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Un ‘contessino’ alla Corte Santo Stefano di Cesano Maderno

Direte: “Un contessino alla Corte Santo Stefano… Cinzia, ma in che senso?!” Ora vi spiego…

Dunque, mi capita spesso di rincontrare persone con cui ho collaborato a lungo negli anni passati. La cosa mi diverte alquanto, soprattutto perché spesso si trovano davanti ad una persona totalmente diversa, diciamo molto più… si, direi proprio una persona molto più simpatica e sorridente. Questo perché fino a un po’ di anni fa, ero una steccata coordinatrice vichinga costretta a tenere testa a un bel po’ di medici (alcuni ribelli), e quindi mi toccava fare la dura.. (per finta, anzi, allora sul serio!) 😉

Detto questo, dopo l’ennesimo invito di un ‘contessino’ (capirete poi perché lo chiamo così), ho deciso di accettare accompagnandolo a cena. In realtà il soggetto in questione, con cui a suo tempo ho collaborato, è una persona intelligente ed impegnata che combatte le ingiustizie scrivendone e non solo. Ero solo un po’ restia per i suoi modi, che, come diceva  mio padre, sono i classici atteggiamenti da ‘baùscia’. Per chi non lo conosce, questo termine dialettale lombardo, viene usato in senso ironico per indicare una persona che si da delle arie.

Comunque sia, prendendo spunto da una delle protagoniste del risorgimento italiano, la bella Gigogin, e come a volte mi definisce il mio caro amico Giorgio Ferrari, daghela avanti un passo, dal ritornello della canzone che la ricorda per il suo coraggio nel fare un passo avanti verso l’oppressore straniero.

Ovviamente qui oppressori non ce ne sono, diciamo più stranieri, visto che il contessino snobbando la zona in cui abito voleva che andassi a prenderlo per portarlo a cena nella gran Milan! Seee… spetta che tiro fuori la spider, spetta né…!

Adoro Milano (a parte il traffico), e adoro anche le sfide! Quindi gli ho detto: “Caro, in primo luogo se vuoi mi passi a prendere, e in secondo, andiamo a mangiare dalle mie parti!” Il contessino, arresosi alla mia volontà, ha dovuto tirare fuori la sua ‘torpedo’ come la chiama lui, e si è deciso di venirmi a prendere! Tiè! 😉

Risolta la questione sapete dove l’ho portato? Ebbene, siamo andati a cena in un’antica corte nel centro storico di Cesano Maderno, la Corte Santo Stefano. Il malmostoso, dopo essersi lamentato per aver fatto due passi a piedi, e dopo aver premesso che non mangiava pesce perché da piccolo gli era rimasta una lisca in gola, si arreso e mi ha seguito.

Nel frattempo nella mia mente un unico pensiero… stasera non ce la posso fare!

E invece pensate un po’, il ‘contessino scrivano golfista medico’ ha apprezzato tutto! Dal luogo caratteristico dalle antiche mura, fino all’aperitivo nei sotterranei.

Per quanto mi riguarda, oltre che a introdurlo con chi ci ha seguito nella cena come uomo-cittadino con la puzza sotto il naso, mi sono tolta pure la soddisfazione di correggerlo quando, chiedendo all’addetto in sala un Barbera, ho replicato: “Senti nobiluomo, va che si dice la Barbera!” Ehhh… quando ce vo’ ce vo’!

Ma mica è finita! Mentre mi gustavo una zuppa di ceci e cozze non è riuscito a trattenersi dal dire: “Cinzia, ma ti mangi le cozze! Ma ti fidi!” Uhh signur gli ho risposto… ebbasta!

La mia cena si è conclusa con una ‘Miascia comasca’, un dolce tipico fatto con pane, amaretti, mele, pere, uvetta servito su una salsa di cachi, e, un immancabile bicchierino di liquore alla liquirizia che adoro!

Ragazzi che serata… per fortuna che, come per Cenerentola, l’incantesimo è svanito a mezzanotte! Ovviamente scherzo, tutto sommato mi sono proprio divertita! 🙂

 

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