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“Due chiacchiere con… Fausto Borella, il Maestrod’olio!”

Fausto Borella, Maestrod’olio ed esperto di enogastronomia

Giorni fa, durante una delle mie lunghe chiacchierate con l’amico Tommaso Ponzanelli, si argomentava di oli d’oliva e di olivicoltori… Gli raccontavo di aver letto su una copia di Ex Vinis del 2002 di Luigi Veronelli, un vero e proprio Manifesto sull’olio d’oliva. Tommaso è una grande fonte di ricordi… Amo molto ascoltare i suoi aneddoti dei bei tempi passati…

Detto questo mi direte… “E quindi… ?”  E quindi vi dico che proprio in quel momento Tommaso esordì dicendomi: “Devi assolutamente conoscere Fausto Borella!” Detto, fatto! Si, perché dopo uno scambio di opinioni con Fausto, ho deciso che era la persona giusta per qualche approfondimento in più… ovviamente, approfondimenti olistici!  😉

Ma non perdiamo tempo… Pronti… via! 😉

  • Fausto, leggo che vieni definito Maestrod’olio. Leggo anche che hai frequentato la facoltà di Giurisprudenza. Mi vuoi raccontare come hai dato questa svolta alla tua vita?

Sentivo che non avrei mai potuto rivestire la toga forense indossata da mio padre per oltre 50 anni. Avevo bisogno di muovermi, di conoscere le persone, in una espressione, Vivere la mia terra.

  • Nel 2001 hai avuto la fortuna di conoscere Luigi Veronelli. Mi regali un ricordo dell’esperienza di quegli anni?

Fu grazie alla presentazione fatta da Leone Ramacciotti, a quel tempo delegato dell’AIS Versilia. Eravamo al Premio Versilia e mi presentò a Gino Veronelli elogiando le mie doti di appassionato sommelier e promettente scrittore di enogastronomia. Per due anni ho girato l’intera Italia al fianco del Maestro vivendo un’esperienza indimenticabile.

  • La cultura dell’olio d’oliva in Italia è ancora scarsa. Molto se ne dice, e molto se ne fa, ma non ancora abbastanza. La scelta del consumatore davanti allo scaffale non è facile. L’olio d’oliva della grande distribuzione è chiamato con il nome del produttore e non con la provenienza territoriale. La mancanza a chiare lettere del territorio d’origine sull’etichetta non aiuta a capirne le caratteristiche, e non aiuta il consumatore nella scelta. Cosa ne pensi?

È talmente scarsa che ad oggi non si è capita la reale differenza tra olio di oliva e olio extravergine di oliva. L’olio di oliva è una miscela di oli raffinati e una percentuale di olio extravergine ancora indefinita. Per essere extravergine, invece, vanno seguiti dei paragrafi chimici e analitici che portano al risultato di avere un olio da 2 euro oppure da 30 euro. Il mio compito, visti l’enorme divario qualitativo tra le due fasce di prezzo e l’attuale e ancora inspiegabile ignoranza su questo, è quello di comunicare – attraverso corsi, eventi e manifestazioni in Italia e all’Estero – la reale cultura dell’olio extravergine italiano di qualità.

  • Quali consigli ti senti di dare al consumatore per indirizzarlo verso una scelta consapevole di un olio d’oliva di qualità?

Se sei al supermercato cercare una delle 44 DOP italiane che abbia un costo di circa 6-8€ per 50 cl., altrimenti cercare quell’etichetta che parla in maniera più trasparente e corretta possibile al consumatore: annata di produzione, varietà delle olive, tabella nutrizionale, non tanto con acidità o grassi saturi che lasciano il tempo che trovano, ma con l’inserimento dei tocoferoli (Vitamina E) e dei polifenoli totali che rendono unici gli oli del territorio.

  • Quanto è importante il “colore dell’olio” e da che cosa possiamo capire che “un olio è difettoso”?

Il colore dell’olio non è assolutamente importante, è arrivato il momento di sfatare molti luoghi comuni. Il colore ci può aiutare, in qualche caso, a comprendere come sarà l’odore, vedendo mucillagini, sedimenti che porteranno per esempio al difetto di morchia. L’olio difettoso si riconosce dopo pochi assaggi e degustazioni di campioni difettosi fatti attraverso i corsi.

