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Massimo Dellavedova, uno chef di cucina che vuole tornare indietro nel tempo.

Massimo Dellavedova, un amico, un cuoco, ma soprattutto una persona semplice e sincera. Uno degli ultimi romantici,OLYMPUS DIGITAL CAMERA come me: uno chef in love. Lo scorso Aprile, con mia felicità, finalmente ha realizzato il suo sogno: Cascina Malingamba. Un luogo storico nato originariamente come posteria per soddisfare le soste dei viandanti, che poi, nel 1960, è diventato un vero e proprio luogo di ristorazione. Una cascina lombarda chiamata Malingamba per il ‘passo claudicante’ del suo primo proprietario. Curiosa la sua ubicazione: è situata per metà nel comune di Lainate in provincia di Milano, e per la restante parte nel comune di Origgio,  in provincia di Varese.

Massimo DellavedovaQualche giorno fa, in una fredda serata autunnale, sono andata a trovarlo per una chiacchierata tra amici. Discorsi seri e meno seri che scaldano il cuore, tra racconti, confidenze e consigli. Ascoltandolo nel resoconto dei suoi tanti impegni lavorativi, di tanto in tanto gli consigliavo di respirare, ben consapevole del ritmo che i cuochi oggigiorno devono sostenere per stare al passo con i tempi. Classica la risposta alle mie preoccupazioni: “Fanciulla, tranquilla, è tutto sotto controllo”.  Massimo è così, un cuoco in corsa, ma sempre dolce e col sorriso: uno chef smile.

Oltre agli scambi reciproci di esperienze, si è parlato di progetti e del tipo di ristorazione che ha intenzione di proporre a Cascina Malingamba. Nell’ascoltarlo, mi hanno particolarmente interessato alcune sue affermazioni che condivido, e che qui di seguito ho riportato per approfondimenti e riflessioni.

  • Penso che nella ristorazione di oggi sia giusto che la tecnica vada avanti. A differenza, nell’ideologia, si deve fare lunghi passi indietro, fino ad arrivare alla ristorazione di trent’anni fa. E’ importante riscoprire le vecchie usanze e le lavorazioni delle materie prime, aggiungendo le tecniche moderne di cucina per conservare sapore e qualità.
  • Purtroppo nella ristorazione di oggi manca la professionalità nella brigata di sala, intensa come gruppo di Servizio al guéridonfigure professionali per l’accoglienza. Con la scusa del servizio all’italiana, si è pensato che tutti siano capaci di fare i camerieri e i chef de rang. “Tanto devono portare solo i piatti”, non corrisponde al vero. Si è persa l’eleganza e la capacità del servizio di sala. Tra le nuove generazioni di camerieri, pochi sanno sporzionare davanti a un cliente.
  • Ritengo che ci siano troppi programmi di cuochi. Un format sugli di addetti di sala, sottoposti quotidianamente agli umori dei clienti, potrebbe essere utile per capire alcuni reali bisogni degli stessi. Non posso essere che d’accordo con lui. Proprio per questo motivo, circa un anno fa, ho cercato di sottolineare la stessa cosa facendo un’intervista a Lukasz Komperda, un giovane e brillante cameriere.
  • I piatti di oggi sono legati troppo all’estetica e meno alle proporzioni. A volte sono persino paragonabili a menù degustativi. La proporzionalità del piatto, in generale, deve essere adeguata alle basi insegnate nelle scuole secondo le tabelle ufficiali.
  • Quando dico che nella ristorazione bisogna tornare indietro negli anni, mi riferisco anche al servizio al guéridon. Per i non addetti significa impiattare in sala direttamente dal cameriere, come si usava fare un tempo. L’effetto scenico è sempre molto gradito.

Cascina MalingambaRiprendo la parola per un apprezzamento, precisando che, come Massimo ben sa, non ho alcuna remora a fare critiche costruttive anche agli amici ristoratori più cari. Fatta questa premessa, ho molto gradito che, oltre alla carta dell’acqua, della birra e del vino, alla Cascina Malingamba sia possibile scegliere, e volendo anche acquistare, ciò che si desidera bere direttamente nella cantina del ristorante. Una ‘carta visiva’ che fa brillare gli occhi a chi come me, ama osservare e leggere le etichette dei vini.

Alla fine della serata, Massimo, salutandomi, mi ha rivelato un sogno che fra non molto realizzerà: un’Accademia di cucina. Studio e pratica con vitto e alloggio. Un approfondimento pratico per gli studenti della scuola alberghiera. Ne vedremo delle belle, anzi, ne assaggeremo delle buone!

Cascina Malingamba www.cascinamalingamba.com

Via per Lainate, 33 Origgio (VA) Tel. 02 94383789




Lo sapevate che il vino si mette anche nel brodo…

Ebbene si! Me lo ha insegnato mio nonno Giuseppe, un mantovano Doc!

Di lui, oltre alle mitiche carte da gioco che mi ha regalato da bambina, mi rimangono alcuni insegnamenti, come l’abitudine di usare il cucchiaio per arrotolare le tagliatelle, o quella di mettere un pizzico di sale sul melone per renderlo più dolce, o infine, quella di mettere un po’ di vino nel brodo.

Ricordo tanti anni fa, quando, una mattina alzandomi per fare colazione, l’ho visto per la prima volta bere del brodo in cui aveva messo un goccio di vino. Figuratevi la mia faccia…: “Nonno, ma che fai?! Metti il vino nel brodo, e per giunta lo bevi a colazione?!  

