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Poggiorsini, il paese dell’acqua pura e delle orchidee selvagge.

Siamo in provincia di Bari, più precisamente a Poggiorsini. Una piccola e silenziosa cittadina conosciuta per il suo ricco bacino idrogeologico e per la bellezza naturalistica del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Posta su una collina, gode di una posizione strategica anche per la vicinanza a luoghi dall’alto interesse storico e naturalistico come Matera, Altamura, Gravina e Trani. Una località della bella Puglia in passato feudo della famiglia Orsini, da cui prende il nome. Uno dei tanti piccoli borghi storici e paesaggistici che testimoniano la memoria italiana. Luoghi da custodire e riscoprire per non perdere la nostra identità.

Punto forte del paese è il “belvedere” situato in prossimità del piccolo centro storico. Una terrazza panoramica che spazia fino alla Basilicata che mi ha permesso di godere dei bei colori autunnali della terra in tutte le sue sfumature. Un territorio – quello di Poggiorsini e dei comuni circostanti – così suggestivo da trasformarsi in un set cinematografico per il film “L’ultimo Paradiso” con Riccardo Scamarcio, e per le riprese del cortometraggio “Mother” scritto e diretto da Antonio Costa. Ma non solo… a Gravina di Puglia, cittadina archeologica-naturalistica, sono state girate alcune scene di ‘No time to die’, 25esimo film della saga di James Bond.

Un’altra area del territorio molto affascinante è quella del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, 68.000 ettari di vaste aree collinari e pietrose intervallate da boschi di quercia e conifere, e dalla presenza di ben ottanta varietà di orchidee selvagge la cui fioritura migliore si concentra nel mese di aprile. Al suo interno è ben visibile il Castello medievale del Garagnone (1048), una roccaforte inserita in un sistema castellare federiciano, che in quell’epoca collegava le fortificazioni presenti sull’Alta Murgia al fine di segnalare vicendevolmente l’arrivo dei nemici. Un luogo di presidio del territorio dei Cavalieri Ospitalieri, frati guerrieri appartenenti all’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, che sorvegliavano il passaggio delle risorse alimentari e proteggevano i pellegrini diretti in Terra Santa. È consigliabile visitarla con guide esperte vista la mancanza di sentieri tracciati, ma anche e soprattutto per non imbattersi inaspettatamente in branchi di cinghiali. Animali sociali di indole pacifica che diventano aggressivi se si sentono minacciati, o se avvertono un pericolo per i loro cuccioli. Un’emergenza – quella della proliferazione incontrollata dei cinghiali – soggetta da tempo ad azioni di contenimento, ahimè ancora insufficienti, che riguardano molte aree naturalistiche italiane da nord a sud.

Dietro quell’apparente tranquillità che lì per lì ho percepito a Poggiorsini, c’è un pullulare di giovani iniziative imprenditoriali che puntano a favorire percorsi turistici ed enogastronomici. Nuove leve degli anni ‘80-‘90 che, dopo essersi formati, si stanno impegnando ‘insieme’ per uno sviluppo sostenibile che valorizzi le risorse locali. Tra queste ce n’è una in particolare: l’acqua di sorgente. Grazie alle sue proprietà qualitative analizzate e certificate dall’Università di Pisa viene imbottigliata, ma non solo… È in fase di progetto avanzato anche un centro benessere rurale basato sui benefici terapeutici delle acque termali e delle erbe dell’alta Murgia.

Un’acqua di alto livello qualitativo è anche un ingrediente fondamentale per ottenere una buona birra artigianale. Una produzione che riscuote sempre più successo e che ha fatto nascere nella piccola Poggiorsini ben due birrifici artigianali: il Social Brewery Alta Murgia – SBAM,  birrificio sociale che favorisce l’accesso al lavoro delle persone con disabilità, e il Birrificio degli Ostuni, fondato in un vecchio cinema.

