Vi presento Alessandro Vitiello, o meglio, “solo il vin d’arte”
Alessandro Vitiello, per gli amici Sandro, un sommelier e un ristoratore ma soprattutto un amico. ‘Solo il vin d’arte’ è l’anagramma del suo nome elaborato da Giuseppe Maria Grassi, un amico che si diletta così.
Un uomo che ha nel cuore una terra, la sua Ponza. Mi commuove quando lo vedo condividere ricordi e fotografie in bianco e nero di quest’isola che ha dovuto lasciare come molti per ragioni di lavoro. Lui la racconta nel suo blog: ‘La casa dei Sacco di Ponza’.
“Quando tornavo a Ponza, dalla mattina successiva, ridiventavo il marinaio di mio padre e con la sua barchetta di cinque metri si andava a pescare insieme. Mio padre ha smesso di praticare il mare alla fine del ’92: aveva più di ottanta anni…”
Sandro, grazie alla sua lunga esperienza come ristoratore prima all’Osteria delle bocce di Seveso e ora al Ristorante Il Fauno di Cesano Maderno, ha molti ricordi vissuti con personaggi dell’enogastronomia italiana. Di tanto in tanto quando c’è l’occasione, sapendo quanto amo ascoltarlo, ne condivide qualcuno con me.
Oggi ve lo voglio far conoscere…
Ciao Sandro, ho scritto questi pensieri una mattina all’alba. Non avevo sonno e la mente correva. Sarà forse la voglia di viaggiare anche con le parole? Chissà… credo che noi nostalgici e romantici ci capiamo.
- Qualche sera fa mi stavi raccontando quella volta che… Mi piace quando mi racconti aneddoti del mondo dell’enogastronomia, lo sai. Me ne riporti qualcuno che ti è rimasto in mente in particolare?
Ce ne sarebbero tanti Cinzia, a dire la verità più che aneddoti amo ricordare persone che tra Milano e dintorni hanno divulgato l’arte del buon bere. Ricordo ad esempio Antonino Trimboli – pugliese di origine – che in gioventù, nel dopoguerra, aveva girato quasi tutta la Francia ed aveva riportato in Italia una conoscenza enciclopedica del vino francese in generale e dello champagne in particolare. Parlare con lui – uomo senza peli sulla lingua – era un piacere unico.
Come del resto con quel “giacobino” di Adriano Romanò. Maestri prima ancora che venditori. Che dire poi dei fratelli Brovelli? Uomini d’altri tempi che raccontavano il vino con grande passione.
Un aneddoto. Una sera capita una coppia di amici a cena all’Osteria delle Bocce (il nostro precedente ristorante) accompagnati da un’altra coppia. In bella mostra all’ingresso c’era l’ultima selezione di whisky di Samaroli. Dopo cena, a ristorante quasi vuoto, l’amico mi chiede di portare l’whisky più strano che avessi, in maniera anonima, al suo ospite. Questo signore, dopo averlo assaggiato, mi ha raccontato tutto il possibile di questo strano distillato che avevo tirato fuori da un mobile che avevo in un’altra sala. Dopo aver bevuto abbondantemente insieme mi ha raccontato il suo lavoro. Passava il suo tempo in Scozia a selezionare whisky per conto di una multinazionale. Qualche tempo fa nel vedere il film “la parte degli angeli” mi sono ricordato di lui.
- Ti ricordi quando ci siamo conosciuti? Praticamente ti ho quasi obbligato ad organizzare delle serate di cultura e degustazione per la conoscenza del cibo e del vino. Dovete sapere che Sandro è un grande conoscitore e appassionato di enogastronomia, impigrito forse solo dal poco entusiasmo delle persone nell’apprendere. Ma poi è arrivato un vulcano che…
E’ sicuramente vero che Cinzia Tosini sia un vulcano così come è vero che io coltivo anche “l’arte del dubbio”. Ho abbastanza anni per essere sicuro di non aver certezze da vendere e ogni tanto per domandarmi se serve a qualcosa o a qualcuno raccontare il mio mondo. Quando poi ti scontri con Cinzia Tosini tanti dubbi vanno a farsi benedire e si riprende.
