Oggi la mia riflessione inizia rileggendo lo sfogo di un amico, Piero Romano, produttore di olio extra vergine di oliva a Strongoli, Crotone. L’ho conosciuto così, leggendo le sue parole in una mail che ormai tempo fa mi aveva inviato.
“Ciao cara Cinzia, come stai? Sai, quando ho iniziato a percorrere la strada dell’olio d’oliva ho voluto puntare sulla qualità, convinto che, chi lavora bene, col tempo venga riconosciuto. Non avevo però ahimè considerato un dio maggiore che regna supremo anche nel mondo dell’alimentazione. Parlo del Dio Denaro, sovrano incontrastato, che, col suo potere, relega la qualità umiliandola in un angolo! Ma non solo, la meraviglia più grande è stata la delusione della ristorazione medio alta che, nonostante si spacci per paladina della qualità, finisca per adottare scelte olistiche assai discutibili.”
Parole di un produttore messo in ginocchio come tanti a causa di un mercato fatto di prodotti di dubbia provenienza e qualità, che la poca cultura degli oli, terreno fertile nelle scelte deviate del consumatore, influenza negativamente.
In aggiunta, la crisi che viviamo è complice di scelte non ragionate, spesso esclusivamente dettate da prezzi ridicoli che non trovano assoluta corrispondenza nei costi reali di produzione.
Il triste quadro è completato da una parte della ristorazione, che, nonostante si elegge promotrice della qualità, utilizza dietro le quinte, e non solo, prodotti mediocri.
Parole tritate e ritritate, riproposte da chi come me, ama e vive il mondo delle produzioni, e che, avendo modo di ascoltare i disagi dei produttori, ha a cuore la loro sorte.
Da consumatrice, da appassionata, e da comunicatrice del territorio, esprimo ancora una vota il mio pensiero, nella speranza che prima o poi, queste parole non siano solo parole al vento.
Ripropongo qui di seguito il mio intervento nell’ultima edizione di Olio Officina, durante il quale ho espresso delle richieste ben precise che aiutino i consumatori verso una scelta più informata degli olii d’oliva:
- Ai Comunicatori chiedo più semplicità nelle parole. Insisto spesso su questo concetto perché ciò che è veramente importante è fare buona cultura della terra con parole semplici, per arrivare alla gente. I consumatori chiamano ancora l’olio d’oliva di qualità, “l’olio buono”. Il termine ‘olio evo’ ormai in voga, ai più è ancora ignoto (evo: extra vergine d’oliva).
- Agli Olivicoltori chiedo di organizzare più eventi degustativi per raccontare alle persone i propri olii. Come diceva Luigi Veronelli: “L’olio come il vino. L’ulivo come la vite.” Oltre a “Cantine aperte” perché non fare “Oleifici aperti”.
- Alle Enoteche chiedo di creare un angolo per una “oleoteca” che permetta la degustazione degli olii.
- Ai Ristoratori chiedo di raccontare gli olii d’oliva che vengono portati a tavola esattamente come si fa per il vino, basta chiedere alle aziende produttrici delle schede tecniche, o meglio ancora, formare gli addetti in sala con corsi per assaggiatore d’olio. In aggiunta, vorrei vedere sui tavoli, come già avviene per i vini, delle “carte degli olii d’oliva del territorio” con pillole informative che presentino brevemente le caratteristiche delle varietà. Un’altra cosa che mi piacerebbe vedermi proporre al ristorante, è una piccola bottiglia d’olio d’oliva del territorio, che “userei durante il pasto, pagherei nel conto a prezzo promozionale, e che mi porterei a casa.”
- Ma chiedo qualcosa anche ai Consumatori. Di essere più curiosi nel provare gli olii d’oliva, ne abbiamo talmente tante varietà. Nonostante le nostre 530 cultivar Italiane e più, chiamiamo ancora l’olio d’oliva al singolare. Nel dubbio casomai, conviene orientarsi verso le DOP. Altro consiglio, quando siete in vacanza approfittate per fare visita ad una realtà agricola locale. Oltre che a vivere un’esperienza unica, sarete molto più consapevoli sui prodotti che consumerete.
Concludo ricordando che, due cucchiai di olio extra vergine di oliva al giorno, sono un efficace presidio medico per contrastare le malattie cardiovascolari.