Non si può scrivere di una città senza citare la sua cucina. Quella tradizionale murgese è molto ricca e variegata, e si basa sui prodotti spontanei della terra come il fungo Cardoncello, protagonista nelle tavole, ma non prevaricatore nei sapori. Non mancano i meravigliosi prodotti caseari e la tipica pasta fresca lavorata a mano. Con l’avvicinarsi del periodo natalizio però la voglia di assaggiare dolci della tradizione si fa sentire più che mai. A Poggiorsini grazie alle mani esperte di Giusy Cantore, quarta generazione di mastri fornai del Panificio Cantore, ho avuto il piacere di assistere alla preparazione dei Sasanelli, dolci speziati delle Murge a base di mandorle e vincotto inseriti dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT). Ecco come prepararli.

Impastare 500 grammi di farina setacciata con 30 grammi di cacao amaro, 200 millilitri di vincotto di fichi, 10 grammi di ammoniaca per dolci, 250 grammi di mandorle di Toritto tostate e tritate (tipiche pugliesi), 125 grammi di zucchero, 100 ml di buon olio extra vergine di oliva, un limone grattugiato, cannella e chiodi di garofano in polvere. Una volta ottenuto un composto omogeneo porre delle cucchiaiate su una teglia imburrata e infarinata, e infornare per 15 minuti a 160 gradi.

Un’idea golosa per un Buon Natale della tradizione.

 




Visitare il Salento è come quando t’innamori… il cuore ti batte più forte.

Anni fa ho scoperto il Salento… dico scoperto perché non immaginavo così tanta bellezza d’arte, di storia, di mare, di vegetazione, di sapori antichi concentrati in un lembo di terra. Ricordo i sospiri alle viste del mare, le passeggiate tra gli ulivi centenari, i sapori intensi e pieni di calore… cose semplici che ti fanno amare la vita. E’ iniziato così il mio amore per il Salento, è stato come  quando t’innamori, e il cuore batte più forte…

Avete mai visto la grotta della poesia? E’ a Roca vecchia, a 20 km da Otranto; tra l’altro si trova in un sito archeologico. Andavo li la mattina presto, per godere dell’intimità del luogo quando tutti ancora dormivano. Mi sedevo su una roccia e con lo sguardo rivolto al mare viaggiavo con la mente… è modo con cui  l’anima  fa l’amore con la terra.

Grotta della poesia

Grotta della poesia

Questo fiore nella sabbia  che ho fotografato a Gallipoli è una delle 1390 specie diverse di piante da fiori del Salento.

Fiore del Salento

Fiore del Salento

Ecco la famosa Basilica di Santa Croce, nel centro storico di Lecce. Anno 1353, lo stile quello del barocco Leccese. A Lecce, oltre il mare, dovunque si vede la pietra tipica della zona chiamata “leccisu”. Le cave da cui si estrae si trovano nella parte meridionale della penisola salentina, sul versante adriatico. Con questa pietra sono state fatte facciate di chiese, cupole, pavimenti e molto altro.

Lecce

Basilica di Santa Croce di Lecce

La bellissima Cattedrale di Otranto si trova sul punto più alto della città. L’inizio della sua costruzione risale all’anno 1080. Ciò che la rende speciale è il magnifico mosaico pavimentale eseguito dal monaco Pantaleone, preside della facoltà di pittura dell’Università di Casole.

Cattedrale di Otranto

Cattedrale di Otranto

Ecco l’ingresso della Grotta Zinzulusa, a Castro, in provincia di Lecce. Il suo nome deriva da “zinzuli” che in dialetto Salentino significa “stracci appesi”. Gli è stato attribuito per le formazioni calcaree che pendono dal soffitto come stracci appesi.

Grotta Zinzulusa

Grotta Zinzulusa

Questo è il faro di Santa Maria di Leuca messo in funzione nel 1866. Si può salire fino al terrazzo con una scala a chiocciola facendo ben 254 gradini. Santa Maria di Leuca, centro balneare famoso per le sue grotte, si trova nell’insenatura tra Punta Ristola e Punta Meliso. Molti pensano che sia qui che il Mare Adriatico e il Mar  Jonio si incontrino. La verità è che questo abbraccio avviene a Punta Palascia, nelle vicinanze di Otranto.

Faro di Santa Maria di Leuca

Faro di Santa Maria di Leuca

Non basta una, due, tre volte per vedere tutte le bellezze del Salento… terra da vivere  e da rivivere.

 

 




A proposito di verdure di stagione, la conoscete la Spingitora?

