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Ciao Laura, te ne sei andata, questa volta davvero.

Laura Rangoni, giornalista, scrittrice, amante della natura e degli animali. Donna sensibile e coraggiosa. Ricordo ancora quando seppi che aveva lasciato la sua casa di campagna a Savigno, quella casa in cui in una notte d’estate, sedute in giardino, passammo ore a chiacchierare sotto le stelle. Se n’era andata. Spinta da alcune difficoltà, aveva lasciato il suo sogno per andare a vivere in un paesino del Portogallo. Sapere che un’amica era stata costretta ad andare via dall’Italia mi aveva fatto davvero arrabbiare. Ricordo che d’impulso scrissi: “Indegni coloro che portano gli italiani a lasciare la propria terra!”

Lei non tardò a rispondermi, schietta e diretta come sempre: “Cinzia, si, sono espatriata. È stata una scelta a lungo pensata e molto drastica. Sono gli italiani, (alcuni, per lo meno) che portano gli italiani a lasciare la propria terra. È una questione culturale, non politica. Molte persone sono così incattivite che rendono la permanenza sgradevole. L’Italia è bellissima. Peccato per gli italiani…” Credete che lei non amasse questo paese e la sua gente? Forse troppo, ma forse anche, la tristezza per ciò che è diventato per lo più questo popolo, l’ha portata a scelte radicali.

Casa Rangoni, Savigno

Laura Rangoni mi ha guidato durante il mio praticantato da giornalista. Ricordo che una volta concluso il percorso, durante una mia visita a Savigno, con in mano il mio tesserino mi disse: “E ora che cosa vuoi fare?” Si stupì molto quando le dissi che in primis quel tesserino rappresentava una rivincita, una sfida con me stessa che mi aiutò a superare un periodo molto difficile della mia vita. Rimase senza parole. Cara Laura, ora sono io senza parole. Ci hai lasciato così, improvvisamente, spiazzati, increduli… Te ne sei andata, questa volta davvero.

Come è mia abitudine dire… le persone continuano a vivere nei ricordi e nei loro scritti. Laura ne ha lasciati molti. Ripensando a una notte d’estate passata insieme a chiacchierare sotto il cielo stellato di Savigno, riporto alcune sue risposte estratte da un’intervista che le feci un po’ di anni fa. Per chi non l’ha conosciuta.

Cinzia, i sogni sono la mia unica, vera ricchezza. E sono sogni semplici, da scrittrice di campagna. Il profumo del gelsomino, la tranquillità dei miei animali, i vasetti di conserva in dispensa. Insomma, quella che gli antichi chiamavano aurea mediocritas. I cinquant’anni per me hanno segnato un importante giro di boa: basta vivere “fuori”, ho preferito concentrarmi sul “dentro”. Su quelle cose che mi fanno felice, che riempiono la mia giornata, e che non hanno un valore economico. La serenità e il ben-essere sono i miei obiettivi quotidiani.

Non amo dare consigli non richiesti, perché la vita di ognuno di noi è diversa. Ma arriva un momento nella vita nel quale – se è destino – capisci che non puoi più restare fermo nella tua “zona di comfort”, capisci che devi osare, devi fare quello che ami veramente e cercare di essere il più felice possibile, perché la vita fugge in un attimo. Ho compreso queste cose in modo molto traumatico, quando mio padre è uscito la mattina per comperare il pane e non è più tornato. Un infarto l’ha stroncato in mezzo alla strada. Così ho deciso di osare, di assaporare ogni istante della vita come dovessi morire domani. E vivo l’oggi con semplicità, godendo delle piccole cose.

Non sono una cuoca, non ho le basi tecniche di uno chef, e non lo farei mai come lavoro. Ma amo il cibo perché portatore di significati culturali e antropologici. Il cibo rappresenta il primo fattore dell’identità di un popolo, viene prima ancora della lingua e della religione, secondo me. Amo ricercare gli antichi sapori, soprattutto della mia terra, e dei luoghi del mondo che ho amato profondamente, amo cucinare come si faceva un tempo, sulla stufa economica, usando attrezzi antichi. Impasto a mano, trito a mano, taglio a mano. Non posseggo nemmeno un robot da cucina e la mia “dotazione” di pentole è da museo. Amo il cibo semplice, quello che chiamo il “cibo della fame”, tradizionale, povero, con ingredienti reperibili sul territorio. Troppo spesso abbiamo dimenticato piatti poveri, i sapori antichi, che hanno una storia da raccontare, una storia che sa di sere passate davanti al fuoco, di fiabe narrate nella penombra, o di dura fatica per convincere la terra a donarci verdure e frutti…

Ciao cara Laura, arrivederci.

