Daniele Manini, agronomo della storica Azienda vitivinicola Doria a Montalto Pavese. Ama definirsi come colui che segue per citare le sue stesse parole, “la filiera vite-uva-vino”, il Maestro di Cantina. Appassionato promotore del recupero dei vitigni storici e delle tecniche di cantina da ricercare nella storia e nelle tradizioni del territorio.
Un onore e un piacere conoscerlo…
- Chi è Daniele Manini?
Un uomo che vive la vita nella ricerca della serenità e dell’equilibrio con la natura, che trova nella manipolazione della materia uva, energia ed appagamento, con la speranza di emozionare chi degusta l’arte effimera di produrre vino.
- Daniele, cosa ti ha spinto a scegliere la facoltà agraria?
Il caso… Dopo un sensazionale periodo nei corsi regolari dell’Aeronautica Militare di Pozzuoli ed in particolare nel magnifico “Corso Falco IV”, mi sono trovato a riprogrammare la mia vita. Ha scelto il mio istinto sostenuto dall’esperienza pregressa, e l’amore incondizionato per la natura tutta… In definitiva un modo diverso di mettere a servizio la propria esistenza.
- Ti definisci Maestro di Cantina. Puoi spiegarmi meglio le differenze di questo ruolo rispetto alle figure tradizionali?
La completezza del ruolo. L’enologo inteso in maniera tradizionale conosce il vino ma non in profondità la cantina e la vigna, non si interessa di accoglienza, marketing e gestione aziendale.
Non esiste una figura professionale adeguata per il cantiniere che benché spesso esperto manipolatore di alimenti, non trova collocazione adeguata nel mondo professionale se non come operaio agricolo.
Per legge quindi chiunque può fare il cantiniere anche se praticamente nessuno si può permettere di avere in cantina personale non qualificato. L’agronomo propriamente detto, vede il terroir e la vigna ma nella sostanza nessuna esperienza a valle, spesso a partire dal significato enologico di uva.
Non esiste altra figura se non il “Maestro di Cantina” insieme alla proprietà, nell’assumere il ruolo di “promotore e comunicatore”. Accoglie l’enoturista quasi fosse lo sportello unico in luoghi dove gli assessorati al turismo e all’ambiente non hanno presidi.
Per la parte economico-gestionale è la figura di riferimento per la sicurezza sul lavoro, l’Haccp, la Iso 9000, il controllo di processo e il controllo analitico. Analizza e gestisce i flussi dei costi in entrata e della gestione dei prodotti in uscita, quasi come garante della qualità aziendale sia in capo al prodotto che alla gestione. Questo vale per le aziende di piccole e medie dimensioni. Non è un caso che spesso siano i proprietari conduttori ad assolvere più ruoli contemporaneamente, a causa del fatto che non esiste una figura professionale siffatta in Italia.
- La tua terra d’origine è Viterbo. Come sei arrivato in Oltrepò Pavese? Puoi descrivere la tua esperienza maturata in questo territorio nel corso degli anni vissuti qui?
Sono arrivato nel 1998 appunto per calibrare la ISO 9000. Tramite lo strumento Iso appropriato ho riprogrammato l’azienda per i tempi a venire e per il lungo periodo. Mi sono trovato poi ad assumermi la responsabilità della direzione della cantina, ed a costruirmi, quasi come prototipo, la funzione complessa ed appagante del “ Maestro di cantina”.
Questo territorio per lunghi anni è stato un soggetto ignoto perché tutta la mia energia era calata a sostenere l’attività aziendale e l’acquisizione di professionalità. Chiuso nel mio mondo, cercando la strada migliore per l’azienda Doria e per me, quasi una lunga gravidanza enologica.
- Sei fautore del recupero, ove possibile, della tradizione storica della viticoltura. Ne è esempio l’utilizzo delle botti di castagno italiano. Come valuti i risultati di questa tua esperienza?