La Spingitora è un’antica tradizione in uso in Puglia. In pratica durante il pasto, senza doverlo chiedere, viene portato a tavola un piatto misto di verdure di stagione. Verdure fresche non condite che, come dice la parola, ‘spingono’ a mangiare ancora.

La storia sembra far risalire questa consuetudine agli Spagnoli, che, a loro volta, l’hanno ereditata dai paesi Arabi. A parte le origini, amando molto le verdure, io trovo che questa tradizione vada diffusa e condivisa.

La cosa importante, nella scelta delle materie prime, è la stagionalità e la provenienza.  E’ consigliabile quindi fare attenzione negli acquisti, per salvaguardare la nostra salute e per aiutare l’agricoltura italiana.

Ma perché si raccomanda di mangiare più verdure?

Facciamo un breve ripasso.

  • Sono un’ottima fonte di vitamine, sali minerali e antiossidanti.
  • Nei mesi caldi, con la perdita di liquidi, ci aiutano a idratarci.
  • Sono una buona fonte di carotenoidi: pigmenti vegetali con proprietà antiossidanti. Quest’ultimi, neutralizzando i radicali liberi prodotti in eccesso dall’organismo, evitano che queste molecole danneggino le membrane delle cellule sane e il loro DNA.
  • Numerosi studi hanno confermato che un’alimentazione ricca di verdure è indice di buona salute. Nelle popolazioni che ne fanno abbondante consumo l’incidenza di malattie tumorali è nettamente inferiore.
  • Meglio crude o cotte? E’ una questione di gusto. Comunque sia, mangiandole crude si evita di perdere delle vitamine.

Concludo con un ultimo consiglio. Le verdure crude vanno a braccetto volentieri con il Pinzimonio: una miscela ottenuta amalgamando buon olio extravergine di oliva, sale, pepe, buon aceto o eventualmente del limone.

Un piatto fresco e leggero perfetto in ogni stagione, che consiglio ai miei amici ristoratori di portare sempre a tavola!

Calendario delle Verdure

Fonte: ‘Cibi che fanno bene, cibi che fanno male’  – Tom Sanders docente di nutrizione e dietetica King’s College University of London




“La disperazione degli uomini del sud fa fare miracoli”. Vi presento Peppino Montanaro.

Da qualche anno il destino mi porta spesso a Taranto, una città che conoscevo come molti, soprattutto per le note vicende legate all’inquinamento. Perché mai interessarmi e scrivere di una terra che alcuni hanno definito non mia? La risposta è semplice: perché sono italiana, e come tale ci credo. Ho la fortuna di vivere in uno dei paesi tra i più belli al mondo. Una nazione con un ricco patrimonio culturale, enogastronomico, e con un territorio che vanta la maggiore biodiversità tra i paesi del vecchio continente.

Un’estensione costiera di oltre 7.000 km. Una superficie forestale di oltre 10 milioni di ettari con 12 milioni di alberi, un terzo della superficie territoriale. Grazie alla varietà degli habitat e dell’aree climatiche abbiamo oltre 55.600 specie animali. Siamo una nazione con 17 milioni di ettari dedicati all’agricoltura, un settore che genera prodotti di qualità a garanzia del Made in Italy. (Fonte Corpo Forestale dello Stato – dati 2014). Investire sulla pesca, sull’agricoltura e sul turismo, è l’unica strada possibile.

La mia chiacchierata con Peppino MontanaroSono queste le riflessioni che ho fatto con Giuseppe Montanaro durante il nostro incontro. Lui, dopo avermi ascoltata, da persona attenta qual è, mi ha risposto: “Sai Cinzia, la disperazione degli uomini del sud fa fare miracoli“.

Forse abbiamo bisogno di miracoli, o forse, soprattutto, abbiamo bisogno di persone che credono nel territorio e in cui poter tornare a credere. L’Italia, che lo si voglia o no, è fatta dagli italiani, i giocatori siamo noi, la partita è aperta. La cosa importante è che le istituzioni ci mettano in condizione di gareggiare, e di tornare ad essere vincenti.

