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Siamo certi di saper leggere un’etichetta?

Saper leggere un’etichetta è importante, certo, ma non è sempre facile. Tanto per dire che qualche settimana fa ne ho trovata una così dettagliata, che più che chiarirmi le idee me le ha confuse. Nessuna polemica, per carità! Ben vengano le descrizioni a garanzia dell’origine degli alimenti dettate dalle nuove norme sulla tracciabilità. I dubbi a cui mi riferisco sono relativi alla comprensione del significato dei numerosi additivi alimentari evidenziati con sigle alfanumeriche. Tutte informazioni obbligatorie – mi ha prontamente dichiarato l’esercente – vista la mia perplessità nel leggerle. Ebbene, certamente l’impegno va apprezzato, ma quanto a chiarezza per il consumatore mi sa che c’è ancora molto da fare! 

Entro in merito mostrandovi l’etichetta in questione. Le indicazioni sono relative agli ingredienti e agli additivi di una confezione di pasta ripiena. Proviamo a leggerli insieme.

Be’, sugli ingredienti nulla da chiarire, direi piuttosto di ripassare il significato del termine additivi: quelle sostanze aggiunte intenzionalmente agli alimenti per conservarli preservandoli da contaminazioni microbiche, colorarli o dolcificarli. Lo scopo è di migliorarne l’aspetto e il sapore. Si possono identificare da un numero preceduto dalla lettera E, con la specifica della relativa funzione. I più diffusi sono gli antiossidanti, i conservanti, gli aromatizzanti, i coloranti, gli edulcoranti e gli addensanti. Ma ce ne sono molti altri, innocui e meno innocui. Comunque sia, per tranquillità di tutti, esiste un ente predisposto alla valutazione della loro sicurezza: l’EFSA, European Food Safety Authority.

Ma torniamo alla mia etichetta. Dunque, ecco gli additivi aggiunti.

  • Antiossidante E301: ascorbato di sodio. Il sale sodico dell’acido ascorbico E300 usato per evitare l’imbrunimento e l’irrancidimento degli alimenti.
  • Antiossidante E316: eritorbato di sodio, prodotto sinteticamente. Rallenta l’ossidazione dell’alimento.
  • Conservanti: E252 nitrito di sodio – E252 nitrato di potassio. Due sostanze che oltre a conservare aggiungono sapore alle carni. A questo proposito va sottolineato che un consumo eccessivo di questi additivi può essere pericoloso per la salute.
  • Esaltatore di sapidità E621: glutammato monosodico. Una sostanza utilizzata per la capacità di esaltare il gusto di un cibo intensificandone il sapore.
  • Correttori di acidità: E262 acetato di sodio – E331 citrato di sodio. La loro funzione è quella di prolungare la durata dei cibi.

Tutto chiaro? Sicuramente un po’ di più dopo aver ricercato il significato di ciascun additivo presente nella pasta ripiena in questione. A questo scopo, un ‘bugiardino degli additivi’ con le relative funzioni e gli effetti collaterali, potrebbe aiutare i consumatori verso una scelta più consapevole. Perché a dirla tutta, alcune sostanze se aggiunte in eccesso possono essere causa di allergie.

In conclusione cosa resta da dire… forse solo che per quanto mi riguarda, più leggo additivi aggiunti in etichetta, e più mi passa la voglia di acquistare un alimento. Tanto per dire che la scelta dei cibi freschi e selezionati è senza dubbio la scelta migliore!




Produzioni garantite DOP e IGP. E’ chiara per tutti la differenza?

Negli ultimi tempi guardo poco la televisione, direi quasi per nulla. A parte poche eccezioni la qualità dei programmi mi annoia proprio per la pochezza dei contenuti. A volte mi capita di farlo condizionata da chi ha gusti diversi, persone che si meravigliano dalla mia quasi totale mancanza di conoscenza di trasmissioni note ai più. Comunque sia capisco anche che, visti i tempi che corrono, la gente abbia bisogno di ‘leggerezza’ di contenuti, per distrarsi dimenticando per qualche ora le difficoltà quotidiane.

