvo!

Dove eravamo rimasti con le ‘donne col cappello’?! Ah si, eravamo rimasti che io e Giulia Nekorkina, dopo il tour in Costiera Amalfitana, ci dirigevamo a Napoli con lo sguardo incantato rivolto al Vesuvio…

Si, perché finalmente avevo organizzato, con l’aiuto dell’amico Giustino Catalano, un incontro a San Giorgio a Cremano in provincia di Napoli, con Francesco e Salvatore Salvo, pizzaioli da tre generazioni.

Due donne col cappello, una lombardo-veneta e una romano-moscovita, in giro per Napoli a dare colore alla città!

Se penso alle espressioni degli addetti della pizzeria al nostro arrivo, mi scappa ancora da ridere! Chissà cosa avranno pensato?! Bè, in tutti i casi lo stupore è durato proprio poco, perché, appena entrate, hanno prevalso i sorrisi e le strette di mano! 😉

Conoscevo già Francesco e Salvatore Salvo grazie ad alcuni nostri scambi di mail, e, attraverso i racconti che Giustino mi faceva di loro. Ricordo le parole che mi ha detto la stessa mattina che li ho incontrati…  “Cinzia, vedrai che due ‘marcantoni’ che ti troverai davanti!” Bè, devo ammettere che aveva proprio ragione! 🙂

Due donne col cappello e... Salvatore e Francesco Salvo

Due donne col cappello e… Salvatore e Francesco Salvo

A parte gli scherzi, posso dire con certezza che dopo averli ascoltati, dopo i molti sorrisi, dopo le mie piccole provocazioni con l’unico scopo di far si, che la persona, quella vera, si riveli, mi sono complimentata per il lavoro che stanno svolgendo.

Mentre Giulia approfondiva le tecniche degli impasti con Salvatore, io, con un orecchio ascoltavo loro, e con l’altro chiacchieravo con Francesco sui loro prodotti, sui loro progetti e su quanto stanno facendo sul territorio. Ovviamente oltre che ad ascoltare, ci siamo sacrificate anche ad assaggiare! Ahhh che sacrifici in ‘sta vita, direbbe il mio amico Martin!

Nei loro discorsi ho apprezzato molto sentire parole come semplicità, entusiasmo, orgoglio, passione, rispetto per la cultura del territorio e per la tradizione familiare. Ma non solo, perché la cosa che mi ha fatto più piacere, è scoprire che sulla loro Carta delle Pizze promuovono alcune piccole realtà agricole di cui utilizzano i prodotti. E io, quando sento parlare di promozione di aziende agricole, mi illumino!

Altra loro collaborazione è quella con gli chef stellati di varie regioni italiane che, ‘interpretando’ la pizza in modo personale, hanno dato vita alle ‘pizze stellate’. Parlo di quella di Antonio Cannavacciuolo del Ristorante Villa Crespi, di Nino Di Costanzo del Ristorante Il Mosaico, di Gennaro Esposito del Ristorante Torre del Saraceno, a cui si sono aggiunti recentemente Chicco Cerea del Ristorante Da Vittorio, Davide Oldani del Ristorante D’O, e Mauro Uliassi del Ristorante Uliassi.

Dopo averli finalmente conosciuti, dopo averli guardati negli occhi, ora si, ora posso dirlo, ho visto in loro la voglia di fare bene… la voglia di fare insieme. In questo momento così difficile per l’Italia le sinergie sono di fondamentale importanza. 

In questa storia avrei potuto scrivere di impasti e di pizza, ma io scrivo partendo dalla conoscenza delle Persone. Attraverso le mie visite riesco a capire meglio il loro lavoro e i loro prodotti, scrivere di loro, quando lo ritengo opportuno, mi permette di farle conoscere.

Uscendo quel giorno, ho salutato degli amici. Io vivo così le persone, non avrebbe altro senso per me, soprattutto per  l’amore che metto in quello che faccio.

Li ho salutati con queste parole: “Ragazzi, state andando alla grande, voi potete molto per questo territorio, per le sue produzioni e per la sua gente. Piedi ben saldi per terra, sempre, non ascoltate i venti cattivi, la cosa importante è che andiate avanti per la vostra strada, con coerenza, seguendo il vostro credo. Tutto il resto, verrà da solo…

Questa è la filosofia che applico a questa mia seconda vita, una vita dalle molte emozioni…

 




La Natura… cura! Oggi si parla dell’Imperatoria!

Una chiacchierata a tre. 