Giuseppe Montanaro, Peppino, è nato a Massafra l’11 novembre del 1940. Un lavoratore e un imprenditore dalla creatività spiccata. Un uomo attento all’ambiente che ha deciso di investire con la sua società Kikau Turismo e Cultura S.p.A. (Kikau, la prima parola detta dal figlio Filippo) nell’agricoltura e nel turismo. Un impegno concreto visibile nel recupero di complessi architettonici rurali del luogo, quali la Masseria Accetta Grande, il Villino Canonico Maglio,  la Masseria L’Amastuola, e il Villino Santa Croce.

Con i centosessanta ettari di terra di Amastuola ha trasformato a Crispiano, nel Parco regionale ‘Terra delle Gravine’ in provincia di Taranto, un terreno agricolo non più produttivo in un vigneto-giardino. Onde di filari di viti parallele intervallate in ventiquattro isole da ben millecinquecento ulivi secolari.

Un progetto firmato dall’artista e paesaggista Fernando Caruncho, in un’area di ricerca e di interesse storico archeologico posta sotto il controllo della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Puglia, supportata dal Centro di archeologia della VU-Università di Amsterdam. Queste ricerche hanno portato alla pubblicazione del libro a cura di Gert Jan Paul Crielaard ‘Greci e indigeni a L’Amastuola’. La Regione Puglia, nel 2010, ha premiato la realizzazione di questo progetto definendolo “Buona Pratica di Tutela e Valorizzazione del paesaggio agrario, anche a fini turistici”.

Vi chiederete come sono arrivata a lui. La risposta è semplice, chi mi ha accompagnato conosce me e il tipo di persone che amo incontrare, e con le quali confrontarmi. Peppino Montanaro, con il suo vissuto e la sua esperienza, conferma il mio credo per la buona riuscita dei progetti.

La famiglia prima di tutto. La moglie Rosaria e i figli Ilaria, Donato e Filippo, con i rispettivi coniugi Giuseppe, Anna e Raffaella sono stati e sono la vera spinta che gli ha permesso di andare avanti. E’ da li che nasce la forza per superare i momenti difficili. La famiglia, per chi ha la fortuna di averla, da senso al proprio lavoro permettendo di costruire e offrendo un ‘nido’ nei momenti bui.

Creatività, inventiva e tenacia. Prima di incontrarlo, ho ascoltato a lungo suo genero Giuseppe mentre mi parlava di un uomo del sud che, Con Giuseppe Sportelli, genero di Peppino e parta attiva della Societàiniziando la propria attività nel 1984 con la Kikau serramenti in alluminio, a distanza di undici anni ha trasformato l’azienda in una Società per Azioni con investimenti in settori mirati sul territorio. Alcuni progetti si sono realizzati, come per la Cantina Amastuola, e alcuni sono in corso dopo l’acquisizione di Masserie in fase di recupero. In programma accoglienza turistica, promozione del territorio, produzioni editoriali, sviluppo di attività rivolte alla vendita di prodotti artigianali e agroalimentari.

Le aziende sono fatte dalle persone. Elemento fondamentale per la crescita di un’azienda è costituito dalla qualità dei rapporti instaurati con i propri collaboratori. Con Peppino si è parlato anche di questo. Molto più che dipendenti, persone con cui lavorare insieme facendo squadra per il buon conseguimento dei risultati. Da soli non si va da nessuna parte, insieme si costruisce.

Innovazione e rispetto per l’ambiente. Adottare pratiche sostenibili a tutela di sé stessi e del territorio è prioritario. La tecnologia e la ricerca sono fondamentali per la qualità, a patto che vengano rispettate le caratteristiche naturali dei prodotti. Questa è la politica di Amastuola. Ne è esempio l’uso della camera a pressione di Scholander che, a vantaggio dell’uva, interviene con l’irrigazione solo al bisogno e nel contempo evita gli sprechi. Seguendo sempre questa linea di pensiero, viene usata una bottiglia leggera in vetro riciclato, e un tappo a vite realizzato in alluminio, materiale riciclabile al 100%, con una speciale membrana all’interno che garantisce la corretta micro-ossigenazione del vino accertata dal Dipartimento di Scienze degli Alimenti di Udine.

Il senso di appartenenza. Credere nel territorio e riconoscersi parte di esso è fondamentale per trasmetterlo a chi lo visita. Se io credo sinceramente in qualcosa riesco a trasmettere la mia passione condividendo l’entusiasmo. Io quel giorno l’ho sentito.