Nonostante ciò seguo volentieri i programmi che diffondono conoscenza, permettendo di apprezzare la ricchezza culturale ed enogastronomica del nostro bel paese. Ci sono poi le inchieste, che, da una parte mi fanno arrabbiare, e dall’altra aprono gli occhi ai consumatori che come me si definiscono informati.

Entriamo in merito. Qualche settimana fa, durante una puntata di Report su Rai 3, si è parlato di DOP e IGP. Nulla di nuovo certo, ma credo che molti ancora non sappiano che l’Identificazione Geografica Protetta ponga un vincolo sul territorio in cui avviene la trasformazione, ma non sulle materie prime.

Ma come… sembra quasi un paradosso?! In pratica se mi capita di visitare un paese italiano ed acquistare una tipicità del posto garantita IGP, ho si la garanzia che venga prodotta in quel territorio, ma non sempre ho la certezza che venga fatta con materie prime originarie di quel luogo.  La normativa infatti in questo senso non è vincolante. Eh no! Così non mi piace!

Ebbene, fatta questa premessa faccio continuare all’esperta, Eugenia Bergamaschi, Presidente Confagricoltura di Modena.

Cinzia, le cose stanno così: per le IGP fa fede il luogo di produzione e la ricetta, mentre la materia prima può venire anche da altre località. Per questo motivo potrai ben capire che le IGP da sempre sono state un problema per i produttori agricoli.

Accanto alle IGP esistono le DOP che tutelano i prodotti Italiani. Il prodotto DOP deve essere fatto in Italia con materia prima Italiana, come ad esempio il Prosciutto di Parma, il Prosciutto di San Daniele e il Prosciutto di Modena. Prodotti DOP perché fatti obbligatoriamente con cosce di suini nati, allevati, macellati e stagionati in Italia, secondo un disciplinare severo al quale si devono attenere gli allevatori, i macellatori e gli stagionatori.

Per verificare che ciò avvenga esiste un organo di controllo che si chiama IPQ: Istituto Parma Qualità. Il suo compito è di controllare la filiera della DOP del Prosciutto di Parma e del Prosciutto di Modena. Il Prosciutto di San Daniele invece è controllato dall’INEQ: Istituto Nord Est Qualità.

Le DOP sono veri e propri prodotti di nicchia che, per la loro produzione, seguono un disciplinare rigoroso che impone regole molto rigide. Il costo di produzione e il prezzo finale al consumatore è più alto proprio per questo.

Riprendo la parola.

Con Eugenia, che conosco personalmente e ringrazio, abbiamo parlato a lungo al telefono sulla questione. La cosa che mi interessava far capire, è la differenza tra DOP e IGP, che vi assicuro molti non conoscono ancora. Lo scopo è sempre lo stesso: formare il consumatore affinché la sua scelta sia sempre più informata e consapevole.

Dopo i nostri discorsi e gli scambi di opinione siamo giunte alla stessa conclusione: in Italia ci sono troppi marchi, troppi consorzi, troppa disgregazione, e poca ‘comunicazione ben fatta’ delle produzioni e dei territori. Elementi critici che non fanno bene all’economia del nostro paese, agli agricoltori che puntano alla qualità, e agli stessi consumatori, spesso confusi nei loro acquisti. Ce ne sarebbero di cose da dire, ma soprattutto da fare…




Vinitaly 2015, ora do i numeri !

Tranquilli, non sto dando nessun numero, tranne quelli che arrivano direttamente da Vinitaly, il 49° Salone Internazionale del Vino e dei Distillati che si è appena concluso. Si riferiscono ai quattro giorni dell’evento clou che muove l’Italia del vino, delle passioni e degli affari. Leggete un po’qui…

•  576.000 bottiglie stappate
•  200.000 tonnellate di vetro
•  8 tonnellate di tappi di sughero
•  130.000 bicchieri utilizzati
•  11.100 follower di @VinitalyTasting su Twitter
•  116.000 like della pagina ufficiale di Vinitaly su Facebook

Non c’è dubbio, Vinitaly è Vinitaly, una grande vetrina del business nel settore enologico che, per gli appassionati, rappresenta un’occasione speciale per viaggiare nei territori assaggiando vini. Lo confermano i numeri della viticoltura italiana elaborati dai dati di Veronafiere/Vinitaly.