Giardino di Casa Rangoni, Savigno

 




Savigno, terra di tartufo e di persone unite dalla voglia di fare.

32’ edizione del Festival Internazionale del tartufo bianco di Savigno, Valsamoggia (BO)

Si è appena concluso il secondo week-end della 32’ edizione del Festival Internazionale del tartufo bianco di Savigno. Chi non ha avuto modo di partecipare, può farlo durante l’ultimo appuntamento che si svolgerà il 14 e il 15 Novembre 2015. Savéggn, Savigno in dialetto bolognese, una piccola cittadina che dal 1’ Gennaio 2014 è entrata a far parte del Comune di Valsamoggia, in provincia di Bologna. Ho passato qui il mio ultimo fine settimana, avvolta dai magnifici colori autunnali dei colli bolognesi, e inebriata dai profumi di tartufo.

La voglia di fare delle persone fa la differenza nella promozione dei territori.

Una manifestazione di lunga data che, grazie alla voglia di fare dei suoi cittadini, ha permesso l’offerta di numerose proposte culturali e gastronomiche. Con il patrocinio della Valsamoggia, molti volontari insieme alla ProLoco e alle Associazioni locali, cito in particolare l’Associazione Tartufai della Valsamoggia e l’Ascom, hanno reso possibile il successo di una fiera che ha visto protagonista il tartufo e il suo territorio.

Il protagonista: il tartufo.

Il tartufo evoca profumi e sapori… per chi li ama. Evoca natura, piante e boschi. Evoca persone, che con il migliore amico dell’uomo, e aggiungo della donna, instaurano un rapporto di fiducia e di rispetto. Il tartufo, un fungo ipogeo (che vive sottoterra), ricercato e amato da molti. Durante i miei giorni trascorsi a Savigno, al seguito di Stefano Barbieri, guida ambientale, e di Remo Guidotti, tartufaio per eccellenza e Presidente dell’Associazione Tartufai Savigno-Valsamoggia, ho conosciuto direttamente “sul campo” le difficoltà e le esigenze che scaturiscono dalla sua raccolta. La salvaguardia dell’ambiente, come sempre, è un fattore determinate. Di questo però ve ne parlerò più avanti.

Un aiuto alla Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica FFC.

Unire l’utile al dilettevole. Fare del bene promuovendo il territorio senza mai dimenticare chi vive difficoltà che solo la ricerca può aiutare. Per questo motivo il ricavato della cena al tartufo del 7 Novembre a cura dello chef Igles Corelli, a cui hanno partecipato gli umoristi ZAP&IDA con le loro simpatiche vignette e calembour (giochi di parole illustrati), verrà devoluto alla Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica FFC. www.fibrosicisticaricerca.it

Le botteghe storiche di Savigno.

Amando la storia e le botteghe di paese, che spesso definisco quasi delle proloco permanenti rappresentative delle tipicità del territorio, non ho potuto che apprezzare le classiche insegne dei negozi nel centro storico di Savigno. Una più bella dell’altra. Entrando nella “Bottega del macellaio”, tipico locale di un tempo risalente al 1898, ho conosciuto così Guido Mongiorgi. Dal 1969 da continuità all’attività di macelleria-salumeria avviata dai nonni con la collaborazione della moglie. Una gentile signora siciliana che ha apportato qualche ritocco alla cucina bolognese di famiglia, dandogli maggiore leggerezza grazie all’uso di buon olio extra vergine di oliva.

Durante la visita, oltre ad apprezzare la qualità delle materie prime e la presenza di molte tipicità locali, ho visitato un piccolo museo. In effetti Guido ha trasformato lo scantinato in un’accogliente sala degustazione in pietra con numerosi oggetti e utensili di famiglia di un tempo, raccolti e ben conservati negli anni.  Un luogo ideale per fare balotta, la merenda bolognese tra amici il cui nome ha origine dal rumore delle castagne sul fuoco. E’ cosi che, davanti ad un tagliere di salame e ad un bicchiere di vino, insieme a qualche amico, mi ha raccontato della maialata annuale. Tranquilli, niente di piccante, solo l’appuntamento di Gennaio durante il quale viene lavorato il maiale con il rispetto contadino di una volta. A proposito… le donne non sono ammesse, così vuole la tradizione.

Aziende del territorio che reinvestono sul territorio.