A conclusione della nostra chiacchierata, prima di salutarci, ho fatto una richiesta a Peppino: gli ho chiesto di esporre la bandiera italiana nell’azienda in bella vista. Questo per me, che credo nelle persone che lavorano insieme per un vero cambiamento, sarebbe un importante segno di appartenenza. All’estero è una consuetudine, in Italia lo è solo in occasione di eventi sportivi. So bene che molti non si sentono rappresentati perché in essa vedono lo stato istituzionale. Questione di punti di vista. Per me il tricolore rappresenta la terra e la gente italiana che lavora. Non so se Peppino mi accontenterà, per certo mi ha promesso che ci penserà seriamente.

Ho scritto di questo mio incontro, come faccio abitualmente, per come l’ho vissuto conoscendo il territorio e le persone. Con Peppino mi sono sentita particolarmente vicina per la condivisione dei pensieri e dello stile di vita. Oggi mi sento più vicina a lui e alla sua famiglia. Da pochi giorni, dopo una lunga malattia, la moglie Rosaria li ha lasciati. Lei fa parte dei suoi progetti, e per questo continuerà a vivere in quelle terre.

www.amastuola.it –  www.turismoecultura.it

Video a cura di Sabrina Merolla, produttrice e conduttrice di BUON VENTO




Il richiamo del mio spirito meridionale

Amo ascoltare la natura, forse è per questo che il mio spirito meridionale si fa sentire più al sud, dove percepisco intensamente i suoi richiami. Avevo diciannove anni quando me ne sono resa conto, quando ho conosciuto la Puglia, un amore a prima vista.

Una regione con uno sviluppo costiero di 800 km, il più lungo e variegato d’Italia. Lunghe spiagge alternate da falesie rocciose, calette, pinete e boschi di ginepro. Sono presenti due Parchi Nazionali: quello del Gargano e quello dell’Alta Murgia. Tre Aree Marine Protette: Torre Guaceto, le Isole Tremiti e Porto Cesareo. Sedici Riserve Naturali dello Stato e diciotto aree protette regionali. Una biodiversità da conservare e tutelare.

Torre Santa Sabina

Torre Santa Sabina

E’ in questa terra che ho passato le mie ultime vacanze, tra Taranto Bari e Brindisi.

La mia è una vita intensa, passata tra natura conoscenza e scoperta.  La verità è che quando amiamo ciò che facciamo, non si distingue più il tempo passato tra vacanza e lavoro, perché una cosa non esclude l’altra.

Torre Santa Sabina

Torre Santa Sabina

In questi giorni ho rivisto vecchi amici, e ne ho incontrato di nuovi. Molte le emozioni, come il giorno in cui, nel mare di Taranto, durante un giro in barca un’improvvisa burrasca mi ha fatto capire quanto possa essere forte e impetuoso il mare.

In quegli attimi ho visto la paura, ma anche il coraggio di una donna, Aurora, che mi ha fatto conoscere oltre al suo lato sensibile e delicato, quello deciso e determinato di una donna che sa reagire alle difficoltà.

Molo Sant'Eligio (Marina Taranto)

Mare in burrasca – Molo Sant’Eligio (Marina Taranto)

Passata la burrasca non mi sono fatta mancare delle friselle all’acqua di mare preparate come una volta facevano i pescatori salentini.

Friselle all'acqua di mare

Friselle all’acqua di mare

Insieme a Caterina, una donna che ho conosciuto casualmente passeggiando lungo la spiaggia di Torre Santa Sabina, ho visitato  località che da tempo desideravo vedere. Dopo aver parlato a lungo, incoraggiandomi a scendere tra gli scogli per fare un bagno, un’unica raccomandazione: “Cinzia, vivi questo luogo con lo spirito meridionale.

Il nostro tour è iniziato a Polignano a Mare, un paese suggestivo che sorge su uno sperone roccioso a strapiombo sul mare. Molti lo ricordano per aver dato i natali a Domenico Modugno, io lo ricorderò soprattutto per la poesia dei suoi paesaggi.