•  380.000 circa le aziende vitivinicole italiane
•  665.000 ettari vitati
•  40 milioni hl di vino,  produzione 2014 stimata da Assoenologi (- 17% rispetto al 2013)
•  73 DOCG, 332 DOC e 118 IGT
•  10-12 miliardi di euro il fatturato del vino (5,1 derivanti dall’export)

Cifre che fanno girare la testa, e non per l’assaggio dei vini, ma per la grande risorsa che questo comparto rappresenta per il futuro dell’economia italiana. Le semplificazioni burocratiche e le politiche agricole per il sostegno della viticoltura sono essenziali e prioritarie. A questo proposito si auspica che il Testo Unico delle norme sul Vino, e il piano straordinario che prevede lo stanziamento di 48 milioni di euro per la tutela del made in Italy, abbia presto completa attuazione.

“Il vino nel suo complesso è un settore che vale oltre 10 miliardi di euro, dei quali più di 5,1 generati dall’export.” Ettore Riello, Presidente di Verona fiere.

E’ indispensabile investire nello sviluppo di strategie a garanzia della qualità e dell’innovazione in agricoltura, nell’enoturismo e nella giusta comunicazione per la diffusione della cultura del vino, della conoscenza dei territori e delle persone protagoniste. Tutto ciò per far si che una bottiglia di vino sappia trasmettere, oltre che piacere, emozioni, storia e territorio.

Inoltre, un pizzico di entusiasmo in più degli addetti alla ristorazione nelle proposte di produzioni meno conosciute, farebbe bene al vino, e salverebbe vitigni che fanno della viticoltura italiana una ricchezza che ci distingue nel mondo. Lo dico ovunque e lo continuerò a dire, per la passione che ho per la viticoltura e per il mondo agricolo.

Qui di seguito alcune immagini della mia giornata a Vinitaly 2015. Nessun accredito e nessun impegno, solo un lunedì passato in compagnia di persone con la mia stessa passione per il vino. Cosa mi è piaciuto? Be’, sicuramente salutare produttori già conosciuti in questi ultimi anni durante le mie visite, e conoscerne altri che andrò a trovare direttamente in vigna. Oltre a ciò, ho avuto il piacere di fare ottimi assaggi ampliando così le esperienze sensoriali che nel tempo contribuiscono a formare il ‘bagaglio’ necessario per chi vive questo settore.

Cosa non mi è piaciuto? Sicuramente il traffico e la confusione che conosce bene solo chi è stato più volte a Vinitaly, una fiera dai grandi numeri, che per quanto mi riguarda, non sostituirà mai la passione per quelli piccoli.




Stasera si mangia broccoli! Mi raccomando, ma con il gambo!

Stasera sapete cosa faccio? Vado in cucina! Qualcuno storcerà il naso… forse perché chi mi conosce sa che amo più mangiare che cucinare.  😉

Come diceva il filosofo tedesco Ludwig Feuerbachsiamo quello che mangiamo –  più chiaro di così! Personalmente amo ricercare la storia, le tradizioni, ma anche le proprietà terapeutiche del cibo, perché mangiare bene è il segreto per stare in salute.

La cosa importante è scegliere buone materie prime, possibilmente #madeinitaly visto le ottime produzioni che abbiamo, ma mi raccomando, ottimizzando ed evitando gli sprechi.

Gambo del broccolo

Gambo del broccolo

Oggi sono stata al mercato e ho comprato due broccoli, dell’insalata, un po’ di frutta secca, un pezzetto di provolone e un buon olio extra vergine di ‘olive italiane’ (controllate che sia scritto).

A tal proposito quando siete in vacanza approfittate per andare a visitare un’azienda agricola che lo produce; se vi piace compratelo, e poi a casa comodamente fatevelo spedire. Tra l’altro, consumando lo stesso olio che avete assaggiato in vacanza vi sembrerà di rivivere i bei momenti vissuti.