Devi sapere che abbiamo iniziato a organizzare serate dedicate al vino e al cibo dall’autunno dell’84: trent’anni fa. Non c’era internet e le nostre news viaggiavano con la posta ordinaria, eppure c’era tanta attenzione, e spesso avevamo problemi a gestire i tanti che volevano partecipare. Io poi mi sono divertito a mettere in piedi tanti corsi per associazioni o istituzioni della zona. Prima ancora che insegnare ci si divertiva. Ancora adesso vale questa regola.
- Passo ad una domanda legata alla tua attività. Come definiresti il consumatore medio di oggi, nel senso di cosa si aspetta e cosa cerca?
Il consumatore medio oggi subisce il tempo che viviamo. Noi che abbiamo vissuto gli anni della “Milano da bere” facciamo fatica a volte a dare un senso a quanto succede. Il consumatore rimane attento e curioso, pronto a considerare con rispetto quanto di buono e di nuovo viene proposto. Ha però aggiunto, o meglio ritiene più importante che in passato, il giudizio sul giusto valore delle cose che vengono servite.
Si può anche pagare tanto una bottiglia di vino ma è importante che valga i soldi spesi. Non è più sufficiente che chi la vende sia “un uomo da prima pagina”. Non nascondiamoci però che sono anni complicati; saper fare bene in cucina e saper trovare grandi vini ad un prezzo corretto è diventato fondamentale.
- Dico spesso che il ruolo del ristoratore, presentando i piatti e servendo il vino, può essere definito un veicolatore di pillole informative fondamentali per trasmettere al consumatore cultura enogastronomica. Esagero? Non credo. Sono convinta che partendo dalla tavola, senza tediare l’ospite, si possa fare molto in questo senso.
Hai perfettamente ragione: il mestiere della ristorazione può essere una grande opportunità per divulgare tante buone abitudini, non solo alimentari. Non a caso al ristorante o mangiando in compagnia, noi si parla spesso di cibo e di convivialità.
Mi viene in mente Garcia Marquez – Il generale nel suo labirinto – che fa domandare ad un ospite di Simon Bolivar: “Ma perché gli europei quando sono a tavola parlano di cibo?”. Cosa rispondere? A tavola mentre si parla di cibo si ragiona su tutta la condizione umana. D’altronde anche la liturgia cristiana ragiona in questi termini: la storia di Gesù sulla Terra finisce con un’ultima cena.
- Ora, a conclusione di questa nostra chiacchierata, una delle tante, mi piacerebbe che mi scrivessi un ricordo della tua terra. Com’è Ponza a primavera?
Ponza è il mio “luogo dell’anima”. Ho passato gran parte del mio tempo qui in Brianza, ma se devo definirmi, di me dico che sono ponzese. Che vuol dire? Niente e tutto. Noi ponzesi non siamo ne meglio ne peggio degli altri. Siamo un’altra cosa. Si dice che il carattere di una persona si forma nei primi anni di vita; io il mio l’ho costruito guardando il mare. Dal cortile di casa mia, nelle giornate di tempesta pensando a mio padre che pescava tra le onde o nelle belle mattine di primavera, quando alla bellezza del paesaggio si aggiunge il profumo delle ginestre.
Quelle cose lì te le porti attaccate dentro e non le perdi più. Ponza in primavera è il posto più bello del mondo. Non solo per la bellezza dei luoghi, ma anche e soprattutto per i suoi sapori. Andare in giro per le colline a raccogliere asparagi selvatici, assaporare la bontà di certi carciofi cresciuti in quel terreno vulcanico che gli conferisce un sapore molto deciso è un’emozione irripetibile.
E il mare? In primavera si mangiano le granseole più buone, seppie e calamari in quantità e pesce da zuppa che in questo periodo ha un sapore speciale. Potrei andare avanti per ore a raccontarti, ma se ne hai modo, regalati una settimana a Ponza in primavera, ti garantisco che avrai problemi a ritornare.
Sandro, ti prometto che lo farò…
Fotografie di Alessandro Vitiello