Cinzia Tosini: A rieccomi! Ciao Giustino, ciao Fausto! Oggi si torna a parlare di erbe… e quindi siete interpellati! Passeggiando in alpeggio con dei produttori di Fontina, si chiacchierava di questa pianta che loro utilizzano (foglie e fiori) per tutto! Ma dico tutto! Per le infiammazioni, le dermatiti, contro le malattie da raffreddamento, per i problemi digestivi, e chi ne ha, più ne metta! Insomma ne vogliamo parlare! Daiii, quando avete finito di spalmarvi la crema abbronzante e di prendere la tintarella, su a documentarsi che oggi si parla di erbe medicinali! A proposito vi allego la foto della pianta che ho fatto personalmente a 2000 metri, si chiama Imperatoria (Peucedanum ostruthium) o Agrù in dialetto Valdostano.

Giustino Catalano: Ma quali creme!! Che fai sfotti? 😉 Incominciamo col dire che l’Imperatoria… si trova anche a quote più basse, e al sud.

Fausto Delegà: Io la conosco l’Imperatoria, già dal nome un programma! Ho assaggiato in Francia liquori frataioli a base di questa simil Angelica. Certo gli oli aromatici dei suoi rizomi sono tanti. So che in Svizzera usano le foglie e il rizoma per aromatizzare formaggi.

Cinzia Tosini: Fausto non ci crederai… Mentre si parlava con il produttore di Fontina, sugli usi di questa pianta, ad un tratto ho detto: “Ma metterla nella fontina, noo?!” Inizierà a farlo… Avremo fontina terapeutica!

Giustino Catalano: Questa cosa mi interessa e non poco!

Fausto Delegà: Bella la notizia della futura fontina… curativa, ah ah 🙂

Cinzia Tosini: Un anziano contadino Valdostano mi ha raccontato, che sia le foglie che il rizoma dell’Imperatoria, sono utilizzate a scopo terapeutico da generazioni. Dunque, lui a tutt’oggi le fa seccare all’ombra, poi le mette in una scatola traspirante, e poi per tutto l’anno le usa per infiammazioni cutanee varie. Fa bollire l’estratto secco, che poi mette in un panno chiuso utilizzandolo a mo’ di tampone imbevuto con il liquido rimasto. Tamponato sulla parte lesa sembra miracoloso… anzi lo è!

  La natura… cura! 😉




La dolce Stevia, la green revolution!

Sono donna di molte passioni è fatto risaputo… Una di queste è per le piante medicinali, le erbe spontanee, e i rimedi naturali. Appena ne sento parlare è come se un’antenna sulla mia testa si alzasse per captare il segnale.

L’abuso dei farmaci è ormai sotto gli occhi di tutti.  E’ consuetudine fare la coda non dal fruttivendolo… ma in farmacia! Mah! 🙁 Dobbiamo fare un passo indietro, e ritornare ai vecchi sistemi di una volta, ove possibile ovviamente.

Recentemente ho percorso 400 km per ascoltare un medico in un castello in Piemonte. Insieme si è discusso di natura, di biologico… concetto a volte abusato e non sempre realmente praticato, e di rimedi naturali.  Ma è stato il nome, e soprattutto le proprietà di una pianta a catturare la mia attenzione: la Stevia Rabaudiana. La conoscete? Dite la verità però! 😉 Io l’ho conosciuta quel giorno. Subito dopo, a casa, ho incominciato a cercare informazioni, e con mio stupore ho scoperto che molti come me, non la conoscevano affatto… esperti e non esperti. Ero decisa, e volevo fortemente che qualcuno ne scrivesse com’è giusto che sia. L’amico Giustino Catalano ha accolto la mia richiesta…

La dolce Stevia… la green revolution!

di  Giustino Catalano

Personalmente non ho mai creduto ai complotti in campo alimentare anche se poi molte volte ho dovuto constatare nei fatti che esistevano. Quello della Stevia Rabaudiana, e non perché lo dica io, pare però proprio esserlo a detta di molti. Ma come direbbe l’amica Cinzia Tosini partiamo dalle fondamenta!

La Stevia Rebaudiana è una pianta perenne originaria delle zone di confine tra Paraguay e Brasile. In pieno sviluppo raggiunge gli 80 centimetri di altezza. La particolarità di questo simpatico e sempreverde arbusto, è che ha il potere di dolcificare, e che è adoperata dalle popolazioni sudamericane da sempre. Molti di voi diranno che in natura anche molte altre piante hanno tale potere. Vero.

Dovete sapere però che da studi condotti questa pianta si può adoperare sia sotto forma di foglie fresche che secche. Una volta tritate il loro potere dolcificante è di 20/30 volte superiore a quello della stessa quantità di zucchero. Tale potere diventa di 200/300 volte maggiore se si adopera un suo estratto, che se concentrato in acqua, lo è ben 70 volte di più!