Ma torniamo ai broccoli. Ora li uso per prepararmi un piatto di pasta e un’insalata mista. A proposito, sono ricchi di vitamina C che però ahimè con la cottura in acqua in parte si perde.  Per ovviare a ciò l’ideale è cuocerli al vapore.

Detto questo, una volta lessati li unisco all’acciuga soffritta con l’aglio, o in aggiunta a del tonno. Userò  questo preparato per condire la pasta. Mi raccomando, non risparmiate sulla ‘qualità della pasta’, incide molto sul risultato di un piatto!

Bene, è rimasto il gambo del broccolo. Adoro il suo sapore!  Una volta pulito va tagliato a rondelle sottili e va unito a una bella insalata, a del provolone a tocchetti, e a tanta buona frutta secca!

Che ne dite…? Io intanto mangio, buon appetito! 😉

Orecchiette con i broccoli




L’importanza di promuovere la terra e le sue risorse, anche perché, se vi guardate attorno, ci rimane solo quella!

Ora bacchetto! Calmi, sto scherzando! 😉 Lungi da me usare qualsiasi tipo di bacchetta verso qualcuno! E’ anche vero però, che davanti a certe situazioni, non riesco proprio a non dire la mia! Non è una questione di puntiglio, è che sarebbe ora che tutti imparassimo a fare sul serio nel promuovere la terra e le sue risorse, anche perché, se vi guardate attorno, ci rimane solo quella!

Ognuno di noi, a modo suo, può fare qualcosa per la nostra economia, per promuovere i nostri prodotti, per far conoscere le ricchezze e le bellezze del nostro territorio. Il consumatore può molto, iniziando a scegliere dove e come fare la spesa, facendo attenzione alla stagionalità, all’etichetta, e alla provenienza. So bene che è un periodo di crisi, ma acquistare meno, e più di qualità, fa bene a noi e alla nostra Italia.

La ruota che faceva girare il nostro sistema economico, ormai, si sta fermando! In questo momento, sono di fondamentale importanza le sinergie, il fare bene insieme! Se qualcuno crede, che correndo da solo le cose possano andargli bene a lungo, si illude! Chi corre da solo, prima o poi, solo rimane!

Fatta questa premessa, vi farò cenno di alcuni episodi che mi hanno fatto storcere il naso durante i miei giorni passati a Crotone. Sono situazioni in cui ci si imbatte sovente in Italia; siamo un paese ricco di risorse che all’estero ci invidiano, ma purtroppo non abbiamo ancora imparato a valorizzarle come meritano.

  • 1′ Caso – Amo le colazioni, è il mio pasto preferito. A Crotone, terra di grandi produzioni, in un albergo tre stelle in cui ho soggiornato, la prima mattina pronta per godere di quanto ‘credevo’ mi aspettasse, mi sono trovata davanti a prodotti confezionati veramente tristi. Quasi nulla del territorio, e nessuna traccia di frutta fresca; per me che l’adoro è un vero affronto. Offrendo più frutta, sia negli alberghi che nei ristoranti, si potrebbe fare molto per gli agricoltori!
  • 2′ Caso – Durante un pomeriggio, tra una visita e l’altra, mi sono fermata per bere qualcosa. Ebbene, visto che ero un po’ indecisa, ho chiesto qualche consiglio alla persona che era venuta a prendere l’ordine (anche per sentire cosa mi avrebbe offerto). La risposta è stata: “Vuole uno spritz?” Ma anche no ho risposto! Dovete sapere che li c’è una bevanda analcolica tipica calabrese al caffè fatta con acqua sorgiva del Monte Covello, situato nel territorio di Girifalco in provincia di Catanzaro. E’ perfetta per ogni ora, dissetante, e dal gusto davvero gradevole. E’ la “brasilena”. Perché non proporre quella! Ovviamente gliel’ho sottolineato, e l’ho ordinata.
  • 3′ caso – Amo molto il gelato, se poi abbinato alla frutta è un vero e proprio pasto. Ebbene, non potevo credere ai miei occhi quando un giorno ordinandone uno simile, mi è arrivata una coppa con le pesche sciroppate! Pesche sciroppate in Agosto?! Noo! Non aggiungo altro…
  • 4′ caso – Calabria, terra di grandi olii. “Ma li vogliamo mettere sui tavoli!” Ho dovuto dirlo proprio con le stesse parole all’addetta alla sala che si occupava del servizio. Oltretutto sarebbe doveroso non riempire con altri oli bottiglie con note etichette, anche perché, guardando lo stato della bottiglia, è facile capire se la cosa avviene. Qui entrerebbe in causa il famoso tappo anti-rabbocco, ahimè bocciato. L’unica è affidarsi alla serietà del ristoratore.

