Winemaker significa fare il vino… o no?
Winemaker significa fare il vino, ma in Italia questo termine è inteso come la figura professionale del consulente enologo. Non tornano i conti, a meno che lo stesso non lo faccia… intendo il vino! In molti casi succede, in alcuni no! Quindi forse una ridimensionata a questo termine andrebbe data.
In un recente articolo dell’amico Michelangelo Tagliente riguardo “l’appiattimento del livello qualitativo dei vini”, citando le sue stesse parole, mah, che dire… Forse, che se personalmente producessi vino, vorrei che mi assomigliasse, anzi, senza forse! Baserei la scelta di un consulente enologo su sue ben precise doti, esperienze, e pensiero. Anzi dico di più, vorrei che fosse attivamente “più presente” nel fare il vino, e cioè presente in quella serie di operazioni che non si limitano solo alla consulenza.
Allego un passaggio di un articolo di qualche anno fa letto sul Blog di Luciano Pignataro. L’ho trovato molto interessante e attuale: “Che vi credete che faccia un consulente enologo qui in Nuova Zelanda? Praticamente tutto: monta le pompe, pulisce la diraspatrice, lava il pavimento, entra nel tino per svinare, scarica la vinaccia, insomma un winemaker nel vero senso della parola! Qualche giorno dopo leggo un articolo in un magazine di vino NZ che cade “a fagiolo” sull’argomento. Parla dell’Italia e racconta come negli ultimi anni le cantine di grande fama sono più famose grazie al consulente enologo anziché ai vini ed alle sue peculiarità…”
Bè, a questo punto direi proprio di porre la domanda a chi si definisce winemaker interpretandone il significato letterale e basico di chi fa il vino. La persona in questione è il caro amico Marco Bernava.
- Marco, Winemaker significa fare il vino… o no?
Cinzia è un piacere e un onore esporti il mio pensiero.
Io in primis mi definisco winemaker, ma lo faccio interpretandone il significato letterale e basico di “chi fa il vino”. In Italia (e non solo), credo che ci siano delle figure ben definite professionalmente e soprattutto a livello di formazione. Aggiungo con convinzione che dovrebbero integrarsi e complementarsi per ottenere vini originali. Parto dall’ idea che il vino è lo specchio di un sistema “azienda vitivinicola” nel suo complesso:
- La proprietà deve essere l’ambasciatore del prodotto, l’immagine, ed il cuore.
- La parte viticola, e qui entra in scena l’agronomo insieme ai vignaioli, la vedo come l’arte di plasmare un frutto geniale.
- La parte enologica, e qui enologo e cantiniere devono essere un tutt’uno, la vedo come l’elaborazione personale della potenza del vigneto.
- Nel complesso poi il terroir in cui una cantina produce, lo definirei come la somma degli elementi che creano un prodotto originale e che devono essere in parte gestiti ed in parte semplicemente letti ed interpretati.
A volte invece mi sembra che ci sia la volontà da parte di qualcuno di fare “la prima donna” e questo arriva a rompere i meccanismi positivi e porta a non trasmettere l’originalità del prodotto finale.
A mio avviso ogni persona coinvolta nel processo produttivo dovrebbe apportare il suo essere co-autore di un vino con un fine ultimo comune a tutti: “regalare sensazioni”. Il consulente in moltissime realtà aziendali è essenziale, sia esso agronomo o enologo, ma a mio avviso deve essere interprete del terroir in cui si cala a lavorare, e non deve “mettere la firma e basta”.
Il suo ruolo lo fa partecipe della fase produttiva, ma il suo coinvolgimento con il terroir e la singola realtà, varia a seconda del suo stile e della sua etica professionale. Ci sono realtà in cui il consulente deve limitarsi a dare protocolli, fare o interpretare analisi, e prendere decisioni tecniche; ci sono altre realtà in cui potrebbe (e a mio avviso dovrebbe), coinvolgersi passionalmente con il sistema di cui entra a far parte.
Una bottiglia è come una canzone: “La puoi creare come sinfonia di strumenti o come insieme di assoli… il risultato sarà ovviamente diverso”.
Marco Bernava