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Settembre, tempo di noci. Vi porto nel noceto più grande d’Italia!

Eraclea… uno dei miei luoghi del cuore, una città di mare e di grandi vedute verdi in provincia di Venezia con cui da anni ho instaurato un forte legame. Un richiamo dettato non solo dalle mie origini. Di fatto, i profumi della sua grande pineta e la nostalgia delle mie lunghe passeggiate all’alba in riva al mare, mi riportano lì spesso, per vivere il territorio ripristinando i giusti equilibri. Semplice e naturale benessere, e un pizzico di poesia che fa bene all’anima. Ma la poesia si rompe facilmente! Sì, soprattutto quando riscontro che importanti realtà locali sono da molti ignorate. Non mi riferisco certo ai turisti, ma ad alcune persone attivamente coinvolte nelle economie dei comuni circostanti che snobbano e sottovalutano le potenzialità di questo luogo. Un inutile campanilismo che non fa bene al territorio. Eh sì, siamo alle solite…

La realtà a cui mi riferisco è quella di un noceto di oltre 140 ettari, la prima azienda privata produttrice di noci in Italia: ‘Cuor di Noce’ della Tenuta La Spiga di Eraclea. Un’oasi incontaminata di grande bellezza paesaggistica nata nei primi anni del ’900 condotta da Alessandro Gaggia, naturale erede della famiglia fondatrice. Un fiore all’occhiello della regione Veneto che negli ultimi decenni si è contraddistinta nella nocicoltura italiana con ben 757 ettari di impianti. Le varietà più diffuse sono la californiana Chandler e la francese Lara.

Alessandro Gaggia, nell’accompagnarmi in visita alla Tenuta, mi ha raccontato il lavoro di bonifica che nei primi anni del ‘900 ha permesso di recuperare ben 3.650 ettari di terra destinati all’agricoltura e all’allevamento. Fu il bisnonno Achille l’artefice di questa attività, che col passare del tempo si è trasformata in una fiorente azienda agricola specializzata nella coltivazione delle noci. Un fondo chiuso che tutela la natura e salvaguardia la flora e la fauna autoctona. Un ambiente davvero suggestivo in cui le pratiche agricole sostenibili e le tecniche innovative vanno di pari passo. Recentemente sono state disposte quaranta telecamere sugli alberi che insieme alle sonde nel terreno trasmettono dati per comprendere il fabbisogno idrico delle piante.

Ma ora parliamo di noci…

Il Noce – nome scientifico Juglans regia – è un albero maestoso e longevo di origini asiatiche. Il suo frutto, la noce, è contenuta nel mallo, parte esterna verde e carnosa che si apre a maturazione. La parte che noi tutti conosciamo è il gheriglio, il buonissimo seme del frutto dalle tante proprietà. Il Veneto produce il 30% del prodotto nazionale. Venezia – considerata la capitale della noce – produce un terzo della produzione veneta.

Raccolta : nel mese di Settembre è ormai tempo di raccolta! Ogni anno tra Settembre e Novembre, quando il mallo si scurisce e tende a rompersi, si procede alla raccolta delle noci che poi vanno essiccate su graticci all’aria aperta.

Proprietà : le noci sono grandi alleate del benessere del nostro organismo per le loro proprietà nutrizionali benefiche. Sono ricche di vitamine, antiossidanti, omega 3 e sali minerali. Il loro consumo regolare previene le malattie cardiovascolari e aiuta ad abbassare i valori del colesterolo ‘cattivo’. Sono energetiche e contrastano l’ipertensione arteriosa.

Consumo giornaliero : tre noci al giorno e levi il medico di torno! Essendo molto caloriche però non bisogna esagerare. Tre noci al giorno, pari a circa 15 grammi, comportano 100 kilocalorie.

Conservazione : le noci non amano il caldo né l’umidità, quindi vanno conservate in un luogo fresco, asciutto e lontano da fonti di calore.

Con il guscio o senza? Col guscio direi che è tutta un’altra storia! Si ha una maggiore garanzia di conservazione e di qualità, evitando così rischi di ossidazione e di contaminazione di muffe.

Una curiosità: i gusci di noce macinati e ridotti in polvere vengono utilizzati nel settore del restauro per sabbiature delicate su dipinti e opere lignee.

E in cucina… Io con le noci ho fatto il pesto!

Semplice da preparare e buonissimo per condire la pasta. Si ottiene frullando 50 grammi di basilico lavato e asciugato su un canovaccio, unito a due spicchi d’aglio, 6 gherigli di noci e un pizzico di sale grosso.