Appennino Food, una nota azienda locale di prodotti a base di funghi e tartufi, principale sponsor dell’evento. Il sostegno di Luigi e Angelo Dattilo, i titolari, ha contribuito alla riuscita della manifestazione. Ho avuto modo di conoscere e chiacchierare con Luigi davanti ad un caffè.

Grazie alla sua passione per i tartufi sviluppata con una femmina di Bracco Pointer, nel 1994 a 26 anni, ha deciso di trasformare un piacere in una realtà commerciale. Lasciata la divisa da carabiniere, con Angelo, il fratello geometra, ha avviato un’attività di trasformazione dei tartufi. Un’azienda del territorio che promuove il territorio.

 Potrete vivere tutto questo il prossimo week-end. Savigno vi aspetta!

Tartufo Savigno www.tartufosavigno.com Hashtag della manifestazione: #LiveSavignoTruffle

Ufficio Stampa: Laura Rangoni – E mail laura.rangoni@gmail.com




La mia notte sotto le stelle con Laura Rangoni

Laura Rangoni, giornalista, scrittrice, ricercatrice e donna amante della natura. Direttore Responsabile del settimanale di enogastronomia Cavolo Verde con cui collaboro. Tante le similitudini che mi hanno portato a lei. Il 10 Agosto, nella sua casa di Savigno in provincia di Bologna, sotto un cielo stellato tra chiacchiere, ricordi e progetti per il futuro, abbiamo fatto scorrere le ore in attesa di una stella cadente.

Le notti in campagna sono cariche di atmosfera, i suoni della natura ci portano via dalle inquietudini che i rumori artificiali creati dall’uomo, col tempo, ci logorano appesantendo le nostre vite. Circondate dai colli bolognesi, in compagnia dei suoi compagni fedeli, abbiamo passato la notte di San Lorenzo sedute nel suo giardino, tra i profumi dell’orto e quelli delle piante di rose. Le stelle che aspettavamo non sono cadute. In verità io credo che le stelle siano anche sulla terra. Chi ha la fortuna di incontrarle, ma soprattutto chi ha la capacità di vederle, può vivere momenti di vera bellezza, traendo da esse luce, calore e vero benessere.

Domenica 10 Agosto scorso, a Casa Rangoni, si è svolta la prima cena inaugurale dell’Associazione culturale omonima che a breve darà inizio a percorsi degustativi, culturali e di ben-essere. Una cena all’insegna dell’amicizia e del buon gusto a base di prodotti dell’orto che Laura cura e segue personalmente. Ho voluto portarla qui nel mio blog, per custodire tra i miei ricordi una serata speciale vissuta tra natura e l’ascolto di una donna coraggiosa, che ora vi farò conoscere meglio.

Casa Rangoni

Cena inaugurale dell’Associazione Culturale Casa Rangoni

D) Laura, cito un passaggio in cui ti presenti: “Ho iniziato a tenere un diario quando, a quindici anni, ho lasciato Bologna, la mia scuola, gli amici, i sogni dell’adolescenza, per approdare a Monza. Il lavoro di mio padre mi ha rapita, e costretta a vivere in una regione che non ho mai amato, in case diverse, in luoghi inospitali, con gente nebbiosa come il clima… A cinquant’anni ho rivoluzionato la mia esistenza.” Sono convinta che ogni esperienza insegni. Dico questo perché ritengo che si possa imparare da ogni situazione e in ogni luogo in cui si viva. Premesso questo, mai rinunciare ai propri sogni. Concordi?

R) Sicuramente, Cinzia. I sogni sono la mia unica, vera ricchezza. E sono sogni semplici, da scrittrice di campagna. Il profumo del gelsomino, la tranquillità dei miei animali, i vasetti di conserva in dispensa. Insomma, quella che gli antichi chiamavano aurea mediocritas. I cinquant’anni per me hanno segnato un importante giro di boa: basta vivere “fuori”, ho preferito concentrarmi sul “dentro”. Su quelle cose che mi fanno felice, che riempiono la mia giornata, e che non hanno un valore economico. La serenità e il ben-essere sono i miei obiettivi quotidiani.

Casa Rangoni

Casa Rangoni

D) Cambiare la propria vita oggi, in tempi critici come questi, da qualcuno è ritenuto coraggio, da altri incoscienza. So per certo che ‘solo osando’ si può assaporare la vita nel vero modo in cui va vissuta. Non dico che è facile, tutt’altro. Per quanto mi riguarda, le emozioni vissute attraverso la conoscenza negli ultimi anni, mi ripagano delle delusioni inevitabili che questi percorsi ci presentano. Tu sei a buon punto. Puoi dare qualche consiglio a chi vorrebbe, ma non osa?