  • Cito un’affermazione ascoltata in un tuo intervento che condivido pienamente: “La filiera dell’olio del contadino gli costa almeno dieci euro al litro. Un olio d’oliva che costa tre euro non è un olio extra vergine d’oliva, ma solo una bugia per il consumatore”.  A questo punto ti chiedo: Ma un olio con questo costo com’è ottenuto?

Attraverso navigazioni di navi di olio nei migliori porti italiani. Oppure attraverso una incontrollata tratta dell’olio non certificato del Sud che invade le regioni italiane fino alle Alpi.

  • Spesso nel condimento, si abbonda con l’olio d’oliva in modo errato. A quanto corrisponde un uso consapevole mensile per una famiglia media?

Come disse il Presidente del Consorzio IGP Toscano, l’uso quotidiano di olio extravergine a persona incide per il costo di 2 sms al giorno. Allora ce lo possiamo permettere un olio extravergine di qualità oppure no?

  • Veronelli scriveva: “L’olio come il vino, l’olivo come la vite”. Condivido pienamente il pensiero, e, conseguentemente a ciò, vorrei che, quando sono in un ristorante, non mi venga presentato solo il vino, ma anche l’olio che mi viene servito. Chiedere che il personale addetto alla sala venga formato in tal senso è un’utopia o una speranza?

È una speranza. Considerando, però, che da 11 anni organizzo corsi, prima grazie all’Associazione Italiana Sommelier dell’Olio di Franco Ricci, e in seguito con la mia Accademia Maestrod’olio. Alle mie lezioni ho sempre avuto una percentuale bassissima di ristoratori, camerieri, maître e addetti ai lavori che sarebbero in assoluto i veri ambasciatori di questo messaggio.

  • Sei un esperto di aceto.  E’ ormai consuetudine trovare sui banchi dei supermercati aceti balsamici da pochi euro. Cosa ne pensi e cosa consigli al consumatore?

Non sono propriamente esperto di aceto. Conosco la materia perché mi affascina. Il discorso è simile all’olio. Esiste un disciplinare molto rigido e ben strutturato che i produttori devono seguire per ottenere la DOP Aceto Balsamico Tradizionale di Modena o Reggio Emilia. Il prodotto confezionato in bottigliette da 10 cl può arrivare a costare anche 100 €. Per quanto riguarda l’aceto balsamico da usare tutti i giorni, l’unico riferimento qualitativo è il prezzo. Se costa meno di 10 – 15 € per bottiglie da 25 cl. vuol dire che all’interno è aggiunto caramello al 2% e non è invecchiato in caratelli.

Fausto, ci vediamo a breve ad Olio Officina Food Festival. Mi prometti che mi guiderai in una degustazione d’olio, vero?     

Sarà un piacere…

Quello che fece mio padre fu molto più di una semplice stretta di mano; capì che non sarei mai stato portato per studiare tutta la vita regole e norme che non mi appartenevano. Avevo bisogno di staccarmi da una scrivania e viaggiare, conoscere, assaporare ed emozionarmi. In una parola vivere la mia terra…

Fausto Borella

 




Rileggendo… “L’olio secondo Veronelli”

Strane coincidenze accadono nella mia vita… Direte: “In che senso?” Mah, a dire il vero non lo so neanch’io, ma è vero che l’anno scorso ho conosciuto Luigi Caricato, che poco dopo gli ho fatto un’intervista e… e poi lui mi ha invitato a dire la mia sull’olio d’oliva guardandolo dal punto di vista del consumatore nella nuova edizione del Festival Olio Officina 2013, e poi…

E poi… leggendo una copia di “Ex Vinis” di Luigi Veronelli del 2002 regalatami da Gianni Vittorio Capovilla, ho trovato un articolo, o meglio un suo Manifesto sull’olio d’oliva. Detto questo, dopo aver strabiliato gli occhi mi son detta:  “Va che coincidenza, trovo questo pezzo di storia proprio in questo periodo che mi sto documentando…”

Luigi Caricato mi ha raccontato che lui stesso ha curato dal 1998 al 2001 sul bimestrale “Ex Vinis” una rubrica sull’olio all’epoca del tutto nuova, che poi diventò una vera guida alle produzioni d’olio d’eccellenza.

Veronelli voleva creare un documento con le linee guida rivolte agli olivicoltori italiani uniti dalla volontà di una produzione olearia basata su un olio estratto per cultivar, e dalla sola polpa delle olive.