Successivamente aggiungere 100 ml di buon olio extra vergine di oliva, 5 cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato e 2 di pecorino. Frullare il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo da conservare in frigorifero. Una vera delizia di sapori e di profumi!

Tenuta La Spiga – Cuor di Noce www.cuordinoce.it

Via Sette Casoni, 4 loc. Torre di Fine – Eraclea (VE)




Eraclea Mare: tremila pini a ombrello aperto sul mare.

Per me non c’è mare senza pineta. Per questo, quando anni fa ho scoperto Eraclea Mare, un tratto costiero in provincia di Venezia con un polmone verde a ridosso della spiaggia, la scintilla è subito scoccata. Ogni volta che torno a Treviso, richiamata dalle mie origini e dai ricordi d’infanzia, una tappa qui è d’obbligo.

Una località la cui attività turistica va a pari passo con il rispetto della natura. Un luogo ideale in cui riposarsi vivendo il mare e praticando attività fisica. Chi sceglie Eraclea Mare per qualche giorno di vacanza non ama ‘il rumore’ che spesso è costretto a vivere nei luoghi di villeggiatura. Cerca solo tranquillità, percorsi verdi, spiagge pulite e mare limpido.

Mare di Eraclea Mare

Un’oasi verde dell’Adriatico con oltre tremila pini adulti a ombrello aperto (pinus plinea), per vivere il mare e la natura trovando sollievo dalla calura estiva. Un’area naturale dai tanti itinerari da percorrere a piedi o in bicicletta.

Pineta di Eraclea Mare

Un biosistema nato da una grande bonifica. Fu infatti verso la fine dell’800 che il territorio eraclense, allora sommerso dall’acqua per ben oltre il 70%, fu soggetto ad opera di prosciugamento. Un intervento che si concluse al termine della Grande Guerra.

Eraclea Mare

Attraverso un sentiero sterrato percorribile all’ombra della Pineta si può arrivare alla Laguna del Mort, un Sito di Interesse Comunitario (SIC) di ben 125 ettari, caratterizzato da dune e da un’elevata presenza faunistica che è possibile osservare all’interno di capanne per il “birdwatching”.

Eraclea Mare, una terra dai molti scenari chiamata la “Perla Verde della costiera adriatica“, da vivere anche in autunno, con le atmosfere uniche che questa stagione ci regala.

Spiaggia di Eracela Mare

 




“La Famiglia Serandrei… una storia Veneziana di terra e di mare”

La ricetta : “Bigoli in salsa con vellututata di Porri e Pane fritto”

Come diceva William Shakespeare, c’è una storia nella vita di tutti gli uomini, e ascoltarle è la mia passione.  Qualche sera fa, seduta accanto a Kim e a Gianni Serandrei, in occasione del 50’ anniversario del Ristorante “La Caravella”,  ho passato piacevolmente una serata ascoltando la storia di una famiglia Veneziana in una città che da sempre mi riempie gli occhi, il cuore e l’anima…

“Senza ricordi non siamo nulla. Così è per i popoli. Gli italiani sono la somma delle esperienze fatte nella Storia. Se si perdono, si ritorna ad essere il volgo confuso che voce non ha. Così è per il vino e per l’enogastronomia. La cucina povera che diviene ricchezza, il vino dei contadini che diventa DOC. Anche questo è Storia. Le nostre radici hanno fatto nascere il popolo Italiano, con le sue tradizioni, con la sua creatività, con le sue eccellenze conosciute nel mondo”. Giorgio Ferrari, Professore di Storia Contemporanea

Era l’anno 1905 quando Zoe Lustig di origine Ungherese, e Ugo Serandrei, nato a Pisa ma trasferitosi a Venezia, si sposarono. Presero in affitto una piccola pensione di otto stanze che chiamarono “Internazionale” e iniziarono  l’attività alberghiera.

Ugo, una volta tornato dalla grande guerra, insieme al figlio Renzo si dedicò all’albergo ampliandolo e migliorandolo. Nel 1908 nasceva l’Hotel Saturnia & International. Saturnia, antico nome virgiliano dell’Italia.

Situato nel cuore della città, tra Piazza San Marco e le Gallerie dell’Accademia, l’hotel era il punto ideale d’incontro per ritornare, dopo la guerra, a quella voglia di normalità che permettesse di riparlare d’arte e di cultura. Sotto la guida di Renzo Serandrei, nacque così il Ciro’s bar, famoso locale dell’epoca annesso all’hotel, che ebbe l’onore di accogliere personaggi quali Sartre e Simone de Beauvoir.

