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Le ruote della vita, da calzolaio a ristoratore in un trullo di Martina Franca.

Peppino è solito dire… “Com dsc u cor toq”

Peppino, prima calzolaio e poi ristoratore. Tutto iniziò nel 1969 quando, ereditando un trullo poco distante dal centro di Martina Franca a Taranto, decise di intraprendere con sua moglie un’attività di ristorazione basata su piatti di cucina casalinga, tipici del territorio.

Il 3 giugno scorso hanno festeggiato cinquantasei anni di matrimonio.  Da questa unione sono nati tre figli, due dei quali collaborano con lui attivamente nel locale di famiglia, la ‘Trattoria delle Ruote’.

Ho conosciuto Giuseppe Ceci, Peppino, in una sera d’estate di poco tempo fa. Mi hanno portato degli amici dopo una passeggiata nella bella Martina Franca, cittadina elegante e ricca di storia nel cuore della Valle d’Itria. Il Prof. Piero Marinò la ricorda così:

“Qui mangi pane e barocco” intitolava nel giugno del ’97 la rivista ‘Bell’Italia’ a proposito del centro antico di Martina Franca. Fu il ceto dei galantuomini che, nella seconda metà del Settecento, decise di rendere  visibile la propria potenza economica avviando un processo di ristrutturazione e abbellimento delle vecchie case ‘a corte’ (piccole masseriole in paese), che costituivano le residenze dei signori.

Il paese si trasforma, come per incanto, in un autentico museo diffuso: portali barocchi e rococò, impreziositi da cartigli e cariatidi, capitelli  corinzi e piccoli  satiri, punteggiano le vie del paese. Panciuti ed eleganti balconi in ferro battuto occhieggiano dall’alto dei palazzi. Gli interni delle residenze vengono abbellite da affreschi nei saloni destinati all’accoglienza, ad incontri galanti, a piccoli concerti musicali.

Era giunta l’ora di cena, e la voglia di passare una serata in un locale tipico e ricco di storia ha fatto cadere la scelta su una Trattoria di quelle che piacciono a me, quelle con la T maiuscola, quelle dove l’atmosfera è calda e accogliente…

Con Peppino sono entrata subito in sintonia. Mentre lo ascoltavo nei suoi racconti guardavo l’espressione del suo viso tipica degli uomini vissuti con passione, tra lavoro e tanti sacrifici. A dire il vero qualcosa mi sono persa, ma solo perché il suo stretto parlare in tarantino non mi ha permesso di capire tutto.

Quella di Peppino è stata una vita di grande passione per la terra, per il cibo, ma anche per la storia. Quando ha capito che i miei interessi erano simili ai suoi, mi ha ‘letteralmente preso per mano’ conducendomi alla visita del suo museo. Una ricca collezione di reperti storici che mi hanno fatto perdere la cognizione del tempo fino a che, richiamata per la cena, ho raggiunto gli amici al tavolo. Quella sera farmi sedere è stato davvero faticoso…

Non solo Angelo, suo figlio, mi ha parlato di lui. Lo ha fatto anche un altro Angelo, in questo caso suo nipote.

Cinzia, zio Peppino è un uomo unico, un’ instancabile lavoratore vissuto all’insegna del sacrificio e del rispetto altrui.  La sua simpatia è contagiosa.  E’ un uomo umile che trasmette serenità, un buon esempio per tutti noi. Ho un ricordo di qualche estate fa , quando, nella trattoria dello zio Peppino andò in scena uno spettacolo stupendo, quanto inaspettato ed improvviso, uno dei ricordi più belli della mia vita.

Ero a cena, seduto ad un tavolo davanti al trullo con una coppia di miei amici musicisti veneti. In quell’atmosfera unica, con le cicale in sottofondo e sotto ad un cielo stellato, degustavamo  in allegria tutto ciò che di buono la dolce zia Graziella aveva preparato. I miei amici erano entusiasti e felici di aver scoperto la Puglia, sia per la cucina che per l’arte. Ad un tratto decisero di regalarci qualcosa per ricambiare. Chiesero una chitarra che noi trovammo nel giro di una mezz’ora e… ecco la magia! Iniziarono a suonare dando vita ad un concerto inaspettato.  Al tavolo cantavamo tutti, e pian pianino anche gli altri avventori si avvicinavano a noi fino a formare un solo coro di voci e di applausi.

Sotto quella luna tutto sembrava surreale…  Siamo andati avanti per ore, fino a notte fonda, perché nessuno voleva andar via, nessuno voleva rompere quell’incanto che la musica aveva creato. E’ un ricordo prezioso che ho vissuto in un luogo magico. I miei amici erano  il chitarrista Marco Anzovino e la cantante Marnit Calvi.

Anch’io non dimenticherò la sera passata li… Salutandomi Peppino mi ha detto: “Cinzia, a rumaste cuntente?” La mia risposta è stata un sorriso, e un deciso si!

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