L’articolo iniziava motivando l’accettazione della proposta tesa all’elaborazione di un progetto di controllo qualitativo di quello che, secondo lui e altre persone con cui collaborava, definiva “l’olio secondo Veronelli”.

Lui voleva dare ai contadini, citando le sue stesse parole, “la possibilità di essere protagonisti, di avere dalla terra che lavorano – dura tutto l’anno, tanta pena d’inverno, d’estate, tanti sudori, tanti caldi, tanti freddi; faticante sinonimo di contadino; la fatica è la sua misura quotidiana – il benessere”.

10 Aprile 2001

“Ciascuno avverte. E’ in corso un epocale mutamento sociale. Coinvolge appieno l’agricoltura. Il divenire, per molti aspetti rivoluzionarlo, del comparto olio d’oliva è già iniziato. E’ sostenuto dalle persone che hanno lavorato e lavorano per la qualità e l’onestà. Con i vecchi criteri si potrebbe fare al massimo un olio onesto. Con le tecniche mirate alla qualità (e non come succedeva “antan” alla quantità) sarà invece possibile fare oli d’eccellenza. L’olio come il vino. L’olivo come la vite. Dalla raccolta manuale e separata delle cultivar, escludendo il nocciolo prima di una delicata estrazione monocultivar, nasce… Luigi Veronelli”

Un vero e proprio “Manifesto in progress per una nuova cultura dell’olio d’oliva” di tredici pagine, voluto da Luigi Veronelli e realizzato da Olioro in collaborazione con Metapontum Agrobios. Poco tempo dopo si sarebbe occupato di un altro importante progetto, le denominazioni comunali, le De.Co.

Ora il custode della sua memoria storica è Gian Arturo Rota con il quale ha collaborato per quasi vent’anni. Arturo sta mettendo a frutto l’esperienza maturata dandone continuità nel sito “Casa Veronelli”.

Recentemente ha scritto insieme a Nichi Stefi il primo libro a lui dedicato, “La vita è troppo corta per bere vini cattivi“, edito da Giunti e Slow Food Editore.

Sono convinta che scrivere i propri pensieri, il proprio credo, la propria esperienza…  ci regali un pizzico d’immortalità.




“La Storia di Wainer Molteni, la rivoluzione di un clochard…”

Non voltarti questa volta… non far finta che non esisto.

Può succedere all’improvviso, da un giorno all’altro. Può succedere in modo graduale, inesorabile. Fatto sta che ci si può ritrovare senza più nulla, e quando succede, è sempre troppi tardi… Wainer Molteni

Dico spesso che è un attimo cadere… E’ successo a me, come a molti altri. Non dare per scontato ciò che abbiamo sembra li per li solo una bella frase, di significato certo, ma quando succede l’irreparabile, quando la vita ci mette in ginocchio, allora si che ne ponderiamo veramente il senso…

Il fallimento nel proprio percorso di vita è cosa facile. Può avvenire per la perdita del lavoro, per un amore finito, per una malattia… Un momento si è su, ed un attimo dopo si è giù… Ed è proprio li, quando si oltrepassa la soglia, che si guarda la vita con occhi diversi. Se dopo quel momento troviamo la forza di rialzarci, tutto cambia, perché da quel momento, saremo cambiati noi…

Ho conosciuto Wainer qualche sera fa durante una cena dal caro amico e chef Simone Toninato. Era li per la presentazione del suo libro, Io sono Nessuno, la storia di un clochard alla riscossa. Durante la serata oltre a raccontare il suo percorso di vita si è degustato l’olio d’oliva prodotto dalla Fattoria dei Clochard alla Riscossa, la prima fattoria gestita da dodici senzatetto di Milano e Pistoia.

Wainer Molteni è cresciuto con i nonni a Mombello di Limbiate, nella campagna brianzola. Un’infanzia tutto sommato tranquilla, tra la dolcezza di nonna Bambina, e, citando le parole di Wainer, la saggezza contadina di nonno Emilio, tipica di chi conosce il peso delle parole e dei silenzi, e sa come gira la vita.