Grande potere dolcificante. Interessante ma nulla di nuovo neanche qui se non che è naturale a differenza di altre sostanze in commercio. Ma non finisce qui… anzi direi che qui viene il bello.

Ecco cosa hanno riscontrato gli studi effettuati:

  • Non contiene calorie e quindi è ottima nelle diete senza dover rinunziare a dolcificare.
  • Non altera i livelli di zucchero nel sangue e quindi è idonea per i diabetici.
  • Inibisce la formazione della carie e della placca dentale e quindi può essere adoperata nei dentifrici
  • Riduce i livelli di colesterolo.
  • Ed inoltre, può essere adoperata in cucina, in cosmesi, è antibatterica, antifungina,  aumenta le difese antiossidanti proteggendo i vasi e il sistema cardiovascolare, guarisce dermatiti ed eczemi… insomma un miracolo della natura!!

Ma dove si trova vi chiederete…? Fino a pochi mesi fa in Europa era vietata (Svizzera esclusa!). Perché…? Era sospettata di essere cancerogena.

La cosa strana è che questa pianta si adopera in tutto il Sud America (addirittura in Brasile come rimedio della medicina popolare contro il diabete), in Messico, in Canada e negli USA, in tutto il sud est asiatico arrivando anche ad essere il dolcificante di alcune note bevande con le bollicine in Giappone, e in Israele.

Insomma mancavamo solo noi europei all’appello… il perché non si sa. Forse siamo più prudenti di altri e alle cose ci arriviamo dopo qualche millennio di sperimentazione!!

Ora io non so se si possa parlare di complotto, ma sta di fatto che da quando ne è stato ammesso l’uso sono comparse le prime bustine di questo miracolo, e le piante da coltivare sul proprio balcone… Si, perché ognuno di noi potrebbe coltivarsela e dolcificarsi ciò che vuole… peccato che non si reperiscono facilmente in commercio. Solo su noti siti on line qualcuno le tratta.

Strane coincidenze… Certo è che se ognuno di noi potesse coltivarsela sul proprio balcone finirebbe un grande mercato che è quello degli zuccheri raffinati… e comincerebbe la vera prima grande green revolution!

 




Infestante sarà lei! La Portulaca, “infestante” bella e buona.

di Giustino Catalano

Appare strano che l’uomo classifichi determinate piante infestanti. A ben vedere, infatti, in natura ogni forma di vita ha il suo esatto posto, presupponendo che in un ecosistema perfetto anche piante apparentemente inutili abbiano una loro precisa collocazione e  scopo. Forse l’unico infestante, così come lo intendiamo noi umani, è proprio l’uomo!

Le piante infestanti così come sono viste nella nostra umana comune accezione in effetti sono la cura o la spia di squilibri che si manifestano nel terreno.

L’incuria umana, il suo scarso rispetto per i luoghi, le cattive lavorazioni o anche, perché no, gli scompensi creati da concimazioni eccessive fanno sì che madre natura sia costretta a darci un segnale o a porre autonomamente un rimedio.

La gramigna è spia di terreni incolti o dove vengono sversati materiali di riporto. La camomilla con i suoi piccoli e bei fiori è sanante di terreni troppo compatti e poco lavorati.

  • Ma allora perché chiamarle infestanti?

Il punto è proprio  quello. Si definiscono tali solo per la loro difficile eliminazione, per il loro comportamento invasivo, e per la nostra scarsa capacità di eliminarle avendo dimenticato come vivere in perfetta armonia con la natura.

Oggi parliamo della Portulaca (Portulaca Oleracea), diffusissima nei nostri campi e conosciuta con moltissimi nomi dialettali (erba porcellana, sportellacchia, purchiacca, erba pucchiacchella, ecc.). Pianta annuale a diffusione e portamento prostrato (diremmo serpeggiante), spesso ce la ritroviamo soprattutto nei mesi che vanno da giugno ad agosto, che compare nei nostri giardini. Somiglia molto a una pianta grassa con le sue foglie carnose e i suoi rami di colore bruno.  I suoi piccoli fiorellini gialli ce la fanno prima apprezzare e, poi, maledire nel momento in cui cerchiamo di liberarcene.

  • Ma perché è lì, e soprattutto è davvero inutilizzabile?

Sicuramente sulla scorta delle poche righe precedenti la Portulaca compare per un motivo. Cattivo drenaggio del terreno, ossia, detto in parole povere l’acqua ristagna nel sottosuolo perché troppo compatto.

  • Ma veniamo alla domanda più interessante… è del tutto inutile?