Polignano a Mare

Polignano a Mare

Uno scorcio di Polignano a Mare

Uno scorcio di Polignano a Mare

La Scogliera di Polignano a Mare

La Scogliera di Polignano a Mare

Mentre viaggio mi piace condividere in rete foto e pensieri. E’ così che le persone che mi seguono nei miei itinerari, oltre a trasmettermi il calore e la nostalgia dei paesi che per necessità hanno dovuto lasciare, mi consigliano e mi indirizzano. Un modo più intenso di vivere il viaggio.

Grazie alle indicazioni di Emanuela a commento di una foto, a Polignano ho assaggiato per la prima volta la granita con panna e caffè del ‘Supermago del Gelo’, una gelateria storica fondata da Giuseppe Campanella nel 1935.

Granita panna e caffè dal Supermago del Gelo

Granita panna e caffè dal Supermago del Gelo

La tappa successiva è stata a San Michele Salentino, in provincia di Brindisi. Un paese dove i ragazzi sfogano la loro voglia di poesia con veri ‘attacchi poetici’ scritti sui muri.

Attacchi poetici a San Michele Salentino

Attacco poetico a San Michele Salentino

Attacco poetico

Attacco poetico a San Michele Salentino

Attacco poetico

Attacco poetico a San Michele Salentino

Dopo la poesia la storia. A Brindisi, come in tutte le cittadine della Puglia, ce n’è molta. Qui ho visitato il Duomo e le Colonne, alte ben 19,20 metri, simbolo della città e fine della via Appia.

Il Duomo e le Colonne di Brindisi

Il Duomo di Brindisi e le Colonne simbolo della città

Questa è la Terra delle Gravine. L’amica Rosana Tinella mi ha fatto conoscere quella di Mottola. Una gravina composta da una serie di grotte scavate nella roccia, che ospita ben tre chiese rupestri ricche di graffiti di epoca alto medievale.

Gravina di Mottola

Gravina di Mottola

Tra una visita e l’altra non mi sono fatta mancare un piatto di strascinati e orecchiette maritate al sugo di pomodoro fresco con cacio ricotta, accompagnate dalle tradizionali fette di cocomero. Caterina mi ha spiegato che questo mix di pasta di formato diverso è preparato insieme di proposito per un miglior esito del piatto.

Strascinati e orecchiette maritate con sugo di pomodoro fresco e cocomero

Strascinati e orecchiette maritate con sugo di pomodoro fresco e cocomero

Non poteva mancare una serata dedicata alla Pizzica. Una danza tipica salentina molto antica che si rifà ai movimenti che davano sollievo alle donne pizzicate dalla taranta, termine salentino per indicare la tarantola.

La Pizzica

La Pizzica

Ci sono spettacoli che la natura ci offre e che non si può perdere…

Il sorgere del sole a Torre Santa Sabina

L’alba a Torre Santa Sabina

Tramonto a Specchiolla

Il tramonto a Specchiolla

Nubi

Le nuvole tinte di rosa a Torre Guaceto

La luna a Carovigno

La luna dai riflessi d’argento a Carovigno

Se chiudo gli occhi la mente e il pensiero va a quella terra. Mi mancano i suoi trulli e le sue case bianche, il suo mare, gli scogli e le coste selvagge. Mi mancano le distese di ulivi, la terra rossa, il frinire dei grilli e delle cicale. Mi manca il profumo dei fichi arsi dal sole, i fiori dai colori brillanti, i muretti a secco e il rumore del vento…

Trullo a San Michele Salentino

Trullo a San Michele Salentino

Specchiolla

Specchiolla, Carovigno

Uliveto a Carovigno

Uliveto a Carovigno

Fiori di Brindisi

Fiori di Brindisi

Fiore di cappero

Fiore di cappero

Corallo presso il Molo Sant'Eligio a Taranto.

Corallo presso il Molo Sant’Eligio a Taranto. Effetti del cambio delle temperature che fanno riflettere…

Fiori di Brindisi

Fiori di Brindisi

Fiori di Brindisi

Fiori di Brindisi

La pianta delle farfalle

La pianta delle farfalle

Muretti a secco

Muretti a secco




Laterza, la terra delle Gravine, del Pane e degli Ulivi

La Gravina di Laterza, un canyon di straordinaria bellezza che poco tempo fa, durante la visita dell’Azienda Agricola Campanello dell’amico Paolo Barberio, ho avuto il piacere di visitare.  Una profonda incisione erosiva in provincia di Taranto che si sviluppa su una lunghezza di 12 km, con una profondità di circa 200 metri, e una larghezza media di 400.