Interessanti e necessari… la considero archeoenologia o meglio enoarcheologia. Sono fermamente convinto che se non si mette in evidenza il passato e non lo si mette in chiaro (nessuna scuola enologica ha corsi specifici a tal riguardo) non si può parlare di tradizione enologica italiana.
Le nuove leve come possono avere la percezione di cosa sia il vino, inteso come patrimonio culturale ed essenza della cultura enogastronomica italiana, se trovano solo tecniche e tecnicismi nei corsi di enologia. E’ come se un artista non studiasse Storia dell’Arte. Il vino è Arte… non sono in grado di vederlo come prodotto tecnologico o bevanda.
- Faccio spesso questa domanda e vorrei anche un tuo parere. In Italia ci sono molti piccoli produttori. Mi capita spesso di sentire gli esperti del settore sostenere che queste piccole realtà, non riuscendo per lo più a sostenere le spese della tecnologia, non possano fare vini di qualità. Cosa ne pensi?
Michelangelo aveva solo uno scalpello ed un martello… La Conoscenza è sinonimo di qualità ed è sempre perfettibile finché vita non ci separi dalla nostra passione: il vino.
- E’ un momento difficile per la viticoltura. Se ti trovassi faccia a faccia con il ministro delle politiche agricole, che misure chiederesti a suo sostegno nell’immediato?
Rispetto. Vorrei riconosciuto il ruolo di Tutore dell’ambiente poiché il sistema ambiente italiano è fragile, e da sempre tutelato da chi con dedizione quotidiana fa manutenzione del meraviglioso paesaggio italiano.
Vorrei che il produttore del vino, quello vero che non ha mai udienza nei salotti romani, quello che sta tutti i giorni sul territorio e che da solo gestisce tutta la filiera vite-uva-vino assumendosi tutti i rischi, “generatore” di ricchezza per il Sistema Paese, e che per questo suo magnifico lavoro di gestione abbia quell’IVA agevolata che D’Alema ci ha tolto dimentico del ruolo sociale ed ambientale, che i padri fondatori della Repubblica Italiana avevano attribuito alle classi agricole, spesso derubricate a zappaterra dalla classe arricchita spesso ex-agricola italiana.
- Ad un giovane che vuole investire la propria energia e passione in questo settore, sia come produttore che come tecnico, cosa consiglieresti per iniziare?
Valutare bene le personali risorse, intendo quelle energetiche, e tante ne servono… Ascoltare con severità e criticità ma sempre con umiltà chi ha più esperienza, porsi sempre “in continua formazione” rispetto al vino ed ai suoi contorni.
Deve vivere con la consapevolezza di essere spesso incompreso da un mondo che gira intorno al vino e che vive in un brodo fatto di realtà vere e false, esperienze vere e presunte, conoscenze e spesso credenze, e molte bugie che creano una miscellanea di umori, e quindi, che avrebbe bisogno di un super psicopatologo.
Nel caso in cui decidesse di affrontarle tutte insieme, che viva con serena alterità la sua personalissima esperienza enoica…
“Il caro Daniele… Ricordo quando una sera, a cena insieme a Montalto Pavese, lo vidi prendere in braccio la sua bella bambina. La alzò in alto e mi disse: “Vedi Cinzia, io voglio che lei cresca imparando ad emozionarsi…”. Mi commuovo ancora quando il pensiero va a quell’immagine… Se questa mia avventura servisse anche solo a conoscere persone così, io so per certo che la mia strada è giusta, perchè come dico io, ci sono tanti modi di arricchirsi, e questo per me, è il migliore…”
Commenti alla pubblicazione riportata su Facebook
Cristina Fracchia:
Scalpello e martello…ossia passione! Brava Cinzia!
Cinzia Tosini
Grazie Cri… e, soprattutto grande Daniele! 🙂
Gianluca D’Amelio
Bell’intervista Cinzietta, un personaggio decisamente interessante … come tutti quelli che ci fai conoscere 🙂
Cinzia Tosini
Grazie Gianluca…ne seguiranno altre che sto preparando. Altre di “Italiani Doc” 🙂