Nel 1963 un’ulteriore svolta. Il Ciro’s bar venne trasformato da Renzo, grande appassionato di cucina, nel Ristorante “La Caravella” chiamata così per gli interni che riportavano alla memoria i caratteristici ambienti di un antico veliero.

La creatività di Renzo, uomo in continua ricerca, fece si che il ristorante si aggiudicasse per ben venticinque anni consecutivi la stella Michelin. Cinquant’anni di storia e di tradizione: 1963 – 2013.

La continuità nella conduzione familiare ha fatto si che, dopo la morte di Renzo, seguisse l’attività il figlio Alberto.  Dal 2012 l’hotel è gestito da Ugo Serandrei coadiuvato dai figli, quarta generazione della famiglia: Marianna, Gianni, Kim e Greta-Zoe.

Dal 2000 una nuova scommessa, l’Hotel Ca’ Pisani che, come Kim Serandrei mi ha raccontato, si ispira ai principi dei “Design Hotel” reinterpretando il gusto art déco in chiave contemporanea. Essendo un’appassionata di storia che recupera pezzi antichi qua e la, mi ha colpito come, con pazienza, hanno collezionato letti originali anni ’30 e ’40, tutti diversi tra loro.

Chiacchierando seduta a fianco a Kim ho potuto notare la sua capacità di “guardare oltre”. Non tutti la possiedono, è una capacità che si acquista attraversando le difficoltà… che dona ricchezza d’animo e sensibilità. Ad un tratto, mentre gli raccontavo la mia abitudine di raccogliere pietre e sassi a ricordo dei luoghi che visito, mi ha detto: “Cinzia indovina? Mia madre è geologa!”

Rossana Serandrei Barbero, una donna di terra in una città di mare. Le ho chiesto il perché della sua scelta di vita, e, conseguentemente ai suoi lunghi studi legati alle fondamenta di Venezia, mi sono aggiornata sullo stato di salute della città.

  • La mia scelta di vita è presto spiegata. Da adolescente ero innamorata pazza della montagna, delle rocce e, per estensione, dell’arrampicata. Mi sono iscritta a geologia perché volevo fare il geologo in Terra del Fuoco. Ho studiato per quarant’anni il sottosuolo di Venezia e posso affermare che la sua salute, compatibilmente con l’età, può essere definita buona.  Rossana Serandrei Barbero

Durante i nostri discorsi di terra e di mare, quella sera, festeggiando i cinquant’anni di storia de “La Caravella”, lo Chef Silvano Urban ci ha raccontato la sua cucina semplice e rispettosa della tradizione e delle materie prime di qualità.

Oggi si parla di cibo in molti modi: si passa dallo show food al food art, dal media food al concept food fino ad arrivare al food design. Secondo me è giunto il tempo di ritornare alle origini, ovvero ad una cucina in cui la ricerca si basa proprio sullo studio del prodotto, senza volgarità, senza eccessi e senza il disperato tentativo di spettacolizzare a tutti i costi.”

A conclusione di questa mia storia voglio riportare la ricetta del primo piatto scelto dallo Chef Silvano Urban, un piatto tipico della tradizione.

Bigoli in salsa, serviti tiepidi con vellutata di porri e pane fritto

 

Dosi per 4 persone

Ingredienti:

  • 200 g di cipolle;
  • mezzo bicchiere di olio d’oliva;
  • sale quanto basta;
  • 300 g di bigoli scuri (spaghetti integrali);
  • 75 g di acciughe sotto sale;
  • un pizzico di pepe;
  • briciole di pane.

Procedimento:

Sbucciate le cipolle e affettatele finemente. Poi, versate in una padella la metà dell’olio e unitevi le cipolle; fatele appassire a fuoco basso. Cuocete a recipiente coperto, per circa 15 minuti, bagnando le cipolle di tanto in tanto con un po’ d’acqua (non più di un bicchiere in tutto), mescolando il composto fino a che si saranno ridotte in poltiglia. Nel frattempo, mettete sul fuoco l’acqua per la cottura della pasta: appena bolle, salatela e buttate la pasta.

Quando le cipolle saranno cotte, aggiungete le acciughe precedentemente lavate, dissalate e diliscate; con una forchetta schiacciatele ripetutamente, fino ad ottenere una salsetta marrone. Quindi spegnete il fuoco e unite al sugo l’olio rimasto, mescolando. Scolate i bigoli, rovesciateli in una terrina, conditeli con il sugo preparato e del pane fritto sbriciolato.

