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Vent’anni di Cantrina

Sono passati sette anni dal giorno in cui conobbi Cristina Inganni dell’azienda agricola ‘La Cantrina’ di Bedizzole, in provincia di Brescia. Giunsi fino a lei seguendo uno dei tanti consigli che in quel periodo guidavano la mia vita. Un susseguirsi di tappe che mi portarono a conoscere e a scrivere storie di persone legate alla terra. Un emozionante percorso che, con tempi più lenti e con una consapevolezza diversa, è tuttora in corso. Ricordo ancora la fatidica frase che chiudeva ogni mio incontro: “Cinzia, devi conoscere…” Fu grazie a uno di questi consigli che in una mattina d’estate arrivai da lei. Ricordo ancora che dopo uno sguardo alla vigna – che come di consuetudine contemplo per conto mio quasi fosse un biglietto da visita – andammo in cantina e lì iniziammo a raccontarci…

Cristina Inganni non è nata vignaiola. La sua vena creativa l’ha portata in origine a orientarsi verso l’Accademia delle Belle Arti di Milano. Fu il suo primo marito, Dario Dattoli, noto ristoratore bresciano appassionato di vini, a intraprendere nel 1990 l’attività vitivinicola. Un percorso che si interruppe tragicamente tra le sue vigne nel 1998, a causa di un incidente fatale con un mezzo meccanico. Un momento difficile della sua vita che l’ha messa a dura prova, ma a cui ha saputo reagire con forza grazie all’aiuto di Diego Lavo, esperto viticoltore e parte attiva dell’azienda. Ebbene, sono passati vent’anni dall’inizio di questa avventura nel mondo del vino, anni in cui ‘La Cantrina’ – dal nome del piccolo borgo rurale della Valtènesi – si è evoluta anche grazie alla formazione artistica di Cristina. Un’impronta creativa sia nell’attività in vigna che nell’attività in cantina che lei ama definire così:

“Un libero esercizio di stile. Libero perché mi piace essere creativa, esercizio perché io chiamo esercitazioni i miei vini, stile perché ognuno di noi possiede il proprio”.

Il 13 maggio per festeggiare il XX° anniversario di fondazione della cantina, ho avuto il piacere di partecipare alla degustazione di una selezione delle venti vendemmie dei vini più rappresentativi dell’azienda: Rinè (annate 1999, 2002, 2005, 2008, 2013, 2017), Nepomuceno (annate 1999, 2001, 2005, 2007, 2011, 2015), Sole di Dario (annate 1999, 2001, 2006, 2009, 2012).

Una coltivazione in regime biologico sviluppata su 8 ettari di vigneto con varietà alloctone e vitigni locali, di cui in particolare il Groppello, che occupa il 40% della superficie. Un vitigno autoctono della sponda bresciana del Lago di Garda a bacca rossa, il cui nome ha origine dall’espressione dialettale ‘groppo’ (nodo) per i caratteristici acini serrati tra loro. Protagonista enoico della Valtènesi (circa 400 ettari) ha due varietà: il Groppello Gentile e il Groppello di Mocasina.

Otto i vini prodotti: Chiaretto DOC Riviera del Garda Valtènesi (vitigno: Groppello), Rosanoire vino rosato (vitigno: Pinot Nero), Rine IGT Benaco bresciano bianco (vitigni: Riesling, Chardonnay, Incrocio Manzoni), Doc Valtènesi (vitigni: Groppello Gentile 90%, Groppello di Mocasina 10%), Nepomuceno IGT benaco bresciano rosso (vitigni: Merlot, Rebo e Marzemino), Zerdì IGT benaco bresciano rosso (vitigno: Rebo), Sole di Dario vino passito bianco (vitigni: Sauvignon, Semillon, Riesling), Eretico vino da tavola rosso dolce (100% Pinot Nero) per un totale di circa 40 mila bottiglie.

La Cantrina, una realtà produttiva in continua evoluzione che gli affezionati turisti stranieri dell’entroterra del Garda, attraverso gli assaggi nei ristoranti locali, visitano e ben conoscono.