Un’altra cosa che mi piacerebbe vedermi proporre al ristorante, è una piccola bottiglia d’olio d’oliva del territorio, che “userei durante il pasto, pagherei nel conto a prezzo promozionale, e che mi porterei a casa.” Stessa cosa mi piacerebbe vedere applicata per il vino che non si finisce di consumare, viste le giuste limitazioni del Codice della strada.

In aggiunta, vorrei vedere sui tavoli, come già avviene per i vini, delle “carte degli olii d’oliva del territorio” con pillole informative che presentino brevemente le caratteristiche delle varietà. Qui faccio una nota di merito al Gruppo di Azione Locale di Crotone, il Gal Kroton, che fra pochi giorni presenterà la carta degli olii di oliva aderenti al loro sistema alimentare locale.

Detto questo, ricordando che in Italia abbiamo oltre 530 cultivar di olive, molto si sta facendo, ma molto si può ancora con l’impegno di tutti, con l’aiuto delle amministrazioni, e con la giusta comunicazione del territorio.

Lancio qui il mio sfogo, ma non crediate, lo faccio dovunque me ne venga data l’occasione. Come durante la 1’ edizione della “Fiera delle Eccellenze Strongolesi” organizzata dall’operosa Pro Loco,  alla quale è seguito un dibattito coordinato dal giornalista Giuseppe Pipita de “Il Crotonese”.

Invitata al tavolo, dopo i saluti inviati tramite un messaggio da Giuseppe Scopelliti Presidente della Regione Calabria, e alla presenza di – Vincenzo Pepparelli Presidente della Camera di Commercio di Crotone, Natale Carvelli Presidente di Gal Kroton, Michele Laurenzano Sindaco di Strongoli, Simona Mancuso Assessore comunale alle attività produttive e Francesco Fiorita capogruppo di minoranza del Consiglio Comunale di Strongoli – ho detto la mia, come blogger comunicatrice del territorio e dei suoi produttori, su quanto si potrebbe fare cominciando da queste piccole cose che ho evidenziato poc’anzi. Per quanto riguarda l’aiuto ai produttori, lo snellimento della parte burocratica a cui sono pesantemente sottoposti, e l’aiuto nel sostenerli nelle spese per la partecipazione a fiere ed eventi promozionali, sarebbe cosa gradita.

Siamo un paese ricco di risorse che all’estero ci invidiano, quindi forza, sta a tutti noi valorizzarle!




Facciamo la caccia al tesoro? Anzi… all’etichetta! Vi presento Sara Cordara

E’ estate, è tempo di spensieratezza, di giochi e di allegria. Bene, ho pensato di fare una caccia al tesoro, che poi, se è veramente un tesoro, è tutto da verificare! Come? Il gioco, che poi gioco non è, si svolge leggendo le etichette dei prodotti che acquistiamo! Ma quanti lo fanno? E soprattutto, quanti riescono a capire quello che leggono! A volte mi chiedo se certi produttori pensino che i consumatori siano dei piccoli chimici!

Se riflettete bene, quello che leggete, e quello che per lo più non capite, ve lo mangiate!

Oggi vi lancio una sfida! Insieme a Sara abbiamo deciso di  fare un giochino estivo, si chiama “caccia all’etichetta”. Ovviamente mi riferisco a quelle ingannevoli, quelle fatte per gli ingegneri nucleari, che forse poi, non capiscono neanche loro!

Queste le regole: quando non capite che cosa leggete, o quando qualcosa scritto sull’etichetta non vi convince, inviateci una foto, Sara Cordara sarà il nostro Sherlock Holmes… ma dell’etichetta!