Tagliate a rondelle 200 grammi di porro; fatelo appassire con un filo d’olio e poca acqua. Correggete il composto di sale e quando sarà cotto, frullate il tutto ottenendo una crema morbida, ma sostenuta, che andrà ad accompagnare la ricetta. Infine, completate il piatto con briciole di pane fritto e filo d’olio extra

L’aggiunta dell’ultimo ingrediente, ovvero i porri, ha l’obiettivo di attenuare il gusto forte delle acciughe. “E’ un piatto spiega lo stesso chef,  che non scende a compromessi con le moderne visioni culinarie”.




Un ritorno a Venezia di… gusto!

Venezia, città unica al mondo… C’è chi la ama e c’è chi la odia. Per quanto mi riguarda è stato amore a prima vista, perché Venezia ti riempie gli occhi… Dovunque guardi vedi arte, storia e bellezza. Come dice Friedrich Nietzsche, se dovessi cercare una parola che sostituisce musica, potrei pensare soltanto a Venezia.

I percorsi in questa città magica sono tanti… Percorsi di storia, d’arte, di cultura. In questa mia ultima visita però, ho voluto privilegiare in particolare un percorso… un percorso di gusto!

Detto questo, come dico io… pronti, via!

Dopo la mia consueta passeggiata  a piedi per le calle di Venezia, sono andata a trovare un amico conosciuto a Milano in una cena, Alberto Fol, Executive Chef presso il Ristorante La Cusina dell’Holtel The Westin Europa & Regina. Questo storico hotel affacciato sul Canal Grande, nasce dall’unione di cinque antichi palazzi del diciottesimo e diciannovesimo secolo.

Alberto è nato a Treviso, ma grazie all’albergo dei genitori nelle dolomiti bellunesi, è cresciuto respirando aria di montagna. Tutto è iniziato da li, la passione per la cucina, per la natura, per i produttori che seguono pratiche agricole sostenibili, per i gusti antichi, per la tradizione…

Come per tutti noi, ci sono persone nella nostra memoria che hanno influenzato le nostre scelte. Suo nonno, portandolo da piccolo nell’orto, lo ha avvicinato al vero sapore degli ortaggi appena colti. Io stessa ho ricordi analoghi e indimenticabili, come il sapore dei pomodori appena colti in campagna da mia nonna a Treviso, rossi e carnosi… ricordi indelebili impressi nella memoria che ci riportano al mondo contadino, alla Terra.

Insieme al suo secondo, il timido e introverso Chef Riccardo Porracin,  ho passato una piacevole serata degustando i piatti deliziosi da lui preparati, e conoscendo l’uomo appassionato che pian piano le mie provocazioni scherzose hanno fatto emergere.  Davanti a noi un suggestivo scenario della Basilica di Santa Maria della Salute illuminata dalla luna.

Ma non è finita qui, perché il mio percorso di gusto è continuato il giorno dopo all’Antinoo’s Lounge & Restaurant del Centurion Palace Hotel.  Il suo nome è riconducibile ad una moneta di Antinoo trovata durante i lavori che hanno portato all’apertura dell’hotel affacciato sul Canal Grande. Al mio arrivo mi ha colpito la facciata dallo spiccato stile gotico veneziano, entrando l’accogliente giardino con edera e piante di bambù, e all’ingresso della hall un lampadario di cristallo a forma di gondola! Spettacolare!

Ad accogliermi la gentile Micaela Scapin dell’Ufficio Stampa, e Massimo Livan l’Executive Chef.  Mi ritornavano in mente le parole di Riccardo Porracin il giorno precedente: “Cinzia, Massimo è un gran chiacchierone, alla tua pari direi, se non di più!Bella sfida mi son detta, sfida che ho vinto! 😉 Ma per farmi stare zitta Massimo ha trovato facilmente il modo, il suo eccellente menù degustativo ha fatto si che la mia concentrazione fosse dedicata alla creatività dei suoi piatti.

Come dico spesso, mettersi a tavola e gustare cibo e vino, è un’autentica celebrazione dei prodotti della Terra, guidata da chi cucina grazie all’esperienza e alla sapienza maturata.

 Sono convinto che un grande piatto si possa creare anche utilizzando soltanto due ingredienti. La bravura di uno chef si misura anche nella capacità di osare, sperimentare, ingegnarsi. Massimo Livan

 

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