Il tartufo, un fungo ipogeo che evoca profumi e sapori, per chi li apprezza, che evoca piante e boschi, per chi ama la natura, che evoca un rapporto di fiducia e di rispetto con il migliore amico dell’uomo… e della donna: il cane da tartufi.
Durante i miei giorni trascorsi a Savigno, al seguito di Remo Guidotti, tartufaio per eccellenza e Presidente dell’Associazione Tartufai Savigno-Valsamoggia, ho conosciuto direttamente “sul campo” le difficoltà e le esigenze che scaturiscono dalla sua raccolta. La salvaguardia dell’ambiente, come sempre, è un fattore determinate.
Ma come si forma un tartufo?
Il tartufo è un fungo sotterraneo che si forma in terreni freschi e umidi a circa 15-20 cm. di profondità. Ha un corpo fruttifero le cui dimensioni variano a seconda della specie, delle condizioni climatiche, e del terreno. Formandosi sottoterra, non acquisisce le sostanze organiche attraverso la fotosintesi clorofilliana, ma dalle radici di piante con cui istaura un rapporto di simbiosi e da cui assorbe sostanze vitali.
Le piante tartufigene sono prevalentemente la Roverella, il Pioppo, il Salice bianco, il Tiglio, il Carpino nero e il Nocciolo. Detto da esperti, da quest’ultimo si forma un tartufo bianco davvero speciale. A Savigno, in collaborazione con l’Università di Bologna, utilizzando delle piante micorizzate, cioè con radici in cui sono presenti le spore da cui hanno origine i tartufi, si sta creando un bosco per la loro coltivazione. Sperimentazione molto interessante.
Esistono differenti tipologie. Secondo il nostro ordinamento, ad uso alimentare, se ne possono raccogliere e commercializzare otto varietà. Nei colli bolognesi, oltre al tartufo bianco pregiato che matura in autunno fino all’inizio dell’inverno, da Gennaio ad Aprile si può trovare il tartufo nero e il bianchetto, chiamato anche Marzuolo. Da Giugno a Novembre, si può trovare il tartufo estivo, chiamato anche Scorzone.
Modalità di ricerca e raccolta.
L’attività del tartufaio, oltre a richiedere un corso e il rilascio di un patentino, è regolamentata da alcune norme. Ad esempio: la ricerca e la raccolta è vietata durante le ore notturne. Inoltre, nelle zone istituite a parco o riserva naturale, è regolamentata da normativa specifica locale per garantire il rispetto del territorio.
Il cane da tartufi.
In passato per la ricerca dei tartufi venivano impiegati i maiali, o meglio ancora le scrofe, che, grazie al loro fiuto finissimo, facilitavano particolarmente la ricerca. Oggi questo compito viene assolto dal cane da tartufo, le cui doti olfattive vengono migliorate con un addestramento che inizia sin dalla nascita.
Con piccoli accorgimenti dettati dall’esperienza, si completa la sua preparazione all’anno di età. Ad esempio, durante l’allattamento dei cuccioli, viene utilizzato dell’olio al tartufo spalmato sui capezzoli della mamma. Si passa poi ai biscotti aromatizzati, e cosi via. Alla fine dell’addestramento, il cane ne risulterà così ghiotto da rendere necessario un attento controllo durante la ricerca, affinché lo stesso non divori il pregiato bottino.
E’ possibile preparare qualsiasi cane, il Lagotto romagnolo però, cane di taglia media da riporto in acqua, è la razza ufficiale per la ricerca del tartufo. Si distingue per l’ottimo fiuto, per la fedeltà, e per il carattere dolce e affettuoso. La sua tutela e valorizzazione è garantita dal Club Italiano Lagotto di Bagnara di Romagna, in provincia di Ravenna.
Una curiosità. Il comune di Savigno, nel suo centro storico, ha dedicato al rapporto speciale che si instaura tra cane e tartufaio una scultura tematica del maestro maceratese Francesco Roviello.
Dalla raccolta alla tavola. Ecco una preparazione che ho avuto il piacere di assaggiare nella “Vecchia osteria” di Ponzano a Castello di Serravalle, in provincia di Bologna. Deliziosi gnocchetti di patate al tartufo bianco pregiato di Savigno, preparati dalla signora Luisa, cuoca e titolare.
Legge del tartufo: 10 grammi per un primo piatto – 5 grammi per un antipasto o per un contorno.
Fonti: “Conoscere i tartufi” di Gilberto Govi, Alessandra Zambonelli e Marco Morara. – Associazione Tartufai Savigno Valsamoggia – U.M.I Centro di Micologia dell’Università degli Studi di Bologna