R) Non amo dare consigli non richiesti, perché la vita di ognuno di noi è diversa. Ma arriva un momento nella vita nel quale – se è destino – capisci che non puoi più restare fermo nella tua “zona di comfort”, capisci che devi osare, devi fare quello che ami veramente e cercare di essere il più felice possibile, perché la vita fugge in un attimo. Ho compreso queste cose in modo molto traumatico, quando mio padre è uscito la mattina per comperare il pane e non è più tornato. Un infarto l’ha stroncato in mezzo alla strada. Così ho deciso di osare, di assaporare ogni istante della vita come dovessi morire domani. E vivo l’oggi con semplicità, godendo delle piccole cose.

…godendo delle piccole cose

D) Ora veniamo a Casa Rangoni, più che una casa un Centro Culturale per la promozione del territorio e del ben-essere psico-fisico. Come ti è nata l’idea, e quali i prossimi progetti in programma?

R) L’idea è sorta giorno dopo giorno, crescendo in silenzio. Da quando mi sono trasferita sui Colli Bolognesi, gli amici che mi venivano a trovare dicevano, tutti (e ribadisco: tutti) “Qui si sta proprio bene, ci si rigenera”. Così ho pensato che fosse proprio questo il “potere magico” di Casa Rangoni: far stare bene le persone. Ci siamo allontanati molto dalla natura, e stare qui, scegliersi il proprio pomodoro dall’orto, andare a prendere la legna per accendere il camino, camminare tra le rose, assaporare piatti semplici ma ricchi di storie da raccontare, riavvicina le persone a un modo di vivere più umano, più armonico con i lenti ritmi della terra. Ben-essere vuol dire questo: stare bene con se stessi, rigenerarsi, imparare ad ascoltare e ascoltarsi. Dopo tanti anni di studi, dopo tanti libri scritti, ora sono pronta a trasmettere quello che ho imparato a chi vuole ascoltare e provare a vivere in modo più olistico. Quindi in progetto ci sono dei per-corsi per imparare a stare bene con se stessi, a godere del miele e del vino con degustazioni che nulla hanno di tecnico, di cucina di cibi antichi, tradizionali, genuini e semplici, di coltivazione e uso delle erbe aromatiche e officinali, di fitoalimurgia…

Casa Rangoni - esterni

…un modo di vivere più umano, più armonico con i lenti ritmi della terra

D) Da ragazzina mio padre, per farmi vincere la timidezza che mi portava a isolarmi, mi regalò un cucciolo. Un cagnolino che, oltre a rendermi felice, per la prima volta mi fece sentire responsabile di una creatura. Siamo un paese non ancora adeguatamente educato all’accoglienza dei migliori amici dell’uomo, nonostante il loro aiuto terapeutico sia ormai accertato e riconosciuto in molte cure. Ritengo che la civiltà di una nazione si riconosca anche attraverso il rispetto e l’educazione verso gli animali. Per farlo si dovrebbe partire dalla scuola. Cosa ne pensi?

R) Penso sia verissimo. Tutti coloro che mi conoscono, attraverso i social o FaceBook, o i miei libri sanno che sono una gattara impenitente, e il mio cane Morgana è ormai diventata una star del web :-). Amo gli animali, ma senza esagerazioni, rispettando la loro natura. Questo si dovrebbe insegnare ai bambini, mostrare loro che cani e gatti non sono giocattoli, ma persone con i loro diritti e i loro pensieri. E spiegare loro che tutte le creature “servono” in natura, persino le zanzare… Forse si eviterebbero tante brutture e assurdità, come la recente proposta di abbattere l’orsa che, per difendere i cuccioli, ha attaccato quell’incauto cercatore di funghi…

Uno dei gatti di Laura

…tutte le creature “servono” in natura

D) Dico spesso che ‘amo più mangiare che cucinare’. Lo dico in senso ironico, visto che nel cibo e nel vino amo soprattutto ricercare le storie, le tradizioni e le emozioni che suscitano. Veniamo a te: Laura Rangoni, non una cuoca, ma una donna che studia, ricerca, cucina e scrive. Sbaglio?