 Bene, vi presento la nostra investigatrice specialissima! 😉

Sara Cordara, biologa, nutrizionista e specialista in scienza dell’alimentazione. 

Da anni si occupa di comunicazione nutrizionale e di divulgazione scientifica. Si batte per difendere e valorizzare il Made in Italy, e per un’etichettatura alimentare più chiara, meno fuorviante e ingannevole, a tutela del consumatore.

  • Ciao Sara, leggo che da anni ti occupi di comunicazione nutrizionale. Mi sembri molto giovane, vuoi raccontarmi brevemente il tuo percorso professionale?

Dopo la laurea quinquennale in scienze biologiche con una tesi sull’aspartame,  il dolcificante chimico più discusso da tempo, ho deciso di specializzarmi in scienza dell’alimentazione. Mi affascina tutto ciò che è nutrizione a 360°. Ho lavorato per un paio di anni presso un laboratorio di ricerca dell’ospedale Luigi Sacco di Milano ma mi sentivo un topino da laboratorio.

Avendo sempre avuto una piacevole parlantina, ho iniziato a collaborare come divulgatrice scientifica con alcune riviste di benessere come Viversani&belli.  Attualmente supporto il dipartimento di marketing di Yakult, un’azienda specializzata in probiotici e con loro seguo un progetto con dei runners. Ho anche una mia rubrica di nutrizione su una radio piemontese.

Sono dell’opinione che la migliore forma di comunicazione sia il contatto diretto con la gente, una volta c’era il cartaceo, ora si comunica attraverso i social come facebook e twitter, i siti web, i blog.  A mio parere funziona, si riesce a interagire bene, purché la comunicazione sia pulita e fatta con intelligenza.

  • Ti batti per valorizzare il Made in Italy  attraverso un’etichettatura più trasparente che indirizzi il consumatore verso una scelta più consapevole. Vista la tua esperienza, qual è la situazione attuale?

Il consumatore medio legge le etichette alimentari ma comprende ben poco, e non è da biasimare. Negli ultimi anni ho ricevuto molte segnalazioni di etichette indecifrabili e incomprensibili. La colpa è di un sistema che funziona male e spesso parte direttamente dalla Comunità Europea.  

Faccio un esempio, proprio recentemente non è passato da Bruxelles il provvedimento sul tappo anti-rabbocco per evitare che nei ristoranti l’olio di oliva venga continuamente miscelato con quello vecchio, magari con quello di semi. Sarebbe stato un modo per tutelare il nostro olio di oliva, il “re” della dieta mediterranea.

  • Sono una convinta sostenitrice dell’educazione alimentare fin dall’infanzia, ma non solo. Anziché prescrivere medicinali a iosa, proporrei corsi per patologia al fine di educazione i pazienti ad un corretto stile di vita, evitando l’abuso farmaceutico, che ahimè, è troppo diffuso a livello mediatico. Sono ripetitiva, lo so, ma mi chiedo se a lungo andare questo mio pensiero si possa trasformare da utopia a speranza…

Una sana consapevolezza alimentare prende forma durante l’infanzia e l’adolescenza, e qui che i genitori devono lavorare duro, una volta adulti diventa complicato modificare le proprie abitudini. L’obesità infantile purtroppo è sempre più in aumento portandosi appresso tutte le complicanze correlate come il diabete e l’ipertensione.

Una buona educazione nasce dal nucleo famigliare; durante i miei seminari nelle scuole elementari non è infrequente trovare bambini che non mangiano il pesce perché non essendo gradito da uno dei genitori non viene cucinato. Poi c’è il problema del junk food, il cibo spazzatura comodo ed economico che dilaga sempre più.

Forse sarò troppo dura, ma sono dell’idea che il consumismo e molte aziende alimentari vadano a braccetto con quelle farmaceutiche, le prime ci ” ingozzano di cibo” e le seconde ci “curano”, l’una non può esistere senza la presenza dell’altra. Quest’ultimo concetto riassume un po’ la mia opinione in merito.

 
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