Molti sapranno che questa usanza è praticata in alcune province della Lombardia, Emilia e Piemonte. Aggiungere del vino al brodo, intendo quello buono, quello fatto non sicuramente con il dado, per i mantovani e non solo è una vera e propria tradizione! 😉

Detto questo, partendo dal presupposto che il brodo debba essere buono, direi di seguire la ricetta che ci consiglia un caro amico, lo Chef Massimo Dellavedova.

Il Brodo di carne di Massimo Dellavedova

Ingredienti:

  • 1 kg di bovino adulto (reale, punta di petto, polpa di spalla, scamone)
  • 500 gr. cappone (va bene anche il pollo)
  • 1 cipolla grossa
  • 2 gambi di sedano
  • 1 carota media
  • 2 chiodi di garofano
  • 3 foglie di alloro
  • 4 grani di pepe nero
  • Poco sale grosso
  • 4,5 l. di acqua

Preparazione:

  • Mondare verdure e cappone (pollo)
  • Steccare la cipolla con i chiodi di garofano
  • Mettere tutto in una capiente pentola
  • Fate sobbollire per almeno 3 ore schiumando con il mestolo forato ogni volta che si forma la schiuma. Raccomando di non fare bollire.
  • A cottura finita, filtrarlo, aggiustarlo di sale e raffreddarlo. Una volta freddo sgrassarlo. Questa operazione risulta semplice perché la parte grassa si è solidificata in superfice.

In questo modo si otterranno tre litri di brodo.




Io e Massimo Dellavedova… lo “chef in love”!

In love direte… ma “in love” di chi? Ma di me ovvio! Tranquillo Massimo vedo già che sgrani gli occhi… o noo?! Bè, a parte gli scherzi vi voglio presentare Massimo Dellavedova, il mio caro amico chef… e uomo che adoro!

Lo conobbi ormai tempo indietro tramite Antonella Varese, altra chef protagonista di una mia storia. Lui mi dice spesso che Antonella è la sua versione al femminile, mentre io vi posso solo dire, che ho il vanto di annoverarli entrambi tra la mia cerchia di amici. E non ci accomuna certo l’arte del cucinare… Vedo già la faccia “alienata” di mio figlio Andrea, che mi dice che spesso amici notando il mio interesse in questo mondo pensano a quanto lui sia fortunato e gli dicono: “Chissà che manicaretti mangi a casa tua! E lui: “Ehh…!” Devo confessare che amo molto la buona cucina, ma quanto a cucinare passiamo oltre che è meglio. E… va bè! Mica posso essere brava in tutto!

Ops… mi son persa… Cosa dicevo?! Ah sì, che adoro Massimo, e come non potrei. Uomo sensibile e appassionato, ma un po’ pazzerello come me. Con lui la mia chiave ironica emerge al massimo e quando ci si trova, mi diverto troppo a prenderlo un po’ in giro, e il tempo scorre a suon di risate. Quando poi mi racconta certi aneddoti, “tipo una sua ospite che gli chiese del pesce, ma che non sapesse troppo di pesce…” dico che non ci resta che ridere! Massimo in un evento gastronomico ha avuto l’ardire di creare dei finger in palline di plastica che venivano erogate da un distributore. Per i non espertissimi come me, il finger food è cibo mangiato con le mani. Pensate che divertente e originale servirsi da se estraendolo da palline come quando da bambini le estraevamo bramosi di scoprire la sorpresa! Bè Massimo è così, ama giocare sulla fantasia della gente… Non per niente è uno “chef smile!”

Ma come dico sempre, io punto sulla semplicità… e infatti un giorno trovandomi ad ascoltare i discorsi di alta cucina tra lui e un altro suo grande collega stellato, non riuscii a trattenermi. Pensate che dibattevano sull’uso di foglie dal sapore di ostrica, la foglia Oyster Leaves nota anche come ostrica vegetariana. Be’ intervenni così: “Ma scusate dissi, ma utilizzare direttamente delle ostriche… noo?!” Mi guardarono quasi risentiti della mia mancanza d’apprezzamento per la loro ricerca, che definirei a volte morbosa! Ormai si vedono piatti talmente elaborati che spesso la genuina cucina casalinga è oggetto di desiderio! Ultimamente mi è capitato di trovarmi davanti a presentazioni quasi maniacali. Bellissime certo, ma a volte più adatte a set fotografici per libri di cucina! E’ vero però che la creatività fa parte della loro professione… E quindi dico che forse rivisitare i piatti classici della nostra tradizione, è quello che si aspettano persone come me, che amano approcciarsi ad una cucina semplice e di qualità.

Una volta chiesi a Massimo: “Cosa prepareresti per me se ti chiedessi un antipasto fresco per l’estate?”  Lui accettò la sfida e mi propose: “Grissini all’amaretto avvolti in prosciutto di San Daniele a bassa salinità con tempesta di melone bicolore alla menta, accompagnati da finger food di coulisse di melone cantalupo, e melone giallo con prosciutto disidratato. Il tutto accompagnato da un Donna Fugata e un Torbato”. Wow dissi!
Lui non si ritiene un grande esperto di vini… Quando una volta gli chiesi cosa prediligesse mi rispose : “Sai ce ne sono diversi, dipende dal luogo e dal mio stato d’animo… la scelta del vino per me segue l’umore”. Avete mai pensato a questa cosa? Lui, un inguaribile romantico dolce e passionale come me. Il suo sogno è realizzare il locale in cui investire i suoi progetti, la sua esperienza e la sua grande creatività. E come dico io, bisogna lasciare sempre le porte aperte alle speranze, perché le persone piene di risorse vanno sostenute e incoraggiate… sono il futuro e la forza motrice di questo nostro bel paese!

Come dice un mio collega: “La terra non è ancora pronta per gli extra terrestri” e io aggiungo… “come le donne per i romantici”. Massimo Dellavedova

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