Il vino nasce prima nella testa, ancor prima che nel vigneto, ancor prima che in cantina… devi avere un’idea del vino esattamente come nell’arte.  Cristina Inganni

 

Az. Agr. Cantrina di Cristina Inganni

Via Colombera, 7 – Bedizzole (BS)  www.cantrina.it




Gianfranco Comincioli… l’Erbamat, e i suoi oli denocciolati

Ci sono persone la cui storia dovrebbe diventare memoria d’insegnamento… Esattamente così, ci sono persone che incontro la cui storia, ma soprattutto la cui esperienza, ha portato a tali successi nelle proprie produzioni  da riconoscere non solo con premi, ma da divulgare come insegnamento per far si che le conoscenze acquisite negli anni, vengano messe a frutto per le generazioni future. Quando le incontro mi informo su chi darà continuità al loro lavoro, quasi sentissi a rischio la perdita di tanta esperienza acquisita negli anni.

Ciò che mi ha colpito soprattutto nella conoscenza di Gianfranco Comincioli, è la determinazione dell’uomo nel voler  fare il meglio… Una vita dedicata alla ricerca della qualità e all’accuratezza del prodotto. L’ho percepito ascoltandolo, fiero ed orgoglioso, memore dell’insegnamento del padre, menzionato spesso nella nostra lunga chiacchierata di una domenica pomeriggio di qualche tempo fa.

Seduti ad un vecchio tavolo di legno, Gianfranco mi ha raccontato delle sue ricerche sull’utilizzo dell’Erbamat, vitigno antico a bacca bianca ormai in via di estinzione vinificato ed assemblato ad un altro vitigno autoctono, il Trebbiano Valtenesi.

Gianfranco Comincioli

Gianfranco Comincioli

Subentrato nell’azienda familiare a diciotto anni s’innamorò di questo vino bianco denominato in seguito Perlì. Un vino particolare, longevo e complesso come lui stesso lo ha definito. Voleva fare un bianco diverso visto che il Lugana era già il vino protagonista di questa zona. Seguiva le orme del padre che, anni prima, circa nel 1960, fece un vino bianco per se e per gli amici fatto da viti centenarie di Trebbiano Valtenesi, un vino di grande corpo con ben 14 gradi chiamato “il latte del nonno”.

Per ben venticinque anni seguirono prove di vinificazione, fino a giungere al 2007 quando Gianfranco volle cambiare impostazione. Da quattro anni ormai lo sta sperimentando anche in spumantizzazione in ancestrale, il più naturale dei metodi che utilizza unicamente gli zuccheri dell’uva.

Dovete sapere che dal 1552, da ben quattordici generazioni,  la famiglia Comincioli vive e segue le attività legate al territorio di Puegnago del Garda. La produzione di vino è iniziata col Groppello, vitigno autoctono della Valtenesi. In seguito, dal 1943, ha avuto continuità con l’operosità di Giovanni Battista Comincioli che ha portato l’azienda nel 1966, al conseguimento del riconoscimento ad Asti della medaglia d’oro Douja d’Or. Dal 1978 la guida è passata al figlio Gianfranco, che, nel rispetto della tradizione, ha dato impulso alla ricerca e alla sperimentazione.

Ma non finisce qui, visto che l’attività della famiglia Comincioli è legata oltreché alla vite, anche all’olivo. La loro filosofia, citando le loro stesse parole,  è che l’olio lo fa la pianta e l’ambiente. Le fasi della produzione sono concentrate nel rispetto totale dell’olivo e del suo frutto, al fine di esaltarne al massimo i caratteri, gli aromi, e i sapori.

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Olio extra vergine di oliva Comincioli

Guidata da Gianfranco ho potuto apprezzare il risultato delle sue ricerche e dei suoi studi. La  realizzazione di un frantoio tecnologicamente avanzato, ha permesso di operare in assenza di contatto con l’aria, evitando fenomeni ossidativi che influiscono negativamente sulla qualità e sulla durata nel tempo dell’olio.

Le olive trattate sono la Casaliva, cultivar autoctona esclusiva delle terre del lago di Garda, e la Leccino, cultivar presente nelle terre del Garda. Nascono così gli oli denocciolati ottenuti esclusivamente dalla polpa delle olive, un prodotto della Terra realizzato con il massimo rispetto, per garantire le componenti salutistiche che rendono gli oli extra vergini d’oliva elementi essenziali per la nostra alimentazione, e per la nostra salute.

 

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