E qui la risposta stupefacente. Assolutamente no!

Le sue foglie più tenere sono buonissime in insalata, sia da sole che come aggiunta.

Del pari i  suoi ramoscelli, una volta  essiccati al sole e conservati, sono molto saporiti se adoperati come condimento per una pasta aglio e olio nel quale sono stati fatti rinvenire. Otterete un sugo dove questi “bastoncini” per loro aromaticità, ricordano vagamente i profumi del fungo porcino.

Ma, e questa è la notizia più interessante, fa anche bene in quanto pianta ricchissima di Omega-3, grasso in grado di aumentare le nostre difese immunitarie, e di vitamine.

Quindi la mangiamo! Ma non solo.

  • L’infuso delle sue foglie ha effetti depurativi sull’organismo. E’ un buon diuretico.
  • Se adoperato per uso esterno va benissimo per curare orticarie, foruncoli ed eczemi.
  • I contadini usavano, se punti da un’ape o una vespa, prendere le foglie più carnose,  spezzarle a metà,  e strofinarle sulla puntura.

Insomma, alla Portulaca manca solo la parola. E se parlasse ci direbbe “infestante sarà lei!




Il più antico Caffè d’Europa

Adoro bere il caffè seduta nei vecchi locali, avvolta dalla storia… Nei miei viaggi cerco sempre il locale giusto, e appena lo trovo mi immergo in quelle atmosfere, e la mente va…

Ma ora mi chiedo, qual è il “caffè” più antico al mondo ?

                         Risponde Giustino Catalano

Il caffè più antico al mondo esisteva già intorno al 1500 a Costantinopoli, un caffè accompagnato da piccoli dolci.

Era fatto alla turca come penso che fosse fatto anche al Caffè Procope, antico locale parigino aperto nel 1686 da un Siciliano che si trasferì li.

I metodi di ottenimento della bevanda a noi noti sono molto recenti. Anche la cosiddetta caffettiera napoletana (non la moka!) mutuava dal sistema antico.

Un filtro consentiva di evitare la posa, presente invece nel caffè alla turca. Sarebbe più corretto dire originale in quanto fatto anche in Etiopia e aree vicine così da sempre. I cosiddetti fondi poi, in alcune aree del bacino del mediterraneo sono anche letti (Grecia in testa)!

 




“Due chiacchiere con… Giustino Catalano”

Ho conosciuto Giustino Catalano commentando un suo scritto di erbe spontanee, argomento a me assai caro.  Qualche botta e risposta, e giù al telefono a chiacchierare… Simpatico ed appassionato, ma soprattutto innamorato della terra!  I suoi racconti mi hanno portato a lui…

Educatore del Gusto, Tea Tester professionista, Fiduciario e Docente Slow Food e Formatore Orti e MIUR. Responsabile Presidio Salsiccia Rossa di Castelpoto. Sommelier Professionista FISAR e assaggiatore ufficiale di vari prodotti. Consulente Eno-gastronomico alla ristorazione. Ambasciatore dell’Accademia della Gastronomia Storica.

Discendo dal lato paterno da un famiglia di produttori e mediatori di vini ed olii che fornivano la Moet Chandon del liquer de expedition sino agli anni ’30 dello scorso secolo. E dal lato materno sono pronipote di un pasticcere modicano e nipote di un esperto di pasticceria. Cresciuto all’ombra di queste persone cerco di portare avanti le passioni che sono nel mio DNA con studio, serietà e costanza. Se avete pari interessi siete i benvenuti, a prescindere dal colore della pelle, le idee politiche e lo status sociale.  Il mondo, come il piacere, è di tutti…”

  • Giustino Catalano, una vera fortuna per me incontrarti… la tua presentazione parla da se. Ma in fondo chi sei?

Sono un consulente enogastronomico. Parola che vuol dir tutto e non vuol dir niente. Sono solo un appassionato della mia terra e della gastronomia intesa a 360°.

  • Scrivi storie di prodotti. Raccontami…

Ritengo che un prodotto che non narra la fatica e l’ingegno (quella che chiamo l’affettività umana) che c’è dietro, non è un prodotto.

  • Ti piace il tuo lavoro?

Una sola cosa posso dire con certezza. Mi sveglio alla mattina e sono contento del lavoro che dovrò fare perché il mio lavoro mi piace tantissimo. Il cuore mi batte per le cose nuove che scopro ogni giorno.

  • Hai sogni che vorresti realizzare?

Non ho sogni. Io vivo la vita per quello che mi manda e per quello che riesco a realizzare di giorno in giorno.  A 50 anni non si hanno né sogni né rimpianti. Si vive in allegria.

 

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