La passione per la musica lo portò a diventare un dj di successo degli anni ottanta. Veniva chiamato nelle maggiori discoteche di Firenze, Bologna, Roma, Milano, Londra, Parigi. La vita continuava… i nonni uno dopo l’altro se ne andarono. Mantenendosi con la musica si laureò in sociologia portando avanti un’altra sua passione, la criminologia. Capire le menti criminali, gli oscuri meccanismi delle loro azioni lo avevano affascinato sin da bambino.

Fu in quegli anni di corsa tra musica e studio, che Wainer scoprì il piacere del cibo. Una sera dovendo suonare a Milano volle fermarsi a Cesano Maderno. Erano anni che non passava di li… Rivide la Villa Borromeo nella nuova veste, dopo i restauri. Era diventata un hotel con un ristorante annesso, Il Fauno. Fu quella sera a cena che conobbe lo chef Simone Toninato.

Dopo aver superato un bando di concorso ebbe l’opportunità di frequentare un master in criminologia. Passò tre anni nel Centro di addestramento alle scienze forensi dell’FBI di Quantico in Virginia. Li visitò il braccio della morte di Antsville in Texas, e percorse il miglio verde, il corridoio che collega le celle al luogo dell’esecuzione. Li si percepiva la paura e la disperazione…  Finiti i tre anni gli si prospettò la possibilità di tornare in Italia con un’offerta di lavoro che accettò. Avrebbe ricoperto il ruolo di direttore del personale di una catena di supermercati. Tutto andò bene, fino al giorno in cui la società dichiarò bancarotta fraudolenta.

Improvvisamente era senza lavoro, ma era tranquillo, perché avendo un curriculum di tutto rispetto non credeva di aver problemi nella ricerca di una nuova occupazione. Non fu così. I colloqui non andavano a buon fine, dicevano che era troppo qualificato. Il tempo passava e i soldi finirono. Arrivò lo sfratto e in men che non si dica si trovò a conoscere la realtà dell’assistenzialismo. Era diventato un clochard… Seduto su un cartone osservava un mondo di gente invisibile, di persone con le quali i passanti evitavano di incrociare lo sguardo per vergogna, per pena, per indifferenza… Imparò a chiedere l’elemosina, conobbe il freddo, quello più rigido, che addormenta…  Ma trovò anche tanti amici, e tanta solidarietà…

Tante le lotte, le occupazioni, gli arresti… ben quaranta. Fino alla consegna di un piccolo appartamento e l’incarico di consulente dell’amministrazione milanese per il reintegro dei senza fissa dimora. A Milano non mancano le strutture d’accoglienza sia pur con le loro pecche, ma non è quello il problema. La questione importante è che non si parla di recupero, di reinserimento… Come dice Wainer, è fondamentale dare una possibilità a coloro che hanno voglia di riscatto per uscire dalla situazione in cui si trovano. Erano circa 6000 le persone per strada l’anno scorso, oggi sono 13.000… Ci saranno ancora morti per il freddo…

Wainer sta portando avanti tanti progetti…  A Pontremoli avendo avuto un lascito, vorrebbe creare un centro di recupero per chi è affetto da dipendenze. A Zeme Lomellina, vicino a Pavia, disponendo di una vecchia cascina vorrebbe creare un centro dove i pensionati insegnano gli antichi mestieri ai senzacasa. Per non parlare della fattoria già avviata gestita da dodici clochard a Serravalle: settantamila metri di terreno in cui sono coltivate duecentocinquanta piante da frutto, cinquecento ulivi, un allevamento di galline, conigli e una coppia di asini. Quest’anno per la prima volta si è prodotto l’olio d’oliva. Li serve tutto, dal coraggio al sostegno nella formazione agricola ed enogastronomica. Qualsiasi aiuto è benvenuto, affinché questi progetti si concretizzino.

A fine cena ho chiesto a Wainer se credeva nel destino. Per quanto mi riguarda ormai la mia vita e dominata dai venti della conoscenza.  Mi ci cullo, a volte sono buoni, e a volte sono cattivi, io mi limito solo a muovere un po’ il timone mentre guardo l’orizzonte…

Non so se fosse scritto o è stato un caso, fatto sta che è successo. Dario dice che è il karma, che tutto torna. Che puoi fare, disfare, essere ricco, povero, ma ciò che conta è che tu compia il tuo percorso. Che ci sono mille strade, mille incroci.

L’importante è non fermarsi. Il cosa, il perché, vengono dopo…                                                                   

      da “Io sono nessuno” di Wainer Molteni

 

 
 

 

 

 

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