R) Esatto. Non sono una cuoca, non ho le basi tecniche di uno chef, e non lo farei mai come lavoro. Ma amo il cibo perché portatore di significati culturali e antropologici. Il cibo rappresenta il primo fattore dell’identità di un popolo, viene prima ancora della lingua e della religione, secondo me. Amo ricercare gli antichi sapori, soprattutto della mia terra, e dei luoghi del mondo che ho amato profondamente, amo cucinare come si faceva un tempo, sulla stufa economica, usando attrezzi antichi. Impasto a mano, trito a mano, taglio a mano. Non posseggo nemmeno un robot da cucina e la mia “dotazione” di pentole è da museo. Amo il cibo semplice, quello che chiamo il “cibo della fame”, tradizionale, povero, con ingredienti reperibili sul territorio. Troppo spesso abbiamo dimenticato piatti poveri, la zuppa di pane, tanto per farti un esempio. Nei miei corsi insegno proprio questo: a recuperare sapori antichi, che hanno una storia da raccontare, una storia che sa di sere passate davanti al fuoco, di fiabe narrate nella penombra, o di dura fatica per convincere la terra a donarci verdure e frutti…

Poi, per lavoro, ho studiato anche cibi più sofisticati, etnici e simili, ma questo è un altro discorso.

Cena sotto le stelle 10 Agosto Tagliatelle

…il cibo rappresenta il primo fattore dell’identità di un popolo

D) E’ mia abitudine fotografare tutto ciò che mi piace e condividerlo, perché il bello e il buono deve essere diffuso. A Casa Rangoni, tra le tue colline, ho fotografato molte varietà di fiori. In particolare, amando la medicina naturale, mi affascinano le piante officinali. Vorrei che si organizzassero più corsi per far conoscere le molte proprietà delle piante terapeutiche. Questo per  allontanare le persone dai facili rimedi farmaceutici chimici, non sempre necessari. A quando il primo corso?

R) Non appena spunteranno le erbe, a primavera! Ma, non essendo medico, non voglio parlare di terapie, e non farò corsi di fitoterapia. Preferisco considerare le piante, sia spontanee che officinali, come facilitatori del ben-essere. Lo sono anche i fiori: coltivare un giardino o un orto è come coltivare la propria anima…

...coltivare un giardino o un orto è come coltivare la propria anima…

…coltivare un giardino o un orto è come coltivare la propria anima

Associazione Culturale Casa Rangoni

Savigno (BO)   www.casarangoni.it

 




Sapori in Poesia. Le frittelle di Glicine

 

Adoro il glicine e il suo colore. Da ragazzina ho passato molti anni in un luogo dove c’era una siepe infinita di questi fiori. Ricordo che passeggiavo e passeggiavo e… mangiavo i pistilli. Ebbene, qualche sera fa tornando a casa ho visto una nuvola rosa di grappoli di glicine. Di colpo ho bloccato la macchina, come ormai spesso accade quando qualcosa attira la mia attenzione. Non mi voglio perdere nulla, non più. E’ così che ho immerso il naso e ho incominciato ad aspirare. Un profumo delicato ma intenso, che rimane nella memoria, come è successo a me.

Non ho potuto fare a meno di fotografarli e di scrivere li sul posto le mie sensazioni. E’ irrefrenabile ormai questa voglia di fermare i ricordi e le emozioni. Le immagini, se condivise, suscitano a loro volta nelle persone pensieri ed emozioni. Lo sapete che cosa è nata da questa mia condivisione? Una poesia dell’amica Alessandra Paolini, una donna  che produce olio extra vergine di oliva in Calabria, e delle frittelle che mi ha preparato il mio amico cuoco Simone Toninato. Si, perché oltre ad annusare e ad ammirare i grappoli di glicine, ho fatto un piccolo furto fiorito. 😉

In realtà i fiori oltre alla vista ci appagano il palato attraverso molte preparazioni. Laura Rangoni, scrittrice enogastronomica e cuoca in primis, suggerisce l’uso dei petali della magnolia e dell’acacia. Marina Betto, scrittrice, sommelier e appassionata di piante e fiori (ha scritto un libro sul giardinaggio in terrazza), aggiunge che i fiori commestibili sono tantissimi ma devono essere coltivati senza anticrittogamici (prodotti chimici usati contro i parassiti).  La marmellata di rose, le violette candite, il gelato di gelsomino, i nasturzi in insalata… sapori molto particolari a cui non siamo abituati, ma da provare!

Avete mai assaggiato la felicità?

si arrampica,Glicine ricetta
vorace, lungo i tralicci
e riempie di glicine
l’occaso

è fragrante,
croccante,
ed elegante

è copiosa
lungo le nudità
dei tronchi nodosi
che hanno attraversato
tempeste e sterilità

se stringe troppo
il cuore lo incatena
e ricopre
di petali lillà:

è una frittella di glicine
la felicità!

di Alessandra Paolini

    

E se coltivassimo campi di fiori…?

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