La mia prima volta con un riccio è stata qualche anno fa a Milano al ristorante ‘Da Giulia’. Ma cosa avete capito?! Il riccio in questione a cui mi riferisco è, anzi era… un ottimo riccio di mare! 😉
Non avendo mai avuto l’occasione di assaggiare questa prelibatezza, qualche anno fa un caro amico ha pensato bene di provvedere portandomi per l’appunto in questo ristorante di Milano. Una realtà a conduzione familiare i cui titolari, Gianni e Giulia entrambi di Bisceglie in provincia di BAT (Barletta-Andria-Trani), sono uniti nella vita e nel lavoro da ben venticinque anni.
Dopo quella volta ce ne sono state altre, anche perché ormai sono amici con i quali, a volte di persona e a volte sui social interagisco, ma soprattutto mi delizio il palato.
Detto questo ora approfitterò dell’occasione per far loro qualche domanda, ma soprattutto per approfondire alcuni argomenti a cui tengo molto. Quando vado in un ristorante, chi mi conosce lo sa, vado con occhio critico, e non solo. La ristorazione di qualità può molto sia per la promozione del territorio che delle sue produzioni.
Giulia è troppo occupata in cucina, Gianni oggi tocca a te rispondermi! Sei pronto? Oggi parleremo di territorio, di cultura del cibo, di olio extra vergine di oliva, della doggy bag, di vino, dell’alcol test… naturalmente al ristorante.
- Quanto c’è della vostra terra, intendo come tradizioni e tipicità nella cucina del vostro ristorante?
Mi vuoi mettere alla prova? Cinzia sono pronto! Dunque, tutta la nostra cucina si basa su piatti tipici della nostra terra natia anche se rivisitata in chiave moderna. Utilizziamo materie prime tipiche della zona come ad esempio le farine Senatore Cappelli prodotte nella Murgia barese, le semola Tumminia di Castelvetrano, il grano arso della Daunia di San Severo, l’olio extravergine d’oliva di Bisceglie, le verdure, la frutta, i crostacei e i frutti di mare provenienti da Manfredonia.
- Insisto spesso sul fatto che pillole di cultura del cibo, possono essere fatte anche dai ristoratori spiegando l’origine delle materie prime dei piatti che portano a tavola. Condividi?
Assolutamente d’accordo con te. E’ nostra abitudine raccontare il piatto che portiamo a tavola ai nostri ospiti per far capire loro cosa mangiano.
- Parliamo di olio extra vergine di oliva. Come dico spesso vorrei vedere sui tavoli dei ristoranti, come già avviene per i vini, delle ‘carte degli oli d’oliva’ con pillole informative che presentino brevemente le caratteristiche delle cultivar (varietà delle olive). Poi, mi piacerebbe che mi venisse proposta una piccola bottiglia d’olio d’oliva rappresentativa di un territorio che userei durante il pasto, pagherei nel conto a prezzo promozionale, e che mi porterei a casa. Utopia o speranza?
Parlando di olio non posso dimenticare quando da piccolo mi dedicavo alla raccolta delle olive in campagna. Ricordo la sveglia di buon ora alle 4.30 e mio padre che accendeva il fuoco per riscaldarci mentre i grandi predisponevano i teli di iuta attorno agli alberi. Tempi duri ma belli.
Mi chiedi se è possibile una lista degli oli extravergine d’oliva? Alcuni ce l’hanno, la cosa importante per me è avere olio extra vergine di qualità certificato e prodotto in Italia da olive del territorio. Io come ben sai uso l’olio extra vergine di oliva Lamantea, un prodotto delle terre di Puglia. Le varietà di olive utilizzate sono l’oliva CORATINA e l’oliva OGLIAROLA, tipiche delle nostre terre.
- Ora passiamo alla doggy bag, o meglio il pacchetto con il quale l’ospite del ristorante porta a casa il cibo che ha avanzato. Una consuetudine all’estero, in Italia una pratica molto meno in uso. Siamo forse troppo ‘signori’? Io lo chiedo, ma quanti lo fanno?
Cinzia siamo noi stessi che consigliamo di portare a casa il cibo avanzato in un contenitore già pronto per essere riscaldato. Io in primis sono contrario allo spreco del cibo, in special modo in questi momenti di crisi.
- Stessa cosa vale per il vino, per lo meno per me. Viste le giuste limitazioni in vigore, nel caso in cui ci si debba mettere alla guida è auspicabile, quando si ordina una bottiglia e non la si finisce, di potersela portare a casa. Sei d’accordo?
Certo, capita che alcuni si portano via la bottiglia. I clienti ormai sono consapevoli di quanto possono bere. E’ per questo motivo che ho scelto un buon numero di bottiglie da cl 375 mentre ho deciso di non servire il vino a bicchiere perché, oltre a perdere la magia dello stappare, può far pensare anche a vino recuperato.
Concludo questa mia chiacchierata con Gianni ricordando, a proposito delle limitazioni in vigore riguardanti il consumo di alcolici, che le normative prevedono l’obbligatorietà per tutti i locali pubblici aperti oltre la mezzanotte, del possesso di un apparecchio che dia la possibilità ai clienti che debbano mettersi alla guida di rilevare il proprio tasso alcolemico, il ben noto limite di 0,5 grammi (per i neopatentati è previsto il tasso 0).
Sarebbe opportuno che l’avessero tutti, anche quelli che chiudono prima di mezzanotte. Comunque sia sappiate che è nostro diritto chiedere di poter fare un ‘alcol test’, nel caso avessimo dubbi su quanto abbiamo bevuto.
Le fotografie dei piatti sono del ‘Ristorante Da Giulia’