Un luogo che mi ha lasciato senza fiato, e che ho vissuto seduta a terra ascoltando il vento con lo sguardo rivolto all’immenso delle sue pareti calcaree. Circondata da una lussureggiante vegetazione mediterranea, ho vissuto quei momenti in profonda meditazione.  Forse perché da qualche anno sto facendo un viaggio accelerato con me stessa. Credo che sia la ricerca di quel silenzio che da pace all’anima, e che si trova solo vivendo a contatto con la natura.

Riporto le parole di Thich Nhat Hanh, monaco e poeta buddhista vietnamita.

Mi piace camminare da solo per i viottoli di campagna, fra piante di riso ed erbe selvatiche, poggiando un piede dopo l’altro con attenzione, consapevole di camminare su questa meravigliosa terra. In quei momenti, l’esistenza è qualcosa di prodigioso e misterioso. Di solito si pensa che sia un miracolo camminare sull’acqua o nell’aria. Io credo invece che il vero miracolo sia poter camminare sulla terra.” 

La Gravina di Laterza

La Gravina di Laterza

Una zona a protezione speciale sito di importanza comunitaria denominata “Area delle Gravine“. L’unico posto in Europa in cui nidifica il Capovaccaio, il più piccolo avvoltoio europeo il cui nome deriva dalla sua propensione a cibarsi dei resti dei bovini. Un rapace presente da Marzo a Settembre dall’apertura alare di circa 170 cm.

Durante il susseguirsi delle stagioni sono molte le specie animali e vegetali che popolano questo territorio selvaggio. Un susseguirsi di colori e profumi che, se ne avete l’occasione, vi consiglio di visitare seguendo i diversi percorsi accessibili ai più.

E’ in questa zona che nasce l’olio extra vergine di oliva di Paolo. Una produzione da agricoltura biologica nel cuore della terra delle Gravine che continua da generazioni.

Un albero di ginepro di cinquecento anni - Azienda Agricola Campanello

Un albero di ginepro di cinquecento anni – Azienda Agricola Campanello

Laterza non è solo conosciuta per le Gravine e per gli ulivi. Il suo pane, prodotto dai panificatori laertini, è rinomato per la qualità che viene garantita e tutelata dal Consorzio omonimo.

Seguendo un antico rituale, viene cotto in forni scaldati con della legna aromatica che gli conferisce caratteristiche singolari.

Una ricetta tramandata di generazione in generazione che ha permesso al comune di Laterza di entrare a far parte dell’associazione Città del Pane.

Pane di Laterza

Pane di Laterza

www.oasilipugravinadilaterza.it




Avete mai provato le friselle all’acqua di… mare ?!

Ricordo che la prima volta che mi sono sentita proporre le friselle all’acqua di mare mi è sembrata una cosa così strana da farmi strabuzzare gli occhi! Poi, pensandoci bene, l’ho trovata di una bellezza tale da non poter non provare.

Ci pensate… una barchetta, due friselle, qualche pomodoro, una bottiglia di buon olio d’oliva e… il mare, ovviamente dov’è pulito! Che meraviglia! A proposito, mi son dimenticata una bottiglia di vino, possibilmente un buon rosso, come piace a me! 😉

Questa è la vita bella che piace a me…

Mi hanno raccontato che una volta i pescatori Salentini le preparavano esattamente così. Abitudini perse ahimè, in primis a causa dell’inquinamento che ci ha portato ad essere diffidenti, ma non solo, credo anche per aver dimenticato piccole e semplici tradizioni che a mio parere danno un tocco di poesia e romanticismo alla vita.

Le friselle sono una tipicità prettamente pugliese, un piatto povero le cui origini antiche si perdono fino al tempo dei fenici, che, sulle navi mercantili le mangiavano bagnate nel mare e condite con olio d’oliva.

Si preparano sia con farina di grano che di orzo; vengono cotte al forno una prima volta, e poi, dopo essere state tagliate a metà, una seconda. Una parte rimane ruvida, e l’altra liscia e compatta.

E’ solito dire che le friselle devono ‘rozzulare’ sotto i denti. Morbide si, ma anche croccanti!

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